ateatro 75.92
Sistemi teatrali: competenze, convenzioni, contributi
Il caso bolognese
di Fabio Abagnato
 

Questo testo, recentemente pubblicato dalla rivista “Economia della Cultura”, è stato scritto nel luglio 2003, e ricostruisce lo stato del sistema teatrale bolognese a quella data.
La lettura va quindi contestualizzata in un prima, dove vi erano convenzioni e soggetti differenti, e in un dopo in divenire, con la nuova Amministrazione di Cofferati, ma soprattutto con altre novità nel quadro nazionale e regionale.



SISTEMI TEATRALI :
competenze, convenzioni, contributi

contributo di
Fabio Abagnato
Funzionario del Servizio Cultura – Regione Emilia Romagna
già resp. Ufficio Spettacolo e giovani artisti – Comune di Bologna




Premessa

Il rapporto tra le Regioni e lo spettacolo
non comincia oggi ed ovviamente ha sempre evidenziato differenze territoriali in larga parte esistenti anche oggi.
Già dal 1977, quando furono fatti i decreti delegati 616,617 e 618, si discuteva dello spettacolo e, si prevedeva l’approvazione di una legge nazionale sulla prosa entro il 31 dicembre 1979. Evento irrealizzato, come si sa.

Da lì alcune regioni trovarono lo spazio autonomo per promulgare alcune leggi finalizzate al sostegno del teatro nel loro territorio, leggi approvate soprattutto nella seconda metà degli anni ’80.
Sono proprio gli anni della istituzione del FUS dell’85 e della circolare Carraro dell’88, episodi fondamentali per meglio orientare la nostra azione istituzionale.

A queste aggiungo quello che presenta più analogie con il momento attuale : l’abolizione del Ministero del Turismo e Spettacolo con il referendum del 1993.

Nei convegni del tempo tutti, mentre da un lato pubblicamente auspicavano le competenze alle regioni, dall’altro plaudivano ad una leggina-ponte di Ciampi che collocava il Dipartimento dello Spettacolo alla Presidenza del Consiglio.

E’ lì che si è persa la grande occasione di riparare ai guasti del FUS, ed è da lì che secondo me si è innescata una azione sempre più difensiva dei rappresentanti del mondo del teatro, che ha prodotto categorie sempre meno corrispondenti al ruolo che i soggetti hanno con la progettualita’ del territorio.

Nonostante ciò, sul finire degli anni Ottanta, mentre il FUS diveniva un po’ come Fort Apache, i Comuni, le Province, le Regioni hanno ristrutturato e aperto teatri e spazi produttivi, hanno promosso festival e rassegne, hanno promosso la creatività giovanile, che soprattutto nel campo delle arti visive e della musica può contare su reti nazionali ed internazionali permanenti e di qualità riconosciuta.

Ma soprattutto hanno letteralmente inventato una nuova giurisprudenza tutta da analizzare, costruita sul campo, fatta di trasversalità disciplinari e anche di approssimazioni successive, che in alcune aree del paese è oggi patrimonio consolidato.

Questa azione culturale è nata per evitare che la politica locale fosse subordinata alle storture evidenziate nella distinzione delle categorie e la conseguente distribuzione delle risorse del FUS.

Cosa sarebbe oggi il teatro in Italia senza l’azione degli enti locali?

Le Leggi Bassanini 59/97 e 112/98 hanno già prodotto nuova legislazione regionale ed il panorama è un po’ a macchia di leopardo, con normative e strumenti amministrativi più o meno rielaborati.

Penso per esempio all’ACCORDO come metodo di concertazione istituzionale e di programmazione capace di “contenere” gli effetti del ricambio nelle politiche locali di maggioranze e referenti: uno strumento che può dare stabilità agli operatori senza limitare l’autonomia degli enti locali.



Sul referendum del 2001 è già stato detto molto e molto è da fare, e aver assegnato alle Regioni una competenza legislativa, esclusiva o concorrente che sia, implica l’improbabilità che lo Stato possa andare a definire qualcosa di più di una normativa generale, eventualmente solo sostitutiva in caso di Regioni inadempienti, anche mentre il Parlamento discute le proposte di legge presentate.

