Pierluigi
Pusole è nato nel 1963 a Torino, dove vive e lavora. Ha iniziato a
esporre nel 1986 e da allora, partecipando a importanti rassegne collettive
(Il Cangiante, 1987; Aperto 1990 alla Biennale di Venezia;
Anni Novanta, 1991; Dodici pittori italiani, 1995; Cambio
di guardia, 1996; Ultime generazioni, 1996; Antologia,
1996), si è imposto come una delle voci più originali e mature della
nuova pittura italiana, ora ironica ora lieve e smagata, eppure sempre
impegnata in un confronto dialettico con i nuovi mezzi di produzione
di immagini.
In questa intervista - che riproduce
fedelmente la parlata dimessa e incisiva dell'artista - Pusole ci
presenta i lavori esposti nella sua ultima personale allo Studio d'arte
Cannaviello di Milano. Partendo dal catalogo, dove sono raccolte le
riproduzioni di alcuni dettagli dei suoi ultimi quadri, Pusole illustra
il suo metodo di lavoro e i nuovi interessi scientifici che hanno
segnato il suo lavoro più recente.
Italian painter Pierluigi Pusole
(1963) introduces his latest work (recently exhibited at Studio Cannaviello
in Milan) and stresses relationships between painting and new media.
© Trax
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Pusole
In
questo ultimo catalogo ho raccolto i risultati di un'indagine che
ho iniziato qualche tempo fa: ho fotografato alcuni dettagli dei miei
quadri e ho cominciato una mappatura dei segni e delle asciugature
di colore ricorrenti nei miei dipinti. Ci sono grandi famiglie di
segni che ritornano nelle mie opere: le ho dato dei nomi e le sto
classificando per ribellarmi all'idea romantica dell'abbandono del
gesto.
Trax
Eppure
a prima vista sembrerebbero dei dipinti informali, quindi appartenenti
proprio a quella tradizione romantica contro la quale vuoi lottare.
Pusole
Io insisto
sempre sul concetto di intenzione che differenzia il mio lavoro da
quello di un Pollock. Pollock subisce il quadro, mentre io voglio
essere sorpreso da certi risultati ma non voglio subirli, per questo
dico di essere uno scienziato: io voglio schedare le cose che mi capitano
mentre dipingo. Questi sono quadri velocissimi, ci metto cinque minuti
a dipingerli, però l'asciugatura dura ore, da lì inizia il lavoro
di schedatura.
Trax
Quindi
paradossalmente anche la velocità diventa un metodo che ti imponi.
Pusole
Forse
i miei lavori hanno qualche parentela con quelli di Schifano, perché
la velocità non è solo un modo di lavorare ma anche un modo di vivere
questo tempo. Ma ciò che mi dà fastidio è l'abbandono: io mi rifiuto
di vivere la velocità e i risultati prodotti dalla velocità in modo
non classificato e strutturato. Io voglio indagare, proseguire nella
mia mappatura.
Trax
Riproduci
i dettagli, le famiglie di segni, le asciugature nei nuovi quadri?
Pusole
Più spesso
si riproducono da sole, tendono a ripetersi naturalmente. Però è abbastanza
curioso: non so dirti se cerco di riperterli o se lascio la mano libera.
Direi che più spesso disegno liberamente poi passo alla mappatura.
Questo non significa che prima mi abbandoni al talento e agli istinti
del momento: quando ho iniziato a dipingere volevo proprio battermi
contro l'idea di essere dotato di talento. Io odio Monet - ho scritto
in un mio catalogo - perché affermava di voler dipingere come un uccello
canta; ed è una posizione che mi è odiosa perché mi sembra che così
si subisca il talento. Invece penso che si debba analizzare in maniera
scientifica ciò che ci sta capitando. Ma è un'indagine a posteriori,
la mappatura inizia dopo la pittura. Io continuo a partire dal paesaggio,
che è solo un pretesto: mi interessa la natura, il paesaggio perché
sono il sistema formale più complesso. Io voglio entrare in competizione
con il sistema formale più complicato e aperto, quello che rielabora
sempre nuove informazioni.
Trax
Quindi
la somiglianza tra le tue immagini e quelle della natura è strutturale.
