ateatro 102.16 Strana Milano, per non dire stronza Milano E come valorizzare la città? di Serena Sinigaglia
Doverosa premessa
Mi imbarazza parlare della situazione teatrale milanese.
Davvero! Non mi sento all’altezza del compito… Mi sembra di non avere quello sguardo dall’alto che qui servirebbe, di non avere quel distacco, quella distanza necessaria se si vuole riflettere seriamente sulle cose. Ci sono dentro, troppo dentro. E dall’interno le cose ti appaiono confuse, sfuggenti, difficili… Arriva l’emozione e sei fregato! In più manco di nozioni di urbanistica, di sociologia, di storia della città e dei suoi teatri.
Vogliate dunque perdonarmi se dirò cose assurde e sconclusionate o peggio stupide e scontate.
Ci provo lo stesso per amore del teatro (che è di fatto la mia vita) e per amore di Milano (che, disgraziatamente, è la mia città). E poi anche perché la Mimma e Oliviero fino a ora non mi avevano mai coinvolta nella “ rivista” (e forse, data la premessa, hanno fatto gran bene!).
Milano che fatica
Strana Milano, per non dire stronza Milano. Ti fa credere che è diversa, che da lei si gioca sul serio e che se hai qualcosa da dire e da dare, troverai chi ti ascolta e soprattutto chi ti aiuta. E poi, invece, a tue spese (!) scopri che non ci sono spazi (al contrario di Roma che ne ha troppi), scopri che chi ti aiuta e ti ascolta è sempre lo stesso e pertanto, poveretto, è stremato. Scopri che alla fin fine sei dannatamente solo. A Milano non le frega niente se tu ti sbatti o meno, se sei bravo, se le sei devoto: è un po’ come quelle donne che trattano l’uomo come zerbino… Ecco, se non ci stai attento finisci per essere il suo zerbino e lei non ti degna di uno sguardo. Milano non ama i talenti e le potenzialità che lei stessa ha contribuito a creare. E’ distante… è stronza.
Un tempo era diverso. Un tempo capitava che ti sentivi fiero di essere milanese. Poi è arrivato voi sapete chi e tutto è tragicamente cambiato. Io oggi mi vergogno di dire che sono milanese perché è qui che ha i suoi bunker voi sapete chi. E la mentalità onesta e laboriosa del milanese, la sua combattività, la sua forza, la sua austera dignità, tutte queste belle cose qua… sgretolate, disintegrate, a farsi fottere!
Tutto al contrario di Napoli, che certo ha la camorra, che certo è caotica, incasinata, disordinata, che è povera di danari e ricca di rifiuti, certo, è una città disgraziata e bellissima, però… però ai figli suoi li ama… “Ogni scarraffone è bello a mamma sua!”, insomma Napoli ci tiene assai. Quando incontro artisti napoletani un po’ li invidio perché sento che loro appartengono a un luogo, nel senso di appartenere a una cultura ben precisa, nella quale ti riconosci e ti rappresenti (guarda anche solo il dialetto, noi al più abbiamo il gergo ma è ben diverso, accidenti!): i napoletani amano la loro cultura perché essa li nutre ogni giorno.
Milano no, almeno non oggi, Milano non ha un volto, ne ha centomila, dunque nessuno. Ha la pretesa di rivolgersi all’Europa ma a me pare che l’Europa preferisca rivolgersi altrove (Parigi, Barcellona, Vienna, Praga… vuoi mettere?!). E poi i sindaci… che dovrebbero essere il simbolo di una città… Beh, vogliamo forse confrontare gente come la Jervolino o Veltroni con la Moratti???!!! O con Albertini???!!!
Fate un esperimento: prendete un collega teatrante e chiedetegli a bruciapelo e pregandolo di non pensarci e di rispondere di getto, chiedetegli, dicevo, di indicarvi un artista teatrale rappresentativo di Milano, poi chiedetegli un artista rappresentativo di Napoli… Vedrete che nove su dieci avrà difficoltà su Milano e facilità su Napoli… Dario Fo a parte, ma il Premio Nobel appartiene al passato glorioso di questa città, un passato triturato da questa gente inetta non solo a governare ma persino, almeno così mi pare, ad amare la città.