Il 2003 sarà probabilmente, e speriamo sia così, l’ultimo anno in cui il mondo del teatro viene regolato in modo uniforme da circolari, regolamenti o decreti ministeriali.
L’obiettivo di arrivare a far corrispondere con una certa veridicità il rapporto tra attività reale sui territori e categorie di attribuzione, e ammettendo per un momento possa essere obiettivo condiviso, non possiamo che ricostruire funzioni e missioni a partire dalle Regioni e dagli Enti locali.
Negli ultimi venti anni abbiamo assistito al proliferare di categorie, articoli, rappresentanze, senza mai analizzare con rigore le missioni che le realtà riconosciute svolgevano nei territori e a partire da questi.

Perciò io ritengo fuorviante la definizione statica di spettacolo come “bene culturale”, anche se piace a molti operatori, che pensano di aver finalmente ricevuto un riconoscimento istituzionale “alto”;
preferisco accodarmi a chi invece pensa che il teatro sia un diritto ed una risorsa, ovvero uno degli elementi costitutivi del Welfare locale e una delle forme economiche di un territorio, più vicina all’economia sociale ad alti contenuti innovativi e meno alle forme tradizionali di produzione di beni e servizi.

Regionalizzare il FUS significa soprattutto questo, enunciare la mission di ogni realtà e verificarne la rispondenza con costi e obiettivi, poi si potranno confutare o meno categorie che sembrano acquisite dal 1985 ad oggi, ma che non parlano ai cittadini che assistono agli spettacoli; il tutto con gradualità e la stretta collaborazione di Regioni, Province e Comuni, che dovranno promuovere leggi chiare, ma soprattutto dovranno dotarsi di professionalità nuove al loro interno, che sappiano leggere i fenomeni culturali coniugando burocrazia e discipline artistiche; e non sfuggendo alle regole basilari della buona amministrazione, e tra queste nel nostro campo, pur nella discrezionalità insopprimibile, la qualificazione della spesa e la trasparenza delle scelte di fondo.


Nessuno dovrà pensare di esportare modelli nel teatro, e neanche denunciare come scandaloso una mancanza di unitarietà che è già nelle cose, semmai c’è la necessità di favorire relazioni orizzontali tra regioni e sistemi teatrali.
Il sistema bolognese si inserisce in questo contesto, e mi auguro il metodo delle approssimazioni successive e quelle che l’Europa ha denominato “buone pratiche”, possano orientare scelte di politica culturale attraverso il confronto continuo tendendo a riconoscere peculiarità e punti di forza del teatro nelle singole regioni.

La geografia teatrale bolognese
La compresenza di grandi teatri ‘di tradizione’ o ‘a vocazione generalista e di importanti soggetti dell’ambito della ‘ricerca’, l’ampia offerta che va dai legami con la cultura ‘popolare’ alla diffusione della cultura teatrale del novecento, fino alle migliori ed innovative produzioni per il mondo dell’infanzia, indicano la rilevanza della scena bolognese nel panorama nazionale.

L’Amministrazione Comunale ha nel corso degli anni strutturato rapporti diversificati con i soggetti operanti sul territorio, rivelando ed esplicitando un unicum culturale per il rapporto tra numero di abitanti e numero di teatri e compagnie attive.
L’importanza della scena bolognese, soprattutto dal punto di vista della produzione, viene indirettamente confermata dall’analisi dei dati riguardanti i soggetti della provincia di Bologna che hanno ricevuto finanziamenti per il triennio 2000-2002 attraverso l’accordo tra Regione e Provincia, in attuazione della Legge Regionale 13/99 “Norme in materia di spettacolo”, dove circa un terzo dell’importo del finanziamento erogato dalla Regione Emilia-Romagna è stato assorbito dalle realtà bolognesi, a conferma della grande vitalità dell’area e dell’alto livello qualitativo dell’offerta.
Anche il Piano triennale 2003-2005 rafforza questo ruolo con un 40% circa della spesa Regioni/Province sulle attività dell’area bolognese.

