ateatro 75.78 Teatro di confine ovvero ai confini in libertà L'esperienza di Olinda di Rosita Volani
Da quando sono entrata nell’ex manicomio di Milano, non ne sono più uscita.
Nessuna conoscenza di psichiatria, né di impresa sociale, solo alcune sensazioni:
che fosse un luogo in cui poter costruire ( forse perché l’accezione di non luogo poteva offrire scenari inediti e imprevedibili che il teatro potesse essere lo strumento giusto per mettere in contatto il dentro e il fuori
che avrei voluto condividere un progetto con il gruppo di persone che già lavorava alla riconversione del Pini
Nel 1997 Da vicino nessuno è normale è stato la testa d’ariete che ha permesso al cancello del Pini di aprirsi definitivamente, a un bar di avere clienti, a un pubblico di entrare in un luogo tabù. Questa accadeva quando ancora al Pini abitavano cento persone.
La risposta dei teatranti all’invito ad investire professionalità e energia a fronte di ridotte possibilità economiche è stata ed è di grande disponibilità. La presenza del pubblico che ha scelto e sceglie di varcare il cancello per vedere gli spettacoli, è costantemente cresciuta.
Altri progetti sono nati nel tempo, un laboratorio di teatro per cittadini giovani, Manuale per fondare una città; un progetto collettivo per il 25 aprile, Appunti Partigiani; una rassegna di cultura e salute mentale dal titolo Ma sei fuori? primo progetto nato fuori dal Pini.
L’associazione Olinda e la cooperativa sociale La fabbrica di Olinda sono nate con l’obiettivo di promuovere impresa sociale (Bar e Ristorante, Ostello, Falegnameria) e inclusione sociale di persone con problemi di salute mentale, nell’ambito dei progetti di superamento dell’ex ospedale psichiatrico Paolo Pini.
Le iniziative culturali sono parte integrante dei progetti promossi da Olinda, come strumento per comunicare alla città il cambiamento avvenuto nell’ex manicomio e come riconversione di un’area considerata dismessa nella periferia nord di Milano
In questi anni migliaia di persone hanno varcato il cancello del Pini, contribuendo a trasformare un luogo di esclusione in un luogo di accoglienza e a ricostruire una cultura di vita pubblica e partecipata.
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