Vuoi rappresentare la natura o le sue leggi, la sua complessità?
Pusole
Le mie
immagini sono antinaturali, anzi sono una sfida contro la natura.
Quando scrivo "io sono dio" è proprio questo che intendo: voglio sfidare
la natura, ecco il fine della mia ricerca scientifica. Quando dipingo
non sono più nella natura, mi confronto con la natura dall'esterno,
ricreandola. I miei quadri sono una specie di esperimento di ingegneria
genetica.
Trax
Quello
che dici mi ricorda le posizioni degli artisti raccolti sotto l'etichetta
Post-human. Ma tu, diversamente da questi artisti, ti ostini a dipingere:
è una scelta polemica o liberatoria rispetto alle installazioni, ai
video e alle performance di questi artisti?
Pusole
No. Il
problema è che siamo abituati a pensare in termini di scontri: tu
dipingi, io faccio installazioni... Ma questi scontri si basano su
un'idea primitiva della pittura, che è quella che ancora risale al
pittore delle grotte di Altamira: la pittura, per assurdo, se usata
in modo diverso, diventa il sistema formale più complicato. La pittura
non è solo estetica; il pittore ha tra le mani un mezzo che è molto
più articolato di altri perché veicola una miriade di informazioni
in più.
Ti faccio un esempio. Forse hai letto Esseri digitali di Negroponte,
io vorrei scrivere un libro - non lo farò mai - che si intitoli Essere
analogici: questa radiolina che ha un selettore di frequenza vecchio,
analogico appunto, ti permette di cogliere più stazioni radio di una
nuova radiolina digitale. Il sistema digitale - forse perché non è
ancora ben calibrato - capta solo le stazioni che abbiano una frequenza
perfetta. Quindi il sistema più vecchio è quello che capta più stazioni.
Perciò il problema non è scegliere la pittura o un'espressione che
sia più moderna. Il problema è cercare il mezzo che ti dia più informazione.
Certo se dipingi ancora come il pittore di Altamira, continui a vivere
in una condizione di romanticismo subìto; ma credo che nella nostra
cultura ci si stia muovendo verso oggetti che hanno una maggiore concentrazione
di informazione. L'informatica e lo sviluppo dell'informazione sviluppano
il particolare, che è ciò che inseguo con la mia pittura. La pittura
ti permette di confrontarti con il microparticolare, con il microspostamento,
la microinformazione. Oggi non si possono più fare i quadri di Andy
Warhol: Marylin non sarebbe più ripetuta, invece avremmo una Marylin
in tutte le varianti possibili.
Trax
Ti confesso
che questa è una posizione che non avrei mai pensato di applicare
alla tua pittura. In effetti non penso che ci siano molti pittori
che guardano alla pittura in questo modo, perciò vorrei chiederti
se quando hai iniziato a dipingere hai guardato a qualche altro artista
per sviluppare questa tua concezione.
Pusole
Questi
miei ultimi lavori sono totalmente autonomi. Credo siano i miei lavori
più azzeccati perché nascono da studi di matematica e filosofia e
non da parentele artistiche che ho avuto in passato. Addirittura sono
mesi che non guardo nemmeno più cataloghi o riviste d'arte, e invece
leggo saggi scientifici. Ecco perché dico - provocatoriamente - che
sono un dio scienziato.
Trax
Rispetto
ai tuoi lavori precedenti si direbbe anche che non insisti più sul
rapporto tra le tue immagini e quelle televisive o comunque tecnologiche.
Ricordo che Barilli presentandoti alla Biennale del 1990 sottolineava
proprio l'analogia tra il tuo lavoro e il mondo dei media.
Pusole
Per la
Biennale avevo fatto dei quadri in cui un'immagine veniva ripetuta,
ma sempre in modo diverso perché era dipinta a mano. La mano inserisce
sempre nuove informazioni: ad esempio, se dipingi e c'è il sole, dipingi
più in fretta perché vuoi uscire. Anche questi sono microdettagli
che voglio cogliere. Quindi non mi è mai interessata la ripetizione
alla Warhol: quello era un modo cinico e massificato di guardare la
vita, mentre alla nuova tecnologia e a me interessa cogliere le microdifferenze,
questi nuovi micromondi. Dunque dipingo perché i mezzi che captano
microinformazioni sono quelli destinati a durare più a lungo.