Rifuggendo per un attimo dalle categorie ministeriali, si può descrivere la geografia teatrale di Bologna secondo differenti modalità, ma se prendiamo il punto di vista dell’ente locale possiamo giungere alle seguenti definizioni :

a) TEATRI COMUNALI
b) TEATRI CITTADINI CONVENZIONATI c)
d) TEATRI ADERENTI A BOLOGNA DEI TEATRI (non convenzionati)
e) COMPAGNIE E GRUPPI


TEATRI COMUNALI
La gestione dei teatri comunali fu modificata sostanzialmente nel 1994, quando furono attivate le convenzioni (della durata di sei anni) per la riapertura (avvenuta nel 1995) e la conduzione dei tre principali teatri di proprietà comunale (Arena del Sole assegnata alla coop. Nuova Scena, Teatro Testoni assegnato alla coop. La Baracca, Teatro San Leonardo assegnato al teatro laboratorio diretto da Leo de Berardinis).
Da allora ad oggi, quindi, questi tre teatri sono stati, secondo le loro diverse specificità, i punti fermi della programmazione teatrale bolognese. Il valore della specificità, della vocazione di ogni teatro, è stato intenzionalmente coltivato dall’A.C., seppure con risultati non definitivi ed unilaterali, al fine di permettere ad ogni realtà di trovare il proprio pubblico:
l’Arena del Sole come ‘teatro popolare ed internazionale’, cioè generalista;
il Teatro Testoni fu dedicato al ‘teatro per ragazzi’;
e il Teatro San Leonardo, infine, fu affidato all’esperienza di un importante uomo di teatro come Leo de Berardinis perché ne facesse un laboratorio permanente per la sperimentazione e la ricerca teatrale.

Attualmente l’Amministrazione ha ridefinito i rapporti con i primi due gestori fino al 2004, confermandone anche le vocazioni culturali ed è impegnata ad individuare una soluzione gestionale per il Teatro San Leonardo.

Il panorama dei teatri comunali nel 1998 si è arricchito con i “Teatri di Vita”, una struttura di proprietà comunale, affidata in gestione, con un’apposita convenzione finalizzata alla rifunzionalizzazione degli spazi, con una concessione dello spazio della durata di 15 anni; è così nato il “Centro internazionale per le arti della scena”, la cui vocazione è quella di offrire uno sguardo verso il teatro-danza contemporaneo, con particolare attenzione al panorama internazionale.
Investimento nel 2003 di circa 926.000 euro.

TEATRI CITTADINI CONVENZIONATI
Accanto ai Teatri comunali si situano, poi, altri teatri cittadini di proprietà non comunale, condotti con continuità artistica e gestionale (di programmazione ed ospitalità) da realtà con le quali il Comune ha avviato specifiche convenzioni, sulla base di scelte rinnovate o modificate nel luglio 2001, con durata biennale o triennale:

1. Eti –TEATRO DUSE
2. TEATRO DELLE CELEBRAZIONI
3. TEATRO DEHON
4. PALCOREALE/Elsinor

Investimento nel 2003 di circa 150.000 euro.


BOLOGNA DEI TEATRI
Le politiche per il teatro si sono arricchite nel 1998 con l’avvio del progetto ‘Bologna dei Teatri’.
L’adesione iniziale al progetto di ben 12 teatri cittadini, oggi saliti al numero di 19, estremamente diversi tra loro per tipologia di programmazione e modalità di gestione, conferma la validità dell’intuizione che sta alla base di una formula in costante evoluzione, basata sull’adozione di un’unica strategia informativa per la promozione dell’offerta e l’incentivazione al consumo culturale.
Grazie al coordinamento da parte dell’ente pubblico, ai teatri partecipanti all’iniziativa viene offerta la possibilità di ottenere una visibilità molto maggiore rispetto agli sforzi dei singoli, ed ai cittadini si garantisce il diritto all’informazione culturale.

L’impegno da parte del Settore Cultura consiste :
· nella pubblicazione e diffusione di 30.000 guide al sistema teatrale cittadino;
· uscite mensili di manifesti/locandine/programmi;
· inserzioni pubblicitarie sui quotidiani a diffusione locale;
· diffusione dei programmi all’interno di biblioteche, circoli, scuole, facoltà, musei, teatri;
· presenza alle fermate dell’autobus;
· mailing diretta a cittadini che ne fanno richiesta.
Investimento nel 2003 di circa 25.000 euro.

