ateatro 125.45 04/02/2010 BP2010 Alla ricerca di un’armonia: le radici di una scelta Altri Percorsi 2006-2009: Città luogo d’incontro di Maria Grazia Panigada
Tra il 1303 e il 1305 Giotto, su incarico di Enrico degli Scrovegni, affresca a Padova la Cappella intitolata a Santa Maria della Carità, dando vita ad un ciclo pittorico destinato a diventare uno dei massimi capolavori dell'arte occidentale. Con un’incredibile rapidità di esecuzione, le pareti accolgono le Storie di Cristo e della Vergine, mentre in basso una fascia, con finti quadri marmorei, incornicia le rappresentazioni dei Vizi e delle Virtù. Tra queste rappresentazioni monocrome si trova la Giustizia, figura femminile che assisa in trono regge i piatti della bilancia. Al di sotto, la sapienza medioevale, per sintetizzare in pochi tratti gli esiti della retta autorità, rappresenta tre fanciulle che danzano e suonano. L’iconografia viene ripresa da Ambrogio Lorenzetti nel magnifico affresco della sala della Pace del Palazzo Comunale a Siena (1338-1339): al centro degli effetti del Buon Governo nella città, l’artista dipinge delle giovani donne intente a danzare, suonare e cantare. I mestieri, gli uomini affaccendati negli affari, i cantieri dove si edifica la città sono in secondo piano, davanti ci sono loro, le fanciulle che intrecciano una danza per comunicare al visitatore il senso dell’armonia raggiunta.
Questa immagine di quasi settecento anni fa può servire a capire le motivazioni per cui un’Amministrazione Pubblica, il Comune di Bergamo, ad un certo punto decida di rispondere ad un problema di emergenza sociale anche tramite l’elemento culturale. E risaputo che l’arrivo di molti immigrati stranieri nelle nostre città richiede un’attenzione specifica dei servizi, ma è altrettanto vero che l’incontro sul piano della cultura e dell’arte immediatamente sovverte le percezioni, e ciò che era ostacolo diventa scambio di saperi, risorsa aggiuntiva. Dopo i primi due anni (Tracce straniere, 2006 e Città luogo d’incontro, 2007), i progetti sono proseguiti su temi di interesse globale (Fra case di tutti i giorni, 2008 e Foto di famiglia ed altri incidenti, 2009), senza più un’attenzione specifica al tema dell’immigrazione: ormai i gruppi che si erano formati, hanno proseguito naturalmente i propri laboratori, dando come dato naturale la multi etnicità iniziale.
Un anticipazione si era avuta nella stagione 2004-2005 con l’avvio di alcune proposte di coinvolgimento del territorio. In particolare si era lavorato intorno allo spettacolo La Leggenda Aurea di Tonino Conte con le bellissime scenografie di Emanuele Luzzati (Teatro della Tosse) . Il testo medioevale con i suoi racconti, che fanno parte di un bagaglio che la cultura dell’occidente si porta dietro ed è solo all’apparenza nascosto, ha permesso di creare una progettualità di esplorazione sia in termini di contenuti, sia in termini di relazioni di territorio (ventuno sono stati gli enti e le associazioni che hanno partecipato). È nato così un progetto pilota che poi è proseguito negli anni successivi: lo spettacolo teatrale diventa input culturale per realizzare una rete di iniziative. Sempre dello stesso anno una rete di progetti sulla cultura rom e un viaggio fra poesia, arte e musica in quattro monasteri di clausura della città.
In gioco è la vita della città come luogo di sapere condiviso e di crescita sociale. La scelta di una cultura diffusa che non privilegia grandi eventi, ma percorsi mirati ad alcuni ambiti del territorio, promuove possibilità di continuità per operare davvero dei processi di cambiamento. Fattore essenziale è la stabilità amministrativa che ha permesso una progettualità quadriennale, tempo minimo necessario per pianificare una rete di interventi collegati da una politica culturale unitaria.
