Vai alla homepage who's who scrivi a trax

 

 

B j o r k & P J H a r v e y
Girls Talk

 

Bjork e PJ Harvey, le due ragazzacce del pop britannico (lo sappiamo che Bjork e islandese, ma noi il primo disco degli Sugarcubes lo comprammo insieme al primo dei Primitives, e ce li avevamo sui due lati della stessa cassetta, quindi per noi Bjork un  po' è britannica,  tant'è che ci vive da anni, a Londra) si raccontano a vicenda, invitate a intervistarsi sulla loro infanzia, sulla scoperta della musica e su quanto hanno voglia di raccontare.

The two most restless brit-she-singers talk about their childhood, their songwriting and more.

© Trax

Bjork e PJ Harvey entrano nella stanza.
Bjork porta una maglietta a maniche corte di Ren & Stimpy e una lunga gonna arancione.
Polly un vestito color argento.
Durante la conversazione Bjork non smetterà mai di sorridere.
PJ lo farà una sola volta.

Bjork
Sono la primogenita di un uomo e una donna che si amavano da quando avevano 14 anni. Io sono nata che mia madre aveva 19 anni e mio padre 20. Erano molto conservatori, ma felici. E poi mia mamma, dopo che per un anno a causa mia aveva fatto la casalinga, ha dato via di testa ed è diventata una hippie pazzesca e una femminista. Si è separata da mio padre. Mio padre è rimasto molto conservatore, ha sposato un’infermiera. Ma era un tipo molto lavoratore e onesto e pieno di energie. Traboccava potere e gioia di vivere. Mia mamma voleva con tutta se stessa essere forte e dipingeva delle farfalle sulle pareti. E io vivevo in una casa con un sacco di gente che aveva i capelli lunghi e ascoltava sempre Jimi Hendrix. Così io continuo a passare tra le due famiglie e imparo una cosa: OK, magari la libertà non vuol dire avere i capelli lunghi, magari la disciplina non vuol dire portare un completo da uomo; ho imparato a non dare niente per scontato.

PJ Harvey
I miei genitori hanno sempre incoraggiato molto me e mio fratello, qualsiasi cosa facessimo. Amano tutti e due l’arte e la musica. Mio padre scava la pietra e mia mamma la scolpisce e fa anche delle incisioni per le tombe o per le case e roba del genere. Hanno sempre avuto un grande amore per la musica, per loro è importantissima. C’è sempre stata una specie di inversione di ruoli: io e mio fratello venivamo svegliati alle tre del mattino da mamma e papà che mettevano la musica a tutto volume, e noi non riuscivamo a dormire. Sono per lo più fanatici del blues, del r&b, di Bob Dylan e degli Stones. Non sono mai stati fan dei Beatles, sempre gli Stones.

Bjork
A cinque anni iniziai ad andare a scuola di musica, e ci andai per dieci anni. Non facevo altro che suonare musica classica e mia madre suonava musica hippie, tipo assoli di chitarra 24 ore al giorno. I miei nonni e il mio vero padre ascoltavano più jazz e Simon & Garfunkel e musica, come dire, più conservatrice. A me piaceva tutto, adoravo tutto quanto. E iniziò subito a piacermi l’idea di mostrare che quei tre mondi non potevano essere dati per scontati. Presi e portai un disco di Jimi Hendrix ai miei nonni, per far capire loro che magari i suoi assoli non erano così distanti dal jazz. E fu molto divertente. Portai a scuola dei dischi di jazz per dimostrare che magari – che ne so – Miles Davis era vicino a Stravinskij, magari non c’era poi una grande differenza tra i due. E portai a casa dei miei genitori dei dischi di musica classica. Mi piaceva molto fare l’outsider e mostrare loro roba tipo: TA-DAA, la vita non è così semplice, c’è pi di quello che pensate!

PJ Harvey
Comprai la mia prima chitarra che avevo tipo 18 anni, credo. Suonavo il sax da quando ne avevo 11, quindi la musica mi interessava già molto e sapevo leggere un pentagramma. E poi mi pare che ci fosse questo nostro amico musicista che vendeva un’acustica, e io me la comprai. Avevo sempre pensato che sarebbe stato interessante poter cantare e suonare uno strumento contemporaneamente. Imparai da sola a suonarla, con un libro di accordi e gli spartiti dei miei gruppi preferiti. Avevo una raccolta di spartiti di Bob Dylan e uno dei Police.

