ateatro 66.20 Antonello Pischedda si autodenuncia ovvero come si programma un teatro di Antonello Pischedda & Redazione ateatro
Ho letto l'articolo Come (non) si programma un Teatro Comunale apparso sul n° 63 di ateatro di Redazione ateatro ed ho riconosciuto il personaggio in questione: è Antonello Pischedda, Direttore del Teatro Civico della Spezia.
Svelato il mistero bisogna andare avanti: Voi l'avete sputtanato, io l'ho smascherato; la palla torna a Voi.
Questa volta, facendone chiaro il nome e cognome dovete chiamarlo pubblicamente a rispondere di un comportamento così nefando: perché non lo denunciate al Consiglio Comunale? alla Magistratura? A mio avviso i termini ci sono tutti: si appropria di un bene pubblico facendolo diventare una sua proprietà privata, privatissima; è, come dite, un mafioso, insomma cosa nostra.
Gente come Voi, evidentemente molto esperta di teatro, sarà, sono certo, in grado di circostanziare e provare ognuna di tutte le accuse che gli rivolgete; sono proprio curioso di vedere cosa sarà capace di rispondere.
Insomma andate fino in fondo nella vostra campagna moralizzatrice e disinteressata.
Una cosa però, ma a persone come voi equilibrate, democratiche e garantiste è pleonastico dirlo, procedete con correttezza e trasparenza: assumetevi la responsabilità di quello che dite facendo il nome e il cognome di questo figuro, senza dare l'impressione di cercare riparo dietro le allusioni, gli sforzi ironici e l'anonimato.
Lui si prenderà la responsabilità, se sarà in grado, di rispondere nel merito.
Forza e buon lavoro.
Antonello Pischedda
p.s. naturalmente sarò grato se la risposta potrà comparire sul sito www.ateatro.it
Caro Pischedda,
di mestiere non facciamo né i poliziotti né i commissari politici, e non vogliamo né volevamo accusare chicchesia, altrimenti avremmo fatto tranquillamente nomi e cognomi.
Oltretutto non si tratta di un problema giudiziario, anche perché siamo certi (fino a prova del contrario) che nel teatro italiano tutto viene fatto rispettando burocrazie e procedure, leggi statali e regionali, statuti e regolamenti comunali, e con il più ampio sostegno delle forze politiche.
A noi però interessa capire - con un sorriso un po' maligno e pettegolo, lo ammettiamo - come funziona (o non funziona) il nostro sistema teatrale e quali siano i meccanismi che lo regolano.
Dunque non abbiamo nomi da esibire né intendiamo farlo, perché per noi non si tratta di mettere alla berlina il singolo individuo o la singola realtà. Il fatto è che di situazioni simili a quella adombrata nel nostro articolo in Italia ce ne sono certamente molte, e quella che abbiamo evocato non è forse peggiore di altre.
Il problema è prima di tutto etico, e poi politico. I conflitti di interesse, una efferata strategia di scambi, i familismi amorali, le complicità e i ricatti incrociati, la lottizzazione e le protezioni politiche non sono reati, ma stanno da tempo soffocando il nostro teatro (e non solo quello). Non siamo né giustizialisti né moralisti a oltranza, anzi. Ci accontenteremmo di un minimo di decenza e dunque di un sistema un po' più efficiente.
Ma da tempo abbiamo un dubbio. Forse in Italia un teatro lo si può gestire solo con i metodi che abbiamo provato a raccontare.
Ah, dimenticavamo... Evidentemente al Teatro Civico di La Spezia va tutto benissimo, non ci sono problemi di sorta, perché mai dovremmo lamentarci? Dopo di che, i fatti sono fatti.
Se poi qualcuno vorrà prendere in considerazione questa autodenuncia accorata e velatamente minatoria per andare a verificare alcuni fatti difficilmente smentibili, la cosa non riguarda direttamente ateatro. Ma di certo seguiremo la vicenda con grande interesse.
Redazione ateatro
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