Negli anni si è innescato un circolo virtuoso: se nei primi anni (2005-2006) la proposta era arrivata dal Teatro Donizetti e dall’Assessorato alla Cultura e Spettacolo del Comune di Bergamo, negli anni successivi sono i soggetti del territorio a chiedere di essere coinvolti e a proporsi come partner di lavoro.
Non è un caso che il motore propulsore sia un teatro ed Altri Percorsi, una rassegna teatrale, perché il teatro è un mezzo che per sua natura rivela le potenzialità di un altrove, a volte non prevedibile prima. In teatro anche un singolo il gesto si carica di attesa, è scrutato dagli occhi degli spettatori, diviene, nella finzione, altro. Fingere, brutto verbo che risveglia nella nostra mente immagini di nascondimenti, tradimenti, la paura di dirsi per quello che si è, ma verbo che, nella sua origine etimologica, racchiude significati sorprendenti: l’idea del dare forma, del plasmare, in altre parole della possibilità data alla creatura di creare. L’atto teatrale è icona di corpi e voci che rimandano ad altro, ad un mondo interiore che non è mai uguale a se stesso perché ogni volta incontro unico ed irripetibile: attori, pubblico non si ripeteranno mai uguali a se stessi... Lo stupore del teatro sta nell’incontro diretto, immediato che non si può rimandare, ma che sempre rievoca un altrove, assenza e presenza al tempo stesso. È questo è ancora più vero in un teatro nato dalla città per raccontarsi, come quello sperimentato in questi anni durante le attività collaterali di Altri Percorsi, un teatro che raccoglie ed ascolta le storie individuali e le storie collettive, racconta i gruppi, ma anche i quartieri, un teatro che alla fine può sfociare nella festa (2 giugno 2007, Carnevale 2009) per un bisogno dirompente di comunicazione, perché teatro è innanzitutto l’urgenza dell’incontro, la necessità di dire ad altri ciò che nel proprio percorso si è incontrato e scoperto.
Il teatro, in fondo, non si occupa della verità, o meglio si occupa delle possibili verità, e questo lo fa essere uno strumento prezioso per la creazione di una cultura della tolleranza forse per questo nell’antichità le grandi città democratiche avevano sempre al centro un teatro.
Il modello, che in questi anni si è andato precisando affonda le proprie radici nelle esperienze di animazione teatrale degli anni Settanta-Ottanta e nel teatro sociale degli anni Novanta. La sua originalità sta nella diffusione sul territorio e nella ricerca di continuità fra teatro e altri momenti di formazione culturale: il teatro è fattore fondante delle attività proposte, ma fin dall’inizio è affiancato, grazie alla ricca collaborazione di enti culturali, da incontri e percorsi proposti nei musei o itinerari artistici. Elemento unificatore diviene il tema che permette ogni anno di creare una politica culturale e teatrale ben definita. La scelta tematica facilita sinergie fra realtà diverse e permette ai cittadini di leggere i singoli eventi proposti come parte integrante di un progetto unitario. Ne nasce una triangolazione fra l’istituzione (l’Assessorato alla Cultura del Comune di Bergamo, attraverso l’azione del Teatro Donizetti), il territorio (associazioni, scuole, quartieri…) e gli enti (privato e pubblico) con competenze specifiche (in ambiti teatrali e culturali).
Certamente il Teatro Donizetti ha avuto la fortuna di trovare un territorio, quello bergamasco, ricchissimo di realtà teatrali, molte delle quali impegnate per vocazione nell’ambito della formazione. Lo sforzo è stato quello di valorizzare ogni compagnia rispetto agli ambiti privilegiati dalla propria poetica e dalla propria attenzione educativa, ma nello stesso tempo provocare, con nuove proposte, itinerari inediti ed inusuali, scommesse nuove rispetto a percorsi professionali consolidati nel tempo. È il caso del percorso tutto al femminile compiuto dal Teatro del Vento, a partire dal tema della maternità con un gruppo di donne per arrivare all’intenso progetto compiuto con le suore domenicane del monastero di clausura di Matris Domini, o il comune confronto fra le compagnie ed un’artista di arti visive, Marcello Chiarenza, per il Carnevale, momento integrante dei progetti di Altri Percorsi 2009.
