ateatro 96.6 Speciale elezioni 2006: l'onorevole Gabriella Carlucci in esclusiva per "Hystrio"-ateatro La politica di Forza Italia per il teatro e la nascita del nuovo teatro stabile privato della Puglia di Mimma Gallina
Abbiamo approfondito le posizioni di Forza Italia in un'intervista telefonica con l'On. Gabriella Carlucci, candidata in Puglia per le prossime elezioni.
(Ricordiamo che ateatro ha rilanciato anche una sua intervista al "Giornale dello Spettacolo").
Carlucci è cordiale, informata, concreta e disponibile. Alcune sue posizioni non sono apparentemente distanti da quelle dell'Unione, e infatti ritiene che una politica per lo spettacolo possa essere condivisa, né di destra, né di sinistra.
Ma al di là dei punti di contatto teorici fra schieramenti e singoli partiti, questo esame comparato ci ha rafforzato nella convinzione che, in una situazione povera come quella in cui ci dibattiamo, a fare la differenza sia (sarà) la questione dei finanziamenti e le priorità, le scelte concrete di distribuzione degli stessi.
Non per polemica, ma a leggere le sue dichiarazioni e documenti sembra quasi che lei non sia un'esponente dell'area di governo. Come mai è così difficile fare una politica per lo spettacolo in Italia?
L'obiettivo del governo era, dopo anni finanziamento a pioggia allo spettacolo senza verifiche di efficacia né trasparenza, introdurre criteri effettivamente meritocratici. Nel cinema ci siamo in parte riusciti. Per il teatro il governo ci ha provato, ma non c'è stato il coraggio di effettuare scelte drastiche, anche se sarebbe bastato applicare con coerenza i criteri già previsti nei regolamenti.
Un problema è derivato anche dagli scontri sulla riforma costituzionale (quella varata dalla sinistra): si è creato un caos fra le competenze di stato e regioni, che ha determinato ritardi,conflitti, fortissime resistenze da parte del parlamento, il blocco legislativo, per poi arrivare alla legislazione concorrente (come avevo ipotizzato nella mia legge del 2001). In questo quadro ho combattuto le leggi di settore che non potevano che nascere morte.
Nel programma della casa della Libertà abbiamo trovato solo la frasetta che sa su beni e attività culturali. Possiamo considerare condivisi almeno nel suo partito i contenuti articolati del documento di FI sopra citato?
E pensa che un nuovo governo di centro destra possa rimeditare la politica dei tagli?
Naturalmente: si tratta di posizioni ufficiali che integrano il programma che sarebbe stato assurdo appesantire con eccessivi dettagli.
Certo, personalità del governo come Tremonti o economisti come Brunetta non vedono lo spettacolo dal vivo come un settore economicamente serio e affidabile (e ha volte non hanno torto), ma possiamo dimostrarne la serietà con un'inversione di tendenza, un nuovo corso più attento all'equilibrio gestionale, alla managerialità.
Quanto ai tagli di bilancio non saranno facilmente recuperabili: giocano contro le normative (Maastricht) e le verifiche dell' Unione Europea e più di tanto non si può fare. Bisogna puntare sulle fiscalità alternative (V. documento) e sul credito agevolato (finalmente è arrivato a funzionare l'istituto del credito sportivo esteso allo spettacolo, una riforma votata già nel 2003).
In questo quadro, e nella prospettiva della legislazione concorrente, la Legge Rositani - anche se in effetti, in quanto frutto di una complessa mediazione tende a dare un colpo al cerchio, un colpo alla botte - sarà un punto di partenza accettabile, condiviso fra l'altro da tutti i partiti.
A proposito di fondi alternativi. Mi sembra significativo che nella frasetta del programma della Casa delle Libertà siano accomunate grandi opere e beni culturali. Nel suo documento lei scrive a proposito di Arcus spa: "Occorre ricondurne il suo ambito di intervento all’interno di logiche, criteri e metodologie di azione che ispirano l’attività istituzionale del Ministero per i beni e le attività culturali". Può precisare?
