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  M a s s i m i l i a n o G o v e r n i
1979

 

Un’estate romana (non ancora coatta) di vent’anni fa, tra figurine, Trastevere, filmetti e ricordi. Massimiliano Governi ha pubblicato Il calciatore per Baldini & Castoldi, è stato incluso nell'antologia Gioventù Cannibale di Einaudi e collabora con Bompiani. Ha curato - insieme ad altri - una piccola enciclopedia della psichedelia e un suo scritto è stato incluso in "Panta. Calcio". Per Trax ha già pubblicato il racconto Inter-Lazio.

Writer Massimiliano Governi (Il Calciatore, Baldini & Castoldi) describes his early fascination with soccer, stickers and childish games: Rome, 1979, when playing soccer meant playing marbles.

© Trax & Massimiliano Governi

Sul parquet rigato della mia stanza, sulle assicelle di legno chiaro disposte a spina di pesce, metto in scena alcune azioni della partita di domani: al posto dei giocatori uso i mezzibusti delle figurine Panini, al posto della porta l’imposta chiusa della finestra, al posto della palla un bottone. (Quasi sempre, le partite finiscono con i cartoncini raffiguranti l’immagine dei calciatori, visibilmente spiegazzati e lacerati. Alcuni avranno il volto sfregiato e irriconoscibile; altri avranno bisogno di cambiare maglia e gliene verrà trapiantata una identica, presa da un giocatore minore, il quale, inevitabilmente rimarrà senza busto).
Marcando tavolini, sedie, vasi, non mi scappa una palla, nemmeno le più impossibili: mi trascino nella stanza come un marines, coi gomiti puntati per terra, imitando la voce inconfondibile, rospesca, del famoso telecronista (cicca clamorosamente! in sospetto offside! di gran carriera! tiro fuori bersaglio! bordata al volo! blocca senza problemi!) e accompagnando i passaggi e i dribbling con boati di stupore da parte di un immaginario pubblico.
Molto spesso, nel mezzo di una partita, mi perdo in pensieri fuorvianti che poco o niente hanno a che vedere col gioco: se non colgo l'incrocio esatto di quello stipite, penso, la mia famiglia morirà in un incidente d'auto, si estinguerà. Se il bottone non picchia sul battiscopa e ritorna esattamente qui, sul mio indice, dove l’ho tirato, esplode e crolla tutto il palazzo.
Al ventesimo del secondo tempo dichiaro chiuse le ostilità, non prima di aver assegnato un rigore inesistente (e fatto ripetere tre volte), espulso sette giocatori (tre per parte, più il massaggiatore della Lazio, Trippanera); e domato un tentativo di invasione da parte di Goffredo il Tassinaro, amico di mio padre, che scavalca la ringhiera con un bastone in pugno e corre verso il campo, tentando di afferrare una casacca giallorossa.
Il parquet della mia stanza verrà squalificato per due turni e le due società multate di cento milioni. Da domani si giocherà sul linoleum del bagno di servizio: ha il manto ondulato e si è formata una bolla d’aria proprio al centro: basterà spalmare un po’ di bostik e pressare le falde ad angolo contro il pavimento. Poi il campo sarà agibile.
Prima di dormire, osservo la luce della strada che filtra attraverso le serrande avvolgibili e proietta stecche orizzontali sul muro; ascolto il suono secco del citofono del cuoco della birreria sotto casa, Trilussa 2, che segnala dalla cucina che i piatti sono pronti.
Dal piano di sopra, la signora Bradbury passa l’aspirapolvere (come ogni notte) e io sento l’energico risucchio d’aria diretto verso le varie stanze dell’appartamento: salone, corridoio, camera da letto.
Poi sento il rumore leggero dei motorini che salgono o scendono da via Goffredo Mameli, il confuso vocio di qualche comitiva che sosta sotto alla finestra; spostamenti di sedie, tavoli; il gocciolio del rubinetto del bagno (quello con la stellina rossa dell’acqua calda); il doppio tonfo dello sciacquone azionato dall’inquilino dirimpettaio (il sor Pietro, vecchio tifoso della Lazio: il suo sogno è "andare sulla luna per piantare la bandiera con i colori della Grecia, i colori biancoazzurri").
Prima di addormentarmi, decido di immaginarmi il rigore con il Foggia, alla penultima giornata del campionato 73-74: un mio cavallo di battaglia.
Ecco Long John che sistema il pallone sul dischetto. La rincorsa è breve. Tradito forse dall’emozione Giorgione scivola sul piede d’appoggio e colpisce malamente il terreno: la sfera cuoiata sembra uscir fuori… ma il tiro si infila lo stesso nel sacco. È un boato, un tuono, il finimondo. La Lazio ha vinto il suo primo scudetto.
Un ultimo pensiero lo rivolgo a Luciano Re Cecconi, l’angelo biondo, detto Cecconetzer, al caro Tommaso Maestrelli, a Giorgio Chinaglia che ora gioca nei Cosmos, a Pino Wilson, il nostro capitano, a mio padre, che una volta è apparso in una scena di un film intitolato Squadraccia Antiscippo, interpretato da Tomas Milian (una scena in cui tutti i supporter biancoazzurri sono in piedi sul muretto della curva e cantano la cucaracha): e, mentre ascolto i camerieri del Trilussa 2 che trascinano fuori i pesanti bidoni della birra inclinandoli su un fianco e facendoli ruotare (li ho visti una volta in azione), mi addormento per davvero.

 

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