ateatro 79.24
Libri & altro: Organizzatore le lettere di Paolo Grassi
Paolo Grassi, Lettere 1942-1980, a cura di Guido Vergani
di Oliviero Ponte di Pino
 

Nel campo dello spettacolo dal vivo Paolo Grassi è stato con ogni probabilità il primo «operatore culturale» moderno in Italia: la fondazione, la gestione e la direzione del Piccolo Teatro (per circa un quarto di secolo), la direzione della Scala in un periodo travagliatissimo, e infine la presidenza della Rai, per tre anni, fino alle polemiche dimissioni «Mi ritiro dalla vita pubblica perché sono disgustato dall’iperpoliticità e dalla partitocrazia», sono stati una guerra ininterrotta per affermare il valore di servizio pubblico della cultura. Non in astratto, ma dirigendo alcune tra le maggiori istituzioni culturali del nostro paese.
Certamente per chi legge queste Lettere, i brani più gustosi sono senz’altro quelli rivolti a Giorgio Strehler, in un irripetibile sodalizio umano e artistico – anche se dal punto di vista storiografico le bizze strehleriane non sono solo il sintomo della sua geniale sregolatezza, ma riflettono anche le impasse i vicoli ciechi del metodo registico da un lato e della pratica del teatro pubblico dall’altro, e dunque non possono essere ridotte a mere impennate e depressioni. Poi ci sono naturalmente le gustose reprimende del periodo scaligero, contro le canotte che sbucano dalle corazze, il sipario che si muove prima dello spettacolo o gli orologi del teatro che segnano tutti ore diverse, rendendo affatto misteriosa la proverbiale puntualità scaligera... E anche qui, vale l’attenzione e la cura per i dettagli, che fanno parte di una lezione che Grassi amava ripetere spesso, quasi parola per parola: «prevedere e non aspettare, fare al mattino ciò che si può fare il pomeriggio; fare il lunedì ciò che si può afre il martedì, essere addosso alle cose, essere ineccepibili sul piano della correttezza, dello stile, ecc.». Anche questa è una lezione che Grassi cercava di applicare prima di tutto a sé stesso: infatti in un paio di queste lettere chiede scusa per aver ecceduto, con scenate rimaste memorabili scenate. Però ribadisce con puntiglio la validità dei motivi che l’hanno indotto a sostenere quella posizione – pur senza essere stato nell’occasione ineccepibile sul piano dello stile.
Insomma, da queste lettere si può cogliere il carattere dell’uomo – anche nel tenerissimo rapporto, fatto si stima e di affetto, che lo lega, nel corso di tutta la sua carriera e soprattutto della sua vita, a Nina Vinchi, l’irripetibile «segretaria generale» del Piccolo Teatro.
Si può anche intuire che dietro a una figura che oggi appare titanica ci fossero una precisa visione politica (con la militanza socialista, via via meno salda dopo l’arrivo di Craxi alla segreteria), artistica e culturale, forgiate negli anni della guerra. Restano inevitabilmente in secondo piano i problemi, assai complessi, che si muovono dietro la parabola di Grassi e del Piccolo Teatro (e forse qualche apparato in più, sulla consistenza e ubicazione dell’epistolario, avrebbe potuto essere utile): un percorso straordinario, di ineccepibile modernità, e tuttavia una eccezione, all’interno del sistema Italia. In questo i trionfi e le difficoltà di Grassi e Strehler risultano emblematiche, non tanto delle loro eccezionalità – che sicuramente ci furono – quanto dell’impossibilità rendere sistema la loro «buona pratica».

Paolo Grassi, Lettere 1942-1980, a cura di Guido Vergani, Skira, Milano, 2004, 346 pagine, 24,00 euro.


 
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