ateatro 100.6 A Cascina! A Cascina! Appunti da Metamorfosi Festival 2006 di Redazione ateatro
Il Politeama-Città del Teatro di Cascina (Pisa) diretto da Alessandro Garzella è da sempre un luogo architettonicamente un po’ inquietante: tetti che sembrano la caffettiera Bialetti sopra un’alta struttura di cemento rosso che ospita a mo’ di labirinto tre sale teatrali, auditorium, centro studi (diretto da Fabrizio Cassanelli), aule multimediali.
Persino un hangar trasformato in spazio espositivo e performativo e diventato lo scorso settembre percorso da sogno per lo spettacolo anderseniano di Vargas prodotto proprio dalla Città del Teatro. Presto ci sarà anche un campus universitario con camere/studio disposte su cinque piani accessibili da una suggestiva scala esterna che arriva fino alla torretta da cui, guardando oltre i mobilifici e le Gran Stalle, si gode il panorama della Valdera. Non passa inosservato, lo spigoloso edificio teatrale sotto i monti pisani, ed è entrato ormai a fare parte del paesaggio “tipico” di questa zona, collocata tra il parco termale di Uliveto e di San Giuliano, e Pontedera.
Teatro e Università
La Scuola Normale Superiore organizza qua i suoi “Concerti”, mentre il Corso di Laurea in Cinema Musica e Teatro diretto da Lorenzo Cuccu e Sandra Lischi ha dislocato in questi spazi lezioni, laboratori pratici e progetti didattici multimediali (tra gli altri il progetto di digitalizzazione di documenti audiovisivi di cinema e teatro). Così ogni spettacolo e annesso approfondimento o incontro con l’artista è affollato da una numerosa schiera di giovani studenti, dottorandi e specializzandi in Discipline dello Spettacolo e in Produzione Multimediale che quest’anno hanno potuto presentare alcune loro produzioni all’interno del >Festival Metamorfosi.
METAMORFOSI FESTIVAL
Dopo un anno caratterizzato da una fortunata programmazione con Giorgio Barberio Corsetti, Socìetas Raffaello Sanzio, Pippo Delbono, Franco Scaldati e numerosi incontri e convegni su teatro e disagio, psicoanalisi e arte (Trascrivere l’inconscio), rassegne di musica elettronica (Fosfeni), arte digitale (T&T; E-day), serate con Vj e Dj set, la Città del Teatro si è lanciata tra l’8 e il 10 giugno (ma anche con alcune appendici e diramazioni prima e dopo queste date) nella sua più ambiziosa provocazione: quella di un festival teatrale estivo a respiro nazionale dove far confluire incontri, laboratori di scrittura, presentazioni di libri, installazioni video, studi teatrali e spettacoli del teatro “classico” della ricerca e del teatro di narrazione (ma non solo).
Rem & Cap.
Enzo Moscato, Alfonso Santagata, Remondi e Caporossi, Isole comprese, GialloMare Minimal Teatro, Francesco Niccolini, Teatro Stabile della Calabria, Maurizio Maggiani.
Il Festival Metamorfosi si è caratterizzato per la qualità e per la varietà delle proposte, per la vivacità e per l’ottima organizzazione da parte dell’intero staff, e soprattutto per l’affollata presenza di pubblico soprattutto giovane, a tutte le numerose iniziative.
Pezzi d'amore.
Metamorfosi esisteva già da alcuni anni ma quest’estate si è dato un vero restyling con una formula che univa il laboratorio intensivo alla visione di studi per la messa in scena (come Pezzi d’amore a pezzi progetto realizzato da Fabrizio Cassanelli e Letizia Pardi in collaborazione con Francesco Niccolini con gli allievi dei Cantieri Teatrali dell’Università di Siena) e di spettacoli prodotti dalla stessa Città del Teatro come 100% cose di Andersen della giovane ma già affermata compagnia fiorentina del Teatro Sotterraneo; ancora: risultati temporanei di una residenza produttiva (il progetto crossmediale di XLAB) e debutti in prima assoluta, come Volevo dirti, della compagnia siciliana M’Arte diretta da Giuseppe Cutino, già vincitrice del Premio Scenario 2003.
GialloMare Minimal Teatro conferma con il nuovo spettacolo L’ombra della torre (di Renzo Boldrini e Francesco Niccolini con Marco Natalucci) le atmosfere da fiaba, visive e visionarie fatte con quelle tecnologie digitali minimali che lo hanno contraddistinto grazie alla presenza della ormai rodata collaboratrice Ines Cattabriga che disegna in diretta al computer, tracce grafiche e ombre, secondo uno stile ormai consolidato.
