ateatro 125.18 BP2010 Distribuzione o diffusione? Clientele o clienti? Promemoria, post-it, post post-it & considerazioni sui circuiti (e sulla distribuzione in generale) di Patrizia Coletta
Promemoria
- Distribuire: limita all’oggetto, al “cosa”.
- Diffondere: sposta sul “cosa, dove, come, per chi…”
- Clientela: termine che implica interessi.
- Clienti: termine che implica interesse (interesse come interessamento, come “ci interessa”, come “degno di interesse”).
Premessa generale
Noi Circuiti non facciamo “teatro dell’obbligo”, non si può più lavorare ”sparando a pallettoni”: chi va va e il ciel ci aiuti. Bisogna fare i conti non col pubblico (che non esiste, così come non esiste genericamente il teatro) ma con i pubblici, e con le possibilità di mobilità degli spettatori sul territorio, anche rispetto a centri culturali egemoni o di riferimento.
I Circuiti, benché sia comodo e superficiale pensarlo, non sono bancomat erogatori di repliche o di regalie: il teatro dell’obbligo non esiste nemmeno per le compagnie. Quindi è necessaria una seria riflessione condivisa.
Premessa particolare
Il Circuito del Piemonte dopo vicissitudini estremamente critiche è “rinato” due anni fa. Questo ha fatto sì che il mio mandato cominciasse con un’autentica rincorsa. Il Piemonte e Torino hanno una ricchezza di iniziative culturali sorprendenti, decisamente superiori di quanto si immagini all’esterno. Ben poco si poteva quindi aggiungere, inoltre la pluralità dell’offerta aveva già avviato un processo di formazione del pubblico (e anche degli Assessori) rendendolo maggiormente indotto a operare scelte e ad avere una disposizione alla mobilità. In tale contesto va da sé che risulti superato il concetto di “decentramento” di antica memoria.
La rincorsa è cominciata dalle orecchie. Il mettersi in “ascolto” è stato il primo passo per porsi in dialogo costruttivo con chi praticava l’eccellenza in Regione. Geograficamente se l’Italia è lunghissima il Piemonte è molto largo, caratterizzato da una moltitudine di diversità e peculiarità. Ho chiuso i libri di teatro e ho riaperto Complessità di Waldrop e quelli sulla storia del Piemonte.
Ha preso corpo il concetto di diffusione.
Secondo promemoria
- Diffusione. Spettacoli sempre più diversificati per espressività e tipologia, spettacoli vicini alle esigenze attuali di un pubblico sempre più preparato e informato, ma anche disaffezionato e afflitto da problemi di ordine pratico, che vuole capire, ma che vuole anche scoprire attraverso la curiosità: un pubblico che sceglie, ma che è anche costretto a “scegliere”.
- Diffusione oltre le sale teatrali e oltre i cartelloni ufficiali. Il Circuito si sparpaglia sempre di più sul territorio, va alla ricerca delle radici profonde che ne creano il tessuto culturale e sociale, lo fa valorizzandone i tratti peculiari. Lo fa con l’ambizione di annullare la percezione di un teatro elitario, di avvicinarsi non al pubblico, ma ai pubblici. Esce un poco dal teatro, dopo che lo spettacolo è cominciato, per cercare di comprendere come meglio annullare le barriere che a volte esistono dall’accingersi ad entrare. Lo fa con interesse autentico, per questo nel radicarsi sempre di più nella proposta di un teatro di qualità cerca di creare una rete – intangilibe, forse, ma realissima – fatta di informazione, di comunicazione, di facilitazioni sempre più attente alle varie esigenze di pubblici differentissimi.
- Percorsi e progetti miranti a valorizzare il patrimonio artistico del territorio. Strumenti in grado di attuare con efficienza e professionalità le politiche culturali delle Regione e dei Comuni aggiungendo un contributo alla elaborazione stessa di quelle politiche con la professionalità, ma anche l’entusiasmo dato da una passione per questo ruolo e da un senso etico di grande responsabilità. Il Circuito sempre più vuole essere “strumento”. Stumento attuativo di progetti, in grado di trasformare le idee in realtà, di trasformare le eventuali criticità in “particolarità”.
Post.it perpetuo
- I clienti sono innanzitutto gli Enti Locali aderenti, che determinano il 36% del nostro bilancio. Ci chiedono di essere sempre più attenti a ciò che di importante avviene e si realizza in campo teatrale. Ogni sbaglio è vitale in relazione alla contrazione delle risorse.
