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G i a n c a r l o N o r e s e
Abbecedario

 

Giancarlo Norese, young Italian artist, is experimenting the idea of art as pure relationship: the object or the product itself is left in the background to build a net - the metaphor is too clear - of fateful and casual encounters: friends, counterfeits and couchsurfing, listed in a confortable dictionary, the roughguide to Italian art of the present.

© Giancarlo Norese & Trax

Giancarlo Norese gioca con concetti, parole e opere d'arte altrui. Non so nemmeno se sia affascinato dall'idea di diventare o essere artista: di certo frequenta gallerie e amici artisti, che chiama tutti per nome, quasi a voler negare il cognome, il marchio di fabbrica al quale si associa lo stile e la produzione. E ogni volta che una galleria o uno spazio espositivo gli apre le porte, Giancarlo Norese trova un modo per lasciar parlare gli altri: ne presenta le opere, le esamina o le falsifica. Gli ho chiesto un'intervista, ma lui - testuale - ha preferito qualcosa di meno autistico: e allora ecco un elenco, meglio un abbecedario - un sussidiario quasi (in Norese c'è sempre una vena didattica, da polemista un po' retrò) - che si apre a continui contributi degli altri, o - come si dice - del buon vecchio "altro da sé".
(m.g.)

Arte
non pervenuto

Barbonato
Una volta decisi di dare a me stesso una specie di borsa di studio, da ottenersi per autocompiacimento. Il Barbonato era, dunque, un viaggio/soggiorno sviluppatosi nell'arco di nove mesi e consistente in una serie di visite, non programmate, a persone incontrate per caso. Costoro si impegnavano a farsi carico del mio vitto e alloggio per un breve periodo, e io osservavo come passavano il tempo e conoscevo i loro amici. Dal 1º gennaio al 30 settembre 1996 ho abitato in decine di case diverse a Milano, Trieste, Gallarate, Bologna, San Lazzaro di Savena, Roma, Genova, Rivara, Como, San Maurizio Canavese, Torino, Lanciano, Mostar eccetera.
Comprai una fotocamera col datario fotografando, ogni volta che dormivo in un posto nuovo, la prima immagine vista al mio risveglio (generalmente il soffitto o parti di finestre); oppure i bagni utilizzati (molte sono toilette di note gallerie d'arte o di case di galleristi). La gallerista Maria s'innervosì e non mi invitò più a cena; non invitò più nemmeno Luca e Riccardo, perché furono loro a portarmi da lei.

Critica/Comunicazione
Una volta mi travestii da donna, da critica d'arte, e organizzai una mostra a Torino riservata ad artisti femmina. Parteciparono delle artiste di diverse generazioni e intensità, forse anche delle non-artiste, perché mi piace scegliere (da donna) secondo criteri più passionali che professionali.
Per Alessandra fu una fortuna, ricominciò a mostrare il suo lavoro che è ora molto richiesto. Anahita diede troppo ascolto a certe voci. Elisa partì in seguito per Londra e adesso sta bene nel suo nuovo studio. Marion si trovava a Parigi e non poté venire all'inaugurazione. Tine fece una proiezione bellissima e profumata, nella scala buia dietro la porta. Line classificò le sue foto ricordo, poi partì per la Danimarca lasciando spalancata la porta di casa a Milano. Avi si presentò vestita tutta colorata ridendo in loudness. Laura arrivò da Roma in treno con un sacco di ore di ritardo. Non accettarono di partecipare: Margherita, che aborriva l'idea di essere considerata donna, Vanessa (che aveva degli impegni lontano) e Maura, che mi fece diffidare dal suo avvocato (mai visto darsi da fare tanto per non fare qualcosa).

Democrazia/Differenza
Una volta andai al Ministero degli Affari Esteri, perché nel mio Paese democratico non fa differenza se vado io o va un altro al mio posto. Ero interessato alla Divisione delle Relazioni Culturali, in quanto vincitore di una borsa di studio senza borsa presso un'organizzazione americana, che mi avrebbe ospitato e nutrito per tre mesi se avessi reperito i fondi mancanti al mio "residency program". Il funzionario preposto all'accoglienza telefonò ad un numero interno, dicendo che c'era un..., c'erano due..., un coso..., insomma, un qualcuno che voleva una certa cosa, passandomi in mano la cornetta. La signora all'altro capo del filo astutamente mi buggerò, dicendomi che non c'era budget; ma il fatto che più mi infastidì fu che non ero stato nemmeno considerato "persona" durante la prima interlocuzione.

Espressione/Expertise/Esporre
Una volta pensai di esprimere le mie idee senza espormi pubblicamente in prima persona, e così offrii la mia collaborazione gratuita al gallerista Massimo. Per alcuni mesi accolsi gli artisti che desideravano esporre nella sua galleria, visionando le foto, parlando con loro e raccontando come la pensavo, caso per caso. Il primo aspirante aspirò alla grande parete di fondo, solo perché era abbastanza capiente da accogliere un certo suo lavoro. Poi, da Mario in poi, andò meglio. Alla fine realizzai un libretto che, appena stampato, mostrai subito al gallerista, che era all'epoca ricoverato in ospedale. Aveva un piede ingessato a mezz'aria e si trovava nella stessa stanza dove girarono quel film con Stanlio e Ollio.

