Carlo
Formenti, giornalista, filosofo e scrittore, tenta lavventura della fiction con il
suo primo romanzo Nellanno della signora, pubblicato da Shake/Decoder: un
romanzo di fantascienza in cui si mescolano gli interessi poliedrici di Formenti, dalle
ricerche su Philip Dick a quelle sul neomisticismo e sulla gnosi in rete. Formenti
collabora al "Corriere della Sera", a "Erewhon" e "Aut Aut".
Carlo Formenti is a
philosopher, writer and journalist specialized in new media and third culture issues:
finally he has decided to try out some fiction. His first novel, Nellanno della
signora, is published by Shake/Decoder. Trax publishes the first chapter.
© Carlo Formenti
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PROLOGO
IN DUE TEMPI
Muffa del cazzo!
Mantiene a stento l'equilibrio prima di ricominciare a scendere, il cuore che martella in
gola, la mano incollata al muro e i piedi che saggiano il cemento fradicio a ogni passo.
Se mio fratello fosse ancora qui avrebbe aggiustato l'ascensore. Sono troppo vecchio per
queste scale.
Arrivato in fondo con le ginocchia tremanti, si ferma a riprendere fiato e sonda
l'oscurità del corridoio strizzando gli occhi. Se ne sono andate altre due lampade.
Sfila dalla cintura una gamba di tavolo avvolta in stracci imbevuti di alcol ed estrae
l'accendino da una tasca dei pantaloni. Per un po i suoi tentativi di accendere la
torcia improvvisata non sortiscono effetti, finché si sprigiona di colpo una fiammata che
gli strappa una imprecazione rischiando di ustionargli le mani. Finalmente imbocca il
corridoio e lo percorre lentamente fino alla porta blindata. Illumina il quadro dei
comandi e digita il codice. Niente! Ripete mentalmente la sequenza di numeri e
lettere, poi effettua un nuovo tentativo e sorride udendo lo scatto della serratura.
Infila la torcia in una crepa del muro e spinge con entrambe le mani il massiccio battente
d'acciaio.
Appena entrato chiude gli occhi, abbagliato dal contrasto fra il buio del corridoio e la
luce violenta all'interno. Si abbandona per qualche secondo con la schiena appoggiata alla
parete, ascoltando l'impercettibile ronzio delle macchine. Poi riapre gli occhi e fissa la
cupola trasparente. Dopo averla raggiunta, schiaccia il naso sulla plastica e accosta le
mani alle tempie, per schermare il riflesso che gli impedisce di mettere a fuoco il
cilindro di metallo e vetro sotto l'emisfero. Il suo sguardo accarezza le forme del corpo
fasciato dalla guaina argentata che lascia scoperto solo il volto, poi indugia sui
lineamenti irrigiditi dal gelo.
Resta in piedi a contemplarla finché le gambe non lo reggono più. Esausto, si dirige
verso la sedia e il tavolo che costituiscono il solo arredamento dellenorme sala che
ospita l'unità di ibernazione. Dopo essersi accasciato sulla sedia, estrae un libro dalla
cassettiera del tavolo e inizia a sfogliarne le pagine plastificate. I suoi occhi
inseguono senza vederla linterminabile sequenza di cifre, grafici e tabelle. Infine
chiude il volume, lo posa sul tavolo e sogghigna leggendone il titolo. Procedura di
rianimazione...Magari funziona, ma non credo che ti farei un favore. Meglio lasciarti
dormire.
Dopo aver rimesso il manuale nel cassetto, si alza e torna verso la porta blindata. Appena
fuori, la chiude e sigilla l'unità di ibernazione digitando il codice di accesso. Ecco
fatto: tutto resterà intatto per millenni, così, quando un archeologo troverà questo
posto impazzirà di gioia. Ammesso che tornino mai a esistere degli archeologi...
Salire gli riesce più faticoso del solito. Impiega quasi venti minuti per raggiungere il
livello del suo alloggio, un buco maleodorante dove si siede e inizia a scartabellare fra
i quaderni ammucchiati sul tavolino. Esamina gli appunti redatti con grafia minuta finché
non trova quelli che si riferiscono al giorno prima, poi si mette a scrivere.
Nove maggio 2047. Oggi è il decimo
anniversario della morte di Omodeo. Quando è successo, per un po sono stato felice:
lo odiavo a causa della spietata determinazione con cui ha estromesso dal rifugio mio
fratello e la sua famiglia non appena sè reso conto che erano contagiati dal virus.
Ma in capo a qualche settimana avevo già cominciato a rimpiangerlo. Mi aveva lasciato
sulle spalle il peso della comunità, due donne e quattro bambini nati e vissuti qui sotto
senza aver mai visto la luce del sole, e io, privo di nozioni mediche e incapace di
risolvere il più banale problema tecnico, intuivo che non ero in grado di aiutarli a
sopravvivere. Infatti li ho visti morire a uno a uno. Dopodomani saranno tre anni che sono
rimasto solo. Da allora ho pensato spesso che sarebbe meglio andare a crepare fuori,
invece di fare una fine da topo. Ma ormai è tardi anche per questo. Ieri ho provato a
uscire, ma la porta del rifugio è bloccata dall'esterno. Credo sia successo quando una
banda di disperati ha tentato di forzarla: vedendo che era impossibile, devono aver
sfogato la loro rabbia incendiando la villa che devessere crollata, così adesso le
macerie m'impediscono di abbandonare questo posto. Per colmo dironia, ricordo che
quell'episodio mi aveva fatto piacere, se non altro perché dimostrava che esistevano dei
sopravvissuti.
