ateatro 64.54
Grafie
Animalie di Roberto Paci Dalò con una intervista al regista-musicista
di Anna Maria Monteverdi
 

E' il regista-musicista stesso a spiegarci la genesi del nuovo spettacolo Animalie presentato al Teatro Petrella di Longiano: "Animalie è nato ad Atene nell'ottobre 2002 come risultato di una complessa coproduzione tra Belgio, Italia, Grecia, Estonia ed è pensato come commentario scenico al testo L'aperto, l'uomo e l'animale del filosofo Giorgio Agamben (con cui collaboro da più di dieci anni).



Foto Chico De Luigi.

La drammaturgia di questo pezzo si riferisce al testo di Agamben come glossa o contrappunto e nello spettacolo si può sentire la sua voce registrata elaborata elettronicamente in modo tale da avvicinarla – nella concretezza del suono stesso – alle voci degli animali da lui evocati nel testo fino a far scomparire il testo nel puro suono. Nello spettacolo sono usate le abituali tecnologie audio/video e motion capture per catturare ed elaborare alcune delle immagini riprese in tempo reale. Lo spettacolo ruota a un concetto molto chiaro e ben espresso da Agamben citando Uexküll: "Questa illusione riposa sulla credenza in un mondo unico in cui si situerebbero tutti gli esseri viventi. Uexküll mostra che un tale mondo unitario non esiste, così come non esistono un tempo e uno spazio uguali per tutti i viventi. L'ape, la libellula o la mosca che osserviamo volare accanto a noi in una giornata di sole, non si muovono nello stesso mondo in cui noi li osserviamo né condividono con noi – o fra di loro – lo stesso tempo e lo stesso spazio"



Foto Chico De Luigi.

Approdato in Italia, lo spettacolo ha avuto come protagonista la danzatrice/performer Azzurra Migani, la cui bravura ha convinto Roberto Paci Dalò ad applicarsi alla creazione di un vero e proprio spettacolo teatrale, mantenendo intatta sia l'ispirazione al testo del filosofo che la forma tipica del suo teatro tecno-musicale, quella di un "concerto scenico" e di uno spazio di sensorialità, come lui stesso lo chiama: un ambiente acusticamente e visivamente avvolgente e risonante che privilegia un uso sofisticato e minimale del suono live e della musica elettronica e un'esplorazione digitale dentro le pieghe dell'infinitamente piccolo. Le architetture di luci ritagliano forme geometriche che seguono il ritmo musicale, come nei film astratti di Hans Richter.

Foto Chico De Luigi.

Il testo di Agamben viene proposto attraverso una curiosa corrispondenza della performer con gli animali evocati: una prova fisica quella che la porta a creare microcoreografie "a loop" a turno con piccoli gesti della mano, come un linguaggio muto, o come un typewriting; e ancora con la testa, con il busto e con i piedi. Uno specchio rimanda la sua immagine, incorniciandola e facendola sobbalzare dal nero della scena. Davanti a lei una garza che accoglie immagini in proiezione e dettagli del suo volto catturate in video fuori scena. Di grande forza visiva e in un contrasto deciso bianco e nero, i bellissimi disegni di Oreste Zevola, dal gusto primitivo, la cui grafia impronta – anche che nel senso originario e etimologico del termine: incisione – l'intero spettacolo, composto appunto, da molte scritture. Da molte grafie.



Foto Chico De Luigi.

Animalie
di Roberto Paci Dalò
Longiano, Teatro Petrella, 14 febbraio 2004


INTERVISTA

A.M.M.
La tua attività è straordinariamente ricca di progetti e opere che spaziano dalle installazioni-performance video-sonore interattive alle performance via web e via radio. Quale è il denominatore comune? E quale la funzione delle tecnologie oggi: può a tuo avviso, una scena – anche tecnologica – attivare socialmente il pubblico, come diceva Brecht nella Teoria della radio?
R.P.D. Le tecnologie non sono un fine nei miei lavori. Però sono molto utili per poter vedere il mondo "analogico" in maniera diversa. Mi piace lavorare con il digitale per amplificare ed elaborare suoni altrimenti inaudibili e spostare il rapporto col testo dal significato alla sua presenza acustica e corporea. Il suono è per me il veicolo principale dell'elaborazione drammaturgica ed è grazie all'elettronica e al campionamento che posso creare l'"architettura invisibile" degli spettacoli. Le mie opere sono create all'insegna di un incontro di tutte le arti e per la definizione di spazi di sensorialità. Penso che il teatro possa agire a livello sociale in maniera profonda e Brecht (e successivamente Heiner Müller) è fondamentale ancor oggi. Per completare la triade aggiungerei anche Walter Benjamin.

