ateatro 59.31 Le recensioni di "ateatro": Il mercante di Venezia di William Shakespeare regia di Elio De Capitani per il Teatro dell'Elfo di Oliviero Ponte di Pino
Per portare in scena uno dei testi più discussi e controversi di Shakespeare (prima per l’Estate Teatrale Veronese e ora nella stagione milanese al Teatro Leonardo), Elio De Capitani e i Teatridithalia evitano di confrontarsi direttamente con il tema dell’antisemitismo e scelgono invece la strada per loro più congeniale. Puntano cioè, in una scena costituita da una sequenza di sipari dipinti e coloratissimi, sulla teatralizzazione, sul gioco spettacolare, sulla facilità e felicità comunicative offerte da una trama ricca di elementi di collaudata presa e di personaggi fortemente caratterizzati. O meglio, esasperano questi elementi puntando su un consapevole e divertito kitsch, con una notevole libertà d’invenzione. A cominciare dai costumi (firmati come le scene da Carlo Sala), che spaziano tra diversi stili ed epoche: per esempio, il Settecento postmoderno della coppia di «buffi» Solanio e Salerio (Luca Torracca e Alessandro Genovesi), che paiono anticipare l’universo mercantile goldoniano (e che alla fine del primo tempo si presentano chissà perché con la giacca infilata al contrario); o i luccichii da discoteca del trio di vitelloni Graziano (Massimo Giovara), Lorenzo (Mario Perrotta) e Bassanio (Paolo Pierobon), che però poi opteranno per completi più istituzionali quando decideranno di diventare persone perbene. O ancora gli accenni caricaturalmente esotici dei pretendenti alla mano di Porzia (Ida Marinelli), improbabili principi del Marocco e dell’Andalusia.
Da sinistra, Mario Perrotta (Lorenzo), Alessandro Genovesi (Salerio), Luca Toracca (Solanio), Massimo Giovara (Graziano); in basso, Bolo Rossini (Lancillotto).
Anche lo Shylock di Ferdinando Bruni si fa carico di tutti i cliché dell’iconografia antisemita: è il classico ebreo pallido con la barbetta a punta, la kippah nera e i tefillim, crudele e vendicativo. Ma in genere tutte le caratterizzazioni sono esasperate, a volte fino alla macchietta. Il servo Lancillotto (Bolo Rossini) è truccato da clown e parla come Stanlio, con stralunato accento inglese e molti strafalcioni, così come sua madre Margareth sembra una specie di Mary Poppins piombata in lagina da chissà dove. Non mancano insomma le gag, scena dopo scena. Si va persino verso il musical, con le musiche di Mariolone Arcari suona dal vivo e con alcuni intermezzi cantati: addirittura, la terribile pretesa di Shylock, ovvero la richiesta in garanzia di una libbra della carne del «mercante di Venezia» Antonio, viene allegramente canticchiata. Insomma, anche le situazioni più dure vengono sdrammatizzate con ironia (e spesso puntando al facile divertimento).
Ferdinando Bruni (Shylock).
Del testo shakespeariano, che porta in scena una situazione tragica condendola con elementi fiabeschi (la prova dei tre scrigni cui sono sottoposti i pretendenti di Porzia, l’anello che la stessa Porzia affida al promesso sposo come pegno d’amore) e romanzeschi - come la fuga di Jessica, la figlia di Shylock (Elena Russo) con il cristiano Lorenzo (Mario Perrotta - viene dunque privilegiato il lieto fine da commedia, con le triplici nozze e il «vissero felici e contenti» conclusivo (dal quale restano esclusi i due protagonisti, l’astioso ebreo e il malinconico mercante). In questo quadro, il razzismo (e in specifico l’antisemitismo, un tema già affrontato dal gruppo ai tempi di I rifiuti, la città, la morte di Fassbinder) viene preso in considerazione come uno dei tanti fatti della vita. Tanto le brutali aggressioni antisemite di Antonio (Giancarlo Previati) quando la torva vendicatività di Shylock non vengono in alcun modo giudicati. I loro artefici vengono presentati semplicemente come esseri umani tra molti altri, persi tra mille altri eventi e trame più o meno spassosi.
Il mercante dei Venezia
di William Shakespeare
regia di Elio De Capitani
Milano, Teatro Leonardo
Dall'archivio di "ateatro"
Per info su altre messinscene di questo testo, vedi:
- Peter Sellars al Goodman Theatre di Chicago (1994);
- Stephan Braunschweig al Piccolo Teatro di Milano (1999);
- Trevor Nunn al National Theatre di Londra (2003).
E ancora:
I venticinque anni del Teatro dell'Elfo.
Gli spettacoli dell'Elfo nelle recensioni di Oliviero Ponte di Pino.
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