ateatro 38.2 L'editoriale Osservatorio della cultura di Redazione ateatro E' un'esigenza comune, emersa da più parti, come risposta a una situazione
che si sta facendo sempre più difficile. A Milano sta nascendo un "Osservatorio della
cultura". In giro per i festival d'Italia, negli incontri su "Nuovo teatro vecchie
istituzioni" (e in particolare in quello di Rovigo), si è
avvertita l'esigenza di stendere un Libro bianco. In questo sito è
attivo il forum "Fare un teatro
di guerra".
Sono tre situazioni molto diverse, nate per soddisfare necessità diverse. L'
"Osservatorio della cultura" ha l'obiettivo di "monitorare la
vitalità e gli indirizzi di aziende e enti a partecipazione pubblica che
producono cultura, spettacolo e comunicazione. Lo scopo è quello di vigilare
affinché siano garantiti il pluralismo e la qualità che nei decenni passati
hanno fatto del panorama culturale milanese uno dei più significativi in
Italia e in Europa: in particolare saranno tenuti sotto osservazione Piccolo
Teatro, Teatro alla Scala, Centro produzione Rai di Milano". Il Libro
bianco dovrà "denunciare alcune situazioni scandalose in cui versa il
nostro teatro (con tanto di date e nomi)". Il forum sul Fare un teatro di
guerra?, nato sull'onda lunga del "caso Martone" e sul modello di alcuni
interventi sul Patalogo (per tutti, Annozero, nel P17),
raccoglie, pubblica e diffonde, con la collaborazione dei frequentatori del
sito, notizie relative alla situazione attuale del teatro italiano.
Anche il testo di Carla Benedetti, pubblicato in "ateatro 37",
concentrandosi sullo stesso episodio chiave, nasce da motivazioni analoghe,
e ha anch'esso un precedente sul Patalogo 9, l'esemplare saggio di
Ferdinando Taviani Macello ovvero la mossa del cavallo, sulla storica affaire
Magazzini a Santarcangelo.
Queste iniziative di "documentazione militante" condividono alcuni elementi.
In primo luogo, la sensazione che il teatro italiano (e in generale la
cultura) stiano attraversando una fase particolarmente delicata. In
apparenza la causa è la mutata situazione politica. Certo, sono stati presi
(e vengono presi, e verranno presi) provvedimenti che mettono a rischio
molte esperienze interessanti e meritevoli, a cominciare dalle epurazioni e
dalle occupazioni di diversi posti chiave (vedi in teatro la carica delle
pantere grigie).
Tuttavia è inutile nascondersi che prima e dietro questa involuzione
"politica" fosse da tempo in atto una profonda crisi (o, a essere ottimisti,
una trasformazione). Che riflette mutazioni di carattere generale, e
discusse fino a ridursi a banalità: il crollo degli schemi ideologici di
interpretazione del mondo, l'impatto delle culture di massa e dell'industria
culturale, l'invadente volgarizzazione televisiva, la mondializzazione
culturale e il vicolo cieco della globalizzazione...
Ma il teatro italiano sta pagando anche l'impossibilità del sistema teatrale
di evolversi, e la difficoltà a trovare forme organizzative nuove (dopo che
gli stabili si sono ridotti da tempo a carrozzoni che difendono l'
esistente). E questo di fronte al moltiplicarsi di esperienze molto
interessanti, sia dal punto di vista estetico, sia dal punto di vista del
rapporto con il pubblico, sia a volte delle forme organizzative. Ovvero di fronte a quello che si definisce Nuovo teatro.
Da vent'anni a questa parte, la situazione è rimasta bloccata. La
responsabilità è in primo luogo di una sinistra che non ha mai saputo
affrontare il nodo del teatro con sufficiente lucidità, preoccupata
soprattutto della gestione dell'esistente. Con il rischio, ora dolorosamente
avvertito, di trovarsi a raccogliere i cocci di un sistema terremotato e a
salvaguardare faticosamente le sue ultime cittadelle. Di questo possono
provare a rendere conto Osservatori, Libri bianchi e Forum.
Ma a accomunare queste iniziative ci sono anche altre consapevolezze.
Come agiscono i meccanismi del potere? Rispondono a esigenze a volte
espresse nei programmi politici, a volte impliciti, determinati dalla "forza
delle cose". A volte si tratta di scelte strategiche di ampio respiro, a
volte di microdecisioni che hanno all'apparenza un impatto locale e dunque
limitato. Per comprendere quello che sta accadendo, è necessario essere
consapevoli degni uni e degli altri, ricondurli se possibile a un quadro
unitario.
In secondo luogo, è condivisa la sensazione che i media non possano, in
questa fase, soddisfare questa esigenza di informazione, e che dunque è
necessario costruirsi degli strumenti "autogestiti". Certo, i casi più
eclatanti trovano spazio nei media nazionali, e le decisioni che interessano
realtà minori rimbalzano sulla stampa e sui media locali. Quello che però
manca è il raccordo tra i due livelli, e soprattutto la memoria storica del
processo.
Un altro aspetto che i media non possono affrontare nella maniera adeguata
sono le questioni più direttamente tecniche, al di là dei gridi di dolore
sui soldi spesi per la cultura e inevitabilmente "sprecati" (mentre servono ospedali, scuole, ospizi...). Di questo è
anche in parte responsabile un mondo del teatro che in
questi anni ha goduto di una sorta di autogoverno corporativo, regolato da
un costante patteggiamento con il potere politico, a livello locale e
nazionale. Questo meccanismo, alla fine, ha portato alla creazione di mille
centri di potere che rappresentano un ostacolo al cambiamento.
Se non affrontano questi nodi, un Osservatorio, un Libro bianco, un Forum
sono pressoché inutili. Si riducono a un lungo elenco di torti subiti, a
una lamentazione querula e alla lunga fastidiosa (by the way, è per questo
che nel forum è bene che ci sia anche qualche pettegolezzo...
|
© copyright ateatro 2001, 2010
|
Se cerchi (e se vuoi comprare) su ibs un libro o un autore di cui si parla in questa pagina
|
|
|
|