Una rassegna teatrale ed una rete di progetti
Partendo dalla scelta di approfondire il tema dello straniero l’Assessorato alla Cultura e Spettacolo del Comune di Bergamo dà avvio nel 2005 ad una rete di progetti, dal titolo Tracce straniere. Il lavorio nasce ancorato ad una rassegna teatrale ormai ben radicata nel nostro territorio, gli Altri Percorsi. La rassegna era nata nel 1980-1981 su una geniale intuizione di Benvenuto Cuminetti con la volontà di inserire nella programmazione di un teatro Comunale la sperimentazione, permettendo così a Bergamo di divenire una delle prime città in Italia dove, in modo sistematico, il teatro di ricerca viene presentato con la stessa dignità del teatro tradizionale.
Va precisato che dal 2000-2001, anno in cui la sottoscritta ha assunto la direzione artistica di Altri Percorsi, il cartellone ha un tema specifico di riferimento annuale. Questa scelta ha permesso da una parte il confronto su unico argomento da parte di realtà teatrali anche molto diverse fra loro, dall’altra, fin dall’inizio, ha creato possibilità di approfondimento .
I temi sono scelti di anno in anno, rispetto ai tantissimi spettacoli visti in giro per l’Italia. Ovviamente la priorità nella scelta è data dalla qualità artistica del prodotto teatrale e, solo successivamente, dal legame tematico che emerge via via che i titoli si vanno definendo.
Con questa precisa modalità per la stagione 2005-2006 viene scelto il titolo Tracce straniere: in cartellone sono ospitati spettacoli che parlano di immigrazione, ma anche di diversità, perché l’idea di fondo è che esistono stranieri di terra, ma anche stranieri per pensiero, stranieri per la propria specificità. Ci interessa approfondire il tema perché essere stranieri è una cosa che riguarda tutti, che serve a ricordare come tutto ciò che è dato non è di nostro possesso, ma dono da difendere dall’intolleranza, dal pregiudizio, dalla guerra… In cartellone c’è anche uno spettacolo come le Troiane di Euripide, uno dei testi più belli mai scritti per dare voce al canto e al dolore dei vinti, che dice la follia della guerra. Da questo input tutto teatrale decidiamo che la scommessa è alta e che il Teatro Donizetti è pronto a giocare il proprio ruolo sul territorio. L’Assessore alla Cultura, Enrico Fusi, dal cui assessorato il Teatro Donizetti dipende, decide di scommettere su questo tipo di attività ed accoglie di buon grado il tema, tanto da riproporlo come tema unificante per l’assessorato nell’anno successivo (2007). Per questo motivo l’argomento viene mantenuto anche nel 2007, grazie anche a convergenze di spettacoli favorevoli.
Alle spalle, come si è detto, si aveva un anno (2005) in cui avevamo già sperimentato alcune esperienze di lavoro di rete che ci rassicurano sulla possibilità che la città possa rispondere alla provocazione del teatro: la rassegna teatrale diviene luogo di riflessione per la città, attivando percorsi artistici e culturali nei quartieri, nei musei, presso enti ed associazioni, scuole e biblioteche…
Criteri fondamentali: condivisione e continuità
I criteri principali di lavoro vengono specificati fin dal primo anno e nascono dall’esperienza che ho maturato sia in ambito teatrale (come animatrice e studiosa di teatro ragazzi), che in ambito culturale e sociale (progetti museali, coordinamento di tavoli territoriali, formazione adulta nell’ambito del volontariato, conduzione di corsi sull’educazione alla cittadinanza…).
La prima azione è il coinvolgimento di ogni singolo ente nel rispetto e nella valorizzazione delle sue specifiche competenze. Questo aspetto è molto delicato, soprattutto, durante il primo anno. Poi, negli anni successivi, la conoscenza reciproca permette di dare per scontati alcuni passaggi iniziali e di iniziare immediatamente la fase di programmazione. Il progetto viene studiato insieme dalla sottoscritta, rappresentante del Teatro Donizetti, con il responsabile e gli operatori dell’ente coinvolto. Molto tempo è dedicato alla fase di progettazione condivisa, per poi proseguire nell’affiancamento dell’esperienza in itinere.