A.M.M. Il gruppo giapponese Dumb Type parla della nascita di una nuova narrazione che in epoca tecnologica ha superato la parola per produrre ambienti acusticamente e visivamente avvolgenti, fatti di flussi di immagini ad alta definizione e sonorità granulari a formare una sorta di spazio ritmico-visivo attivato dai corpi del performer e che arriva al pubblico per risonanza percettiva ed emotiva. Ti riconosci in questa sorta di aggiornamento del concetto di opera d'arte totale, di nuova "composizione scenica", per ricordare Kandinskij?

R.P.D.
Si, mi ci riconosco e il lavoro di Dumb Type mi piace molto fin dalla prima volta che li ho visti ad Ars Electronica diversi anni fa. Anche se per me la parola resta importante al di là della sua presenza riconoscibile all'interno di un'opera. Molti dei miei lavori hanno riferimenti letterari ed è molto forte il mio rapporto con scrittori come Gabriele Frasca (il curatore delle opere di Beckett per Einaudi e autore di un testo teatrale straordinario come Tele, Cronopio ed.), Predrag Matvejevic' e Giorgio Agamben. Un aspetto che mi interessa particolarmente è quello di partire dalla parola proprio per creare territori come quelli evocati nella domanda: "ambienti acusticamente e visivamente avvolgenti..." (d'ora in poi userò questa descrizione per i miei spettacoli!) Non è un caso che il lavoro sulla "trance" sia una costante fin dai primissimi pezzi negli anni Ottanta. Una trance che lavora sui grandi numeri (come nel rave & theatre TRANCE BAKXAI presentato in grandi spazi e archeologie industriali) a micro azioni legate a una percezione sottile.Tutti i miei spettacoli sono lavori di cosidetto "teatro-musica" anche se solitamente sfuggono a questa etichetta. E' per me importantissima la struttura compositiva di un'opera. Qualunque sia la sua forma e linguaggio e anche al di là dell'utilizzo di musica. Volendo pensare al cinema, struttura compositiva significa per me non tanto la colonna sonora quanto piuttosto il montaggio.



Blue Stories.

A.M.M. Il live cinema e il "cinema cinema"

R.P.D.
"Il cinema mi interessa molto e mi interessa su più livelli in una scala che va dal "live cinema" al "cinema-cinema". Live cinema è uno sviluppo a partire dalla ricerca del montatore e regista sovietico Dziga Vertov col suo Kinoglaz. Con Blue Stories ho voluto creare un road-movie girato, montato e presentato in performance (anche il suono è dal vivo) il giorno stesso. Ma non ho voluto mischiare la comunicazione per cui Blue Stories è presentato come film tout-court (e non come performance o concerto). I suoi riferimenti sono tutti cinematografici e le sue modalità percettive sono tutte cinematografiche. E' per questo che fa parte dei programmi di festival di cinema (notoriamente non molto aperti a linguaggi "altri"). Cinema-cinema sono le opere esclusivamente pensate per la proiezione. Tengo a sottolineare che non amo molto i televisori per cui chiedo sempre che i miei lavori (tutti video) siano visti in proiezione. Il cinema è per me creazione di spazio".

A.M.M. Qualcosa sulle tue collaborazioni: con Mario Martone, con Studio Azzurro, con Jaromil, con Luca Ruzza: un regista teatrale e cinematografico, un ambito di ricerca specializzato nelle installazioni interattive e che spesso ha sconfinato nel teatro, uno scenografo che utilizza sistemi di realtà virtuale, un net artist di culto...