‘Bologna dei Teatri’ è anche il quadro in cui si inseriscono le campagne Cartagiovani e ‘L’Età d’Oro’ per gli anziani, attraverso cui il Comune offre a queste fasce di età una tessera per usufruire di forti sconti (compresi tra il 20 e il 50%) nei teatri.
Una conferma di queste iniziative è stata l’adesione ad esse di altri luoghi di spettacolo della città e della provincia anche non compresi nel cartellone di ‘Bologna dei Teatri’.
Un’altra campagna per incrementare la fruizione culturale, e nello stesso tempo l’uso del trasporto pubblico, è frutto di un accordo tra Comune ed ATC, che prevede sconti del 20% ai possessori di abbonamenti ai mezzi pubblici.
La forza dell’iniziativa intrapresa dall’Amministrazione Comunale con ‘Bologna dei Teatri’ risiede nell’idea di trasformare un potenziale punto debole, la segmentazione del panorama teatrale cittadino, talmente ricco da poter risultare disorientante, in un punto di forza, garanzia di un pluralismo di offerte a cui l’utente ha la possibilità di accedere in un unico momento informativo. L’obiettivo raggiunto è dunque di soddisfare ad un tempo le esigenze di visibilità, di interazione con l’istituzione e con il pubblico proprie degli operatori teatrali, nonché le esigenze informative e formative degli spettatori.

Teatri aderenti a ‘BOLOGNA DEI TEATRI’ per la stagione 2002-2003
(oltre ai comunali e ai convenzionati)

1. Fondazione TEATRO COMUNALE (rapporto regolato da una convenzione specifica, con contributo di circa 1.400.000 euro)
2. TEATRO ALEMANNI
3. SALA TEATRO SAN MARTINO
4. LA CASA DELLE CULTURE E DEI TEATRI TEATRO RIDOTTO (spazio di quartiere)
5. TEATRO DELLE MOLINE - T.N.E. (sub-concessione spazio)
6. CENTRO LA SOFFITTA (attività dell’Università)
7. TEATRO DEL NAVILE
8. HUMUSTEATER (spazio di quartiere)
9. EUROPAUDITORIUM - PALAZZO DEI CONGRESSI
10. SIPARIO CLUB ASSOCIAZIONE CULTUTRALE
11. ACCADEMIA 96 TEATRO DEI DISPERSI

In questo elenco permangono soggetti artistici e spazi molto differenti sia per il contesto in cui operano sia per la continuità ed il livello culturale della proposta complessiva, ma è innegabile che attraverso il progetto Bologna dei teatri il Comune è in grado di monitorare la totalità del sistema dell’offerta spettacolare, se si escludono luoghi non esclusivamente deputati e altri spazi di aggregazione giovanile, tipo LINK o TPO.

COMPAGNIE e Gruppi
Esiste a Bologna un panorama variegato e sempre in via di definizione di compagnie, professionali ed amatoriali, nuovi e “storici”, che non gestiscono spazi e che divengono più o meno continuativamente interlocutori dell’Amministrazione attraverso il contesto dei finanziamenti relativi alle Libere Forme Associative, un fondo unico del Comune a cui afferiscono tutte le associazioni cittadine iscritte ad apposito Albo, e la cui destinazione per iniziative culturali ammonta nel 2003 a 250.000 euro.

Tra la fine del 2000 e l’inizio del 2001 la riflessione sulle giovani compagnie e sul contributo che l’A. C. può dare al loro sviluppo è maturata, portando all’individuazione di un’ulteriore tipologia di convenzione teatrale che potremmo definire di “terzo livello” e che giunge a configurare, appunto, la possibilità di una rapporto innovativo tra l’A. C. e il territorio del nuovo teatro.
Le convenzioni di “terzo livello” finora stipulate sono quelle con Teatrino Clandestino e Laminarie, più alcuni progetti musicali :
per un totale di circa 90.000 euro.


Si tratta di convenzioni biennali “per il sostegno alle attività di compagnie operanti per il rinnovamento della scena teatrale”, che prevedono un finanziamento alle attività del gruppo con un accento posto sul processo creativo e sulla produzione spettacolare, e che si basano sulla convinzione che il sostegno stabile ai progetti culturali, da un lato, debba prescindere dalle attività di gestione e, dall’altro, non possa essere affrontato con la normativa che regola i contributi annuali alle associazioni culturali.

Oltre le convenzioni, i contributi
Le modalità di intervento e sostegno che l’A.C. ha elaborato nel corso degli anni si sono necessariamente diversificate per rispondere meglio allo specifico delle diverse realtà.
Se da una parte, infatti, le convenzioni valorizzano il rapporto tra A.C. e teatri cittadini, i servizi e i sostegni alle attività delle associazioni agiscono per la decisiva trasformazione da emergenza a risorsa del fermento delle realtà giovanili. Solo grazie a queste formula, durante gli anni passati, si è potuto contribuire in modo deciso alla crescita (artistica e produttiva) dei giovani gruppi teatrali bolognesi.

