Doug
Adams
Come è la tua tipica settimana di lavoro?
Alf
Clausen
Di solito guardo l’episodio il venerdì pomeriggio. Sabato e domenica
il music editor mi prepara una tabella con i tempi e io inizio a scrivere
il lunedì mattina, se la puntata ha una durata normale, con circa
trenta pezzi da inventare. Se l’episodio è più lungo, inizio a scrivere
la domenica sera e lavoro sodo per quattro giorni – fino al giovedì:
dalle nove a mezzanotte, tutti i giorni. Quindi vedo un altro episodio
il venerdì e inizio a registrare le musiche che ho composto la settimana
precedente. In genere registriamo di sera, a partire dal venerdì,
dopo le sette. Per registrare trenta pezzi, lavoriamo in studio almeno
tre, quattro ore. Ma ogni settimana è diversa dall’altra: se devo
registrare anche pezzi vocali e canzoni, c’è più lavoro. Oppure è
meno faticoso quando devo solo riarrangiare i miei vecchi pezzi. Comunque,
non ci si riposa quasi mai.
Doug
Adams
Lavori con un’orchestra di trentacinque elementi, vero?
Alf
Clausen
Sì, ho quattro legni, due trombe, due corni francesi, due tromboni,
un’arpa, percussioni, due tastiere e un piano. E poi ci sono gli archi:
dieci violini, tre viole, tre violoncelli e un contrabbasso. A volte
uso due chitarre, a secondo dello stile che mi serve. A questo nucleo
fisso si aggiungono vari musicisti che contatto per parti speciali:
fisarmonica, organetto o qualsiasi cosa mi serva per un pezzo in particolare.
Doug
Adams
Fai un uso molto personale degli archi. In televisione siamo abituati
ad ascoltare i violini solo quando serve un’atmosfera sdolcinata.
Tu invece li usi con un piglio più aggressivo, alla Herrmannn o persino
alla Bartók. In effetti Bartók è il mio compositore preferito e mi
hanno sempre affascinato quegli svolazzi più leggeri che riesce a
inserire nei passaggi cupi. Tutti apprezzano il lato tetro di Bartók,
ma a me interessano quelle piccole arguzie. E soprattutto mi piace
il modo in cui sfidano la sezione archi, spingendola dritta nel Ventesimo
secolo. Io ho sempre amato Herrmann, Bartók e Stravinsky: è a loro
che penso quando scrivo.
Doug
Adams
Credi che ci sia una differenza tra buona musica e musica che funziona?
Può esserci uno spartito efficace per un precisa situazione, ma che
non è necessariamente un pezzo di buona musica?
Alf
Clausen
Sì, indubbiamente. Un brano di "buona" musica può essere totalmente
inadatto a una colonna sonora, che invece deve essere sempre collegata
alle immagini. Ciò non significa che una bella colonna sonora sia
un brano di pessima musica. Personalmente cerco di comporre musica
che funzioni anche da sola, senza le immagini. Non funziona sempre,
ma è un effetto collaterale inevitabile delle colonne sonore.
Doug
Adams
Quindi credi che anche della pessima musica possa funzionare in alcune
scene?
Alf
Clausen
Certo. Se la scena ispira, anzi pretende, della pessima musica, bisogna
scrivere male. Indubbiamente. E questo non significa che il compositore
sia meno dotato. Un buon compositore deve scrivere la musica che le
immagini impongono, anche correndo il rischio di scrivere pessima
musica. E quando dico "pessima" non intendo solo uno spartito insipido,
fuori corda, ma mi riferisco anche a un esecuzione tremenda. A volte
per i Simpsons sono costretto a far suonare delle terribili marcette
sgangherate, ma è quello che ci vuole, anche se mi fa venire i brividi
se le ascolto da sole, senza immagini.
Doug
Adams
Cos'è che rende così speciali i Simpsons?