Durante il primo anno al centro sono le singole realtà in sinergia con il lavoro compiuto dal teatro, e solo in un secondo momento si avviano intrecci fra i vari progetti. Nel caso di iniziative legate ai quartieri, però, si cerca fin dall’inizio, di creare collaborazione fra più enti.
Non avere prefigurazioni del lavoro da compiere, nella fase iniziale, permette una costruzione il più possibile attinente alle vere esigenze della realtà che si andrà a coinvolgere.
Questo discorso vale, a maggior ragione, per quanto riguarda i laboratori (teatro e musica), dove un margine di libertà deve essere mantenuto anche durante il percorso, per poter cogliere le urgenze e le spinte creative che emergono dal gruppo, fino alla fase finale in cui un’eventuale spettacolo deve nascere dall’esigenza di comunicazione del gruppo e non per obbligo istituzionale.
Se la sperimentazione iniziale ha permesso di riconoscere la fattibilità della rete culturale, subito è emerso, come elemento fondamentale, il bisogno di poter dare continuità alle relazioni ed ai percorsi intrapresi. Questo, se da una parte dà visibilità e significato ai progetti per il territorio, a maggiore ragione diviene importante per l’impegno dei singoli e del loro riconoscimento identitario di appartenenza all’impegno collettivo.
Intrecci di saperi nella città
Ciascuna delle esperienze realizzate in questi quattro anni meriterebbe uno spazio di riflessione, perché ogni proposta ha una sua specificità, un proprio percorso di ricerca e di approfondimento. Nelle pagine che seguono abbiamo scelto alcuni esempi che ci sembravano significativi del percorso compiuto.
Credo però che anche i semplici numeri, sebbene non riescano a dare l’idea dell’originalità di ciascuna delle iniziative compiute, possano esemplificare la complessità su cui abbiamo operato in questi anni.
Nel 2005-2006, anno di avvio del progetto riguardante il tema dello straniero sono stati coinvolti 48 enti ed associazioni, insieme con i quali sono stati portati avanti 23 progetti e sono stati offerti alla città circa 70 appuntamenti (mostre, conferenze e seminari, una serie di percorsi storico-artistici, interventi didattici nei musei, spettacoli, percorsi teatrali e cinematografici). Nel 2006-2007 gli enti coinvolti sono stati 65 (solo una realtà non ha proseguito, mentre se ne sono aggiunte 18), 31 i progetti (8 in più rispetto all’anno precedente).
Per questi primi due anni l’importante contributo offerto dalla Fondazione della Comunità Bergamasca ha potuto garantire un ampio ventaglio di proposte. A partire dal 2008, per ragioni economiche si è dovuto ridimensionare il numero di progetti, nonostante numerose siano state le richieste prevenute da nuovi enti. Nella scelta si è privilegiata la continuità di chi già aveva aderito al progetto negli anni precedenti e i lavori con una dimensione formativa.
In questi anni la scelta di fondo è andata nella direzione opposto dei cosiddetti interventi “a pioggia”, inutile pensare ad una rotazione di enti, meglio dare la possibilità di proseguire negli itinerari intrapresi consolidando dinamiche e processi. Questo vale soprattutto, come appena detto, in ambito formativo, come si vedrà meglio nei singoli esempi di costruzione di laboratori teatrali rivolti alle fasce più deboli e con meno opportunità.
Nel 2008 la scelta di un tema come quello della casa (Fra case di tutti i giorni), di valenza universale, ha permesso una continuità in linea con gli anni precedenti. Lo sforzo progettuale si è ripetuto nella stagione 2009, legata al tema della famiglia (Foto di famiglia ed altri incidenti).
In alcuni casi i progetti si sono interrotti per un circolo virtuoso scaturito dall’esperienza: il raggiungimento dell’autonomia. È il caso ad esempio di una scuola/oratorio che coinvolge un gruppo di ragazzi con disagi psico-sociali: riconoscendo nel laboratorio teatrale un valido strumento formativo, riescono a trovare finanziamenti e risorse aggiuntive per poter proseguire da soli l’esperienza.
