A l i s o n M o
l o n e y |
Ci
hanno tirati su a cocktail di gamberetti negli anni Settanta, ci hanno
torturato con la nouvelle cuisine negli Ottanta. E poi? Alison Moloney
ci svela le variegate trame dell’haute cuisine londinese anni
Novanta.
© Alison Moloney |
Il
cibo alla moda degli anni Novanta ha liquidato la guerra dei gusti e
il bisogno di scegliere tra indulgenza ai piaceri orientali e rifugio
nei familiari bocconcini d’Occidente. Il clima cosmopolita e il mix
eclettico di ristoranti e ingredienti sono stati messi insieme, fatti
a pezzetti e lasciati a marinare in un’ampia teglia.
"Il fusion food è una moda che si caratterizza per la miscela di squisitezze australiane, thailandesi, giapponesi, californiane e mediterranee" spiega Caroline Waldergrave della Leith School of Food and Wine. E poi continua: "C’è un’esplosione di gusti, l’Oriente incontra l’Occidente". Uno degli esponenti di punta di questo movimento culinario è Peter Gordon, dello Sugar Club di Notting Hill, Londra. "Io odio pensare a questa cosa come a una moda, ma la cucina Pacific Rim, il mix di influenze asiatiche e mediterranee, è diventato molto più accettabile ed è ampiamente utilizzato. Comunque io penso che il cibo thai abbia costituito una delle maggiori influenze della cucina anni Novanta". La cucina Pacific Rim usa meno ingredienti secchi e ne aggiunge di più leggeri e freschi, come il coriandolo e la lemon grass. Il cardamomo del medio oriente, la cannella del sud est asiatico, le alghe dal Giappone, la crema di cocco dalla Thailandia, la salsa sul pesce e l’unione di frutta e piatti saporiti sono soltanto alcuni degli elementi che Gordon ha fatto conoscere ai palati britannici. "La sola restrizione che ci diamo è la normale disponibilità degli ingredienti." Sonya Lee, chef del Pharmacy (il nuovo ristorante di Damien Hirst) mette insieme cibi asiatici e mediterranei ma – ci spiega – la cosa è dovuta al fatto che lei è "mezza coreana e mezza europea, per cui mescolo le cose senza nemmeno starci troppo a pensare". Sonya dà ai suoi piatti – in particolare al branzino – un tocco asiatico usando la salsa di soia, ma preferisce che il proprio cibo sia poco complicato e di qualità estremamente elevata. "Mi piace che i miei piatti siano semplici. Se cucino un pollo, deve sapere di pollo. C’è in giro un sacco di cibo troppo elaborato." Le piace anche che i suoi piatti siano presentati in modo che i cibi vengano mescolati e li si possa divorare tutti contemporaneamente. "La presentazione deve essere semplice. Bisognerebbe dedicare più tempo ai sapori." Anche da Mark & Spencer hanno capito che la tendenza è verso le spezie asiatiche e nordafricane. "I nostri clienti non sono troppo bizzarri e avventurosi, ma pensiamo che le spezie africane abbiano una grande influenza sulla cucina attuale, e stiamo introducendo dei piatti marocchini", spiega Judith Sweetland, dirigente dello sviluppo per il settore piatti pronti. Henry Harris, chef del Fifth Floor di Harvey Nichols, pensa che i suoi piatti vadano bene come sono. "Io cucino quello che voglio, non quello che penso vada di moda. C’è decisamente stato un aumento della reperibilità degli ingredienti, in questo decennio, soprattutto per quanto riguarda la cucina thai", ci spiega. "Io faccio delle cose molto semplici al momento, soprattutto con pesce e crostacei. La gente inizia a capire che alcuni pesci non eccessivamente costosi come il merluzzo, l’eglefino o la sogliola possono essere assolutamente deliziosi". È una conseguenza dei salutisti anni Novanta, bombardati dalla paura del cibo e dalla costante ansia di dimagramento. I piatti che vanno di moda a Londra sono poco grassi e morigerati, con giusto un che di modernista. "In questo decennio i nostri prodotti sono stati basati più sul basso contenuto di grassi che sul conteggio delle calorie", dicono alla Sweetland. "Probabilmente è per questo che c’è stata una crescita nelle vendite dei nostri prodotti a base di pesce." Anche Neil Hailode, chef di Mezzo, ha visto una riscossa dei piatti di pesce. "Abbiamo fatto risorgere ricette come quella del Pot au feu, quel tipo di piatti che ci hanno insegnato al college vent’anni fa. La gente non vuole più vedere fette trasparenti di melone: vogliono pranzi buoni e sostanziosi e sono pronti a pagare per averli. Negli anni Ottanta la cucina era scomparsa, la gente aveva troppi soldi da spendere e li buttava via per la nouvelle cuisine. Adesso stanno tornando a scoprire sapori, e sanno quello che vogliono". "Il pesce è la moda del momento", concorda Waldergrave. "Pare che sia in corso un ritorno ai fondamentali della cucina, con un uso molto semplice del pesce". Anche la presentazione del cibo si fa più rilassata. La sindrome da enormi piatti bianchi degli anni Ottanta, con le loro microscopiche porzioni, ha ceduto il passo a un raggruppamento scolpito verso il centro del piatto, ma anche questa è una moda che è ben presto crollata. "Odio le torri", dice Gordon. "Il cibo dovrebbe avere un buon sapore ed essere posto semplicemente su un piatto. Anche nella fotografia culinaria la presentazione dei piatti non ambisce più a un’algida perfezione". Sembra proprio allora che gli anni Novanta verranno ricordati per una cucina che ha sperimentato ingredienti di tutto il mondo, riscoperto le papille gustative e proclamato che le opere d’arte in un piatto sono oltremodo passé. Come dice Waldergrave, "Il cibo è tornato alla realtà". |