Trax
Dipingendo
rivendichi "questo l'ho fatto io"?
Pusole
Sì, ma
non in modo polemico. È solo un'aggiunta di informazioni, non una
rivendicazione romantica.
Trax
Spesso
a proposito della tua opera e di quella degli artisti che generalmente
ti si avvicinano (Galliano, Pintaldi, Bazan, ecc.) si insiste su alcuni
aspetti generazionali: si ricorda l'influenza del fumetto, della musica
rock e di altri fenomeni giovanili. Ti riconosci in questa immagine?
E se sì, questo atteggiamento partecipa alla stessa idea di una personalizzazione
dell'arte e dei contenitori asettici e standardizzati delle gallerie?
Pusole
Io ho
33 anni e per alcuni critici io sono giovane dagli anni Ottanta. Dieci
anni fa forse questi aspetti giovanili per me erano più importanti:
facevo performance nelle discoteche e suonavo in galleria. Adesso
però la mia cultura di riferimento è diversa: mi interesserebbe di
più andare al MIT.
I raggruppamenti generazionali vengono probabilmente spontanei a chi
osserva da fuori, anche perché noi artisti siamo pigri, mentre ad
esempio gli scrittori possono chiarire i loro interessi avendo un
confronto diretto con la gente e con la critica.
Trax
Torno
ai pittori che ti sono più spesso avvicinati perché lavorano come
te sulle immagini e perché continuano a dipingere. Credi che ci possa
essere un dialogo, un confronto o qualche similitudine tra le tue
posizioni e le loro?
Pusole
Non penso,
perché molti dei giovani pittori sono creatori di immagini, mentre
io voglio dare un accelerazione filosofica, costruire un sistema.
Ti faccio un esempio: sei o sette anni fa ho fatto una mostra con
delle automobili: c'erano quadri costruiti in modo molto scenografico
e una macchina che avevo inventato e costruito. Ora, i critici parlavano
di futurismo, di velocità, di fantasie adolescenziali su macchine
e motori, ma a me in realtà interessava l'automobile perché è l'industria
nella quale la nostra società si è più impegnata nella creazione di
nuove forme. Purtroppo quel problema era stato travisato; tutto questo
per dirti che forse qualche anno fa venivo visto come il giovane delle
macchine e della velocità, quando per me la macchina è come gli alberi
dei miei ultimi quadri: sono esercizi di creatività e di forme. A
me interessa il confronto creativo, ora come allora. La differenza
è che la natura, al contrario dell'industria, non ripete l'informazione,
la modifica sempre. Per queste ragioni mi confronto poco con altri
pittori e piuttosto cercherei un dialogo con qualche scienziato (anzi,
scrivi che se ci sono matematici o scienziati che mi vogliono contattare,
mi chiamino o scrivano a Trax): alcuni pittori purtroppo dipingono
soltanto, affrontano problemi scenografici, mentre credo che nessuna
rivoluzione pittorica sia stata esclusivamente visiva, ma si fondava
su ipotesi più profonde. Oggi per me i pittori più importanti sono
Richter e Polke. Richter è forse l'artista più copiato dai giovani,
ma dietro alla pittura di Richter c'è un grande progetto, come in
tutte le grandi intenzioni pittoriche.
Trax
Ci sono
altri artisti ai quali guardi con interesse perché affrontano problemi
simili ai tuoi?
Pusole
No, al
momento nessuno, anche perché penso che in Italia si faccia ancora
pittura con una concezione romantica. Per questo provo una certa diffidenza
verso la Transavanguardia che perpetua l'immagine del pittore solo
difronte alla sua arte. Io invece credo che il pittore debba sempre
confrontarsi con la contemporaneità. La Transavanguardia è stata certamente
l'ultimo importante movimento pittorico italiano ad avere una fortuna
mondiale, ma non c'è stata nessuna evoluzione formale. Se non un arretramento,
la Transavanguardia è stata una stabilizzazione: sono pittori bravissimi,
ma sono proprio come il pittore delle grotte di Altamira.