Lascia cadere la penna sul tavolo e resta a lungo con la testa fra le mani. Finalmente si
scuote e inizia a guardarsi intorno, osservando come se li vedesse per la prima volta gli
oggetti che ingombrano la stanza: il computer fuori uso, la cuccetta disfatta, le
scatolette di cibo sparse sul pavimento, i libri sulle scaffalature precariamente
assicurate alle pareti. Non appena inquadra la pistola, appoggiata allaltra
estremità del tavolo, il volto gli si distende in un sorriso liberatorio. Allunga la
mano.
Le viscere delle capre hanno dato
cattivi auspici: l'inverno sarà rigido e precoce, una lunga stagione di gelo e fame.
L'estate sta già agonizzando e non regalerà ancora molto tempo per riempire i magazzini
del clan. Impressionato dal malaugurante borbottio degli sciamani, il consiglio degli
anziani convoca Lev e ordina la scorreria. Non appena scopre che il padre si prepara a
guidare i guerrieri a occidente, Ivan inizia a tormentarlo. Pur non dubitando della forza
e del coraggio del figlio, Lev esita perché il ragazzo ha compiuto da poco diciannove
anni. Tuttavia finisce per cedere.
Partono in cento, con le facce imbrattate di nero e coi sacchetti dei funghi che rendono
furiosi appesi alle cinture. Per settimane la buona sorte li accompagna. I villaggi cadono
senza combattere, regalando bottino e donne. Ebbri di gloria e sangue, cedono alla
frenesia che li spinge a ovest. Dimentichi di ogni prudenza, penetrano profondamente nel
territorio dei Crocchi. Ma dopo alcuni giorni vengono intercettati da una banda forte di
centinaia di uomini, che cercano vendetta per i morti e le case bruciate. Sopravvivono in
venti. Ma i Crocchi non sono ancora soddisfatti: inseguono i fuggitivi, cacciandoli come
cinghiali impazziti verso montagne di cui ignorano il nome. Sui passi è già caduta la
prima neve. Ricordando racconti di paesi caldi, Lev decide di valicare i monti e svernare
a sud. A primavera cercheranno la via del ritorno. Mentre scendono una valle stremati
dalla fame e dal freddo, una torma di guerrieri, tutti vestiti allo stesso modo, irrompe
dai boschi e li circonda. Il primo a morire è Lev, il collo attraversato da una freccia.
Ivan si batte come un orso inferocito finché un colpo di mazza gli annebbia la vista.
Quando rinviene, si rende conto di essere nudo e di avere polsi e caviglie legati. Delle
losanghe rosse gli danzano davanti agli occhi. Mettendole a fuoco, scopre che si tratta di
decorazioni dipinte su una corazza di cuoio. L'uomo che la indossa si è inginocchiato
accanto a lui e lo sta osservando con l'espressione di un mercante di cavalli intento a
valutare i difetti di uno stallone. Concluso lesame, si rimette in piedi con aria
soddisfatta e si allontana, sparendo dal suo campo visivo. Ivan si gira su un fianco per
spiarne i movimenti. Lo vede mentre ispeziona uno dopo laltro i corpi di altri sei
prigionieri, nudi e legati come lui. Alla fine impartisce un secco ordine a un gruppo di
guerrieri seduti a qualche passo. Costoro si alzano e si avvicinano ai prigionieri
sguainando le lame, quindi li sgozzano tutti. Ivan urla di dolore e rabbia, mentre lotta
per sciogliersi dalle corde che lo immobilizzano e lanciarsi sui nemici, alcuni dei quali
lo attorniano deridendo i suoi sforzi. Qualcuno gli sferra un tremendo calcio nelle
costole. Sviene di nuovo.
Sono passati mesi dalla sua cattura, tuttavia, benché sia ormai in grado di comprendere
discretamente la loro lingua, Ivan fatica a capire perché labbiano risparmiato.
"I tuoi compagni erano barbari deformi. Anche tu sei barbaro, ma almeno sei
umano", gli ripetono, ma lui non riesce ad afferrare la differenza. O meglio: rifiuta
di accettare un'idea che va contro gli insegnamenti che ha ricevuto ascoltando il Racconto
dagli anziani del clan. Il Racconto inizia con la Grande Moria, quando gli dei,
impietositi dai lamenti della Terra, decidono di alleggerirla del peso degli uomini. Ma
una nuova calamità colpisce coloro che sopravvivono alla pestilenza: col passare del
tempo, aumentano in modo impressionante i bambini che nascono con corpi strani, diversi da
quelli dei genitori. Allinizio vengono soppressi, tuttavia, vedendo che il loro
numero cresce a ogni generazione, la gente finalmente capisce: gli dei hanno voluto fare
un regalo ai discendenti dei sopravvissuti, stabilendo che ognuno di loro nasca con un
corpo adatto al compito che il destino gli assegna. Se uno viene al mondo con tre occhi
dovrà fare lo sciamano, se il colore della sua pelle si confonde con quelli della foresta
diventerà cacciatore, se una donna ha tante mammelle sarà una madre generosa. Ascoltando
il Racconto dei giorni in cui i padri uccidevano i figli "strani", il piccolo
Ivan guardava i suoi amici e inorridiva. E come se qualcuno volesse sopprimere
Ilich perché riesce a usare i piedi come se fossero delle mani, o Vanja perché ha una
voce simile allo stridio dei falchi, o Irina perché ha quella meravigliosa pelle azzurra.
