ateatro 82.43 L'informazione da mangiare ManUelBO artista attivista performer di Anna Maria Monteverdi
ManUelBO è il nome d’arte di Emanuele Bozzo, giovane artista visivo eclettico dell’area “tubista” con la doppia cittadinanza spezzino-romana e berlinese, nomade per vocazione, nel mondo e tra le arti; è stato realizzatore di installazioni politiche che nei primi anni Novanta univano arte e solidarietà sociale (La cella, sul caso Baraldini), street performance o street parade a metà tra l’espressione artistica, il disturbo e la protesta (l’azione in strada per la beatificazione di Artaud che ricorda una eguale manifestazione con tanto di lumini del Critical Art Ensemble), pseudo teatro di provocazione; mediattivista legato al Centro Sociale romano Forte Prenestino, videomaker indipendente vicino a Indymedia e ai vari Social Forum ha realizzato Supervideo, graffiante documentazione del G 8 e Realityt Hacking contente anche l’intervista a Ricardo Dominguez ex membro del C.A.E fondatore del Teatro del disturbo elettronico. I materiali sono disponibili come file sharing on line sul sito di ngvision.org
BelzeBush, Tubo catodico, La crocifissione dello spettatore, alcuni degli inequivocabili titoli di oper’azioni o trans’azioni artistiche; Homo mediaticus e Media food sono le ultime realizzazioni in forma di personal exibition realizzate per la Galleria Azul di Berlino e per Transmediale 05.
Tra i suoi interventi, un tentativo di rianimare l’informazione, che vede i mezzi di comunicazione (televisore, radio, computer) trasportati in una barella, con tanto di infermieri e medici, intorno al ministero delle Telecomunicazioni; l’assaggio pubblico di giornali come pietanze; l’esposizione di un televisore che versa lacrime di sangue, in una specie di “miracolo” laico lo stesso giorno dell’inizio delle trasmissioni di Tele Padre Pio, alla presenza del ministro Gasparri. Performance, quelle di ManuelBo, che giocano sulla letteralizzazione di slogan e metafore ormai logore (l’informazione “malata”, l”indigestione” di notizie, “siamo ciò che mangiamo”) per rilanciare la possibilità di una comunicazione dal basso, spregiudicata e libera, alla portata di tutti.
Una prima esperienza di televisione in diretta dai quartieri spagnoli come collettivo Canale 99; l’attività autoprodotta e indipendente si sposta poi sulla proposta di un video monocanale che guardando a Ballard racconta della raccolta di memoria sulla preistoria della televisione fatta da un alieno che proveniva dalla televisione del futuro. Video che fece guadagnare al gruppo un vero e proprio successo all’interno del circuito underground. Ma il suo nome insieme a quello di Manolo Luppichini, di Agnese Trocchi e di Antonio Veronese, si lega a Candida TV, la prima sperimentale e folgorante Telestreet romana che nel 1999 trasmetteva sulle frequenze di Teleambiente e che decretò l’innegabile successo mediatico delle televisioni homemade. I palinsesti erano divertenti e lanciavano l’idea di Tv elettrodomestico con le interviste folli tra i passanti e le inchieste assurde (Jubileon, sul “dietro le quinte del Giubileo”) che poi abbiamo ritrovato ben più confezionate a Mediaset con Le Iene. Candida Tv con il suo motto “Prendila prima di uscire!” ha vissuto tra il consenso dei teleutenti 9 settimane; successivamente il gruppo-cooperativa ha realizzato Torre Maura Tv, primo esperimento di Tv di quartiere via web che si guadagnò un servizio sul Tg 1 nazionale.
ManUel Bo è stato anche l’esilarante Supereroe Supervideo che doveva liberare la comunicazione a Genova durante il G8: con mantello arancione, tuta in lycra da personaggio Marvel e con in testa una sorta di scatola-Tv con tanto di antenna. Doveva captare la “santa verità” abbandonata dai media ufficiali in un cassonetto e catturarla dentro una videocassetta. Infilava la scatola-Tv dell'intervista al guidatore di autobus, alle tute bianche, ai manifestanti, saltava sul camion della Rai, si infiltrava tra i black bloc. Il video includeva anche materiali di Indymedia e di altri registi indipendenti. Una modalità diversa ma ugualmente efficace di testimoniare sia il clima festoso e colorato della manifestazione pacifista sia l’assurda escalation delle tensioni e delle violenze terminate con l’uccisione di Carlo Giuliani e con il pestaggio a sangue dei manifestanti da parte delle forze dell’ordine.
Il carattere a metà tra il demenziale, il provocatorio, tra il surreale e l’azione diretta è tipico sia dei suoi video che delle sue più recenti performance: Erba di casa mia, refrain dell’immemorabile Massimo Ranieri che fa da colonna sonora all’omonimo video sulla liberalizzazione della cannabis; Media food realizzato a Berlino il cui video documentativo è stato presentato all’interno di Hack.it.art ideato da Tatiana Bazzichelli per Transmediale 05. La performance, della durata di una giornata partiva dall’evidenza che la stampa italiana è malata e che questo cibo è ciò che gli italiani sono costretti a mangiarsi tutti i giorni. Vestito come un cameriere di una pizzeria per turisti sotto la Torre di Pisa, con cravattino tricolore, andava in giro offrendo ai tedeschi da un vassoio, quotidiani a forma di stivale, impanati e fritti, insomma, il cibo degli italiani. Contemporaneamente chiedeva ai passanti quale riteneva il migliore e il peggiore quotidiano tedesco, facendo un sondaggio davvero casalingo e esilarante e mettendo i risultati con un pennarello sopra un cartone. La performance dalla strada si trasferiva all’interno di alcune tra le più importanti testate giornalistiche tedesche, dove gli veniva naturalmente impedito l'accesso agli uffici della direzione.
La performance realizzata per la Galleria Azul di Berlino consisteva invece in un “Dress to eat”, un vestito fatto di cibo: verdure, pane e lattine, dove il vestito commestibile diventa simbolo di tutto ciò che cannibalizziamo dalla società dei consumi e dai media stessi. Ma il progetto in corso – di cui il collettivo di Candida Tv ha già realizzato un numero zero – è una soap televisiva atipica realizzata secondo lo spirito del collettivo, in strada. Gli attori vengono scelti e coinvolti in diretta ai semafori, nelle piazze; con un cartello al collo come segno di riconoscimento del loro personaggio danno vita a una storia che come nelle soap, assomiglia a una già vista, colorata però dell’assurdo, dell’imprevisto, del dialetto, delle esclamazioni fuori luogo e dei rumori della vita reale.
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