La festa: l’incontro nella città
Alcune delle proposte fatte nascono immediatamente con un intento comunicativo, è il caso degli itinerari culturali ed artistici nella città, degli incontri con autori ed artisti, dei percorsi di approfondimento nei musei… Per quanto riguarda, invece, l’esperienze dei laboratori teatrali ed artistici, l’incontro con il pubblico scaturisce da un’esigenza di cui il gruppo si fa carico in itinere, con modalità e tempi propri di ogni singola realtà. La libertà è elemento fondamentale della scelta, scelta che nasce dal dialogo fra il gruppo, l’artista di riferimento e, ancora una volta, il Teatro Donizetti. In questa fase il mio ruolo è sempre stato principalmente di ascolto, per poi valorizzare nel momento decisionale la scelta compiuta. Ad esempio programmando lo spettacolo finale in un momento significativo per il quartiere o mettendolo in rete con altri appuntamenti.
Vi sono state poi due occasioni in cui la città ha visibilmente accolto la fase conclusiva del lavoro compiuto: la festa del 3 giugno 2007 e l’evento centrale del Carnevale 2009.
Se ogni percorso ha avuto la sua conclusione all’interno del proprio luogo di appartenenza (ad esempio nei quartieri o nelle sedi delle associazioni), al termine del primo biennio di lavoro sul tema dello straniero (Tracce straniere 2006 e Città luogo d’incontro 2007) si è pensato di realizzare un momento comune di restituzione da proporre a tutta la cittadinanza. È nata così l’idea di proporre una grande festa il 3 giugno del 2007 per le vie e le piazze di Città Alta.
Un giornata tersa, luminosa, in mezzo a due giornate cariche di nuvoloni e di pioggia, un lavoro enorme assunto con grande generosità da compagnie teatrali, formatori, educatori, animatori, bambini, adulti, insegnanti, musicisti… Ad ogni angolo della città antica, lo spettatore o il viandante poteva trovare qualcosa di inaspettato, frutto di un lavoro di mesi, ma offerto così sulla piazza con leggerezza e con gioia, con l’emozione e lo stupore che è proprio delle cose che nascono dalla presa in cura di sé e degli altri. È stato un incontro che ha assaporato l’ascolto reciproco. Nel tempo di un pomeriggio, a scadenza temporale le azioni si ripetevano, i video ripartivano, i musicisti suonavano, ogni gruppo ha dosato il tempo a propria disposizione per poter dire, fare vedere ciò che era più importante, ciò che era riuscito meglio.
Quindici luoghi della città antica sono stati attraversati e abitati da parate, teatro di strada, spettacoli, proiezioni video, gruppi musicali… L’avvio è dato dal Sindaco della Città che consegna i diplomi di mediatori museali per la galleria d’Arte Moderna e Contemporanea progetto che ha coinvolto trentanove persone, provenienti da ventiquattro paesi diversi: testimoni dell’evento diversi ambasciatori dei paesi d’origine.
Poi la città fa riemergere la cinta sacra del rito, dove le parti vengono confuse e la partecipazione diviene azione diffusa. Luoghi suggestivi sono abitati da significati diversi rispetto alla loro originaria funzione: la polveriera diviene al tramontare del sole, il luogo ancestrale che raccoglie i racconti delle donne sulla nascita, il lavatoio di fine Ottocento fa da riparo ad un ricco banchetto preparato con cura da mani proveniente dai quattro angoli del mondo, la sala Viscontea di origini trecentesche, raccoglie le immagini di bambini che dicono il loro essere figli della complessità, dando voce ad animali di un teatrino immaginario, il terrazzo naturale che dal Chiostro minore di san Francesco si sporge sul colle di Sant’Eufemia verso il lato orientale della città bassa, diventa palcoscenico del Mito del viaggio degli Argonauti da parte di giovani che dalle loro terre hanno ricucito una vita su questa terra bergamasca.
