Trax intervista Nicoletta
Vallorani, vincitrice del premio Urania nel 1992 con il romanzo Il
cuore finto di DR (Mondadori, 1993). La scrittrice ha attraversato
diversi campi della letteratura di genere, non ultimi il racconto
per bambini e il noir (Dentro la notte, e ciao, Granata Press,
1995). Tornata alla fantascienza con Dreambox (Mondadori,
1997), ci racconta le nuove avventure di Penelope De Rossi, la detective
sintetica originaria del pianeta Entierres. Per le strade di una Milano
a venire, una banda di bizzarri e inquietanti personaggi aiutano Penelope
nelle sue indagini contro mutanti acquatici e agenti artificiali di
oscure megacorporazioni: la posta in gioco è niente meno che il controllo
del sogno.
We
have met Nicoletta Vallorani, one of the most brilliant writer in
Italian SciFi new wave. Before winning Best SciFi Fiction Urania Prize,
Vallorani has gone through many stylistic changes, from hardboiled
to children books. With Dreamboxe
she has finally reached her personal voice. In this interview she
describes the world in which her literary alter
ego Penelope
De Rossi lives, and at the same time she reframes critical issues
such as female writing and politics, showing how popular literature
and fiction can address topics usually belonging to academic culture.
©
Trax
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Da San Benedetto
del Tronto al pianeta Entierres. Che ne diresti di ripercorrere insieme
le tappe principali di questo viaggio?
NV
La domanda è vasta, e le tappe parecchie, sufficienti comunque a farmi
dimenticare ogni nostalgia, se mai ce n'è stata. SBT è stato di sicuro
il posto dove ho cominciato a sognare sogni che avevano profili fantascientifici,
ma anche quello da cui bisognava andarsene per conoscere il mondo,
un po' come succede all'astronauta avventuroso e munito di cane nel
primo episodio delle avventure di Penelope De Rossi. Comunque, ecco
come sono andate le cose: vado via da SBT più o meno
negli anni Ottanta, arrivo a Milano col mio bagaglio di provincialismo
ostinazione coraggio terrore sogni incubi e mi metto a fare tutto
quello che posso per mantenermi. Insegno traduco correggo bozze e
continuo a leggere. Urania è stato un posto molto frequentato in quegli
anni, il posto dove ho letto tutto quello che circolava in Italia
sotto l'etichetta di fantascienza. Cose buone e spazzatura, fuffa
anglosassone e artigianato italiano. Insomma, mi sono fatta le ossa.
Dopo, ho messo i denti e con i denti ho pensato che potevo anche correre
il rischio di scrivere un romanzo di SciFi di ambientazione italiana,
con una protagonista brutta e sintetica e con una serie di strani
personaggi smandrappati in cerca di identità. Ha funzionato. Ti sembra
una sintesi proponibile?
Perché no? A proposito del primo DR, in Dreambox ritroviamo
in azione la detective sintetica del Cuore finto di DR. Si
tratta solamente di un ritorno momentaneo o hai in preparazione una
vera e propria saga?
NV
Non so cosa sarà di DR. Amo enormemente la mia detective sintetica
priva di angoli sporgenti e di asperità. Nello stesso tempo, credo
che il secondo DR sia molto diverso dal primo, nel senso che DR diventa
molto meno centrale e la storia è una storia di gruppo, con una quantità
di personaggi che diventano importanti come DR. Io credo che mi piacerebbe
continuare non la saga di DR in senso stretto, ma questa specie di
storia fantascientifica di una Milano futura dove uno si può anche
immaginare una struttura sociale più colorata, un sistema sanitario
meno abusivo e magari qualche spiegazione sensata e qualche assunzione
di colpa quando magari un anarchico "cade" da una finestra. Non so,
ti pare troppo?
Mah, non per
una scrittrice di fantascienza... Perché hai scelto una donna sintetica
per riflettere sul tema dell'identità femminile?
NV
Le donne sono gente strana, certo, ma adesso cominciano a essere considerate
persone, il che è un gran risultato. Le donne sono gente con una storia
sommersa che nel tempo le ha rese forti e molto ironiche, di solito
più ironiche degli uomini. E le donne, soprattutto quelle che hanno
attraversato le etichette politiche senza arenarvisi, sono anche capaci
di considerare la possibilità di vivere un corpo che non sia umano.
