P a t t i e M a
e s |
Pattie
Maes is an Associate Professor at MIT's Media Laboratory. Her areas
of expertise are Artificial Intelligence, Artificial Life, Human Computer
Interaction, Computer Supported Collaborative Work, Information Filtering
and Electronic Commerce. She
is pioneer of the research area about Software Agents, semi-intelligent
computer programs which assist users with the complexity of the online
world.
© Pattie Maes |
I computer sono ormai diffusi quanto le automobili e i tostapane, eppure per sfruttarne tutte le potenzialità gli utenti sono ancora costretti a sottoporsi a un addestramento degno di un pilota di jet. Gli orologi dei videoregistratori, perennemente lampeggianti sulle dodici, sono forse l’esempio più evidente di questa relazione pericolosa. All’inarrestabile diffusione di televisioni interattive, agende elettroniche e carte di credito intelligenti, corrisponde un progressivo distanziamento tra gli utenti ingenui e privi di addestramento e i milioni di sofisticati microprocessori diffusi su tutto il pianeta. Gli uomini sono ormai destinati a passare sempre più tempo di fronte ai terminali – divertendosi, aggiornandosi, scrivendosi, lavorando, comprando e innamorandosi – ed è ormai il momento di studiare un sistema che sappia coniugare i limiti della mente umana con la struttura sempre più complessa dei software. Al momento i computer rispondono soltanto a ciò che i programmatori chiamano "manipolazione diretta". Non succede niente, a meno che qualcuno dia un comando toccando la tastiera, il video o un mouse. Il computer non è altro che un’entità passiva in attesa di eseguire istruzioni specifiche e altamente dettagliate; e non offre molto aiuto a chi voglia eseguire operazioni più complesse o svolgere azioni (come la ricerca di informazioni) che richiedano tempi più lunghi. Se vogliamo che in futuro gli utenti ingenui usino sempre più spesso il computer e la rete, dobbiamo studiare un sistema in cui la manipolazione diretta venga sostituita da una qualche forma di delega. Ricercatori e aziende elettroniche hanno investito molte speranze e molti capitali nello sviluppo dei cosiddetti agenti software, programmi che conoscono gli interessi dell’utente e possono agire in modo indipendente. Invece di esercitare un controllo completo (seguendo passo a passo il computer), gli utenti del futuro saranno coinvolti in un processo di cooperazione in cui l’uomo e l’agente comunicano, monitorizzano diversi eventi e insieme svolgono una serie di operazioni. L’utente comune si ritroverebbe ad avere molti diversi alter ego: personaggi digitali simultaneamente impegnati in diverse operazioni. Alcuni alter ego avranno semplicemente il compito di rendere meno ostico il mondo digitale, nascondendo dettagli tecnici o istruendo l’utente, o - ancora - conducendolo in spazi sempre più complessi. Altri potranno ricercare informazioni per conto degli utenti o persino tenere sott’occhio alcune situazioni in attesa di radicali cambiamenti. Inoltre alcuni agenti potranno svolgere alcune transazioni (ad esempio acquisti telematici) o persino prendere il posto degli utenti in loro assenza. Come dimostra la continua proliferazione di agende tradizionali ed elettroniche, gli agenti potrebbero conquistarsi il ruolo delle segretarie del futuro: come una memoria estesa che ricordi agli utenti dove hanno lasciato un oggetto, con chi hanno parlato, cosa hanno fatto e che cos’altro devono ancora fare. A questa mutazione funzionale dovrebbe corrispondere un cambiamento nei modi in cui gli utenti interagiscono fisicamente con il computer. Non si utilizzeranno più la tastiera o il mouse, mentre si potrà semplicemente parlare agli agenti o anche solo attirare l’attenzione del computer con un gesto. Da parte loro gli agenti potranno apparire sugli schermi come entità viventi, provviste di espressioni facciali e gesti corporei che sostituirebbero le finestre colme di scritte, grafici e dati. Benché sia molto facile immaginare quali operazioni potrebbero essere svolte dagli agenti, molto più complessa è la realizzazione concreta dei nuovi software intelligenti. Gli agenti si differenziano dai normali programmi perché sono provvisti di quella che potremmo definire capacità di percepirsi come entità indipendenti. Gli agenti devono conoscere i propri obiettivi e devono sapere in che modo raggiungerli. Inoltre gli agenti devono essere robusti e in grado di adattarsi ai contesti più diversi, devono poter imparare dall’esperienza e saper reagire, con un limitato repertorio di metodi, a situazioni difficilmente programmabili a priori. Infine gli agenti devono essere provvisti di un’autonomia che permetta loro di valutare l’ambiente in cui si trovano a operare e di procedere da soli verso il raggiungimento dell’obiettivo programmato. Visto che i programmatori hanno già qualche problema nella realizzazione dei normali software, come potranno mai costruire un agente? In effetti gli agenti al momento disponibili sul mercato sono a mala pena degni del loro nome. Non sono particolarmente brillanti e di norma si limitano a seguire un insieme di regole impostate dall’utente. Ad esempio, alcuni programmi email permettono all’utente di costruire un rudimentale agente che selezioni la posta in arrivo in base al mittente, all’oggetto o al suo contenuto. Un dirigente potrebbe insegnare al proprio agente a inviare alla segretaria una copia di tutti i messaggi contenti la parola "riunione". Come è evidente, le potenzialità di questi agenti dipendono totalmente dall’iniziativa e dalle conoscenze informatiche dell’utente. I ricercatori impegnati nella costruzione di intelligenze artificiali lavorano da tempo alla creazione di agenti molto più reattivi e complessi. Gli ingegneri informatici