R.P.D. Martone mi ha invitato a lavorare con lui sul progetto del Teatro di Roma. Li' ho creato nel 1999 Itaca - il palcoscenico elettronico del Teatro di Roma. Itaca e' stato considerato, durante il brevissimo periodo di presenza di Mario alla guida di questa istituzione, uno dei palcoscenici del Teatro di Roma. Mi è sembrato molto bello dare questa importanza a un palcoscenico elettronico all'interno di un mondo in fondo così conservatore come è quello dei teatri più o meno stabili.
Ho conosciuto Jaromil come mio studente all'università di Siena dove ho insegnato per diversi anni "Drammaturgia dei media", uno strano corso basato sul lavoro di Giardini Pensili. Per uno dei miei progetti ho portato Jaromil a Ars Electronica e lì è rimasto. Continuiamo a lavorare insieme cercando di far coincidere i calendari!
Con Paolo Rosa di Studio Azzurro c'è un'amicizia che ci lega da tanti anni. Paolo è nato a Rimini e, anche se cresciuto a Milano, è legatissimo a questa città dove ha una casa ed è lì che generalmente ci incontriamo. Da anni volevamo lavorare insieme e ora abbiamo finalmente avviato due progetti: un workshop all'Accademia di Brera dove lavorerò con i suoi studenti in una sezione del nostro progetto Gramsci/Leopardi/Pasolini" (spettacoli e installazioni in piu' sezioni sparse tra Europa e Messico) e nell'installazione suono/video interattiva che creeremo a Bolzano all'interno di en:trance un progetto dedicato alla "trance" curato da Anomos e Giardini Pensili.
Con Luca Ruzza abbiamo realizzato un primo progetto a Copenhagen (al museo d'arte contemporanea Charlottenborg Exhibition Hall http://www.disturbances.org) lo scorso anno e ora stiamo lavorando su più cose. Ci troviamo fin dal nostro primissimo incontro – via mail – in una sintonia quasi soprannaturale anche grazie alla sua formazione scandinava che mi fa impazzire! Devo dire che ho un'ossessione giudaica per il cosmopolitismo per cui mi trovo piu' a mio agio in luoghi dove si debbano usare almeno 3 lingue contemporaneamente (cosa che spesso provoca il blackout piu' totale... ma questa e' un'altra storia) per cui il "profondo nord" europeo e' uno dei luoghi perfetti per esercitare questo multi-tasking linguistico.

A.M.M. Perché le performance tecnologiche stentano in Italia ad avere il giusto riconoscimento e spazi adeguati mentre all'estero si moltiplicano strutture polivalenti atte proprio ad accogliere questo genere ibrido che ormai ha già una lunga storia?

R.P.D. Ancora non l'ho capito. Vero è che l'Italia ha questa necessità tutta sua di codificare/incasellare (spesso non certo per ragioni artistiche) ogni tipo di esperienza artistica e le performing arts non sfuggono a questo. Credo che in Italia un uso talvolta smodato di alcune parole-slogan (multimediale, interattivo, nuove tecnologie, etcetera) in particolare da parte delle istituzioni che lavorano sullo spettacolo dal vivo, non corrisponda in realtà a una vera comprensione del significato - e di conseguenza delle possibilità! - di queste che non sono solo parole ma anche modalità di azione che modificano profondamente la creazione; in tutti i suoi aspetti. C'e' ancora molto da fare.



Roberto Paci Dalò, fondatore della compagnia Giardini Pensili con una lunga attività estesa a tutti gli ambiti tecnoperformativi (installazioni video/sonore, film, musica elettronica e cinema live, radio works, progetti di web theatre, spettacoli che utilizzano il sistema di motion capture) è forse l'artista italiano che vanta maggiori collaborazioni con strutture e formazioni internazionali. Tra gli altri, Ars Electronica, Locarno Film Festival, Transcultures; Art Zoyde, David Moss, Scanner, Olga Neuwirth, Kronos Quartet, Hebbel-Theater Berlino. Tra i suoi lavori ricordiamo il progetto Blue Stories (live cinema o cinema performativo) dedicato a Jarman e Klein, dal libro di Ingeborg Bachmann Il libro del deserto: immagini della città girate la sera prima e poi sonorizzate live a restituirgli respiro, tempo, pause. A (ri)costruirgli intorno una memoria. E ancora gli spettacoli multimedia: Metamorfosi (con A. Bonaiuto) e Stelle della sera (scritto con Gabriele Frasca) e le opere radiofoniche (Transfert).
Con lo scenografo Luca Ruzza ha recentemente realizzato un progetto a Copenhagen per il Museo d'Arte Contemporanea Charlottenborg Exhibition Hall mentre è in corso il progetto Gramsci/Leopardi/Pasolini all'interno del quale si presenteranno tra gli altri: Petrolio/México on-site/on-line/on-air (Mexico City e Vienna), Filmnero (performance/installazione, net/ radio works) per la Galleria d'Arte Contemporanea di Villa Croce di Genova, gli spettacoli Schwarzfilm (Le Manège, Mons) e Italia anno zero (Wien Modern). L'installazione videosonora Beck/ett -omaggio a Julian Beck, realizzata per la mostra internazionale dedicata al Living Theatre Labirinti dell'immaginario (Napoli, Castel S. Elmo), sarà riproposta per Riccione TTV 2004 in un particolare allestimento site specific tra spazi interni ed esterni. Wax and Time (titolo di lavoro) - installazione interattiva audio video e performance in collaborazione con Paolo Rosa/Studio Azzurro (Bolzano, maggio 2004). Per uno sguardo ai lavori passati e in corso: http://giardini.sm/


 
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