TEATRO SOTTERRANEO
Sotterraneo ovvero, sommerso, invisibile, “underground”, un aggettivo che vale per tutto il giovane teatro di ricerca, interrato nelle cantine di oggi, che vanno dai centri sociali alle palestre delle scuole, ma non per questo meno vivace e attivo. Quello che stupisce di questa nuova formazione fiorentina Teatro Sotterraneo è la chiarezza: dell'idea di teatro che hanno in mente (un collettivo senza gerarchie), del teatro che mettono in scena (fatto di improvvisazioni ben piazzate, divertenti, folgoranti), dei testi da utilizzare in libertà (l’ “appropriazione indebilita” da Nanni Balestrini, dai dossier sul carcere, da Indymedia, da Focault ma anche dalla raccolta di comics della Marvel, dai testi del Sub Comandante Marcos). Incursioni nel teatro politico, nella condizione politica del teatro - l'unica condizione possibile oggi. Riciclano frammenti di testi e di materiali scenografici: un ready-made teatrale che centrifuga utopie e scarti di produzione e li allena alla rifunzionalizzazione collettiva. Un lavoro di impasto molto ben concertato. Segnalati con menzione speciale a Scenario 2005 hanno già fatto girare il loro primo spettacolo 11/10 in apnea negli epicentri del teatro di ricerca: da Volterra a Scandicci, a Drodesera, e nelle prestigiose vetrine festivaliere estive. Il corpo del condannato, loro recentissima produzione ha debuttato con successo ad aprile allo Spazio Pim di Milano e ha proseguito il viaggio al Teatro India per il Festival Short Theatre diretto da Fabrizio Arcuri. Intanto si allenano al dibattito sempre verde dell'appropriazione degli spazi per la creatività a Firenze.
Compagnia M’Arte Movimenti d’arte: Volevo dirti
La residenza artistica della compagnia siciliana M’Arte – Movimenti d’arte è stato uno dei punti salienti del Metamorfosi Festival. La compagnia, nata nel 1999, vincitrice del Premio Scenario 2003 con Come campi da arare e di una menzione speciale Enzimi nello stesso anno con Deposito bagagli, al festival lo spettacolo vincitore del Premio Scenario e il debutto del nuovo spettacolo, Volevo dirti. In quest’ultimo quattro donne attendono, sedute nelle loro isole di luce, davanti a una pentola, legate e divise dall’amore per un uomo che le ha sedotte, illuse, e poi tradite. Odio, amore, gelosia, invidia, condensati in flussi di pensieri ossessivi e dialoghi feroci, scanditi dalla partitura ritmica prodotta dal rumore dei ventagli, sfoceranno inevitabilmente nella vendetta collettiva ai danni della ragazza più bella e giovane. Nato da un racconto di Sabrina Petyx, autrice anche della drammaturgia, Volevo dirti ha riscosso un notevole successo di pubblico, grazie soprattutto all’interpretazione di Serena Barone, Ester Cucinotti, Caterina Marcianò e della stessa Sabrina Petyx.
Spaccati in due: altri sguardi
Alla tematica del disagio mentale sono stati dedicati un incontro con la studiosa di videoarte Sandra Lischi che ha proposto significative videocreazioni italiane e internazionali, e uno con il tecnoartista Giacomo Verde che ha realizzato un video in occasione del laboratorio teatrale annuale di Fabrizio Cassanelli e Alessandro Garzella con due pazienti della locale ASL (Marco e Ivano), dal titolo Sintomi e la relativa videoinstallazione locata nell’hangar.
Sintomi.
