ateatro 95.46
22/02/2006 
Critici e operatori
Una mail a Paolo Mazzarelli
di Oliviero Ponte di Pino
 

Caro Paolo,
non ci siamo.
Non ho visto il tuo spettacolo, che può essere il più bello o il più brutto della stagione, ma non è questo il punto.
Tu scrivi che i critici non devono

entrare nel merito delle scelte produttive e gestionali dei teatri e delle stagioni.
a: Perché non le conoscono
b: Perché se le conoscono e vogliono occuparsene dovrebbero lasciare il loro lavoro di critici.

Per quanto riguarda il punto a., non è semplicemente vero, almeno non lo è per molti critici che agli aspetti gestionali e organizzativi del teatro si interessano da tempo. Per esempio, da sempre una delle ipotesi di lavoro di www.ateatro.it è proprio quella che l’economia dello spettacolo dal vivo (compreso il sistema dei finanziamenti e i meccanismi della circuitazione degli spettacoli) abbia un ruolo centrale e determini molte delle scelte estetiche dei nostri teatranti: tutto il lavoro sulle Buone Pratiche va in questa direzione. Dunque la critica non solo può, ma deve occuparsi delle scelte produttive e gestionali dei teatri che frequenta.
Per quanto riguarda il punto b., mi pare tradisca una grossa confusione: se io so qualcosa sul sistema teatrale e gestionale, se ho un’opinione su di esso e su certe scelte, come critico ho il dovere (e non solo il diritto) di esprimerle e sottoporle al pubblico dibattito, nei modi opportuni (ma qui non stiamo discutendo del bon ton di Cordelli).
Se non è abbastanza chiaro, basta applicare il tuo metodo alla politica: sarebbero legittimati a discuterne solo politici professionisti e amministratori; tutti gli altri - dai giornalisti ai semplici cittadini, passando per i rpofessori universitari - dovrebbero semplicemente starsene zitti. Oppure entrare in politica. Magari fidandosi degli input - certamente oggettivi - delle televisioni e dell’informazione istituzionale.
La democrazia, mi pare, è un’altra cosa. Può nascere solo dal confronto aperto delle idee.
Di più, in un sistema come quello teatrale retto da oligarchie auto-riferite, la discussione sui meccanismi che lo governano è il primo necessario passo per uscire dalla progressiva sclerosi in cui sta sprofondando.
Mi rendo conto che l’irritazione per un attacco come quello di Cordelli (e per le sue eventuali conseguenze) possa inferocire le sue vittime, e tuttavia mi pare che non giustifichi quella che diventerebbe una forma di censura tecnocratica.
Per rispondere a Cordelli, bisogna muoversi su un piano diverso.

Ovviamente se qualcuno ha qualcosa da obiettare, precisare, aggiungere, il forum è a disposizione.

Cordialmente

Oliviero Ponte di Pino


 
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