ateatro 78.30 Teatro e disagio Il convegno “Teatri di Roma, percorsi di inclusione sociale” di Erika Manni
“Teatri di Roma, percorsi di inclusione sociale”: questo è il titolo del convegno che si è svolto a Roma il 10 e l’11 dicembre presso il Teatro Lido di Ostia, promosso dalla V Commissione Consiliare Permanente del Comune di Roma in collaborazione con l’Enea (progetto di sviluppo tecnologie per gli anziani e i disabili). Fulcro dell’incontro è stata l’analisi del rapporto tra Teatro e Disagio, che ormai rappresenta una delle realtà più vive del teatro italiano.
Obiettivo comune è stato quello di ragionare sul processo di formazione e sull’attuale situazione del cosiddetto «teatro integrato», che cambia di esperienza in esperienza su tutto il territorio nazionale; un aiuto concreto è stato dato da una convenzione sottoscritta il 30 marzo 2004 a Roma, che ha dato l’avvio alla realizzazione del primo censimento nazionale Teatro e Disagio.
La ricerca mostra una situazione eterogenea e sfaccettata: il centro nord Italia ne esce più impegnato di un sud che è ancora lontano dai numeri della Lombardia, dell’Emilia Romagna, della Toscana e del Lazio, dove la scuola pubblica e gli istituti sociosanitari pubblici sono le strutture che ospitano maggiormente tali attività.
Tra i soggetti coinvolti nell’esperienza i disabili fisici sono secondi solo ai disabili psichici che risultano in assoluto i più integrati all’interno dei progetti.
Grazie questa fotografia quantitativa è possibile supportare con maggior efficacia l’attività di cinque organismi: l’ETI, Università di Urbino (Facoltà di Sociologia, Cattedra di Storia del Teatro e dello Spettacolo), Associazione culturale Nuove Catarsi, Enea (progetto tecnologie per la qualità della vita) e la cooperativa sociale “Diverse Abilità”, che si sono prefissati l’obiettivo di formalizzare un “centro di documentazione” per non perdere le esperienze passate, monitorare il presente e avere la possibilità di costruire un futuro.
Dalla necessità di trovare gli strumenti per legittimare e dare voce a questo nascente “teatro di ricerca” si sono formati nel pomeriggio del 10 dicembre, all’interno del convegno, quattro gruppi di lavoro che hanno approfondito altrettante problematiche.
1) La committenza: qualità e forme di finanziamento
Il problema della qualità e delle forme di finanziamento non investe il solo teatro integrato, ma è sicuramente uno dei nodi cruciali della nostra politica culturale contemporanea. La committenza resta per lo più pubblica e va di pari passo con la realizzazione di eventi di Teatro e Disagio generalmente frutto di percorsi diversi, generati dalla contaminazione di risorse umane eterogenee, che rappresentano la reale ricchezza di un teatro distaccato nettamente da quello tradizionale e proprio per questo potenzialmente considerato di serie B.
2) Gli operatori: formazione e qualificazione
Figure professionali differenziate convivono e collaborano all’interno del teatro sociale e del teatro integrato; l’integrazione delle competenze è stato probabilmente il punto di partenza, ma è diventata caratteristica imprescindibile di questo nuovo scenario che tenta di far convivere soggetti appartenenti a categorie svantaggiate e professionisti del settore artistico.
Laddove non c’è la possibilità (quasi sempre economica) della effettiva compresenza costante di diverse figure professionali (psichiatra, educatore, assistente sociale, teatrante…), la conduzione di un laboratorio o di un corso è delegata a un unico operatore che, per determinare la propria professionalità, può aver intrapreso strade distinte: di natura accademica, ma più spesso di autoformazione e di esperienza sul campo.
Nel nuovo panorama che si sta delineando diventa perciò importante individuare una nuova figura professionale. Ma non si corre il rischio che un eventuale riconoscimento accademico potrebbe tagliare fuori dal mercato lavorativo chi non ha una qualifica istituzionale, ma che possiede competenze pratiche maturate negli anni?
3) La proposta teatrale: linguaggi scelti e soggetti coinvolti
Il teatro integrato può essere inscritto nel teatro di ricerca, così da mettere lo spettatore in condizione di assistere ad uno spettacolo in cui quello che conta è la dimensione poetica, in cui non conta l’arte di un disabile, ma conta solo «l’arte di raccontarsi». Lavorando con persone diversamente abili si recupera il senso primario del teatro: persone che nella loro unicità (con o senza handicap) si esprimono in modo differente.
Il gruppo di lavoro ha posto l’accento sull’esigenza di avere contesti in cui esibirsi, senza cercare per forza un circuito professionale. Ma senza la ricerca di professionalità non si rischia di imprigionare le esperienze in un ambito esclusivamente estemporaneo, che ridurrebbe l’importanza del processo artistico intrapreso?
4) Il pubblico: spettatori e destinatari
E’ quasi scontato ricordare che nel teatro praticato da soggetti socialmente svantaggiati il processo artistico e il risultato finale sono altrettanto importanti, ma lo è ancora di più la condivisione dell’esperienza con il pubblico; anche quando il pubblico reclutato è un pubblico «vicino» composto da amici, parenti,operatori del settore.
Il salto di qualità sta nella ricerca dell’altro pubblico, quello di «propaganda», che ha un intento militante, sensibile e che possa sensibilizzare. Se questo coinvolgimento di nuovo pubblico non dovesse funzionare il teatro integrato potrebbe essere considerato un genere. Ma anche questo non sarebbe limitante?
L’arte in tutte le sue espressioni è stata ed è veicolo importante di integrazione; il teatro nel suo essere tale è aggregazione artistica e sociale che risponde all’istanza umana di comunicare ed esprimersi.
Integrare un gruppo di teatro non significa solo unire normodotati e disabili in un progetto comune, ma trovare una intesa artistica ed emotiva scavalcando tutte le forme di assistenzialismo per incontrarsi in una professionalità paritaria. L’incontro diretto con il pubblico e la successiva diffusione di un prodotto artistico sul mercato suggelleranno il processo di integrazione in favore di una visibilità più ampia.
Compito dei Ministeri, delle Regioni, degli Enti Locali è quello di permettere che tutto ciò avvenga, sostenendo una programmazione di sostentamenti per il settore del Teatro e Disagio che negli anni Novanta ha trovato una sua fisionomia e che adesso vive di un futuro incerto.
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