ateatro 72.33
Profughi del sogno
La nona edizione di Lavori in pelle
di Agnese Doria
 

Da nove anni ormai l’Associazione Culturale Cantieri organizza il festival Lavori in Pelle, che promuove sempre nuove riflessioni riguardo alla giovane danza d’autore. Si è conclusa da poco l’ultima edizione di questa vetrina che sempre più risulta essere punto di riferimento e incontro per la valorizzazione della nuova danza italiana: rispetto alla tecnica, privilegia e incoraggia i tentativi di ricerca personale, snodando la propria linea artistica attraverso diverse sezioni che hanno la capacità di avvicinare compagnie del territorio a compagnie provenienti da tutta Italia. La piccola città di Alfonsine si apre alla danza dedicando quattro fitte giornate alla fisicità e alla poesia del corpo: i corpi scultorei e plasticamente ridisegnati in Interplay 008 del Gruppo S.A.N di Genova si alternano alle tre variazioni sulla figura di Biancaneve del Teatro delle Moire, l’esuberanza della capoeira dialoga con il gesto naïf di Silvia Bugno e Domenico Santonicola nella loro ultima creazione Spifferi.


Violently Snow White ovvero Biancaneve secondo il Teatro delle Moire.

Interessante e curiosa la serata di giovedì 15 luglio dedicata programmaticamente o casualmente alle eredità (riconosciute o meno) dei Sosta Palmizi. Quattro tra i sei appuntamenti serali (Amina Amici, Ambra Senatore, Compagnia Agatharandagio, Silvia Bugno e Domenico Santonicola) provenivano da esperienze diverse come approccio ma tutte dedicate ai rapporti con quel che rimane dell’antico collettivo. Se la filiazione è chiara nello spettacolo Spifferi, che unisce la leggerezza e la poesia della danza di Giorgio Rossi alla dichiarata volontà di toccare universi onirici alternandoli a materici momenti quotidiani, in tutti è presente la volontà di rigenerare e, rigenerando, rigettare tradizioni apprese e memorizzate. Ma la strada non è immediata, il ventaglio di scelte alle quali aderire immenso, e passa dalla non-danza a-disciplinata al rigore tecnico di corpi colti nel momento del crollo e della distruzione. Osservando i percorsi di questi giovani salta all’occhio una diversità generazionale rispetto ai Sosta Palmizi: quasi tutti lavorano da soli, non investendo più nella forma del gruppo, che si muoveva tra le pieghe di una collettività creativa che negli anni Ottanta era stata novità e forza d’espressione a più voci. Ritornano a loro stessi connotando la loro indagine verso l’affermazione identitaria di un sé perduto che viene rintracciato sia dalla Compagnia Agatharandagio sia dal gruppo di giovane formazione Le-gami in un testo (per entrambi La trilogia della città di K di A. Kristof) in un’immagine o un ricordo ben precisi per Amina Amici e Ambra Senatore.


Una delle incursioni di Lavori in pelle: la danzatrice Amina Amici in un supermercato di Alfonsine.

Sembra che il filo rosso che li unisce sia la volontà di svelare e scoprire piuttosto che costruire e mascherare, privilegiando, come si esplicita nello spettacolo Esercizi, una «regola molto semplice: il tema dev’essere vero». Accurati nell’adesione al tema scelto e alla condizione scenica derivante, rischiano a tratti di perdere una più globale visione d’insieme. In divenire ma con alcune pregiate punte, la riflessione musicale raggiunge il suo vertice con l’assolo Come una ruga di Amina Amici bagnato dalla musica di Bruno De’ Franceschi e alle ardite, ingenue ma originalissime sperimentazioni di Riccardo Senatore per Eda, primo lavoro coreografico firmato dalla sorella Ambra. Felicemente disorientato dai numerosi e brevi spettacoli, dalle inaspettate incursioni urbane e dall’ampia offerta di laboratori, il pubblico di danza si perde nelle figure archetipiche suggerite, senza aggrapparsi per forza alla narratività di una danza che si crea dei pretesti per andare oltre, per attraversare delle condizioni che appartengono ai danzatori tanto quanto agli spettatori.


 
© copyright ateatro 2001, 2010

 
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