Falsificazione
Una volta falsificai un timbro (con maestria) sulla tessera ferroviaria, che mi consentì di viaggiare a tariffa studentesca sulla direttrice genovese. Il falso non è peccato se fatto con maestria. Ah, già che si parla di trasporti ferrati: affermo ora perentoriamente che "i ferrovieri non sono molto ferrati in materia di trasporti pubblici".

Gioco
Una volta feci un gioco, chiedendo ad alcuni artisti concettuali di tracciare a memoria i contorni dell'Europa. Il più bravo fu Luca, ma avendola spedita per fax non potrei giurare che non abbia sbirciato sulla cartina. Fadhil ci mise dentro anche della roba che era più sotto perché è nato in Mesopotamia; notai che pensava che la Scozia fosse un'isola. Cesare fece uno scarabocchio perché lui è abituato a scrivere, non a disegnare. I VM sono napoletani e, non avendo voglia di lavorare, costrinsero Emanuela a farla al posto loro. Josephine cambiò lo stivale dell'Italia in uno stivale da donna.

H
Muta.

Io/Indagine
Una volta, anzi più d'una, svolsi delle indagini per capirci qualcosa, verificando se corrispondevano a verità alcuni fatti. I miei corrispondenti, vale a dire Thom, Sam, Rainer, Christian eccetera, con i quali un gallerista ebbe rapporti di lavoro, mi raccontarono degli aneddoti, e io provai ad incrociare le testimonianze per vedere se erano riscontrabili nelle versioni degli altri. In alcuni casi modificai i loro racconti, ma mi furono confermati ugualmente.

Lavoro
Una volta mi informarono che per vivere dignitosamente basterebbe lavorare tre ore al giorno, e passare il resto del tempo a cercare lavoro. Sono favorevole.

Mostra(re)
Una volta affermai che non avrebbe senso produrre delle idee e delle "cose" senza farlo sapere in giro. Comunque sia, loro viaggiano da sole.

Nozioni
Una volta mi resi conto che certe cose bisogna insegnarle subito. Vi ricordo una volta per tutte che "centimetri" si scrive senza punto, che po' va scritto con l'apostrofo e non con l'accento, che esiste una differenza di carattere tra la "ics" e il "per", che le unità di misura derivanti da nomi propri si scrivono maiuscole in sigla e minuscole per esteso.

Operare
Una volta lessi un libro di J che parlava dell'operaio; non so se produrre un'opera significhi operare, oppure fare l'operaio, o però se l'operaio che va a vendere le pere a Opera diventa peraio. Insomma, su questa voce proprio non so che dire di raro.

Professione
Una volta, quando apparvero le prime macchine automatiche nelle stazioni, feci il mio biglietto da visita. Per nome e cognome non c'era problema; per l'indirizzo va bene sempre quello della mamma; ma, arrivato al campo della professione, mi colse l'incertezza. Fu così che stampai i miei primi biglietti con la dicitura "Giancarlo Norese, disoccupato".

Quadro
Una volta pensai se si chiamano quadri solo i quadri quadrati o pure quegli altri, ma non mi è ancor chiaro il quadro della situazione.

Riviste
Una volta feci una rivista che era l'incrocio tra due pubblicazioni diverse, riguardanti una l'arte, l'altra i pettegolezzi. La mostrai a Helena, che mi aveva chiamato per vedere se potevo lavorare con lei nella rivista d'arte che avevo ibridato, perché le pareva interessante il mio stilema. Mi disse che non c'entrava assolutamente niente con la sua rivista, e dopo quel giorno non l'ho più rivista.

Stile/Scrittura/Soldi
Una volta, grazie alla mia scrittura, guadagnai del denaro. "Ogni cosa una volta, una volta soltanto" (Rainer Maria R.).

Tranello
Una volta trassi la conclusione che è molto semplice farmi cadere in un tranello, soprattutto quando la faccenda è connessa all'elargizione dei miei emolumenti.

Unità
Una volta non era così. Tutti respiriamo la stessa aria, beviamo la stessa acqua e riceviamo le stesse radiazioni elettromagnetiche, oppure lo faremo in un prossimo futuro.

Viaggio
Una volta, un giorno di dicembre, incontrai Peter a Milano. Mi invitò a partecipare al progetto che stava organizzando a Zurigo. Durante i preparativi Peter mi chiese qual era l'istituzione che supporta il lavoro degli artisti italiani all'estero, per farmi avere un contributo per le spese di viaggio: "Qual è l'equivalente di Pro Helvetia?". Io risposi "Peter, ma non sai che qui in Italia abbiamo Pro Domo Sua, vale a dire che ciascuno pensa a sé stesso?". Così decisi di fondare l'ITA, Institute of Temporary Art, e di presentarlo a Zurigo: questo mi permise effettivamente di sostenere i costi del viaggio.

Zuzzurellone
Una volta Anteo e Cesare, a Paliano, cercarono di convincermi a eliminare la zazzera.

 

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