T h e P r o d i
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I Prodigy sono stati il fenomeno musicale del biennio 1997-98: Firestarter ha infranto l’ultimo tabù della musica pop, piazzando un’accozzaglia di rumori, campionature e sequencer al primo posto delle charts. Madonna li ha lanciati negli Stati Uniti e si è vista costretta a censurare i titoli delle loro canzoni, troppo violente per il pubblico yankee. In Italia il video a luci rosse di Smack my bitch up è stato trasmesso solo dopo la mezzanotte, mentre l'ecstatico concerto milanese dei Prodigy veniva definito addirittura infernale dal Corsera. The leader of 1997 MTV Award Winner, coolest music freaks The Prodigy tells the story of his first steps into London drugs and music scene: sequencers, moog, ecstasy and mcs. A real life Ervine Welsh experience. © Addicted To Noise |
Quando abbiamo iniziato a suonare eravamo tipi da festa. Per dire al sabato andavamo a un rave, ci droghiamo e di base si balla, no? Ci siamo messi insieme solo per suonare ai rave e divertirci di bestia, quel tipo di storia lì insomma. Siamo andati avanti così per tre anni, ma poi il giro delle feste, i rave, le disco sono un po’ morte lì in Inghilterra. Dopo un po’ ci si annoiava di brutto alle feste: birra sgasata e musica pacco. Mi stavo annoiando di brutto anche della roba dance e di quelle cose lì, allora ho cercato di scrivere un pezzo un po’ fuori. Ho preso una cosa dei Front 242 e l’ho mixata dura. Cioè, per dire, c’ho messo un sound molto più estremo, più fuori e più dark. Il pezzo si chiamava Burn You Down, era una specie di vibe molto dark con un po' di techno, ma molto trance, insomma lento, peso. Demoniaco, direi. E dopo quel pezzo mi sono detto: OK, voglio fare una cosa tipo nessuna regola, niente generi. Una cosa fuori. E mi sono messo a lavorare ai pezzi del secondo album, Music for the Jilted Generation. Non è stato un grande disco, però è stato una cosa importante, uno stacco. Con quel disco lì ho cercato di superare tutte le distinzioni della musica dance. In Inghilterra, per dire, c’è tipo chi ascolta techno, chi va di jungle. E tutti hanno il loro club, gli amici e il loro sound. Per dire, se metti le chitarre non sei più jungle. O se vuoi usare tipo un sound più lento, niente da fare, non puoi essere techno. Allora io mi sono detto: cazzate, mi faccio il mio disco con la roba che mi piace, e vediamo. Ed è venuto fuori quel disco lì. Non è che mi piaccia tantissimo. Io volevo lasciare fuori tutti i pezzi più techno tipo Full Throttle e One Love, e le cose così. Ma era tipo un momento di passaggio e allora abbiamo messo di base i pezzi vecchi con il sound che la gente conosceva. E poi ci piazziamo un po’ di roba nuova, più estrema. C’era Their Law che era tipo a metà tra le due storie, mentre Poison e Voodoo People erano nello stile che volevo lanciare, un mix di dance e rock. Avevo lasciato un po’ il giro dei rave e ci eravamo messi a suonare tipo nei locali rock o nei college. E quel giro lì è una storia troppo diversa. Cioè lì hanno tutti i capelli lunghi, chitarre, distorsioni. In un certo senso anche quel giro mi ha ispirato perché mi ha aperto gli occhi sul rock e il punk. Io il punk e il rock non li avevo vissuti. Ho 25 anni e quindi tutte le storie del '77 manco le ho viste. Mi ricordo che a scuola elementare avevo una maestra, una ragazza di 22 anni, e lei diceva sempre che andava a vedere i Sex Pistols. Io di base che non sapevo manco chi erano. Cioè lo sapevo perché alla tele si vedevano sempre quei quattro pazzi che saltavano in giro. Li guardavo ma non capivo che volevano dire. Per dire, il primo gruppo che mi ha intrippato - che avevo 14 anni - sono stati gli Specials. Non capivo un cazzo di musica, ma mi piacevano perché erano tipo dei gangster. Erano dei duri. La musica non era pop ma non era nemmeno punk. Ma loro erano tipi duri, tutti vestiti uguali, fighi, no? Dallo ska mi sa che sono passato all’hip-hop, quindi ancora niente rock. Mi ricordo che il massimo per quegli anni lì era Grand Master Flash che faceva scratch. Era tipo la prima volta che si sentiva lo scratch. Cioè lui si metteva lì con due piatti, due dischi scritti da altri e li metteva insieme. Era fuori, no? Però era anche grande, un po’ come se un giorno arriva un tizio e ti dice: ehi, di base ti servono solo due giradischi per fare musica. E allora mi sono comprato due piatti, un mixer e mi sono messo a darci dentro. E