Perché l'identità va anche oltre la pelle.
Ancora a proposito
di protagonisti femminili. C'è un altro scrittore noir italiano che
ha scelto una donna come coprotagonista di un suo romanzo :
mi riferisco a Lucarelli e al suo Almost blue. Cosa ne pensi?
Lo trovi affine al tuo modo di descrive l'universo femminile?
NV
Adoro quello che scrive Lucarelli. Guernica è un capolavoro
assoluto. Indagine non autorizzata un romanzo straordinario,
degno di introdurre tutti gli altri. Almost Blue si sviluppa
intorno a una figura memorabile, che è quella del cieco, capace di
ricostruire una città di suoni che hanno un colore. Io non so come
abbia fatto Carlo a pensare una cosa del genere, ma è senz'altro una
soluzione geniale. Riuscito anche il serial killer, a dispetto delle
tante versioni che ne abbiamo già visto nella letteratura di genere.
E così arriviamo a Grazia, la protagonista femminile: l'unica figura
sulla quale ho qualche dubbio. Mi pare impacciata da questo suo essere
costantemente in preda a una sindrome mestruale che sembra ossessionarla
nel corso di tutta la vicenda. Ok, è un problema. Per un sacco di
donne è un problema. Però è necessario farne il centro del personaggio?
A che serve? Così avranno ragione quelli che pensano che le femmine
sono geneticamente incapaci di controllare il loro corpo e la loro
emotività. Non mi pare un bel servizio. E soprattutto non mi pare
reale. Non è così che siamo. Siamo persone. Io voglio che i miei personaggi
femminili siano persone. Certo, persone con le tette, ma non per questo
meno capaci di funzionare.
Le tette non sono un elemento più caratterizzante/penalizzante di
altri, non credo. Un personaggio deve prima di tutto essere vivo,
maschio o femmina. Perciò non so cosa si intenda comunemente - e cosa
intenda Carlo (che onestamente non credo si sia posto il problema)
- con questo suo universo femminile. Io non voglio rappresentare un
universo femminile.
Io voglio rappresentare un universo convincente. E siccome sono una
donna, forse le mie donne sono più convincenti dei miei personaggi
maschili. Ed è lo stesso motivo per cui i personaggi maschili di Carlo
mi convincono di solito di più delle sue protagoniste femminili.
È tutto. Non è più complicato di così.
A questo proposito
ti vorrei fare una domanda che in passato abbiamo già rivolto sia
a Masali sia a Evangelisti: come nei loro romanzi, anche nei tuoi
emerge in maniera piuttosto netta la questione dell'"impegno". Che
rapporto ci dovrebbe essere tra questo e la letteratura di genere?
NV
È strano che questa faccenda stia venendo fuori sempre più spesso,
e proprio in tempi in cui i colpevoli non si trovano mai. L'Italicus,
com'è noto, si è suicidato, proprio come l'aereo di Ustica,
la camera iperbarica recentemente esplosa e un paio di treni deragliati
a piacere. Ecco, in tempi come questi, io invece non credo affatto
che chi scrive possa chiamarsi fuori. La scrittura, soprattutto quella
di genere, si compromette. Deve farlo, non c'è altro modo, mi pare.
Non si può sfiorare la storia che si racconta: bisogna entrarci dentro
e con quella raccontare un paio di cosucce interessanti a proposito
di com'è la realtà. La realtà ha gran bisogno di essere raccontata
così com'è, e gli scrittori di genere hanno un paio di strumenti più
degli altri per riuscire a farlo. Le radici della scrittura di genere
affondano nella realtà, quella condivisa dai lettori, quella cosa
strana che bisogna in qualche modo cambiare. Allora, questo è quello
che penso:
io non voglio che la mia scrittura sia innocente. Io voglio compromettermi,
prendere posizione, dichiararmi colpevole. Insomma, per cambiare le
cose bisogna sporcarsi le mani. Non si può raccontare una storia fetente
senza che la fetenzia ti rimanga appiccicata alle dita: di questa
fetenzia bisogna pure che qualcuno ne parli, perché a forza di evitare
di chiamare le cose col loro nome, alla fine ci si dimentica persino
che un nome quelle cose ce l'hanno: truffa, mancati controlli, autorizzazioni
smarrite, assistenza negata, ricatto, omicidio, strage. È già complicato
capirsi. La franchezza aiuta. Dopo di che non lo so. Io dico quello
che penso, e nessuno provi a usarlo a suo vantaggio.
