N e i l S p i l
l e r |
Neil Spiller è architetto, pittore, giornalista e membro della Spiller Farmer Association a Londra. Esplora un futuro in cui le protesi nanotecnologiche si svilupperanno in piena autonomia - un mondo parallelo al servizio dell'uomo, una nuova forma di design radicale. Ha raccolto le sue osservazioni nel volume Digital Dream (Ellipsis, 1997). Collabora alle riviste "Architects in Cyberspace" e "Integrating Architecture". Neil Spiller is an architect, artist, journalist and member of the Spiller Farmer Association in London. He explores the spaces of a postnuclear future and the nanoprotheses of the human being in outer space. He develops his hypotheses in his book Digital Dream published by Ellipsis in 1997. He works as editor of "Architects in Cyberspace" and "Integrating Architecture". © Neil Spiller |
Il design e l’architettura
delle nostre costruzioni sono stupidi. L’inerzia del pensiero e della
pratica è stata indotta dall’inerzia del prodotto. Di solito la strada
che il designer deve percorrere dal progetto all’edificio finale è
tortuosa e piena di ostacoli. La sua possibilità di scelta è incredibilmente
limitata. Se per un istante prendiamo in considerazione il mattone,
ci rendiamo conto che la maggior parte dei suoi cosiddetti vantaggi
sono intellettualmente insostenibili. I suoi meriti - ci dicono -
comprendono un’ampia gamma di colori, la maneggevolezza, la facilità
d’uso e la facilità nel procacciarseli, ma non l’impermeabilità. Gli
edifici di mattoni devono quindi prevedere una serie di misure precauzionali,
come per esempio delle paratie isolanti o addirittura un secondo muro
a 75mm di distanza da quello esterno per fermare la penetrazione dell’acqua
e lasciare spazio all’isolante. Vasche nanotech Il completo dominio sulla materia è sempre stato appannaggio degli dèi, o quantomeno degli alchimisti. Il ventunesimo secolo non ci porterà incantesimi e stregonerie, ma la magia della nanotecnologia molecolare. Fino a poco tempo fa, i progressi nella scienza dei materiali sono stati condizionati dall’ingegneria civile e dallo sviluppo di soluzioni che spiccavano per inerzia (limitata espansione, limitata contrazione, alta impermeabilità eccetera), dando luogo a materiali specifici per utilizzi specifici. Fino a ora l’abilità di dare vita a materiali ibridi, organici o inorganici, si è limitata a un approccio dall’alto in basso, nel procedimento di dissezionare un tutto in parti sempre più piccole. Ma di recente un approccio dal basso in alto ha rivelato nuovi orizzonti. Siamo più vicini per esempio alla creazione di materiali ibridi e all’abilità di riconfigurare continuamente quei materiali. Questo nuovo approccio è stato reso possibile da un’accresciuta capacità di gestire il microscopico. Al momento la nanotecnologia è più una teoria che una pratica, ma col passare del tempo si dà a vedere un numero sempre maggiore di sue applicazioni. La nanotecnologia
(nanotech, per gli amici) è stata creata da K. Eric Drexler e si basa
sulla premessa che se riusciamo a realizzare macchine autoreplicanti
abbastanza piccole, alla fine riusciremo a creare aziende di dimensioni
molecolari e a manipolare la materia atomo per atomo, a ricostruire
e creare qualsiasi cosa. La nanotecnologia ha bisogno di un periodo di gestazione, ma è la gestazione stessa a essere esponenziale: accelera mano a mano che un assemblatore ne assembla un altro: il 2 diviene 4, il 4 si fa 8 e così via. È lo stesso modello di crescita che seguono i batteri e in effetti la nanotech potrebbe raggiungere la stessa velocità riproduttiva: una generazione ogni venti minuti. Questo stupefacente potenziale riproduttivo dà adito al timore che se questa tecnologia dovesse sfuggire al controllo - magari per un’infezione virale nel suo softbioware - potrebbe impadronirsi della terra in poche ore o, per dirla con Rudy Rucker, «l’intero pianeta potrebbe finire per assomigliare a una fanghiglia luccicante di apriscatole sovreccitati». Il periodo di gestazione richiederebbe anche una struttura analoga al ventre materno, un luogo in cui le materie prime possano