Circa quattromila persone hanno vissuto quella giornata, dimostrando di partecipare con gioia ad un clima di festa: donne e uomini, bambini e bambine, italiani e stranieri, mettendosi in gioco, hanno fatto un pezzo di strada insieme per realizzare momenti d’arte in nome della diversa provenienza o della diversa storia personale.
Molto diversa è la genesi del rapporto nato fra i progetti di Altri Percorsi e il Carnevale 2009. Innanzitutto bisogna spiegare come dal 2006 il Comune di Bergamo ha affidato il Carnevale cittadino alla direzione artistica della prosa ed amministrativa del Teatro Donizetti. Nel 2007 si ha una svolta con Il Trionfo di Cibele - ricostruzione della Mascherata allestita dai nobili bergamaschi nel febbraio del 1733 - si ha la prima esperienza di lavoro di rete fra le compagnie, ognuna delle quali realizza una propria performance a lato della sfilata curata dalla costumista Barbara Petrecca. Nei due anni successivi si decide di affidare ad un artista di arti figurative legato al mondo del teatro il carnevale. Nel 2008 si inaugura Bergamo piazza delle meraviglie, al centro il mondo poetico e fantastico di Antonio Catalano. La gente, nei giorni precedenti la festa, vive una piazza Vecchia trasformata dalla presenza dei Padiglioni delle Meraviglie e dalla Giostra del Tempo. La domenica per il Grande Corteo di Carnevale si riversano per le vie più di cinquemila persone. Ed è in questa occasione che il Carnevale incontra per la prima volta i progetti di Altri Percorsi: due gruppi sono invitati a partecipare. Si tratta di una sorta di restituzione, dopo due anni che il Comune finanzia per loro corsi e sostiene la loro attività, ora è loro chiesto di contraccambiare con la loro presenza. Mentre il gruppo musicale Aquaba nato dall’esperienza dell’Associazione Arcobaleno (centro di alfabetizzazione e di cultura multietnica) propone le sue produzione musicali, il gruppo teatrale di giovani nato dalla collaborazione con il centro EDA e la guida di Albino Bignamini, indossa i goffi costumi disegnati per loro da Catalano e trasporta grandi statue totemiche dell’artista astigiano. A tratti le sculture vengono appoggiate e i ragazzi compiono un gesto semplice ed antico, si avvicinano al pubblico e lo abbracciano. Nessuno si sottrae a quel gesto di vicinanza che commuove. Questo carnevale compie una piccola rivoluzione: la gente diviene parte della festa, non solo osserva meravigliata, ma si lascia coinvolgere, capisce che la festa è sua, è condivisa. Sembra di essere un paese dove ci si conosce e si ha voglia di stringersi la mano, di parlare, di ridere insieme. Non è una festa urlata, ma una festa gentile, fatta di ascolto e di attenzione, e ci si diverte davvero.
L’anno successivo continuiamo in questa direzione, l’artista guida è Marcello Chiarenza, la sua è una poetica imperniata sulla creazione giocosa e fantastica di oggetti dalla forte valenza simbolica. Ma la vera novità è un’ulteriore coinvolgimento della città, proprio a partire dai gruppi nati dai progetti di Altri Percorsi: i ragazzi dei corsi professionali del Patronato San Vincenzo (associazione La Piazza per le attività pomeridiane) costruiscono delle meravigliose meduse fluttuanti che avvolgono di magie le piazza e le strade di Città Alta, i giovani attori del centro EDA, ormai compagnia teatrale No-made, sono trasformati in mosche portatori di sorprese sonore e visive, i ragazzi della Fondazione san Giorgio (centro per il doposcuola e l’attività ricreativa di circa 200 bambini del quartiere più multietnico della città) costruiscono e danno vita ad un fantastico Albero del Pane, mentre i bambini della scuola primaria Calvi provenienti da diversi paesi del mondo, creano una suggestiva sequenza narrativa sul tema della natura nello scorrere delle stagioni. Al loro fianco realtà teatrali del territorio si mettono a servizio a partire dai laboratori che vengono avviati cinque mesi prima del carnevale per la costruzione dei materiali e la preparazione delle performance. Altre realtà partecipano all’evento: scuole di teatro (Erbamil, Teatro Prova, CUT), gruppi di danza e di teatro di strada (le Molecole e il Bilico Teatro), oltre a diversi gruppi musicali (fra cui i confermati Aquaba) e bande.
