ateatro 82.1
L'Italia sta perdendo i suoi poeti
L'editoriale di ateatro 82
di Redazione ateatro
 

L’Italia sta perdendo i suoi poeti, e forse la sua coscienza.
In questi pochi mesi sono scomparsi Giovanni Raboni, Mario Luzi e Raffaello Baldini. Tre grandi poeti, tre voci che hanno declinato in maniere diverse la grande tradizione novecentesca della poesia italiana. Ma anche tre intellettuali che sapevano reagire alle sollecitazioni del loro tempo e al degrado della realtà politica, antropologica e teatrale del nostro paese. Insomma, tre figure di riferimento in un panorama sempre più appiattito in un conformismo isterico e vuoto. E, giorno dopo giorno, è facile accorgersi che personalità come queste non vengano sostituite – per lucidità, autorevolezza e ricchezza d’animo.
Ancora, sono scomparsi tre poeti che, soprattutto nell’ultima parte della loro parabola artistica, avevano voluto scrivere per il teatro, con risultati di grande interesse. Questa “svolta drammaturgica” poteva essere implicita nella logica della loro evoluzione poetica. Ma la scelta di un medium “comunitario” come la scena poteva in qualche modo riflettere – anche se in maniera mediata, mai ideologica – la loro tensione civile. Nel contempo, rispondeva al bisogno di affinare una lingua viva, autentica, pulsante, da sottoporre alla prova più difficile: farsi carne, corpo e respiro attraverso il lavoro degli attori. Va anche sottolineato che spesso per questi poeti gli interlocutori sono stati – prima dei grandi teatri – gruppi e artisti di quello che una volta si chiamava “nuovo teatro”, in un rapporto di reciproco scambio e arricchimento.
Insomma, c’è un vuoto. A confermarlo basta la grottesca discussione sul possibile successore di Mario Luzi come senatore a vita: Oriana Fallaci o Mike Bongiorno?
In parallelo, quasi a confermare l’attuale disorientamento, il pasticciaccio della Scala. Con il suo deficit milionario (in euro) e in inarrestabile crescita. Con le liti sotterranee tra il Direttore Artistico Muti e il Sovrintendente Fontana, dimissionato grottescamente dal cda a pochi mesi dalla scandenza del suo mandato. Con una nuova sede, costosa e nata già vecchia come il Teatro degli Arcimboldi, di cui l’ente lirico e la città non sanno che fare. Un vuoto di progettualità di cui tutti da anni sentono il peso, ma che è molto difficile denunciare. Con un consiglio di amministrazione dove spadroneggiano i Confalonieri e i Tronchetti Provera (ovvero il nuovo capitalismo corsaro all’italiana, somma di potere economico e di potere politico, di posizioni di rendita in settori protetti e di gestione privatistica della cosa pubblica), che poco prima della scadenza decide di imporre al successivo cda un nuovo Sovrintendente, il discusso Meli – che nel frattempo il corposo dossier di un ex magistrato di aver moltiplicato il debito del teatro lirico di Cagliari. Sullo sfondo, la crisi generale degli enti lirici e le strettoie imposte dalle pasticciate Fondazioni che li dovrebbero gestire. Il tutto condito dai vari veti sindacali, dall’incapacità del velleitario sindaco di Milano Albertini (che presiede il cda) di immaginare una qualche via d’uscita – a parte i suoi diktat tanto arroganti quanto inefficaci – e ancora dalle dimissioni dell’assessore alla Cultura Salvatore Carrubba, sostituito nell’annata pre-elettorale dall’estetista televisivo Stefano Zecchi… Così la crisi di una delle più prestigiose istituzioni culturali italiane ¬- uno dei rari biglietti da visita internazionali del paese - finisce sul tavolo del Prefetto, come se la Scala fosse un problema di ordine pubblico, e il buonsenso di un alto burocrate potesse almeno raffreddare gli animi…
Nel frattempo, nella bonaccia pre-elettorale, continuano a succedere mille e mille cose. In questo ateatro 82 proviamo a raccontarne alcune, in un numero ricchissimo di temi e suggestioni, tutto da scoprire. Molte altre iniziative, spesso molto interessanti, sono segnalate nella pagina nei forum (dove potete inserirle anche voi, con grande facilità) e nella pagina dei festival, che in vista dell’estate ricomincia ad affollarsi.
Insomma, i tempi sono duri, forse durissimi, proabilmente non miglioreranno, ma circolano molta energia e mille idee…


 
© copyright ateatro 2001, 2010

 
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