E lo stesso orrore che Ivan torna a provare, non appena si rende conto che il popolo
che lo ha catturato la pensa e si comporta esattamente come i padri folli del Racconto, i
quali non avevano ancora capito che la diversità è un dono degli dei. Ignorando la
saggezza del Racconto, questa gente segue le abominevoli usanze ispirate da un essere che
chiamano Signora, Madre Eterna, Divina Dormiente, una dea che dorme da secoli nel Tempio
della loro Città Santa. Là vivono anche le Sembianti e i Verificatori. Le Sembianti sono
sacerdotesse che vengono scelte da bambine per la loro bellezza, e che trascorrono poi
tutta la vita in reclusione, pregando la Signora e meditando sui suoi insegnamenti. I
Verificatori sono sacerdoti che amministrano la Legge del Tempio e stabiliscono il destino
di ogni nuovo nato: umano o deforme. Per essere deformi basta avere "difetti"
che Ivan faticherebbe a notare: orecchie volpine, un dito in più o in meno, un naso
troppo lungo. I deformi non possono portare armi, commerciare, possedere terra o animali,
sono obbligati a servire gli umani, ricevendone in cambio solo il cibo sufficiente a
vivere, e se si azzardano a sfiorarli coi loro corpi impuri vengono puniti duramente, a
volte uccisi. Sorti non meno differenti toccano ai prigionieri di guerra: i deformi
vengono eliminati, agli umani viene offerta la possibilità di convertirsi e diventare
sudditi del Regno della Signora. Se la rifiutano, sono destinati a restare schiavi,
godendo comunque di condizioni di vita meno dure di quelle dei deformi.
Ma Ivan non è disposto ad abiurare i suoi dei. Anche perché ha capito che ciò non gli
consentirebbe affatto di vivere una vita degna di essere definita libera. Se ne è reso
conto non appena gli hanno spiegato che, nel Regno della Signora, i contadini, gli
artigiani e i mercanti non hanno il diritto di riunirsi in assemblea per eleggere i capi e
decidere la pace e la guerra. Tutte le decisioni spettano ai Verificatori, oppure ai
Bennati, la casta guerriera che governa le Province, garantendo che lautorità del
Tempio venga mantenuta su tutto il territorio del Regno e difendendone i confini. Quindi,
visto che non è disposto a obbedire a capi per i quali non abbia votato in assemblea, né
tantomeno a vivere da schiavo, Ivan tenta più volte la fuga. Lo riprendono sempre
finché, quando lufficiale al quale è stato affidato dopo la cattura si convince
che non riuscirà mai a indurlo alla conversione, viene ceduto a un mercante di schiavi.
Questi capisce subito che il giovane barbaro, grazie alla sua poderosa costituzione
fisica, potrebbe diventare un campione dei combattimenti fra prigionieri di guerra, che
sono uno degli spettacoli preferiti dai Bennati. Infatti, dopo un breve periodo di
addestramento, Ivan inizia a riempire le tasche di chiunque scommetta su di lui,
liquidando tutti gli avversari che gli mettono davanti. La fama delle sue imprese arriva
fino a Lacco, il capoluogo della Provincia delle Terre Alte del Nord, e i cortigiani di
Ras Andruas organizzano un torneo per poterlo ammirare. Per offrire al Ras uno spettacolo
degno di essere ricordato, il proprietario di Ivan decide di costringerlo ad affrontare da
solo tre guerrieri Crocchi. Anche questa volta esce dall'incontro vittorioso, ma ridotto
in condizioni tali da far temere al suo padrone di aver ammazzato la gallina dalle uova
d'oro. Perciò il mercante accetta senza esitazioni non appena il Ras gli offre duecento
cialde per acquistare il barbaro: in piena salute Ivan varrebbe il doppio, ma conciato comè
si tratta dun affare. Tuttavia, il gesto del Ras non è dettato da generosità.
Andruas si è fatto dei nemici potenti con la sua politica di autonomia nei confronti dei
Verificatori e, sapendo di doversi proteggere continuamente le spalle, intuisce che Ivan
potrebbe diventare una perfetta guardia del corpo e un alleato prezioso. Non solo per la
sua forza, ma anche perché le sue origini barbare e la gratitudine nei confronti di chi
gli ha salvato la vita e restituito la libertà dovrebbero renderlo impermeabile agli
intrighi di corte come agli scrupoli religiosi. |