essere conservate e cresciute. In una vasca nanotech (o compilatore di materia) si potrebbe far crescere praticamente qualsiasi cosa. La descrizione di Drexler della crescita di un motore a reazione richiama l’immagine dello sviluppo di un feto: «poi le pompe della vasca tornano alla vita, rimpiazzano i fluidi lattiginosi degli assemblatori con una chiara mistura di solventi organici e sostanze dissolte, tra cui composti dell’alluminio e sostanze ricche d’ossigeno che svolgano la funzione di propellente d’assemblamento: mano a mano che i fluidi si schiariscono, i contorni del motore a reazione si fanno visibili attraverso la finestra, come un modello in scala 1:1 in plastica traslucida…» Questa tecnologia creerà grandi opportunità per gli architetti e i designer industriali. I prodotti nanotech saranno soft, interattivi e intelligenti, li si farà crescere e li si nutrirà. La nanotech sarà anche in grado di ringiovanire e sostenere la longevità degli organi del corpo e delle autostrade sanguigne. Che riflessi avrà questo salto fondamentale nell’evoluzione umana e tecnologica sugli oggetti da cui tanto dipendiamo? Il design industriale crea le protesi che espandono le limitate capacità del corpo umano e ci mettono in grado di affrontare il mondo moderno. Una semplice ma radicale conseguenza della nanotech potrebbe essere la capacità degli oggetti, al momento della loro creazione, di riflettere ciò che Heidegger chiamava fidatezza. Secondo Heidegger, un oggetto è scolpito dall’uso prolungato: L’essere mezzo del mezzo consiste certamente nella sua usabilità. Ma questa a sua volta riposa nella pienezza dell’essere essenziale del mezzo. Questo essere è da noi indicato col termine fidatezza. Con la nanotech gli oggetti verranno tagliati su misura secondo i differenti criteri ergonomici individuali già dall’inizio delle loro vite. I prodotti sarebbero costruiti dentro compilatori di materia domestici, e da una serie di materie prime molecolari si trarrà un’infinita varietà di forme. Queste macchine non dovrebbero essere più grandi di un forno a microonde. Sarebbe tutta questione di programmazione. Gli oggetti appena costruiti prenderebbero immediatamente il loro posto nel contesto dell’ecologia informatica domestica. La casa diverrebbe un habitat non solo umano, ma anche di intelligenze multiple interconnesse. Una volta collegati fra loro, questi oggetti intelligenti interagiranno per creare la metaintelligenza della casa. Questo genere di ecologia terrebbe fede al vecchio adagio secondo cui "il tutto è maggiore della somma delle parti". Pensate a una penna che non finisce mai l’inchiostro e che, quando la si appoggia per farsi una pausa, accende la macchina del caffè o - meglio ancora - le dice di preparare un caffè basato sul rilevamento del vostro tasso di caffeina e sulla comprensione del vostro metabolismo e della vostra condizione psicologica. Col tempo i prodotti dei compilatori di materia non dovranno più sottostare neppure alla tirannia della tavola degli elementi. Gli atomi artificiali sono stati già creati: contengono elettroni che si innestano attorno a nuclei inesistenti. La struttura dei diamanti diverrà a buon mercato quanto quella di qualsiasi altra sostanza, perché si tratterà semplicemente di atomi di carbonio riorganizzati. Che genere di prodotti trarrà beneficio da questa situazione? Il fitness degli oggetti La nanotech verrà sostenuta da algoritmi genetici con criteri variabili, a favore del benessere e della sopravvivenza. È immaginabile che i prodotti potranno essere modificati utilizzando le esperienze accumulate da diversi compilatori di materia e dai loro utilizzatori. Le macchine saranno abbastanza intelligenti da imparare dalle loro incarnazioni precedenti allo scopo di dare vita a un design più efficace. Sia i compilatori di materia del futuro sia i loro prodotti saranno dotati di un’intelligenza evolutiva, e gli uni informeranno gli altri. Una scarpa, per esempio, potrà rilevare un cambiamento nel vostro modo di camminare, un aumento del vostro peso corporeo, poi potrebbe calcolare il peso extra esercitato