Bjork
Te la ricordi la prima volta che hai composto una canzone con quella chitarra?

PJ Harvey
Sì, purtroppo sì.

Bjork
Ti sto mettendo in imbarazzo

PJ Harvey
Sì, direi proprio di sì

Bjork
Di cosa parlava?

PJ Harvey
Non lo so… di un viaggio… una ragazza che faceva un viaggio. Ma era proprio roba da ragazzini, molto ingenua e dolce. Ho scritto un sacco di canzoni che non vedranno mai la luce.

Bjork
Io di solito scrivo una canzone quando ho qualcosa da festeggiare. Tendo a gestirmi da sola i momenti tristi, e preferisco condividere quelli allegri. Credo che le persone abbiano modi diversi di gestire le cose. A me piace che le cose, le canzoni, succedano e basta. Arrivano all’improvviso e devi farci qualcosa: vengono su come funghi. E non è che ti puoi rilassare… dai di matto finché non le hai finite e non sono diventate quello che dovevano essere

PJ Harvey
A volte una canzone ti passa attraverso… lo senti proprio che è così… e tu ti devi aprire abbastanza per lasciarglielo fare. E a volte non devi neanche darle una forma e te la ritrovi pronta nel giro di cinque minuti. Roba del tipo che ti guardi attorno e pensi "Da dove diavolo se n’è venuta? Non stavo pensando a una melodia del genere". Ma non succede sempre così. La maggior parte delle volte ci vogliono mesi e mesi di duro lavoro per dare forma a una canzone, e lo devi fare con cura, togliendo dei pezzetti, aggiungendone altri, provando a spostarli qua e là: un lavoro davvero duro.

Bjork
Ma alla fine della giornata scrivere una canzone è come organizzare un incidente. È questo il mio lavoro, alla fine: essere tipo organizzata e disciplinata e dire cose del tipo "Yeah, portatemi nove pianoforti. Questo deve stare qui e quello deve stare là, e voglio che due persone suonino questo piano e cinque quello là". E cerchi di sistemare tutto come se preparassi una trappola in una foresta. Ma è chiaro che non sai dove correrà l’animale che vuoi intrappolare, e cosa succederà. E allora devi startene lì seduta e lasciare che l’animale se ne vada dove vuole. E se viene dalla tua parte, apprezzalo e sii contenta e basta. È come in Islanda. La gente lì tende a essere molto introversa, soprattutto d’inverno. Solitari, fortissimi, autosufficienti, non hanno bisogno di niente. Non hanno bisogno del sole per essere felici, possono fare da soli. A volte sono troppo orgogliosi, tipo che se un islandese usa una gamba poi sente di doverti dire "Be’, ma mica serviva, sai. Era sempre lì a dare fastidio all’altra gamba." La filosofia islandese è così, e a volte è proprio una noia. Molto vichinga e noiosa, del tipo "Sì, sì, lo so che sei fortissimo". Ma allo stesso tempo, quando un islandese comunica, lo fa al 100%. Sono del lavorodipendenti, lavorano 18 ore al giorno, tutta la settimana. E non bevono perché se ti bevi un bicchiere di vino a metà settimana è uno spreco di vino, di tempo e di soldi. E allora lavori tutta la settimana e basta. Fortissimi. Del tipo dormi, lavora, dormi, lavora, dormi, lavora. E poi arriva il weekend e ti fai un litro di vodka. Bevi come una bestia. E non la smetti finché non ti metti a saltare da un tetto all’altro e fai a botte con i tuoi amici e ti fai delle grasse risate. Ma non ti devi lamentare. Non ti devi lamentare. L’autocommiserazione è un crimine.

PJ Harvey
Io era abituata a passare un pacco di tempo da sola. Abitavo in questo paesino dove non c’erano altre ragazze con cui giocare. Solo ragazzi. Gli amici di mio fratello erano tutti più vecchi di me, e così mi abituai a passare il tempo da sola. Ma non tutto il male vien per nuocere, perché imparai a usare molto l’immaginazione, a creare delle situazioni e delle persone con cui giocare, visto che non le avevo nella realtà.

 

  Vai alla homepage who's who scrivi a trax