ateatro 96.61
Le recensioni di ateatro: Come uccidere causando inutili sofferenze con Daniele Luttazzi
Monologo scritto e interpretato da Daniele Luttazzi
di Sara Ficocelli
 



Parlare di Luttazzi con parole semplici è veramente difficile. Nel suo caso non ci si può fermare ad un punto di vista, occorre mettere in discussione la propria capacità di giudicare. E persino di ridere. Perché, ovviamente, si ride, si ride e si ride da pazzi, ma sempre di un riso amaro, che talvolta somiglia ad un ghigno nervoso. Arrabbiato. Primi vagiti del conflitto iracheno: il governo italiano spedisce Daniele Luttazzi, Aida Jespica, Manuela Arcuri, Raoul Bova e Giancarlo Giannini in terra di guerra, a far compagnia ai soldati. Una brigata degna del miglior Stefano Benni, composta dalla crema dello spaghetti-vips. Scesi dall’aereo, i nostri si danno subito da fare per rallegrare l’esercito, tra balletti improbabili e, neanche a dirlo, esilaranti filippiche tenute dallo stesso Daniele. Che non risparmia nessuno. Trattando il pubblico alla stregua di uno stupido battaglione di pace, parla incessantemente per due ore tirando fuori il meglio di sé. E il peggio della società italiana. Non siamo ai livelli di Beppe Grillo, nel senso che non ci troviamo di fronte a un testo documentato, sull’onda del giornalismo d’inchiesta. No. Luttazzi dissacra, rivolta come calzini sfilacciati i tabù più inconfessabili e imbarazzanti, facendo perdere alle parole e ai gesti il loro significato originario.
Non approfondisce, non gli interessa: preferisce buttare lì decine di input, preferisce una platea divertita e disposta, semmai, a raccogliere ed elaborare. L’universo del pudore e della decenza viene risucchiato dallo sguardo allucinato di questo piccolo uomo in camicia bianca, magrolino, più simile ad un cartone animato che allo show man tanto temuto da Berlusconi. L’oscenità verbale prende il sopravvento in continuazione, costringendo lo spettatore a scendere a patti con la vergogna, ridendoci su. Un riferimento al sesso di qui, un’offesa al politico di là, tra una frecciata alla chiesa e un’altra all’intellettuale di turno. Fino a centrare l’obiettivo, che è quello di spogliare la realtà da ogni ipocrisia. Dopo aver accettato lo scandalo di una guerra inutile, siamo ancora capaci di vergognarci di qualcosa? Luttazzi sembra chiedere proprio questo al pubblico, schiaffeggiando luoghi comuni e falsi moralismi con la rabbia di chi più di una volta è stato imbavagliato.
Di Berlusconi non parla molto, forse perché siamo in tempi di par condicio, chissà. Certo è che sparare a zero sulla condizione dei soldati in Iraq è un modo altrettanto efficace per consumare le redini al Cavaliere. Daniele Luttazzi nasce a Santarcangelo di Romagna (RN) il 26 gennaio 1961, dove si laurea in medicina con una tesi sulla eziopatogenesi immunitaria della gastrite atrofica(!!). Nel frattempo collabora come vignettista per la rivista Tango. Il successo arriva con il concorso per giovani comici "Zanzara d'oro", che conta tra la giuria personaggi come Garinei, Dapporto, Arbore e la Wertmuller. L'incontro con questi mostri sacri dello show business gli procura la partecipazione ad un altro concorso, che questa volta lo vede vincitore. Arbore gli proporrà poi di partecipare al programma "Doc", con Gegè Telesforo e Gianna Nannini: la strada giusta è stata imbroccata. Sono gli albori di una comicità cerebrale e fredda, fondata sull'accanimento contro tutto e tutti, ma soprattutto contro chi proprio non gli piace. Una scelta che porterà con sé censure, citazioni per danni e cause miliardarie. E' questo un altro aspetto per cui il comico satirico è famoso. La consacrazione definitiva arriva nel 2001 con “Satyricon", talk show di Rai2 in onda in seconda serata. La trasmissione gli causa grossi problemi di censura e lo allontana dal piccolo schermo. E’ l’inizio del Luttazzi ancora più pericoloso e ronzante, proprio come la “zanzara d’oro” del primo concorso a cui partecipò.

In scena domenica 19 febbraio al Teatro Politeama di Cascina (Pi), Fondazione Sipario Toscana-Lacittadelteatro


 
© copyright ateatro 2001, 2010

 
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