Il
coreografo Enzo Procopio (che ha già collaborato a Trax con il diario
di lavorazione del
suo spettacolo Colpi) presenta EXP, progetto di
musica e immagini di Ariella Vidach nato dall'uso - per la prima volta
in Italia - del software Mandala. Con l'ausilio di tre telecamere
collegate e un computer la Vidach ha trasformato i corpi dei suoi
ballerini in una sorta di mouse da cui scaturiscono suoni, parole
e immagini. Anche la platea entra finalmente in scena grazie a una
videocamera che ne registra e traduce le reazioni.
Choreographer Enzo
Procopio (who has already written on Trax about his show Colpi)
introduces us to EXP, a show by Ariella Vidach in which for
the first time in Italy a software Mandala has been used to produce
music and images. Three cameras and a computer turn the dancers and
the audience in a sort of mouse drawing words, sounds and images in
a fluid space.
© Trax
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Era
opportuno, inevitabile, anzi, eravamo già in ritardo: alle soglie
del nuovo millennio la danza ha incontrato le nuove tecnologie elettroniche
anche nel lavoro di una coreografa italiana.
La nuova produzione multimediale dell'AIEP - un lavoro di Ariella
Vidach in collaborazione con Claudio Prati e Massimo Contrasto - esplora
i confini dei linguaggi tra coreografia e realtà virtuale.
In questo caso la parola multimediale non evoca il semplice utilizzo
di qualche monitor in scena. Nello spettacolo EXP due telecamere
sono posizionate sul palco: una riprende lo spazio scenico verticalmente,
l'altra orizzontalmente. Un computer, grazie a un'apposita scheda
e al software Mandala System, è collegato alle due telecamere, in
relazione diretta con le danzatrici e i loro movimenti nello spazio.
I corpi diventano quindi una sorta di mouse, e, muovendosi, interagiscono
con una serie di punti sparsi in uno spazio virtuale.
Ogni movimento produce un comando che modifica sia la colonna sonora
(creata dal musicista degli Young Gods, Franz Treichler),
sia l'immagine che appare proiettata sul fondo della scena. La proiezione
comprende, oltre a strutture grafiche colorate, parole e frasi, che
se sfiorate reagiscono producendo suoni. I corpi, muovendosi, danno
così origine a musica e immagini. I suoni non costituiscono quindi
più la colonna sonora sulla quale danzare, composta e registrata in
precedenza, ma nascono in tempo reale.
L'abitudine a una fruizione passiva, univoca e monodirezionale degli
spettacoli viene sconvolta: si possono seguire i movimenti delle danzatrici,
farsi catturare dalle immagini che provocano sullo schermo e scorrere
le frasi che appaiono, a tratti in un sorprendente senso compiuto,
oppure lasciarsi trasportare nel divenire dell'insieme in continua
evoluzione.
Ariella Vidach si é avvicinata al Mandala System nel '91, utilizzandolo
all'inizio come unica fonte di immagini e suoni. L'esigenza di arricchire
la gamma delle sonorità prodotte ha successivamente portato a un collegamento
ulteriore del Mandala con un campionatore.
EXP, il cui nome rimanda a "experimental", "explorer", è
uno spettacolo in divenire. Nei progetti dell'AIEP vi è infatti l'utilizzo
di una terza telecamera che rilevi i movimenti del pubblico e li riproietti
sullo schermo. Gli spettatori, riconoscendosi, potranno quindi creare
a loro volta suoni e immagini, rendendo ancora più complessa la dinamica
spaziotemporale e la relazione tra pubblico e scena. La terza telecamera
darà dunque la possibilità di uscire dallo spazio scenico tradizionale.
L'imprevedibile entrerà, ancor di più, in scena ogni sera.
Uno degli aspetti che più ha stimolato e divertito la coreografa nell'utilizzo
del Mandala è la casualità: "La mia formazione americana mi ha abituato
a lavorare sull'improvvisazione e il Mandala stimola moltissimo questo
tipo di approccio al movimento. Approfondendo le interrelazioni con
un sistema computerizzato si è modificata non solo la mia percezione
dello spazio, ma anche il mio linguaggio coreografico vero e proprio."
La danza in EXP sottolinea le potenzialità dei movimenti
articolari, la ricerca di spazi interni al corpo. "Paradossalmente
ho sentito delle grosse limitazioni spaziali in questo progetto, perché
comunque i miei movimenti erano condizionati nello spazio delimitato
dagli angoli di ripresa delle telecamere. Ecco perché mi sono concentrata
sulla ricerca di movimenti che nascessero nello spazio interno del
corpo, frazionando e disarticolando ogni gesto."
L'utilizzo della tecnologia per Ariella Vidach non provoca un freddo
rapporto razionale, "anzi, esalta ancora di più l'aspetto umano e
le sue peculiarità. Rapportarmi a un computer mi ha fatto riflettere
sulla incredibile capacità di adattamento insita nell'essere umano
e totalmente sconosciuta alle macchine. Nelle mie precedenti creazioni
i movimenti erano molto più meccanici, freddi, ora invece, in contrasto
con le leggi che regolano le reazioni del computer, il rapporto con
il mio corpo è molto più ludico ed emozionale. Ne è un esempio come
è nata l'ultima scena: avevo deciso di non ricercare un crescendo
finale, ma di trovare dei movimenti e delle cadenze temporali che
si avvicinassero sempre più a quelli della vita reale. Con le danzatrici
Stefania Trivellin e Rosita Mariani siamo entrate nella griglia e
abbiamo iniziato a fare dei piccoli movimenti. Dando loro delle indicazioni
ho, inconsciamente, gesticolato.
Era mia abitudine riprendere a video e rivedere sempre le prove, perché,
danzando anch'io in prima persona, non dovessi rinunciare ad avere
un occhio esterno sul lavoro in atto. Rivedendo insieme la registrazione
ci siamo rese conto che i gesti che accompagnavano il mio discorso
verbale, fatto al termine della prova, avevano prodotto delle sonorità
molto interessanti. Questa scena è stata lasciata così: ora, al termine
dello spettacolo, produco dei suoni nello spazio, con dei semplicissimi
gesti, senza più parlare."
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