Alf
Clausen
È strano, non sei il primo a chiedermelo. Quando ho incontrato per
la prima volta i produttori e gli autori, Matt Groening mi ha detto:
«I Simpsons non sono un cartone animato. Sono un dramma, con i personaggi
disegnati». Io ho sempre lavorato seguendo questo consiglio. «Pensa
sempre a un dramma e vedrai che la tua musica andrà benissimo» mi
ha detto. Vedi, i cartoni di solito hanno quell’atmosfera alla Bugs
Bunny, tipo Looney Tunes, con un sacco di inseguimenti. Ma i produttori
dei Simpsons non volevano che componessi in quel modo. Vogliono che
metta in musica le emozioni, ed è un approccio molto originale ai
cartoni animati. Io devo guardare le immagini e trovare la giusta
emozione, dimenticandomi dei caroselli alla Topolino. Prima l’emozione,
poi l’azione. Ecco come lavoro.
Doug
Adams
La tua musica non è mai davvero comica, divertente. È così che vedi
i Simpsons?
Alf
Clausen
Un mio vecchio amico, un direttore d’orchestra, mi diceva sempre:
«Non puoi parodiare la parodia». Ed è un consiglio utilissimo se lavori
ai Simpsons. I produttori mi hanno sempre detto che non vogliono commenti
alle scene, né musiche che siano divertenti in se stesse. Anzi vogliono
che le musiche siano serie, vicine alle emozioni, così da coinvolgere
davvero gli spettatori: le situazioni devono sembrare vere.
Doug
Adams
Quali sono le emozioni che richiedono un accompagnamento musicale?
Alf
Clausen
Naturalmente le emozioni sono molto soggettive e gran parte del mio
lavoro è basato su una specie di intesa spontanea con i gusti dei
produttori. Io devo capire al volo ciò che vogliono, individuare un’emozione
e chiedermi se non sottintende un altro sentimento. E spesso litighiamo.
Io guardo un episodio e loro mi dicono cosa vogliono e io ribatto:
«Però le immagini dicono qualcos’altro. Homer non sta male, anzi mi
sembra piuttosto indifferente. Siete sicuri di volere qualcosa che
esprima il dolore di Homer?». E allora rivediamo le scene, ridiscutiamo
finché non arriviamo a una soluzione. Altre volte compongo pezzi che
cozzano contro l’evidenza delle immagini. Ad esempio, scrivo qualcosa
per il dolore che sta provando Homer, anche se non si nota nelle immagini;
semplicemente perché vogliamo mostrare che qualcosa sta succedendo
dentro di lui, anche se non lo dà a vedere.
Doug
Adams
E come traduci le emozioni in musica? Ormai siamo abituati a un codice
piuttosto scontato, del tipo "dissonanza uguale dolore". Mentre credo
sia interessante giocare con questo codice, violare le aspettative.
Alf
Clausen
Certo, trovare la giusta emozione, il giusto colore, richiede molto
tempo. Devi studiare, è difficile quanto comporre. A volte trovi gli
accordi, due o tre, e continui a mescolarli, a ristrutturarli cercando
la combinazione che si accompagni a quell’espressione di Homer. Ti
ci vogliono due o tre ore a volte per trovare la temperatura giusta,
il suono perfetto per una certa emozione. A volte è troppo intenso,
altre troppo debole, oppure squillante, o troppo scuro. E nel caso
dei Simpsons tutto risulta amplificato. Il dolore è un emozione diversa
per ciascuno di noi, ma nel caso dei Simpsons si passa da un’emotività
estremamente realistica a reazioni squilibrate. Homer ha una varietà
di sentimenti impressionante. È iperreattivo e se ci aggiungi la musica
rischi sempre di esagerare, rischi la caricatura. E allora io devo
riflettere, studiare il suo dolore, le sue emozioni, capire se sta
male davvero o se sta fingendo o esagerando, perché il povero Homer
ha un cuore così.
Doug
Adams
Hai mai pensato di aver esaurito il tuo repertorio? In fondo lavori
a ritmi che sarebbero sconvolgenti per qualsiasi compositore?
Alf
Clausen
Sì, a volte è molto difficile mantenere una certa freschezza, a causa
dell’enorme mole di lavoro. Scrivo circa trenta pezzi per ciascun
episodio: trenta pezzi compressi in ventitré minuti. Quando finisco
un episodio, penso sempre «Oddio, ecco ho scritto tutto». Ma cinque
secondi dopo ti accorgi di aver dimenticato questo e quest’altro…
Doug
Adams
Cerchi di mantenere un equilibrio tra i pezzi tuoi e quelli di altri
compositori che citi o parafrasi?
