ateatro 83.32 Un Cristo scandaloso Il Gioia di Mauro Aprile di Fernando Mastropasqua
In una intervista di qualche anno fa Eugenio Barba, chiarendo la distanza tra arte e cultura, portò l’esempio del crocifisso: in chiesa davanti ai fedeli genuflessi in preghiera è simbolo ma anche vivente rappresentazione di un fenomeno culturale, lo stesso crocifisso esiliato dal suo altare e deportato in un museo si trasforma in un oggetto estetico. Bisogna aggiungere che la museificazione di un fenomeno culturale a volte può verificarsi anche senza il trasferimento di un oggetto di culto dalla sua sede naturale religiosa in una esposizione museale dove la contemplazone estetica lo spoglia dei caratteri sacri. Spesso il Cristo è museificato nella stessa sede santificata o addirittura nella festa del culto che gli viene dedicata. Un processo di imbalsamazione anticipa quella museale, che riduce l’icona sacra a “cosa” e a “merce”. Pensiamo alla devozone “turistica”, alla tradizione ripetuta per inerzia, depauperata dei significati che sono alla base di una compartecipata riunione festiva.
Il Cristo (Gioia) e la Madonna (Addulurata), centro della riflessione di Mauro Aprile nel suo film ‘U Gioia. Jaloffra e Filuvespri. Il Gioia. Garofani e Siesta, viventi durante la settimana santa a Scicli (Ragusa), mostrano il lacerante rapporto tra morte e resurrezione, ferita profondamente radicata in Sicilia come in tutta l’area del Mediterraneo. Ma lo scandalo è proprio quello del Cristo, non più simbolo di passione per una rigenerazione spirituale con tanto di benedizione ecclesiale e rimandata alla fine del tempo, quanto impulso vivente di resurrezione collettiva, già evidente in quel sorgere dietro l’altare della statua del Cristo, come nuovo sole per l’umanità, come scandaloso uomo tutto e uomo vivo.
L’occhio di Aprile è in questo senso anche visione critica, riflessione antropologica sulla festa. Gioia è l’uomo vivo, la carne dell’uomo che si esalta nella gioia della resurrezione – un atto empio quanto rigorosamente evangelico per colui che si dice figlio dell’uomo – qui ed ora, prima e a dispetto della morte e di ogni morte. Non più Cristo Risorto, commenta Aprile, ma Gioia e Uomo vivo, questa resurrezione si presenta come urlo-grido-parola (vuci) di carne umana in gioia e la massa partecipante trova in questo simulacro la voce nuova di rinascita carnale.
Il Gioia è la testimonianza della verità della distinzione di Eugenio Barba tra cultura viva e rigor artis. In questa festa il Cristo è creatore di un processo culturale che si rinnova e trasforma oltre la canonica celebrazione. Nessun museo potrebbere accogliere Il Gioia e Aprile evita che il video possa a sua volta imporsi come museificazione, investendo con raffinato linguaggio la cultura del Novecento, da Deleuze a Bacon. Lo spettatore è costretto a rispecchiarsi in un’immagine composita quanto seducente nella quale la cosiddetta cultura popolare, come il Cristo risorto si fa resurrezione della carne vivente dell’uomo, raccoglie, dipana e di nuovo scioglie i fili di cui è intessuta la cultura tout court.
Le feste non sono le esibizioni scimmiesche in moderni zoo del turismo e della mercificazione, Cristo non abita il tempio invaso dai mercanti, anche se mercanti di immaginette sacre, che egli stesso aveva violentemente scacciato. Lo scandalo sta proprio qui e l’esempio più eloquente è in quei macellai (uccièri), attori di un’orrenda legittimata carneficina nei mattatoi, che nella festa fanno i portantini del simulacro del Cristo. L’operazione registica assomma scandalo a scandalo intrecciando, mutilando con vibranti tagli degni degli uccièri, esaltando l’ebbrezza della festa con quella del pensiero che non è museificabile, nonostante i tentativi di rinchiuderlo in ospitali fattorie dell’arte.
Così lo stesso Aprile racconta il suo lavoro:
“In questo modo la grande rappresentazione popolare (l’organismo etno-antropologico della festa) viene costantemente disorganizzata e amputata da un diagramma di cattura di regia che si dispiega in umorismo picaresco (sull’exemplum della scrittura-virus di William S. Burroughs), in scavo e moltiplicazione metalinguistica e in verticalizzazione della materia audiovisiva (sulla linea del cinema inorganico di Carmelo Bene e del martirio della materia-cinema alla Brackhage). Dai tagli e dalle perforazioni eseguite sulla superficie del linguaggio (la via dell’Esausto di Samuel Beckett nell’incontro di Gilles Deleuze), e per via di astrazione cromatiche (Malevic-Klein-Jarman), e per via figurale sulla pura visibilità (Bacon), si liberano una serie di forze universali quali l’erotismo e la morte, il dolore e la gioia, la triste e cupa elaborazione del lutto e il folgorante e ilare giubilo della resurrezione dei corpi. In questo modo e per dirla infine con un celebre verso eliotiano che ritorna centrale in tutto il video, ci ritroviamo continuamente davanti all’ineluttabile trittico di “and birth and copulation and death”. In questo senso, il ritornello musicale e logo-visivo, che è nel grembo di questa Sicilia-Isola dell’insonnia, diventa insonnia dell’Isola tutta”.
Programma della manifestazione
La manifestazione è a cura dell’Associazione Orsa di Torino, del Museo del Cinema e del Dams – Università di Torino.
Il film: ‘U Gioia. Jaloffra e Filuvespri. Il Gioia. Garofani e Siesta di Mauro Aprile Zanetti [Video b/n e colore; Durata 63’; Suono 5.1; Produzione Zanetti-Macauda-Marbea, Italia 2002-03; Distribuzione E.G.S. Entertainment], sarà presentato al Cinema Massimo nei giorni 5 e 6 maggio. Agli incontri con l’autore (ore 20.30), parteciperanno alle conversazioni sui temi ispirati dall’opera “Lo scandalo e la festa” e “Il corpo in immagine”: Edoardo Fadini, Antonio Attisani, Fernando Mastropasqua, Federica Villa, Giaime Alonge, Franco Prono. Interverrà Sandro Peticca, montatore del suono del film. Per il 6 è prevista inoltre la partecipazione di Vinicio Capossela.
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