ateatro 34.12 Che cosa fanno con il Pongo in Russia? Plasticine (Pongo) al Royal Court di Londra di Veronica Picciafuoco Royal Court Theatre, Sloane Square
Scritto da Vassily Sigarev
Traduzione di Sasha Dugdale
Regia di Dominique Cooke
Scena di Ian MacNeil
In un povero quartiere della Russia d'oggi, un blocco di case popolari si erge intorno ad una corte dei miracoli. Una riflessione sulla povera e triste realtà di oggi in una qualsiasi cittadina remota russa dove il singolo cerca di crescere incontaminato ma in cui, inevitabilmente, finisce per esserne sommerso, affogandovi, a meno che non voglia nuotare in mezzo ai derelitti resti galleggianti.
Maksim un ragazzo adolescente che vive in uno di questi miserabili appartamenti-alveari, cerca ogni giorno di combattere in questa giungla. Al di là della porta di casa sua, drogati, prostitute, delinquenti e chi la società abbandona e ignora nelle strade.
Violenza gratuita, squallore, ciascuno usa e abusa dell'altro. Non esiste il rispetto bensì la legge del più forte.
Maksim è assorto nel suo mondo innocente fatto di statuine di pongo: l'unico modo per rifugiarsi dall'inferno che lo circonda e che lo soffoca nella vita quotidiana e negli incubi notturni. Gli animaletti di pongo e le continue visioni innocenti di una sua coetanea, riflesso di una realtà semplice e pura, dove i sentimenti, i valori e gli ideali hanno per lui ancora un valore, lo accompagnano e lo consolano nei momenti più difficili e nel suo mondo immaginario.
Ma al di fuori di questo il resto è allucinazione; prostitute che lo abbordano, uomini che ne abusano, insegnanti corruttibili della Russia d'oggi che non possono insegnare valori ma che lo giudicano e lo schiacciano, una madre che non c'è più, è "volata via", una nonna non presente assorta nelle sue mancanze e nei suoi rimpianti senza più desideri e sogni da realizzare, uomini che giocano con alcol e violenza e che lo violentano, altri che per paura lo aggrediscono a priori, non riconoscendone il valore e le potenzialità che lentamente si spengono – ali che gli vengono tagliate prima di spiccare il volo.
Dopo un ultimo atto di coraggio e di ribellione a questo inferno, dopo che anche la nonna muore, per Maksim l'unico riscatto è la morte che brutalmente gli fa un favore e lo porta via.
***
Attuato all'interno e lungo un'impalcatura di ferro su piani diversi dove ogni spazio diventa ghetto, una stanza buia, la camera dei giochi in pongo, gli spot di luce si alternano, gli attori spuntano in alternanza da ogni angolo di questa struttura. E' spazio di performance ed è a sua volta spazio per l'audience che si muove intorno alle scene permettendo ai tagli di luce di insinuarsi tra la gente e illuminare un nuovo spot.
La sensazione di questa dinamica è semplicemente quella di fare parte di questa realtà, ed assistere a diverse scene di vita quotidiana, dal matrimonio in festa, alla rissa, al funerale, alla fila per ritirare la razione mensile di approvvigionamenti alimentari, alla prostituta in attesa o all'alcolizzato aggressivo. Sembra di essere usciti per prendere una boccata d'aria o per fare la spesa ed essere casualmente spettatori di scene di vita in questo microinferno.
All'inizio sono salita sulle balconate dove alcune scene si svolgevano, poi ho sentito la necessità di spostarmi e scendere anch'io nella corte dei miracoli dove la prospettiva era diversa e le emozioni più forti, scandite da ritmi incalzanti. Non guardavo solamente ma facevo parte di questa folla di gente, delinquenti e prostitute, e ne sentivo da vicino l'odio che portavano dentro, e anch'io come Maksim mi sono a volte sentita aggredita e disgustata e avrei voluto a mia volta aggredire per difendermi, difenderlo, sputare in faccia a questo vuoto pieno di rancore. |
© copyright ateatro 2001, 2010
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