Parlavi di narrativa
di genere... in effetti il tuo lavoro spazia tra più generi diversi:
dal libro per bambini alla SciFi, passando per il noir e così via.
La sistematicità con la quali affronti i vari rami della narrativa
di genere sembra quasi sottendere un disegno consapevole...
NV
Il mio lavoro ha a che fare con la letteratura di genere. La letteratura
di genere ha a che fare con il rispetto del lettore. Quindi il mio
lavoro ha a che fare con il rispetto del lettore, soprattutto quando
al lettore chiedo di accettare quello che sto dicendo e di farlo diventare
parte della sua esperienza quotidiana.
Il sillogismo
non fa una grinza! In ogni caso, quali sono le tue fonti di ispirazione
principali?
NV
La vita. La gente per strada. I barboni e i bambini. Gli affetti.
I sogni. Le mie gaffes quotidiane. La mia incapacità di fare i conti
con la gerarchia. I miei amici. Le mie figlie. Il compagno della mia
vita. Le stragi di stato... Continuo? Se vuoi, continuo.
Quali sono, prima
di voi, i maestri della fantascienza italiana?
NV
Ho dei problemi col concetto di maestro, un'idea che mi sfugge, nel
senso che questa cosa di appiattirsi su quello che ha fatto qualcun
altro mi sembra stravagante e non mi attrae. Posso dire però che ci
sono scrittori che ho amato e che hanno segnato la mia formazione,
in un modo nell'altro, anche se forse adesso è difficile leggerne
le tracce. Aldani è stato un grande, io credo. Una bella persona e
un eccellente scrittore. Uno che possedeva gli strumenti, oltre a
saperli usare. Mi piacevano molto anche i romanzi di Daniela Piegai,
i primi, soprattutto: avevano un colore anarchico che non riconoscoin
nessun altro scrittore italiano. Lei è una che sa raccontare storie,
e mi spiace che abbia smesso di farlo, se non altro nel settore SciFi.
Di altri, italiani, non so.
Non ce ne sono mai stati tanti, e forse parecchi non li conosco io.
Non sono mai stata nel branco, il che significa che certe cose che
si sono sempre ritenute irrinunciabili io mi sono presa il lusso di
non leggerle, perché mi sembravano un po' troppo "macho", ideologicamente
lontane da me, serie compassate concentrate tradizionali. Insomma,
sono di gusti difficili e poco strutturati. L'anarchia mi affascina
ed è una scelta di pelle. Mi piace Evangelisti, che pure scrive cose
molto diverse dalle mie, ma nelle quali riconosco parecchie affinità
di pensiero e un'identica tendenza a dire cose scomode in momenti
scomodi. Mi piace Masali per lo stesso motivo, più o meno. Mi piacciono
quelli che fanno gaffes e che non sono integrati e che usano la SciFi
come un grimaldello per entrare dove non si può.
Per conludere :
che rapporto hai con le nuove tecnologie ?
NV
Un rapporto pasticciato, nel senso che a forza di smanettare per mio
conto arrivo da qualche parte ma in genere in tempi tripli rispetto
a quelli che potrei impiegare se consultassi un manuale o un esperto.
D'altra parte, questo è l'unico modo di procedere che conosco. Un
sacco di gente si avvicina alla tecnologia informatica in questo modo.
Il fatto che i percorsi siano aperti e spesso facili da seguire aiuta
ed è la chiave per capire il grado di penetrazione di questa cosa
nel nostro quotidiano. L'informatica sta cambiando il nostro modo
di percepire la realtà, e questo l'hanno detto in tanti prima di me
e meglio di me. Io ne prendo atto e lo verifico tutti i giorni. Poi
uso tutto questo per immaginarmi come sarà. E il come sarà non è mai
troppo lontano da oggi.
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