ateatro 71.10 Una banca delle idee per il teatro italiano Un incontro a Milano per censire e diffondere le buone pratiche di Franco D’Ippolito, Mimma Gallina, Oliviero Ponte di Pino
In questi anni il teatro italiano pare avviato verso un crescente degrado. Le grandi istituzioni paiono arroccate nella difesa di rendite di posizione sempre più esigue. Le realtà più vivaci e interessanti faticano a trovare spazio e attenzione. Le soffocanti ingerenze politiche, la mancanza di un sistematico ricambio generazionale, la difficoltà a incontrare il pubblico sono solo vari aspetti di questo disagio. La lista delle lamentele potrebbe essere molto più lunga: ma le diverse manifestazioni della degenerazione del nostro teatro – e in generale della vita culturale del paese – le conosciamo tutti fin troppo bene ed è inutile ripetere la loro litania.
Però sappiamo anche che, in questa progressiva desertificazione esistono esperienze e pratiche di un teatro vivo e diverso, che spesso nascono e crescono ai margini o al di fuori del sistema teatrale «ufficiale». Sia sul piano artitico saia su quello organizzativo, gestionale, promozionale, informativo, formativo. Sono quelle «lodevoli eccezioni» che tutti apprezziamo ma che non riescono a diventare un modello, sono quelle esperienze interessanti ma eccentriche che non riescono a diventare sistema. Ecco, vorremmo che queste «buone pratiche» potessero essere replicate in altre situazioni e circostanze (con i dovuti aggiustamenti, è chiaro).
Come primo passo, ci è sembrato opportuno individuare alcune di queste «buone pratiche», su vari versanti.
In secondo luogo, abbiamo pensato di organizzare a una giornata di incontro (da tenere a Milano, alla Civica Scuola d’Arte Drammatica «Paolo Grassi» nel prossimo nel prossimo ottobre), in cui gli artefici di queste esperienze potranno mettere a disposizione di altri operatori la loro esperienza, in modo da costituire una sorta di «banca delle idee».
Per questa giornata, abbiamo anche pensato a un paio di temi chiave, intorno ai quali incentrare la discussione.
Ovviamente – e questa sarebbe la terza tappa del percorso – speriamo che da questa giornata possano nascere anche alcune iniziative, da mettere poi al servizio della comunità del teatro.
LE BUONE PRATICHE
# la produzione e gli spazi per le prove: forse può essere utile – dopo un censimento – creare una sorta di banca dati con indirizzi, stato, condizioni d’uso, costi...
# la distribuzione e i microcircuiti: uno dei colli di bottiglia del nostro teatro è quello della distribuzione; è relativamente facile «autoprodurre» uno spettacolo, con varie forme di autofinanziamento e autotassazione, lavoro gratuito eccetera, ma poi è impossibile farlo vedere. Tuttavia vengono già praticate interessanti forme di distribuzione alternativa (molto del «teatro sociale» di questi anni circola soprattutto fuori dai teatri, grazie al rapporto con associazioni varie (dalle varie forme di associazionismo giovanile alle organizzazioni legate alla tutela dell’ambiente, solo per fare gli esempi più clamorosi). Ma esistono anche microcircuiti che dimostrano che è possibile fare buon teatro con pochi mezzi e tanto pubblico;
# i consorzi di compagnie: accade ormai in tutta Italia, da Roma a Milano, da Napoli alla Puglia, passando per le realtà del teatrodanza. Gruppi e compagnie trovano forme di aggregazione per scambiare informazioni, unificare servizi, trovare maggior forza contrattuale nei confronti di istituzioni e privati, intraprendere progetti comuni;
# la programmazione delle sale comunali: è uno dei nodi centrali di un sistema teatrale «diffuso» come quello italiano, dove esistono moltissime sale teatrali gestite dai Comuni; troppo spesso la programmazione di queste sale è appaltata a circuiti e consorzi o agenzie, che seguono le logiche che poco hanno a che vedere con la qualità degli spettacoli e la costruzione di un autentico rapporto con il pubblico. In questa ottica, ci sembrano interessanti – anche per le difficoltà che incontrano;
# i servizi: è possibile creare società che possano offrire alle giovani compagnie informazioni ma anche servizi (per organizzazione, distribuzione, promozione, ufficio stampa...);
# gli scambi internazionali: una delle funzioni che svolgeva l’ETI, in particolare con gli incontri italo-francesi coordinati con ONDA, e che dopo il successo di numerose compagnie italiane all’estero e nei maggiori festival internazionali assume particolare importanza e significato;
# le aree disagiate: un altro progetto dell’ETI che secondo molti rappresenta un modello di rapporto tra istituzioni, e che è stato accantonato – almeno per il momento;
# forme di finanziamento alternativo: solo alcuni esempi, molto diversi tra loro, per dare un’idea delle possibilità di intervento su questo versante. Negli ultimi temi due importanti teatri sono state rilevate da cordate «autoconvocate», che gestiscono le sale. Altri teatri hanno creato fondazioni aperte ai private, per raccogliere i fondi necessari alle ristrutturazioni. Ma ci sono anche casi di produzioni autofinanziate attraverso sottoscrizioni popolari più o meno «militanti»;
# la formazione e la pedagogia;
# l’informazione e la formazione del pubblico.
L’INCONTRO DI MILANO
A Milano vorremmo chiamare a raccolta gli artefici di alcune di queste «buone pratiche», perché ci spieghino come (e perché) funzionano e come è possibile replicare i loro successi.
Se avete idee, suggerimenti, proposte, li raccoglieremo volentieri e cercheremo di rilanciarli.
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