ateatro 118.19 Grazie, Gigi In risposta a La fine del (nuovo) teatro di Alessio Di Modica
Grazie Gigi,
grazie per queste riflessioni.
A mezza voce vorrei solo dire che nel tuo articolo ho trovato il riscontro di quello che facciamo da anni nel nostro territorio. In silenzio e lontano dai grandi clamori viviamo il teatro con profondo senso di comunità, di impegno, di militanza, di testimonianza umana e di ricerca di altri rapporti con pubblico.
Sto tra quelli a cui il teatro ha cambiato la vita. Il teatro mi ha aperto la possibilità di comunicare e avviare processi culturali in un contesto come il mio devastato a livello ambientale e culturale, fino a fare della nostra piccola comunità una comunità senza confine tra fruitori e teatranti e per questo siamo anche un interlocutore significativo ed importante per tutti (dai cittadini alle istituzioni).
Questa è la nostra storia umana e artistica.
A volte coi nostri lavori ci scontriamo (nostro malgrado) con le leggi di mercato inadatte o semplicemente ancora non pronte per le storie intese nel senso di esperienze forti e radicate, a volte ci imbattiamo in riflessioni come le tue che ci danno una grande soddisfazione, una soddisfazione senza autocelebrazione ma come luce per proseguire il cammino avviato, un cammino rischioso e insicuro ma che ci apre quotidianamente strade e possibilità.
A volte le leggi di questo mercato del teatro italiano sono così sottili, meschine, subdole e spietate che ti lasciano pensare che nulla cambierà e siamo destinati ad estinguerci e magari dentro i teatri ci faranno i reality show condensati, tanto l’invasione televisiva dei teatri è una Marcia inarrestabile.
Allora andremo per strada a fare i nostri spettacoli (anche se già lo facciamo) e se ci toglieranno la strada come ha detto qualcuno “ci appenderemo a una stella e faremo gli spettacoli sospesi per aria”.
L’imbarazzo generale, la crisi di idee e la mancanza di coraggio è visibile, chiara e palpabile, il teatro è costretto a ricercare in altro (come la grande editoria ad esempio) lo spunto per i suoi spettacoli oppure come si dice da noi arriminare(rigirare) lo stesso brodo. Non ha più proprie spinte ideali ed emotive.
Per dieci anni un fenomeno resta la novità, il “nuovo” , e a lui ne susseguono decine che durano mezza stagione… per questo è chiamato sempre “nuovo” .
In questo lasso di tempo libero ho sentito il dovere di ringraziarti Gigi, non mi dilungo più di questo perché il lavoro quotidiano e costante di ricostruire il mio territorio, ovvero l’angolo qualsiasi di questa terra che occupo in questo tratto della mia esistenza, l’impegno di ricostruire coi cittadini i bambini e gli anziani della mia provincia un’etica civile (in nome della coscienza del luogo) , non so se nuova ma urgente e necessaria per posti come questi, si porta via gran parte del tempo della mia pratica umana ed artistica.
Ogni giorno rinnovata energia accompagna l’entusiasmo di stare e lavorare qui, il resto del tempo lo dedico ad inventarmi un modo per vivere qui come artista, per Esistere (e non resistere) senza essere schiacciato dalle difficoltà, senza perdersi nel sicilianismo a tutti i costi, senza scadere nei cliche, per essere stimolo per chi vive qui e per chi passa. E quando non sto qui sono fuori dalla mia provincia per fare spettacoli che raccontano questo territorio, che raccontano miseria e virtù di un progresso e di un mercato industriale che strozza e devasta lasciandoci solo macerie alle spalle.
Grazie Gigi
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