Trax
E cosa
pensi dell'Arte povera, l'esatto opposto della Transavanguardia?
Pusole
Quando
ho iniziato a dipingere nel 1985-86, ero insieme a un mio amico Zanichelli,
che come me veniva dalla pubblicità. Andavamo per gallerie e più che
altro si vedeva arte povera, i giovani facevano cose d'arte povera.
Mi ricordo che agli inizi c'era Stoisa, Luigi Stoisa, che aveva più
o meno 5 o 6 anni in più di me e faceva cose in linea con l'arte povera.
Stoisa sembrava fosse il nuovo genio torinese. Allora per reazione
noi iniziammo a dipingere, guardano alla pubblicità e ai fumetti.
Perciò l'arte povera all'inizio era l'arte da combattere, ma ora devo
ammettere che è un lavoro più attuale, almeno più attuale di quello
della Transavanguardia.
Trax
Tu tendi
a insistere molto sugli aspetti concettuali della tua opera, sull'attitudine
scientifica. Hai mai guardato con interesse all'arte concettuale e
all'approccio scientifico di questi lavori?
Pusole
Purtroppo
ci si imbatte spesso in pittori che vogliono difendere la pittura.
Io non sono così: se uno fa un'operazione artistica spostando una
radiolina e mi piace, non ho nulla in contrario. Ciò che non mi affascina
dell'operazione concettuale è che l'indagine non si applica a un processo,
ma aspira a essere autonoma. Il fascino della pittura è che ti batte
sempre: il risultato non è mai quello che conosci all'inizio dell'operazione
pittorica. Nel concettuale non c'è la sorpresa del risultato finale,
invece quando dipingi puoi avere un progetto, un concetto ma poi ti
imbatti nel problema reale, in un risultato completamente diverso.
Questa è un'altra ragione che mi distanzia da altri pittori: molti
cadono nell'artigianato, conoscono già il risultato e tolgono alla
pittura la sorpresa del risultato.
Trax
Hai mai
cercato riferimenti e confronti con altri campi artistici, ad esempio
con la scrittura che nell'opera di alcuni giovani può avvicinarsi
all'immaginario delle opere tue e dei tuoi colleghi?
Pusole
No. Leggo
soprattutto saggi, la letteratura la subisco e poi penso che Stephen
King sia più interessante di Joyce. In realtà penso che sia difficile
occuparsi di più cose, si sviscera molto bene un solo campo di ricerca.
Trax
Torno
a quello che mi dicevi sulla necessità di un progetto profondo e sull'esempio
dell'opera di Richter: tu insegui un progetto unitario nella tua opera?
Pusole
La linea
che unisce i miei lavori precedenti e questi ultimi è il passaggio
da una ricerca sulla ripetizione banale a una concezione positiva
della ripetizione nella quale si scoprono gli scarti e le differenze
creative. Ma gli ultimi lavori sono autonomi anche rispetto alla storia
dell'arte.
Trax
Prima
di incontrarti non avrei mai pensato che la tua pittura volesse fondarsi
su ipotesi scientifiche e sui concetti che mi hai spiegato. Ti interessa
il modo in cui è recepita la tua opera? Vuoi divulgare il tuo progetto?
Pusole
Questi
sono più che altro problemi che toccano me; non ho un'idea da diffondere,
ho un sistema di indagine che serve a me. Io scrivo poco, il che è
un vantaggio perché non voglio essere didattico. Inoltre ho solo 33
anni e quindi ho tutto il tempo per chiarire le mie intenzioni direttamente
con le mie opere: è un progetto intellettuale e so che i tempi sono
un po' più lunghi. Soprattutto bisogna stare attenti a non essere
divulgativi: non si tratta di documentare ricerche scientifiche con
un dipinto, questo sarebbe un compitino scolastico. Il problema sarebbe
collegare un metodo scientifico con un elevato linguaggio pittorico.
Trax
Quello
che dici mi fa pensare ai dibatti sull'arte programmata e cinetica
negli anni Sessanta. Sono problemi che ti interessano?
Pusole
No, di
arte programmata so davvero poco. Non mi interessa perché il risultato
artistico non è forte. Io punto molto sulla spettacolarità e sull'impatto
visivo.
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