Alf
Clausen
In genere cerchiamo di non esagerare con le parodie: meno le usi e
più efficaci risultano, quindi sia io sia i produttori selezioniamo
molto il materiale da citare.
Doug
Adams
Sei tu che scegli quali pezzi parodiare?
Alf
Clausen
No, nella maggior parte dei casi la decisione è dei produttori. Gli
autori sono davvero grandi, e spesso mi passano i copioni con indicazioni
tipo «La musica inizia qui, alla Herrmann». Quindi sono loro a darmi
indicazioni per le parodie, anche perché nei Simpsons le citazioni
sono delle vere e proprie ricostruzioni digitalizzate dei fotogrammi
originali.
Doug
Adams
Quali sono le tue parodie preferite?
Alf
Clausen
Di sicuro La grande fuga, con Maggie che cerca di scappare
dall’asilo con le musiche di Elmer Bernstein. Ho scritto anche una
nuova versione dei Predatori dell’arca perduta – le musiche
erano di John Williams – per una scena in cui Homer cerca di scappare
dal garage prima che si chiuda la porta. Era una scena splendida.
Le parodie sono in realtà un lavoro piuttosto duro, perché i pezzi
originali sono scritti per grandi orchestre e io devo distillare lo
spartito, riportarlo alle dimensioni della mia orchestra. E poi il
pubblico deve riconoscere i pezzi, quindi devo avvicinarmi il più
possibile al suono originale. Quando lavori a trenta pezzi in meno
di cinque giorni, diventa difficilissimo trovare anche il materiale
originale – gli spartiti o gli spezzoni dei film che devi parodiare.
A volte gli spartiti sono sepolti in qualche vecchio archivio e allora
io devo lavorare direttamente sul film originale. I produttori mi
passano tre o quattro sequenze e io ho più o meno tre, quattro secondi
per guardare le sequenze e cercare di distillare il suono che il pubblico
riconosce: e gli spettatori non hanno nessuna educazione musicale,
quindi hanno una percezione molto diversa della melodia, dell’armonia,
del ritmo… E in un quarto d’ora, venti minuti al massimo, devo riscrivere
tutto. Considera che la musica ascoltata da un compositore è molto
diversa da quella percepita dal pubblico. Io devo pensare agli spettatori,
riscrivere tutta la struttura armonica e melodica in modo che quando
senti quei dieci secondi di musica pensi «Cavoli, è la musica di Waterworld».
Doug
Adams
Come fai a scrivere qualcosa di rilevante – che non sia solo rumore
di fondo – per scene che durano dieci, venti secondi al massimo?
Alf
Clausen
Lavorando ai Simpsons, una delle prima cose che ho imparato è stato
fare a meno delle introduzioni. Non c’è il tempo per preparare uno
scenario, un’atmosfera, perché nei Simpsons tutto è bam bam bam: devi
costruire l’atmosfera con poche mosse e poi ritirarti in disparte.
Doug
Adams
Ma riesci a tenere un effetto d’insieme nello spartito. O è solo stacco,
stacco, stacco?
Alf
Clausen
Dipende dagli episodi. In alcune puntate la storia si sviluppa secondo
un arco, allontanandosi dal centro – come nell’episodio Cape Fear
– e allora posso comporre un pezzo che si snoda per tutti i ventitré
minuti. Ma in genere è molto difficile, perché i Simpsons vanno in
tutte le direzioni, contemporaneamente. Saltano da uno stile all’altro,
continuamente. E allora io scrivo pezzi più lunghi e poi riduciamo
tutto alle esigenze delle immagini. È incredibile quanto materiale
finisce sul pavimento della sala di montaggio…
Doug
Adams
Per concludere vorrei farti una domanda generale. Perché credi che
le immagini abbiano bisogno della musica?
Alf
Clausen
È piuttosto semplice in realtà: perché la musica veicola emozioni
che nessun altro strumento può creare. C’è un vecchio detto, forse
un aforisma di Oscar Wilde, che dice: «La musica comincia dove la
parola finisce». Ecco a cosa servono le musiche. La parola – scritta
o parlata – è molto diretta, e, quando è ben scelta, non lascia spazio
all’interpretazione. La musica invece è un mezzo molto esoterico,
ma al contempo permette a ciascuno di formulare un’interpretazione
personale. Ecco perché una musica può migliorare un’immagine o distruggerla.