Tra le compagnie nate alla fine degli anni ottanta e nel corso dei novanta, alcune delle più significative sono proprio quelle bolognesi. Ma ciò non stupisce più di tanto, se si tiene conto del terreno assai fertile che Bologna offriva (ed offre), da una parte, con la presenza all’Università del corso di laurea in Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo (D.A.M.S.), che “garantiva intanto approfondimento teorico, seminari sempre affollati e contatti continui con studiosi e artisti”, oltre ad ingrossare, con la sua massa di studenti, le fila degli aspiranti artisti e di un ampio pubblico esperto ed attento, e dall’altra, con un lavoro dell’ente locale che “integrava le lacune o le cecità delle sovvenzioni statali con interventi di sostegno economici e culturali” .

Uno dei progetti più significativi in questo contesto è il Concorso/Festival Iceberg, rassegna di giovani artisti selezionati per discipline artistiche giunta alla sesta edizione, che si presenta come uno straordinario strumento di monitoraggio ed individuazione delle realtà giovani meritevoli di sostegno da parte dell’A. C.
Oggi questo progetto dialoga costantemente con concorsi analoghi della Regione Toscana, del Comune di Roma, del Comune di Milano e della Regione Lombardia, oltre al Premio Scenario, che è un riferimento per molti operatori ed artisti.

L’ondata teatrale di cui si è parlato finora si è caratterizzata per alcune peculiarità che la distinguono nettamente da quelle dei decenni precedenti.
Uno dei punti principali riguarda la tendenza alla sperimentazione dei linguaggi e delle modalità creative, spesso anche senza una finalità esclusiva rivolta allo spettacolo inteso nel senso tradizionale del termine.
La riflessione sulle giovani compagnie e sul contributo che l’A. C. può dare al loro sviluppo è maturata, e si delinea la necessità di sostenere in forme efficaci il processo creativo e la produzione spettacolare, prescindendo dalle attività di gestione.

Il bisogno primario per le giovani compagnie rimane tuttavia quella degli spazi di lavoro e dei servizi; il sostegno economico alla produzione è stato fondamentale (e continua ad esserlo) per le realtà artistiche in grado di programmare la propria produzione (ha reso possibili molte delle creazioni più interessanti della nuova generazione teatrale), d’altro canto ha rischiato di omologare identità artistiche.
L’emergenza di ogni gruppo di teatro, infatti, rimane sempre quella di trovare uno spazio come sede legale o luogo di lavoro e scambio artistico.

L’apertura di nuovi teatri (come è avvenuto massicciamente nel 1996) non è stata una risposta efficace per la nuova creatività, che ha la sua esigenza principale nella produzione.
La maggior parte di questi giovani gruppi non si pone, e non vuole porsi, il problema della gestione (con scambi all’interno di un mercato protetto), bensì esclusivamente quello della propria ricerca artistica.

Soluzioni adottate
Non essendo quasi mai possibile, per motivi finanziari, soddisfare tutte le esigenze, l’Amministrazione Comunale, ovvero Settori e Quartieri, hanno cercato strade che permettessero di rispondere alle necessità, e la valutazione odierna è che in questa direzione non sia stato creato nulla di efficace in forma permanete e strutturale.

Le soluzione principali sono state due:

1. l’evoluzione delle sale prova dei quartieri in forma convenzionata o autogestita dai gruppi che le utilizzavano, come è avvenuto nelle ex scuole F.lli Cervi ( oggi denominate Humus ), o nell’ex centro giovanile F.lli Rosselli;
2. le convenzioni pluriennali stipulate con i gestori dei teatri, che prevedevano un’azione in questo senso: l’impegno dei gestori a concedere ai nuovi gruppi teatrali lo spazio per le prove e lo spettacolo al solo rimborso dei costi vivi.

Tuttavia la vera sfida in questo campo sarà quella di optare per la creazione di un vero ed efficiente centro di servizi alla produzione, che offra un sostegno concreto e flessibile, attento alla qualità e al pluralismo.

La sola scelta di affidare gli spazi in esclusiva alle compagnie, a fronte di un contributo per un servizio “chiavi in mano”, ha insegnato che pur in presenza di autonomia imprenditoriale, qualità dell’offerta ed economicità nel servizio, non si è ottenuto un grado di apertura necessario alle proposte che giungevano dalla città e in special modo dalle nuove formazioni; ed è alla base di ciò che si ritiene tale modalità una soluzione gradita alle realtà artistico-imprenditoriali, a volte necessaria per riaprire spazi teatrali, ma non consigliabile quando il sistema deve dare risposte plurime e differenziate.

