K a t h r y n B
i g e l o w |
Al
cinquantesimo Festival Internazionale del film di Locarno (1997),
dedicato al cinema americano degli ultimi cinquant'anni, Kathryn Bigelow
ha presentato Il mucchio selvaggio di Sam Peckinpah, che
per la regista ha segnato un fondamentale punto di svolta nella sua
carriera, spingendola ad abbandonare i formalismi dell'arte concettuale
per dedicarsi a un cinema di forte impatto emotivo e violenta sensualità.
Riportiamo alcune dichiarazioni della Bigelow, raccolte dalla nostra
redazione durante il Festival. Il catalogo della rassegna è pubblicato dalle Edizioni Olivares. During Locarno International Film Festival, Kathryn Bigelow has given a short lecture on Peckinpah's The Wild Bunch, stressing the role played by this film in her life and career. © Trax |
"Se riuscite a scatenare una reazione, vuol dire che siete riusciti a fare bene il vostro lavoro. Se la gente si alza in piedi ad applaudire, oppure tira le sedie contro lo schermo, allora il vostro film ha un senso." Sam Peckinpah
Ho scoperto
questo film intorno al 1976, in una proiezione notturna a New York.
All'epoca vidi la versione tagliata per il mercato americano, alla
quale per esempio mancavano i flashback (in Europa invece uscì da
subito la versione integrale). Per me fu una vera rivelazione, rivoluzionò
in un solo momento tutte le idee e i preconcetti che avevo sul cinema,
a partire dagli aspetti tecnici come il montaggio, che era ovviamente
del tutto innovativo, ma anche per quanto riguardava i contenuti:
i personaggi del Mucchio selvaggio avevano tanta umanità
e mi ricordarono i corpi straziati, gli urli e i feriti che Goya aveva
ritratto nella sua serie di incisioni "I disastri della guerra". Peckinpah
per me è stato un grande maestro anche da un punto di vista tecnico.
Il suo approccio alla ripresa era incredibilmente rivoluzionario.
Per ogni scena d'azione, ad esempio, girava contemporaneamente con
almeno sei cineprese, ognuna a una velocità differente, una a 24 fotogrammi
al secondo, un'altra a 40, un'altra a 60, poi una a 80, a 100, a 120.
E quello che è più importante è che tutti questi aspetti tecnici non
rimanevano isolati, ma si univano in una specie di composizione musicale,
di dipinto, completamente emozionale, essenziale. Prima di vedere
questo film io non avevo nemmeno mai pensato di mettermi a fare cinema,
e per me fu una rivelazione scoprire che si poteva avere un'esperienza
cinematografica così pura, così completa, così emozionale, così pittorica,
ma in più rispetto alle arti figurative c'era l'elemento temporale,
si prendeva un pubblico e lo si portava attraverso una storia, attraverso
il tempo. |