ateatro 65.12
Le recensioni di "ateatro": Genova 01 di Fausto Paravidino
Regia di Filippo Dini
di Alessandro Romano
 

Il teatro di Monfalcone ha ospitato, nell’ambito della stagione di prosa ContrAZIONI, nuovi percorsi scenici, l’ultima versione del lavoro teatrale di Fausto Paravidino sui fatti di Genova 01. Una produzione dell’Associazione Teatrale Pistoiese, del Teatro del Tempo Presente e del Teatro Stabile di Pistoia, diretta da Filippo Dini e interpretata da Simone Gandolfo, Nicola Pannelli e Antonia Truppo.
Si alza il sipario su un brutto e oscuro episodio della storia sociale e civile del nostro paese. Dinnanzi ai nostri occhi una mappa della città ligure pronta raccogliere e isolare le migliaia di persone venute a manifestare contro il G8: si vede tracciata una zona rossa che nessuno potrà valicare. Lì dentro avrà luogo l’incontro dei rappresentanti delle otto grandi potenze mondiali, riunitisi per decidere sulle sorti dell’umanità. Subito fuori, nello spazio delimitato da una linea verde, si consumeranno quegli orribili fatti che continuano a tormentare le coscienze di molti colpevoli, rimasti incomprensibilmente impuniti, e di altrettanti innocenti, che hanno subito, vissuto con incredulità e impotenza il perpetrarsi della tragedia.



Il testo di Paravidino è una forma di teatro civile, come sottolinea anche il regista, un doveroso atto di giustizia, di verità, senza l’ausilio della retorica, senza alcun orpello formale o stilistico. I fatti riportati nella loro cruda essenza.
Un prologo presenta la situazione, fornisce allo spettatore le informazioni necessarie per seguire lo svolgimento dell’inchiesta che sta per avere inizio, lo aiuta a ritornare indietro nel tempo, a rinfrescare la memoria su quei terribili misfatti che oltretutto rischiano, a due anni e mezzo di distanza, di venire dimenticati. "La gente non deve dimenticare", sembra volerci dire Paravidino; ha il diritto di sapere come sono andate le cose, ricacciare fuori sentimenti che il tempo ha assopito, prendere posizione sugli accadimenti che ora le verranno chirurgicamente e cronologicamente narrati.
I tre attori drammatizzano gli eventi più eclatanti di quel lungo fine settimana di luglio, ispettori di giustizia, iene assoldate per svelare le nefandezze compiute dalle forze dell’ordine, raffigurano l’omertà di chi si nasconde dietro a giustificazioni palesemente ridicole. Smascherano, sviscerano, scandagliano: la descrizione dei fatti è infarcita di testimonianze, immagini proiettate su uno schermo composto da travi di compensato, suoni e rumori registrati e dal vivo, interrogatori in forma di dialogo in cui gli interpreti si incarnano in alcuni protagonisti degli episodi incriminati. La morte di Carlo Giuliani e il massacro perpetrato dalle forze dell’ordine alla scuola Diaz sono sicuramente gli episodi più cruenti e allo stesso tempo più inspiegabili, anche perché nessuno ha pagato per la vita di un ventitreenne incensurato e per un centinaio di corpi martoriati a suon di bastonate.



È incalzante l’incedere della narrazione, sostenuto il tono e il ritmo della recitazione. Lo spettatore è in apnea, schiacciato, annichilito, non sa se sta assistendo ad uno spettacolo teatrale o a un documentario sociale. Ma tutto questo poco importa. La scelta di Paravidino di usare il teatro per smascherare la realtà non è questionabile: in questo spettacolo non c’è un briciolo di finzione; tutto ciò che ci viene raccontato è insindacabile e accuratamente dimostrato. Registrazioni, testimonianze, interrogatori, deposizioni: in cinque atti e un prologo riviviamo nei minimi particolari i fatti di Genova 01. Sembra di assistere al notiziario televisivo del giorno dopo. Quegli avvenimenti ci appaiono così vicini da smuovere nuovamente le nostre coscienze; il ricordo si ravviva, la rabbia si riaccende, cresce l’indignazione, si riacutizza un senso di nausea; il tutto, nonostante l’azione drammatica, motore abituale di ogni rappresentazione teatrale, sia quasi del tutto assente.
Il pubblico alla fine applaude, lo fa spontaneamente, prolunga il suo sonoro gesto d’approvazione dimostrando di gradire il recupero del teatro come veicolo d’indagine sociale, il palcoscenico come scenario di sensazioni, pulsioni, emozioni finalmente non costruite, finalmente reali, come dovrebbe essere la vita, anche quella che ora, e ancor più dopo quello che abbiamo appena visto, ci appare distorta, fasulla: una magnifica fiaba del terrore per la massa di creduloni, una grande presa in giro per i meno sprovveduti.


 
© copyright ateatro 2001, 2010

 
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