- I clienti sono gli spettatori, che per noi costituiscono il 21% del nostro bilancio, pertanto non bisogna tradirli, ma persuaderli costruttivamente a continuare a co-finanziarci. Ci chiedono proposte per le quali è importante affrontare una serata a teatro, e una serata a teatro è impegnativa: significa organizzarsi mentalmente, fisicamente ed economicamente; comporta prendersi del tempo e il tempo prima ancora che i denari è diventato una risorsa in via di estinzione.
- I Circuiti hanno funzione superpartes. Il loro mandato non producendo, è totalmente “disinteressato”, nei confronti della produzione e totalmente “interessato” nei confronti del pubblico.
Considerazioni post post-it
Le annotazioni di cui sopra consentono riflessioni estremamente lucide rispetto alle scelte di programmazione, che restringono di molto l’imbuto delle possibilità di “mercato”. Difficile quindi – per chi opera con lo spirito di continuità, costruzione, crescita e mantenimento dell’interesse dello spettatore – anteporre logiche di clientele all’intercettazione attenta del riscontro dei clienti.
Consigliabile è non fare scelte artistiche di “nicchia”, ma allargare l’attenzione a produzioni che abbiamo caratteristiche tali da riuscire ad interessare possibilmente diversificate fasce di pubblico, sociali, anagrafiche, culturali, tipologiche. Tante nicchie non fanno una cattedrale, ma molte nicchie possono essere contenute in una cattedrale: è la storia del culto che lo insegna.
Utopia? Forse, ma credo che sia la missione reale dei Circuiti regionali. Non ci si può più permettere di fare scelte artistiche che parlino a pochi, a meno di individuare spazi che parlino a pochi, situazioni che parlino a pochi, cercando poi di trasformare quei pochi in tanti.
Obiettivo primario è mescolare le proposte per tentare di mescolare i pubblici . I circuiti lo fanno seriamente. Dal 2005, anno in cui Mimma Gallina ha pubblicato Il teatro possibile, il panorama dei circuiti è radicalmente cambiato. Gli investimenti intellettuali e di risorse nel campo della “promozione e formazione del pubblico” sono lievitati a dismisura. Rarissimi sono ormai i Circuiti che non praticano profondamente un lavoro di relazione reale con il territorio e i propri spettatori. A tutti gli effetti sono diventati punto di riferimento d’eccellenza sul territorio e “mediatori” sensibili tra chi “produce teatro” e chi “può fruirne”. Sono lontanissimi i tempi dei “cartelloni preconfezionati” diventati una leggenda metropolitana, che soltanto occhi distrattissimi credono esista ancora, sbandierandoli come luogo comune per inutili e infruttuose polemiche con “il mercato”.
Crediamo che ci siano sul nostro territorio potenzialità da sviluppare e questo ci stimola ad andarne alla ricerca. Trasformare i sogni in realtà: sogni di artisti che vogliono incontrare pubblici attenti e sogni di pubblici curiosi che voglio incontrare artisti generosi.
Distratti dalla velocità a cui siamo ormai assuefatti, ci dimentichiamo troppo spesso che se si continua ad amare il teatro è perché in quel luogo ci si può ancora permettere di sognare ed emozionare, nel privilegio di un accadimento realizzato espressamente per noi. Un teatro che offre cura e che riceve cura.
Ecco questo vogliamo fare: continuare a ribadirlo, con i mezzi organizzativi di cui disponiamo: con lo spettacolo direttamente, ma anche ricordando che quel luogo esiste ed è, grazie al nostro operato, facile da raggiungere e permetterselo. Per fare questo, e bene, abbiamo bisogno della complicità degli artisti: artisti attenti, artisti che vogliano condividere con noi progettualità per affrontare con tutta la consapevolezza del caso le criticità.
Citazione finale come ultimo promemoria
A chi gli chiedeva quale fosse il suo stato d’animo quando si alzava il sipario, Romolo Valli, indimenticato grande del teatro italiano, rispose: “La speranza di essere un civile mediatore della sola fede che mi è consentita: quella di un celebratore laico pieno di incertezze, di vulnerabilità, di paure; il riflesso speculare delle paure, delle incertezze, delle vulnerabilità che sento salire verso di me”.
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