così ho bazzicato un po’ quella scena lì. Ho anche imparato a fare la breakdance, per dire. Doveva essere tipo il 1985. Quindi più o meno avevo 15 anni. Me ne stavo in camera da letto con i piatti e scretcciavo e mixxavo di bestia. Facevo 'sti mix che mandavo in giro ai concorsi. Ed ero fuori che avevo una voglia bestia di vincere e allora mandavo tipo due mix diversi e mi iscrivevo ai concorsi usando nomi falsi. Una volta, per dire, ho vinto il primo e il terzo premio con due nomi e due mix diversi. Quando ho ritirato il premio, la giuria era troppo fuori, tutti a ridere di bella. Comunque è iniziato tutto con queste storie qui. I piatti e il mix sono state tipo il mio strumento preferito. Sapevo suonare anche il piano, perché mi aveva costretto mio padre a imparare. Ma non mi è mai piaciuto. Cioè quando dico sono in una band, e mi chiedono cosa suoni, io di base dico il mix, o il sintetizzatore. Anche se il sintetizzatore è una storia diversa. La gente crede che se usi il sintetizzatore prendi i suoni dagli altri dischi e li metti assieme. Oh, sveglia, sono finiti i tempi di Pump up the Volume, no? Adesso, per dire, il sint si usa per costruire un suono, per scolpirlo. Tutti i suoni che senti nei nostri dischi, li abbiamo inventati noi. Li suoniamo, li campioniamo e poi li costruiamo. Non è mica roba d’altri. Cioè prendi, per dire, il riff di Breathe l’ho scritto io con un chitarrista, Jim Davies. Lui viene in studio fa un paio di accordi, io registro nota per nota e poi metto assieme, no? È semplice come idea, ma devi sapere come fare. E poi i sintetizzatori sono tipo strumenti veri, cioè non sono mica tutti uguali. Uno ha il suo suono, uno un altro. Io cioè uso di base un casino di sint vecchi, roba tipo ARP o Moog che hanno un sound più pastoso, caldo. Come sequencer ho ancora il vecchio Apple. Solo i cosi per registrare, quella roba lì è nuova, mentre tutte le storie proprio per fare i suoni sono tutte vecchie perché hanno filtri più grossi che ti danno un sound molto più grasso, corposo ecco. Ti danno lo stesso suono della roba vecchia, del primo hip-hop o del groove anni Settanta. È dai DJ di quegli anni lì che prendo i suoni. Quando vado in America con il Lollapalooza, passo ore nei negozietti di dischi Settanta e afro. Ascolto, compro di tutto e poi a casa magari campiono una nota, un pezzetto che nessuno conosce, tipo. E poi lo scolpisco e viene fuori una cosa nuova. Ma parlavo del punk, no? Ecco, per dire, doveva essere tipo il 1994. Suonavamo in piccoli club, posti con 2.000 persone a vederti, non di più, no? E c’erano sti tizi che dopo il concerto ci dicevano: forti, cazzo, siete techno, ma c’è tipo un’atmosfera punk. Era punk perché era musica fai da te, capito? Era come se tutti potevano sognare di fare un disco con un piatto e un sequencer. Questo è il punk: è il fai da te della musica, no? Una volta che ho capito 'sta storia qui, c’è stata tipo una progressione. Siamo diventati sempre più punk, più estremi. Anche Keith, il nostro cantante, ha iniziato a fare delle cose veramente fuori: cioè all’inizio ballava soltanto, poi ha iniziato a cantare, a urlare cose fuori, punk. È come se è scoppiata di colpo tutta l’energia, no? Noi non siamo né punk, né jungle e nemmeno techno. Siamo energia e basta. Toh, al massimo, se vuoi tipo un’etichetta, noi siamo una rock’n’roll band. È il rock’n’roll degli anni Novanta, per dire. Io scrivo rock, solo che lo suono sul sint, OK? Non so se siamo un band, cioè. Siamo tipo due cantanti, un ballerino, un chitarrista e una specie di DJ. Ai concerti la gente a volte ci guarda storto. Per dire, ai Lollapalooza ci guardano un po’ male per i primi due o tre pezzi. Sembra che ti dicano: ehi, questo non è mica un festival dance, cazzo vuole quel tizio con il mix? Ehi, Snoop Dogg, sparisci. Cose così, per dire. Poi ascoltano un paio di pezzi e si fanno prendere perché capiscono che è tipo un concerto rock: non è tutto preparato, tutto con le basi, se un pezzo non va, noi improvvisiamo e si fa qualcos’altro, tipo rock, no? Il pubblico ai nostri concerti capisce subito che non siamo del giro techno e cose così. Anche perché quella è un po’ una storia da MTV, tipo, ehi, ragazzi questa è la musica del futuro, il rock è morto e cose così. Noi non siamo di quel giro. Suoniamo da sette anni ormai e sappiamo che se una cosa va troppo di moda, tipo musica del futuro e quelle storie lì, prima o poi fa un fiasco da panico, capito? |