Al fine di coniugare questa esigenza con la creatività bolognese, lo spazio può avere come attività prevalente le attività performative, ma all’interno di un dialogo tra le discipline che nell’ultimo decennio ha prodotto sempre più commistioni, anche sostenuto dall’evoluzione tecnologica.


Considerazioni e proposte per il futuro

Dopo quasi trenta anni dalla stipula della prima convezione per la gestione di uno spazio teatrale gli enti locali, quelli delle Aree metropolitane soprattutto, potrebbero riorganizzare il sistema delle convenzioni, che, fermo restando le titolarità degli immobili, possa ricostruire criteri e modalità del sostegno, un sostegno che non può che produrre aumenti di investimento negli anni a venire.

Quali nuove convenzioni?
Il sistema delle convenzioni potrebbe essere articolato secondo quattro campi d’azione:

1. Adesione ai progetti di promozione del sistema e di incentivazione al consumo
un contributo fisso per le agevolazioni al pubblico previste dal progetto, correlate alla capienza delle sale, e l’impegno a promuovere anche la programmazione degli altri teatri, anche mediante abbonamenti trasversali;

2. Vocazione artistica e imprenditoriale
il tentativo è quello di favorire, a tutti i livelli della programmazione e della progettazione teatrale, il definirsi di vocazioni specifiche, tanto nelle scelte artistiche quanto in quelle gestionali, affinché, per quanto possibile ciascuna realtà si metta in relazione diretta con il suo pubblico, che potrà muoversi all’interno di un’offerta ricca e diversificata.L’onere di questa parte di contributo è legata al progetto artistico.

3. Servizi al sistema cittadino
Per le compagnie cittadine, nuove e/o consolidate, va considerata come necessità prioritaria quella dello spazio per produrre o per presentare gli spettacoli e non essendo possibile soddisfare tutte le esigenze, bisogna cercare strade che permettano di rispondere con i palcoscenici esistenti alle necessità di molti; la sfida per l’A.C., oltre alla sopraccitata creazione di un centro di servizi alla produzione, è premiare i teatri che sostengono la creatività bolognese erogando contributi a stagioni ultimate, oppure riservandosi un adeguato numero di giornate di programmazione da destinare gratuitamente per prove e spettacoli alle compagnie che lo richiedono secondo un progetto condiviso;

4. Struttura della programmazione
questo quarto campo d’azione riguarda la crisi di crescita dell’offerta produttiva e distributiva, che non privilegia una equa presenza della programmazione lungo l’arco dell’anno solare e che, soprattutto, non è sincronizzata con alcuni eventi delle città e del panorama regionale; i rapporti con i teatri cittadini devono incentivare, dunque, un’offerta spalmata anche in stagioni non canoniche del teatro, per arrivare ad una copertura continua senza periodi di sovraofferta, sostenendo l’utilizzo produttivo delle sale anche a stagione iniziata e comprendendo nel contributo anche i progetti estivi più consolidati negli ultimi anni.

Ovviamente tutto ciò è un punto di vista territoriale, da riorganizzare sulla base di altri strumenti di monitoraggio e valutazione annunciati nel Piano triennale regionale, che tuttavia sviluppano maggiormente una lettura approfondita dell’aspetto produttivo e meno l’organizzazione dell’offerta dentro al sistema metropolitano.

In conclusione
Sappiamo quanto è difficile ragionare di ciò con gli operatori, spesso difensori dell’autonomia artistica quanto gli assessori di turno del loro libero arbitrio, ma riteniamo con qualche ragionevole elemento che le autonomie sia politiche sia culturali, saranno tanto più difendibili quanto più inserite in un quadro di stabilità normativa, di certezza dei criteri di giudizio e di condivisione dei percorsi di analisi culturali ed economiche.

La regionalizzazione dello spettacolo è obiettivo raggiungibile solo se la parte sana e innovativa del teatro italiano la saprà interpretare senza titubanze e se saprà accompagnare il processo di appropriazione delle nuove competenze da parte di Regioni, province ed enti locali.


 
© copyright ateatro 2001, 2010

 
Se cerchi (e se vuoi comprare) su ibs un libro o un autore di cui si parla in questa pagina
 
Titolo:
Autore:
Editore:
Argomento:
Esegui la ricerca: