ateatro 42.9 Autoritratto dell’attore da giovane (4) con due foto di Alessandro Genovesi di Elena Russo Arman
Foto di Alessandro Genovesi.
Perché ho scelto il teatro
“Guardatemi bene, sono un idiota, sono un buffone, sono un mistificatore! Guardatemi bene, sono brutto, ho un viso inespressivo, sono piccolo. Sono come tutti voi!….”
Erano le parole di Tristan Tzara ma ero io a recitarle. Chi lo avrebbe mai detto, io così timida e silenziosa…
Quelle parole la dicevano lunga sull’opinione che avevo di me e mi rivelavano un piacere perverso e masochistico nel mettere a nudo qualcosa di molto intimo, senza necessariamente sputtanarmi. In fondo erano le parole di un altro e io stavo solo giocando a mettermi nei suoi panni. Ed era così eccitante.
Avevo diciassette anni e mi trovavo sul palco di un teatro parrocchiale a Torino, indossavo una tuta nera e dei mutandoni a pois, il pubblico di fronte a me era la mia classe del Liceo Artistico e qualche professore.
In realtà avrei dovuto preparare una piccola tesi sul Dadaismo ma ho sempre avuto molto senso pratico e l’idea di stare da sola sui libri mi annoiava terribilmente.
Per questo avevo coinvolto il mio amico Lorenzo Fontana e insieme avevamo lavorato giorno e notte per realizzare quella specie di spettacolo che aveva riscosso un certo successo. Avevo scelto il teatro quasi per caso e avevo scoperto che si trattava di un’attività estremamente divertente.
Quanto al ruolo di attrice, quella prima volta nei panni discutibili di Tristan Tzara era stata piuttosto sconvolgente. Nessuno avrebbe mai creduto che avrei avuto il coraggio di esibirmi, forse non ci credevo neanche io, ero troppo timida, la mia voce si percepiva appena, mi sentivo piuttosto inadeguata e prima di entrare in scena avevo provato terrore e panico.
Quella volta giurai che il teatro lo avrei fatto solo dietro le quinte; dovevo occuparmi di scene e costumi. Per fortuna il primo(e per me unico)anno di Scenografia all’Accademia di Belle Arti era stato così noioso che pur di evitarmi quella noia mi sarei sottoposta alle torture del panico.
Così io e i miei amici lavoravamo senza sosta; alla Soiré Dadà erano seguiti il Laboratorio Futurista e la Salomé in chiave surrealista, eravamo diventati dei veri e propri “specialisti delle avanguardie”, tanto che avevamo in progetto di fondare una compagnia tutta nostra, la compagnia “Gotho” che tra il 2000 e il 2015 avrebbe dato origine al “Movimento Gothoista”(Gotho sta per godo-godere, godere dei piaceri della vita, naturalmente).
Era un gioco meraviglioso, un sogno, forse un delirio ma desideravo che durasse il più a lungo possibile.
Non so se ho scelto il teatro una volta per tutte però ogni volta che vado in scena, pochi secondi prima di iniziare, quando sono in preda al panico, affiora nella mia mente una domanda : “ma perché non ho fatto la panettiera?”.
Per fortuna, come se mi svegliassi da un incubo ricorrente, ogni volta lo spettacolo inizia e io me ne dimentico.
Il mio percorso di formazione
Quando decidevo di fare una scuola di teatro lo Stabile di Torino inaugurava la Scuola diretta da Luca Ronconi per il quale ho sempre avuto una grande ammirazione e sono stati due anni molto importanti. Tra gli insegnanti c’erano attori e attrici del calibro di Mauro Avogadro, Franca Nuti, Marisa Fabbri, Claudia Giannotti; venivano organizzati incontri con attori e registi come Peter Stein e Gabriele Lavia, con cui ho lavorato in seguito; avevo la possibilità di entrare “gratis” a teatro e vedere, e rivedere a volte, tutti gli spettacoli che giravano e in ultimo il privilegio di poter assistere alle prove degli allestimenti che in quegli anni Ronconi realizzava a Torino. Anche d’estate seguivo dei corsi come quello di Gigi Dall’Aglio a San Miniato e di Marco Baliani a Bologna. Al termine dei due anni ci sono stati i due spettacoli/saggio che concludevano la Scuola, Pilade e Calderon di P.P. Pasolini, con la regia di Luca Ronconi, e non riesco a immaginare qualcosa di più significativo e importante come anello di congiunzione tra la scuola e il lavoro.
Foto di Alessandro Genovesi.
Gli incontri professionali che mi hanno segnato
Durante la Scuola sono stata diretta da un mio compagno di corso, Francesco Gagliardi; lui vedeva in me la sua “attrice feticcio” così mi ha affidato il ruolo di protagonista in due i spettacoli, Photograph di Gertrude Stein e Monologo dal diario di una cameriera di Mirbeau; poi ho iniziato la gavetta interpretando una lunga serie di “cameriere”, ma al fianco di attrici come Mariangela Melato ne L’Affare Makropulos per esempio, la mia prima vera scrittura. Una sera mi è capitato di vedere uno spettacolo al Teatro dell’Elfo di Milano. Ho desiderato intensamente lavorare con quella compagnia. In scena c’erano Ida Marinelli e Ferdinando Bruni e io ho provato un’attrazione quasi carnale. Non capivo se desideravo loro o se desideravo essere al loro posto. In seguito a quel colpo di fulmine ho cercato di vedere tutti i loro spettacoli e ogni volta era una conferma di quel desiderio. In un certo senso quella compagnia era del tutto simile a quella che sognavo per me quando ho iniziato a occuparmi di teatro. Ora sono quasi dieci anni che lavoro con loro; l’incontro con Elio De Capitani, Ferdinando, Ida e gli altri “elfi”, è stato fondamentale per me. Ho sempre condiviso le loro scelte e ammiro il fatto che siano partiti da un progetto comune e che insieme continuino a realizzarlo.
Il mio ruolo all’interno del teatro italiano
Per me è difficile stabilire quale sia il mio ruolo nel teatro, l’unica cosa che posso dire è che lavoro con un gruppo, Teatridithalia, di cui condivido pienamente tutte le scelte, che ha conquistato un “ruolo” importante nel teatro italiano in quanto sempre con coerenza e coraggio ha realizzato spettacoli ed eventi ad alto livello artistico senza mai rinunciare all’impegno sociale instaurando un rapporto diretto, di scambio con il pubblico, soprattutto quello milanese, per il quale loro sono un importante punto di riferimento.
Gli esempi che ho seguito
Non credo di aver seguito un esempio in particolare.
Il rapporto con la nuova drammaturgia made in Italy
Finora mi sono occupata solo di drammaturgia contemporanea straniera, ad eccezione del testo di Rocco D’Onghia Tango Americano.
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