ateatro 130.4 Un teatrino dell'io [4: la mia icona, ovvero un quarto d'ora di celebrità] Un manuale di sopravvivenza su Internet, un romanzo di formazione a puntate di Oliviero Ponte di Pino
Peraltro Lui conosce già il mio IP, ovvero il numero che permette di identificare univocamente il pc dal quale mi sono connesso. Sa anche altre cose, per esempio il tipo di browser che utilizzo. E’ in grado di posizionare nel mio pc un cookie, poche righe di codice che gli permetteranno di capire che mi sono già collegato a Lui, così potrà richiamare all’istante dalla sua memoria tutti i dati che ha immagazzinato su di me.
Ho risposto a un numero sufficiente di domande in maniera credibile. Ho accettato le condizioni contrattuali. Sono finalmente entrato nel cerchio magico. Faccio parte della comunità: da una parte ci siamo”noi”, poi ci sono “gli altri”, “loro”. E' gratis.
Ma posso fare di meglio, e Lui lo sa.
Ora mi chiede di inserire un’icona. Un'immagine. La mia immagine.
Anche qui, le soluzioni sono variegate. C'è chi mette una sua foto, riconoscibile, stile carta d'identità. Del resto, quello a cui sono appena stato sottoposto sembrava davvero un interrogatorio: andrebbe benissimo una foto segnaletica... Qualcuno preferisce proporre una foto di sé in azione, mentre è impegnato in qualche attività che ritiene significativa. Qualcuno gioca a “Vedo non vedo”: sceglie un'immagine difficilmente riconoscibile, confusa, magari mossa, oppure sfuocata, e in ogni caso volutamente allusiva: “Quello che vedi potrei essere io, ma per vedere un volto che puoi riconoscere devi impegnarti di più....” Qualcuno sceglie come totem il gatto o il cane di casa, o il suo animale preferito. Altri imboccano la strada della metafora – un fiore, una motocicletta, un oggetto. Molti puntano su un personaggio dei fumetti o dei cartoni animati: gli altri fan capiranno subito, è un sapere generazionale condiviso, l’adescamento è pressoché infallibile.
E' una scelta delicata, quella dell'immagine. La mia capacità di intessere relazioni sociali su questa nuova scena dipende in buona parte dall’effetto di quella immagine: se il mio look incuriosirà o se respingerà i visitatori (e le visitatrici) della mia pagina, e anche se incuriosirà quelli giusti...
All'inizio degli anni Sessanta Andy Warhol, il genio della pop art, dichiarò che nella società contemporanea, dominata dai mass media, ciascuno di noi aveva diritto a un quarto d'ora di celebrità: la sua profezia si è avverata, addirittura oltre le sue capacità di previsione.
In una serie di opere celeberrime (dal valore proporzionato alla loro notorietà), Warhol ritrasse alcune delle personalità più famose del momento: il Grande Timoniere presidente Mao Zedong, la suprema diva del cinema Marilyn Monroe, il re del rock Elvis Presley e “O Rey” del calcio Pelé, o il moonwalker Michael Jackson, e naturalmente il sommo artista Andy Warhol (e altrettanto naturalmente tutti i ricchi e famosi, a cominciare da Gianni Agnelli, fecero a gara per farsi inserire in questa galleria di ritratti).
Warhol sceglieva un'immagine già nota, e dunque facilmente riconoscibile; ne semplificava i lineamenti attraverso alcuni procedimenti fotografici; la trattava con colori allegri e vivaci; o meglio, stampava diverse volte l'immagine e la colorava variando toni e tinte, sottolineando alcuni tratti. Trasformava la foto in un'icona, la persona in un divo, il ritratto in un marchio.
Io, senza essere famoso (e senza essere mai stato ritratto da Warhol), sono un personaggio semi-pubblico: per il lavoro che faccio, per le mie apparizioni radiofoniche e televisive, per i libri che ho pubblicato, e soprattutto perché sono in rete da molto tempo (Anni fa “Affari & Finanza” di “Repubblica” mi ha definito “blogger storico”: ormai dovrei essere stato promosso “blogger preistorico”).
Dunque inutile inventarmi identità troppo giocose, tanto prima o poi mi scoprirebbero: per questo ho deciso di mantenere il mio solito nickname, e ora scelgo un'immagine dove non mi sembra di apparire troppo disgustoso, ma dove resto in ogni caso riconoscibile. Ma forse farei meglio a cercare un amico in grado di farmi un ritratto alla Warhol...
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