ateatro 76.12 Per una analisi economica delle Buone Pratiche L’intervento del 6 novembre di Serena Deganutto
Il lavoro del professor Trimarchi e dei suoi collaboratori verte sull’analisi dei progetti dal punto di vista economico. Quello che traspare da un primo esame è che l’economia conferma e rafforza la validità di progetti, o meglio, di "buone pratiche", che nascono dall’unione di capacità creativa e di innovazione organizzativa.
Il teatro è da sempre un comparto produttivo flessibile e vitale, capace di assorbire le trasformazioni della tecnologia e del mercato, ma anche in grado di elaborare e proporre idee e paradigmi inediti.
Paradossalmente, è proprio in questa fase di crisi finanziaria e di limbo politico che il teatro dimostra, con la sua reazione costruttiva, la sua solidità come sistema creativo e culturale e come comparto produttivo dotato di risorse eccellenti.
Questa assunzione di responsabilità si rivela ancora più importante in un periodo in cui sarebbe opportuno che ciascuna istituzione del sistema, e soprattutto il legislatore e il governo, superasse la visione obsoleta dell’azione pubblica in campo culturale basata su automatismi assistenziali, scommettendo sulla capacità propulsiva della cultura e dello spettacolo attraverso un serio ridisegno dei meccanismi di sostegno e garantendo una massa critica di risorse finanziarie adeguata all’importanza del settore.
L’adozione di nuove leggi in materia di spettacolo sul piano regionale, infatti, costituirebbe un’occasione straordinaria
per sottolineare la centralità, la rilevanza e il ruolo guida che lo spettacolo, e quindi anche il teatro, potrebbe rivestire all’interno delle politiche regionali di valorizzazione culturale.
All’interno di queste riflessioni è scaturita la necessità di creare uno strumento che sia in grado di mettere a disposizione dati quantitativi e qualitativi sui quali impostare politiche di valorizzazione e di finanziamento efficienti: l’osservatorio regionale dello spettacolo.
In questa direzione ci si sta lentamente muovendo anche sul piano legislativo, con la riforma del Titolo V della Costituzione, che sancisce il principio della competenza concorrente tra Stato e Regioni, e con la stesura, da parte del Coordinamento Interregionale in materia di spettacolo, di una proposta di legge sui principi fondamentali. All’articolo 6 di tali principi, infatti, è richiamata la necessità di "attività di monitoraggio e di osservatorio".
Attualmente in Italia gli osservatori dello spettacolo sono ancora un caso raro: esiste, dal 1997, quello della Regione Emilia-Romagna, mentre altre regioni, quali Toscana, Puglia e Calabria, che hanno da poco modificato le proprie leggi in materia di spettacolo, stanno procedendo alla sua attivazione.
Quello che più importa è che gli osservatori dello spettacolo non vengano considerati come puri serbatoi di dati quantitativi, bensì come vere e proprie "infrastrutture informative".
Tale strumento si rivelerebbe quindi fondamentale per valorizzare un settore, quale quello dello spettacolo, che ancora non è valorizzato fino in fondo.
Infatti, secondo una recente indagine, l’Italia possiede e valorizza una proporzione molto bassa di professioni creative: poco più del 15% della forza lavoro, contro il 30% degli Stati Uniti.
Accrescere le risorse per la cultura e migliorarne i meccanismi di erogazione significa generare benessere diffuso e qualità della vita per tutta la comunità. In questo senso, le esperienze presentate oggi rappresentano un patrimonio di grande rilevanza anche nella prospettiva degli economisti.
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