ateatro 118.15 Binario unico In risposta a La fine del (nuovo) teatro di Franco D’Ippolito
Davanti al porto di Gallipoli termina la ferrovia Sud-Est che collega Bari alla città salentina; il binario unico finisce lì, con una transenna d’acciaio e i respingenti dei binari morti. Dopo c’è solo il mare, avanti non si va, si può solo tornare indietro e poi ripartire sulla stessa strada per ritornare a fermarsi lì.
Anche il sistema teatrale italiano (inteso nel senso più ampio della creatività, della strategia organizzativa, delle capacità di sopravvivenza economica) è ad un punto di stallo, non può proseguire sulla stessa strada degli ultimi 30 anni. Possiamo solo fermarci o tornare indietro, a meno di non voler cambiare strada e mezzo di locomozione. Temo che si stia optando silenziosamente per la prima delle due ipotesi.
I tagli al FUS (e quelli che questa finanziaria determinerà nei bilanci regionali e degli Enti Locali) sono solo il sintomo più evidente dell’abbandono del teatro italiano alle proprie responsabilità, ai propri ritardi, alle proprie difficoltà, ma anche dell’incosciente ignoranza del fatto che il teatro d’arte italiano è il miglior teatro che si fa in Europa ed il peggio gestito e governato. Qualcuno che conta sta pensando che fra paure e speranze, dopotutto se ne può anche fare a meno.
Non si può negare che anche lo spettacolo italiano debba contribuire alla razionalizzazione della spesa pubblica, ma non sembra a tutti demente tagliare risorse trasversalmente senza un disegno riformatore? Forse la logica è quella che, passati i tempi magri, si ricomincia poi dal punto interrotto, a reiterare mancate scelte, difese inefficaci, falsi parametri qualitativi?
Chi ha la responsabilità di governare la difficile situazione attraverso gli strumenti normativi e delle sovvenzioni (maggioranza e opposizione) non può limitarsi a far quadrare i conti, altrimenti basterebbe un buon ragioniere, non ministri ed assessori. Si senta il dovere (insieme a tutti gli attori del sistema) di cercare nuove strade e diversi mezzi di locomozione, che creino le condizioni perché si possa ripartire secondo criteri, modalità, obiettivi nuovi e contemporanei.
Sarà una nuova ripartizione di funzioni e di finanziamenti fra Stato e Regioni? O la ridefinizione dei soggetti dello spettacolo per obiettivi culturali assegnati anziché per statuti? O la valutazione dei risultati anziché del progetto preventivo, modificando radicalmente il desueto sistema quanti/qualitativo? O, ancora, un sostegno pubblico in buona parte costituito da sgravi fiscali e fiscalità di vantaggio? O altre proposte ancora? Ma o ci costringiamo a ragionarci su mentre si fanno i conti, con coraggio e senza corporativismi, oppure, credetemi, non ci resta che guardare il meraviglioso mare di Gallipoli, fermi per sempre o destinati solo a poter tornare indietro.
Milano, 19 ottobre 2008
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