Dopo una lunga pausa, Giacomo Verde ritorna all’arte video con la sua spregiudicata e impareggiabile creatività low tech. Il fine – un ritratto vero e penetrante dei pazienti psichiatrici immersi per un anno nel laboratorio del “sintomo teatrale” - giustifica un mezzo così invadente come il video. Ma il video può essere anche il gioco, la danza, l’occhio che vede quel dettaglio che si perde e che si ritrova in un montaggio fatto attraverso (di)ssociazioni mentali. Sintomi è un video intriso di problematiche sociali ma per esprimerle ancora una volta Verde sceglie la via della libertà dalle regole imposte dall’arte e dalla regia video e televisiva: tutto quello che sarebbe tecnicamente imperdonabile -lo sfuocato, la camera che fa una brusca virata- qua appartengono quasi naturalmente a un “discorso”, elementare e semplicissimo. E’ la ricerca di una comunicazione vera, di un rapporto diretto e sincero che l’artista video cerca di instaurare grazie alla telecamera attaccandosi letteralmente alla pelle e al volto dei partecipanti in un poetico slancio di adesione incondizionata al loro mondo, creativo a modo loro, standogli addosso, sollecitandoli o prendendoli in giro come in un reciproco e improvvisato gioco psicoanalitico.
La mente umana è imperscrutabile e il dialogo l’unica cura possibile alla sua devianza. Può il teatro attraverso il video farsi interprete di questa innata sua necessità di espressione?
Cosa ci faccio qua? (anna monteverdi)
Ho lavorato per dieci lunghi giorni al progetto multimediale Fattoria degli anormali ideato da Andrea Balzola per XLAB in residenza al piccolo e graziosissimo Teatro Rossini di Pontasserchio gestito dalla Città del Teatro, insieme con tecnici programmatori, artisti e cinque stagisti del Politecnico di Torino.
In una dimensione di avventura abbiamo unito le nostre forze e i nostri modem e abbiamo realizzato un primo prodotto video-trailer per l’incontro pubblico previsto all’interno del Festival e un’installazione. Il nostro progetto è partito dal teatro per poi ricominciare dal fumetto, dal video e tornare allo spettacolo. Per il fumetto abbiamo voluto con noi Onofrio Catacchio, disegnatore di punta della nuova scuola bolognese, illustratore di Wu Ming e di Lucarelli, che per Fattoria ha dato corpo in grafite sequenziale a Emanuela Villagrossi e ha realizzato schizzi per i modellatori 3D guidati da Andrea Brogi.
Màuri Màuri
Maurizio Maggiani è uno scrittore molto famoso, dice, ma anche un egregio narratore. Dice che lo è sempre stato perché la sua scrittura letteraria ha avuto a che fare con le memorie altrui tramandate oralmente. Maggiani è un fotografo e alla Città del Teatro girava con la sua Leica. Dice che mette del suo nelle storie. Nel senso che racconta anche di sé. Se seguite i suoi libri non è difficile riconoscere i suoi luoghi, gli interrazzamenti delle Cinque terre, qualche carrugio della vecchia Genova. Qua al Festival ha parlato, accompagnato da una bottiglia di vino, della fragilità umana, la sua e la nostra, della memoria che si perde come la storia del Pisanino. Della fiducia nella propria immortalità venuta meno dopo che un incidente gli ha deformato una gamba e dopo la malattia del padre, e così ha parlato della bellezza dell’essere fragili e dell’essere diversi. Un momento di grazia, sotto il sole, nelle panche o per terra a seguire composti e in silenzio quello strano racconto misto di cronache familiari e di antiche leggende. A tavola ha raccontato di un’altra fragilità, quella del video. Dice di aver visto le immagini video da lui girate deformarsi a causa del tempo, e perdersi per sempre. Più fragili di così. “Bisogna tramandare oralmente i video!”.
Maurizio Maggiani è un incantatore di anime, un trasmigratore di storie, un traghettatore di sentimenti. Non è teatro questo?
Clip-Istantanee dal festival
Le ali degli angeli di Cocteau nel poeticissimo spettacolo di Moscato Costell’azioni e la voce angelica del bambino che lo affiancava, le scatole umane e i cuori-sassi che scappavano dalle borsette di M’Art in Come campi da arare, la muscle dance di Chiara Pistoia e Andrea Omezzoli in Carne, le lampadine indossate da Santagata brigante, i ragazzi del CMT con la videocamera sempre in mano a tracciare segnali, la mise trés chic di Claudia Zeppi (ufficio produzione), il piacevole affollamento all’incontro sulla critica e sulle politiche dei teatri e dei Festival con Oliviero Ponte di Pino e Paolo Ruffini.
E per finire, le donne di ateatro in trasferta: Mimma Gallina, Concetta D’Angeli, Clara Gebbia, Silvana Vassallo, Elena Lamberti, Anna Monteverdi. Gli uomini di ateatro: Franco D’Ippolito e olivieropdp. Finale con happy hour offerto da ateatro con tutti gli ospiti (tecnici compresi!).
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