Ma i nostri sindaci amano la città?
Qui non si tratta di essere di destra o di sinistra, per quanto nonostante tutto, persino nonostante Prodi e questa sinistra, io preferisca la sinistra alla destra (e ci tengo a ribadirlo per una sorta di rigetto di qualsivoglia qualunquismo politico). Ma qui, dicevo, non c’entra proprio niente l’orientamento politico. Davvero: più andiamo avanti e più non posso credere che i nostri sindaci prima socialisti poi forzisti e leghisti amino così poco la loro città.
Io vi chiedo, davvero, col cuore in mano, senza pregiudizi: mi sapete dire una, una sola cosa che Albertini abbia fatto per questa città? Per il bene di questa città, intendo, non per il bene dei suoi quattro amici, per il bene della città tutta! Quali periferie ha cercato di valorizzare? Quali iniziative di valore se non internazionale almeno nazionale ha promosso? La Fiera del Mobile? Ma dai!!!! Quali incentivi ha creato per i giovani? Quali luoghi di aggregazione ha protetto? E l’annoso problema del traffico? Cosa ha fatto? No, davvero, concretamente, cosa ha fatto? Qui l’aria è sempre più irrespirabile!
Eppure ne avrebbero di cose da fare, inventare, valorizzare: a Milano c’è un sacco di gente che si sbatte dalla mattina alla sera per rendere migliore la propria e l’altrui vita, c’è tutto un potenziale sommerso che queste persone alla guida della città non considerano o meglio deliberatamente ignorano. Per paura? Per paura di sfigurare? O magari è solo per superficialità? Bah, non so, comunque che tristezza!
Il potenziale sommerso
Allora è tutto da buttare? Allora conviene scappare? No, non è tutto da buttare ma vi confesso che più di una volta ho pensato di andarmene. Chi te lo fa fare di restare in una città brutta che sempre di più si fa arida di possibilità? Te lo fa fare la gente… o meglio un certo tipo di gente… la gente che non si rassegna e che ieri come oggi riempie questa città di incontri segreti, improbabili e bellissimi, che come un fiume sotterraneo scorrono tra le pieghe, quasi sempre non ufficiali quasi sempre non riconosciute quasi sempre precarie sempre poetiche e radicali, della città.
Sì, a Milano il teatro continua a essere fatto seriamente e fino in fondo e anche il pubblico è così, è attento, è sensibile, quando c’è, c’è… davvero… e lo senti vivo, reattivo e intelligente. E questa è gente che non si arrende, è gente che se resiste in mezzo a tutta sta bruttura è perché sa che dove meno te lo aspetti puoi trovare incanto e intensità. Perché cosa è l’intensità se non una forma di bellezza conquistata con fatica, sudata e desiderata fino alla sofferenza più estrema.
Nelle altre città mi capita di sentire discorsi velleitari, del tipo: “Io faccio teatro...”, “Io c’ho la compagnia...”, “Io c’ho il teatro...” e poi scopri che non è vero niente, che sono tutte balle o comunque cose gonfiate. A Milano questo difficilmente ti capita, perché non è nello spirito della città, troppo seria per cose del genere. E poi perché se ci resti a Milano è per fare qualcosa che davvero ti sta profondamente a cuore, altrimenti o scappi o muori. A Milano hai gruppi eroici che hanno resistito con tenacia, ne cito alcuni (mi scuso per gli altri ma questi sono quelli che conosco meglio): l’Elfo primo tra tutti, e poi Quelli di Grock, il Teatro della Cooperativa (ne esiste uno affine altrove?), gli Alma Rosè, Egumteatro, Macro Maudit, il Collettivo Dionisi, Teatro i… e moltissimi altri che tra l’altro abbiamo potuto apprezzare di recente in occasione della Festa del Teatro (che bella!). Tutta gente che fa teatro ad altissimo livello, tutta gente che non si arrende alla lenta agonia in cui è entrata la città. Essi sono il potenziale ora sommerso, essi sono la speranza della città, essi sono la ragione del perché non me ne sono ancora andata via.
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© copyright ateatro 2001, 2010
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