Arcus è un ottimo strumento, ma è necessaria una regolamentazione: ora finanzia un po' a casaccio, ha subìto il passaggio Urbani/ Buttiglione e non bisogna dimenticare che è arrivato ad operare in fase di tagli, ad intervenire in una situazione di emergenza.
Non condivido in linea di massima la tendenza a privilegiare gli interventi sulle strutture, che sono importanti (sono ancora molti ad esempio i teatri chiusi su cui si dovrebbe intervenire), ma a mio parere si dovrebbe orientare con più decisione verso la promozione, penso in particolare alle aree disagiate, al sud.
Anche l'ETI, che pure sta facendo molto, dovrebbe indirizzare prevalentemente la sua attività in senso promozionale verso aree di rischio (direi anzi esclusivamente: anche nella programmazione delle sue sale).
Arcus dovrebbe anche attrezzarsi per interagire a livello europeo, ottenere finanziamenti da quel fronte, imparare a far leva su programmi come Interreg e altri.
Nella recente intervista al Giornale dello Spettacolo ribadisce l'importanza del "successo al botteghino", precisa però anche che "Lo stato dovrà intervenire solo dove è davvero necessario il suo sostegno": giovani autori/promozione pubblico/scuole/memoria.
Si deve moralizzare l'area imprenditoriale dello spettacolo: chi già cammina con le sue gambe deve essere in grado di stabilire un rapporto accettabile fra l'intervento statale, i risultati di pubblico (che devono esserci), la capacità di reperire entrate proprie. C'è chi ci è riuscito: non penso solo a realtà strettamente legate al successo di botteghino (come il Sistina e altre che conosco meglio per la mia attività professionale), ma a istituzioni come il Piccolo Teatro di Milano, ad esempio, che ha costruito un equilibrio ammirevole fra intervento pubblico ed entrate proprie, rivelando grandi abilità manageriali.
Naturalmente per l'area del teatro pubblico, come per l'innovazione, non potrebbero bastare gli interventi sulla fiscalità.
E' soprattutto in questa direzione - verso l'arte allo stato puro - che devono indirizzarsi gli interventi pubblici: e devono essere improntati alla massima libertà: se queste realtà non vengono lasciate libere, non si può parlare di ricerca. Gli interventi devono essere commisurati alla valenza artistica e vanno premiati i risultati ottenuti, che anche in questo caso non possono però essere del tutto estranei all'interesse da parte del pubblico.
I criteri sono inevitabili e l'eccessivo dettaglio della normativa attuale è legato alla carenza di mezzi. Andrebbero solo applicati con coerenza.
Però io ribalterei la tendenza a sostegni prevalentemente indirizzati alla produzione, a favore di un sistema di interventi promozionali: rivolto prevalentemente ai giovani e alle scuole, alla valorizzazione del territorio, alla formazione del pubblico, facendo leva anche sulla funzione della RAI - ad esempio con la creazione di un canale tematico satellitare che non sarebbe neppure troppo oneroso - e a qualche idea un po'creativa e tutt’altro che irrealizzabile (come un piano sistematico di informazione e pubblicizzazione sui treni).
Lei è candidata in Puglia ed è evidente la Sua attenzione al problema della sperequazione territoriale. Vuole dirci una cosa che farebbe concretamente per lo spettacolo al sud?
Molto concretamente: sto promuovendo la creazione di una Fondazione che coinvolgerà 10 comuni in Puglia, farà leva anche su erogazioni liberali e opererà su più sedi secondo la forma e gli obiettivi della Stabilità Privata (che non è presente in quella regione, come quella pubblica del resto) ma prefigurando un modello innovativo: produzione, programmazione, ma in particolare formazione, di quadri artistici e tecnici ma soprattutto manageriali, anzi artistico-manageriali, di cui si sente molto la carenza. Siamo già piuttosto avanti: si comincerà ad operare dalla prossima estate. Mi sembra un ottimo modo di far leva sul territorio, su comuni che hanno appena ristrutturato il proprio teatro, come Corato, o che hanno risorse monumentali e paesaggistiche meravigliose, come Trani.
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