creano già alcuni programmi provvisti delle istruzioni da seguire in un dato ambiente: il programma inferisce la risposta più adatta a una data situazione. Un agente email provvisto di intelligenza artificiale – ad esempio – dovrebbe sapere che esistono le segretarie; che un dato utente ha una segretaria chiamata, per esempio, Greta; che una segretaria deve tenere sotto controllo gli appuntamenti del proprio capo e che i messaggi con la parola "riunione" possono contenere informazioni importanti per Greta. Con queste nozioni l’agente dovrebbe in piena autonomia inviare una copia del messaggio a Greta. I programmatori lavorano a questo tipo di agenti ormai da una quarantina d’anni. Tuttavia questi sforzi non hanno portato ad alcun risultato degno di essere immesso nel mercato. Sebbene i programmatori siano riusciti a costruire istruzioni per contesti ristretti, non sono mai riusciti a immettere nei computer il buonsenso necessario a un agente per operare in condizioni reali. Per il momento l’unico tentativo organico di sistematizzare il buonsenso è stato il progetto CYC della Cycorp di Austin in Texas. Purtroppo è ancora troppo presto per poter dire se un agente CYC sarà mai capace di compiere le scelte più adatte a un dato contesto, né tantomeno se potrà mai sviluppare le stesse idiosincrasie dell’utente. Ma anche qualora gli agenti CYC dovessero rivelarsi efficaci, resta da chiedersi se gli utenti si fideranno mai di agenti istruiti da sconosciuti. Al momento sia i rudimentali agenti in commercio sia quelli in fase di studio dipendono in larga parte dai programmatori. Un terzo indirizzo – forse il più promettente – si fonda invece sui presupposti relativamente recenti della vita artificiale, ovvero sullo studio dei modi in cui gli organismi crescono e si adattano in risposta all’ambiente. Sebbene ancora a uno stadio primordiale, gli agenti improntati ai principi della vita artificiale sono gli unici a essere davvero autonomi: in altre parole, si programmano da soli. I programmi sono concepiti per essere modificati dall’esperienza e dall’interazione con altri agenti. Al Massachusetts Institute of Technology abbiamo costruito agenti che osservano costantemente i movimenti di una persona e automatizzano le regolarità riscontrate. In questo modo un agente email potrebbe riscontrare la ripetizione di una data operazione (ad esempio l’invio del messaggio contenente la parola "riunione" alla segretaria) e di propria spontanea volontà potrebbe provvedere ad automatizzare l’operazione. Gli agenti possono anche apprendere da altri agenti che svolgono operazioni simili. Ad esempio, un agente email che si trovasse faccia a faccia con un messaggio sconosciuto potrebbe interrogare i suoi colleghi agenti per scoprire che gli utenti di norma leggono per primi i messaggi personali e poi quelli delle mailing list. Queste collaborazioni tra agenti consentirebbero a singoli agenti relativamente semplici di interagire con altri per creare sistemi sempre più intelligenti e sofisticati.
Turing incontra Darwin Col tempo "l’evoluzione artificiale" potrebbe codificare e combinare il comportamento dei migliori agenti in un dato sistema (secondo una classifica stilata dagli utenti) al fine di poter creare una nuova popolazione, ancora più adatta al contesto. Con i miei colleghi ho costruito un sistema che sviluppa agenti capaci di svolgere ricerche in un database e di raccogliere solo i materiali preferiti dall’utente. Ogni nuova generazione di agenti impara a conoscere i gusti dell’utente in modo sempre più preciso. In futuro questi sistemi potrebbero estendersi fino a costituire un vero e proprio ecosistema elettronico ospitato nelle reti di computer. Gli agenti che servono altri agenti o il maggior numero di utenti sarebbero destinati alla sopravvivenza e alla riproduzione; mentre quelli meno richiesti potrebbero venire soppressi. Col tempo queste nuove forme di vita digitale potrebbero occupare diverse nicchie ecologiche: alcuni agenti sarebbero specializzati nella ricerca, mentre altri utilizzerebbero gli agenti ricercatori per raccogliere le informazioni preferite dagli utenti. Ci sarebbero casi di parassitismo, simbiosi e molti altri fenomeni già diffusi nel mondo della biologia. E l’ecosistema digitale si rinnoverebbe in relazione con il mutare delle richieste degli utenti. Naturalmente la diaspora degli agenti avrebbe un impatto straordinario a livello sociale, economico e politico: una vera e propria rivoluzione sociale. Chiunque potrebbe avere accesso a informazioni che al momento sono gestite solo da pochi privilegiati. Ne risulterebbe una crescita esponenziale del traffico di informazioni e gli agenti potrebbero impegnarsi in ricerche simultanee sempre più specializzate. Le ramificazioni di questo sistema sono al momento inimmaginabili. Naturalmente i cambiamenti introdotti dagli agenti dipenderanno dall’uso che si farà di questi nuovi software. Molti sono gli interrogativi senza risposta; e molti sono quelli che non abbiamo ancora posto. Ad esempio, gli utenti dovrebbero essere ritenuti responsabili per le azioni dei propri agenti? O ancora: come possiamo accertarci che un agente non riveli le informazioni private che inevitabilmente raccoglie a proposito del proprio utente? Gli agenti dovranno automatizzare i comportamenti scorretti degli utenti o insegnare loro comportamenti migliori? E chi – in ultima analisi – definisce ciò che è migliore? E la crescita automatica dell’ecosistema elettronico non finirà con il sottrarre spazio e ampiezza di banda alle altre attività destinare a sviluppare altri settori dell’informatica e della ricerca? Purtroppo al momento i risultati della nostra ricerca hanno soltanto scoperto un nuovo territorio, non il modo in cui colonizzarlo. |