sul tacco e rimuovere automaticamente gli strati di suola consumati. La nanotech permetterà agli oggetti e agli edifici di espandersi, contrarsi e mutare forma – a intervalli regolari o di continuo – in risposta a una quantità di stimoli. Oggetti grandi e piccoli diverranno programmabili, a seconda del software installato nel computer seminale piazzato nella vasca nanotech all’inizio della loro riconfigurazione. Il design architettonico potrebbe autoreplicarsi. Un edificio potrebbe guardare ai propri antenati e in questo modo farsi prodotto di un qualche tipo di fitness estetico e funzionale. Tra questi elementi ci potrebbero essere la migliore lunghezza per delle scaffalature di libreria, la temperatura e lo spessore ideale di una struttura, le ultime tendenze nell’architettura delle facciate. Ovviamente in un nanoedificio l’aria sarebbe sempre fresca e la struttura sottile, leggera e resistente. Le coppiette in viaggio di nozze potrebbero far crescere una nuova casa mentre se ne stanno al sole dei Caraibi, se solo un vicino vi badasse fino al loro ritorno. Questi sono solo alcuni esempi delle infinite possibilità della rivoluzione nanotecnologica. È altrettanto evidente che il potere della polizia di controllo estetico (formata da architetti, designer e progettisti) andrà diminuendo con la possibilità di ognuno di modellare gli oggetti a proprio piacimento. La liberazione della creatività di ognuno – ripugnante o eterea, non importa – sarà pienamente realizzabile. Nanobioetica Nelle nostre cellule biologiche esistono altri tipi di computer seminali. Una volta compreso appieno il nostro codice genetico, la manipolazione genetica diverrà cosa di tutti i giorni. Il corpo potrà essere ristrutturato in modo da sviluppare una resistenza all’invecchiamento e alla malattia. Diversi processi si renderanno possibili: per esempio la resurrezione criogenica sarà più probabile se delle nanomacchine potranno ricucire i nervi e i tessuti di corpi in precedenza congelati. Il dentifricio nanotech, il deodorante nanotech o anche dei magnifici orecchini in pelle per una serata speciale diventeranno realtà. Rudy Rucker, nel suo romanzo Wetware, dipinge personaggi preoccupati per l’acquisizione di sintesi, un tipo di nanotecnologia decostruttiva usata per stringere relazioni più personali. Due corpi vengono dissolti e riuniti dentro una vasca nanotech, dando luogo a un nuovo genere di rapporto. Una delle questioni più difficili sollevate dalla nanotech è quella dei materiali consci. Gli edifici e i loro componenti potrebbero divenire consci, vivi. Il cogito ergo sum di Cartesio (che Spinoza variava in sono conscio, perciò esisto) si fa elemento importante nella relazione con gli edifici delle nostre città. Si è detto di recente che – considerato che alcuni primati hanno il quoziente intellettivo di un bambino di due anni – si dovrebbero concedere i diritti umani ai primati. Col tempo, quando gli edifici avranno superato questo livello d’intelligenza, si concederanno anche a loro i diritti umani? La demolizione senza il permesso dell’edificio, sarà omicidio? Forse ci sarà bisogno di qualcosa di simile alle leggi di Asimov sulla robotica, che sono le seguenti: un robot non può fare del male a un essere umano o, attraverso l’inazione, permettere che un essere umano si faccia del male; un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, a meno che questi ordini non siano in conflitto con la Prima Legge; un robot deve proteggere la propria esistenza fintanto che questa non sia in contrasto con la Prima e la Seconda Legge. Una cosa è certa: con l’aiuto della nanotecnologia i nostri prodotti stanno per divenire i prodotti della nostra immaginazione più di quanto non sia mai accaduto in passato. L’unico nostro intralcio sarà costituito dai limiti della nostra fantasia, e anche questa restrizione non resisterà a lungo. Forse riusciremo a creare una macchina con un’immaginazione migliore di quella umana. La nanotecnologia non si limiterà a starsene lì, inerte, davanti a noi: potrà anche mettere il broncio perché non condivide i nostri gusti musicali. |