Oltre duecento persone contemporaneamente, sotto la regia di Fabio Comana, danno vita alla festa.
Questo momento ha dato un senso ed un compimento ai progetti di questi anni, creati per rispondere ad alcune lacune di proposta culturale e formativa, ma ora parte integrante dell’azione culturale ed artistica del tessuto urbano.
La mappatura geografica dei progetti
La distribuzione dei progetti sul territorio aiuta a chiarire l’evoluzione che si è avuta nel corso degli anni. Il primo anno i partner di progetto sono stati:
1) gli enti appartenenti all’Amministrazione Comunale che in qualche modo interagiscono col tema dell’immigrazione, sia per ragioni sociali (es. l’Assessorato ai Servizi Sociali e l’Assessorato alle Politiche Giovanili), che per ragioni culturali (Museo di Scienze, Museo Archeologico, GAMeC, Accademia Carrara, Sistema Bibliotecario Urbano);
2)
3) le realtà che nel loro lavoro si incontrano con il tema dello straniero (i centri EDA, i corsi di alfabetizzazione, associazioni e cooperative).
4)
Nel secondo anno, pur continuando queste collaborazioni, si è accentuato il lavoro nei quartieri, luogo privilegiato dell’incontro fra cittadini italiani e stranieri. In particolar modo si è voluti intervenire nelle realtà più marginali, ad esempio quartieri periferici o ad alto livello di immigrazione. In questa scelta il criterio non è mai stata la visibilità, ma piuttosto la ricerca di senso per chi veniva coinvolto e le possibilità di creare dei ponti con la realtà circostante.
Mentre il primo anno la sollecitazione è arrivata dal soggetto promotore, cioè il Teatro Donizetti, negli anni successivi le richieste di collaborazione sono pervenute dall’esterno, segno di come l’esperienza sia vissuta positivamente e riconosciuta dalla città.
I progetti si possono dividere in due filoni di lavoro, uno riguardante la riflessione culturale intorno al tema dello straniero, ed uno legato alla produzione di laboratori teatrali e musicali. Questa sezione si è rivelata certamente quella di maggiore impatto sia per quanto riguarda il coinvolgimento dei cittadini italiani, che di quelli stranieri: i linguaggi artistici, nella loro vocazione ad una comunicazione globale, hanno permesso di creare momenti di incontro significativi.
Per quanto riguarda, invece, l’utenza del progetto, una buona parte dei laboratori riguarda i bambini (a partire dalla scuola elementare) e i giovani. Il loro protagonismo in realtà veicola la relazione anche del mondo adulto (genitori, educatori, insegnanti, animatori…) attraverso la condivisione del percorso e, soprattutto, nel momento di festa finale. Buona parte delle attività più spiccatamente culturali è rivolta agli adulti, ma siamo riusciti in alcuni casi a coinvolgere anche questo tipo di utenza nei percorsi esperienziali. Nei laboratori è privilegiata la qualità rispetto alla quantità, in tutti i casi si è mantenuto un numero di partecipanti (15/20) che permettesse di svolgere un lavoro accogliente per ciascuno e potesse aiutare la reciprocità di relazione.
Se le sezioni successive presenteranno alcuni progetti per voce degli stessi protagonisti, di seguito vengono esplicitate in termini generali i due filoni di intervento: i progetti culturali e i progetti teatrali-artistici. Vista la complessità non è possibile richiamare per scritto tutto ciò che è stato proposto, per la qual cosa si rimanda ai programmi annuali presenti in Appendice.
I progetti culturali
Di questo filone fanno parte le iniziative promosse dai musei e dagli enti culturali della città. Si è partiti dalla possibilità di rileggere il tessuto urbano attraverso le sue tracce storiche. Così i diversi gruppi di guide operanti nel territorio hanno, da una parte, proposto itinerari nelle vie e negli edifici per riscoprire i segni di presenze straniere nella storia della nostra città, ma d’altra parte hanno anche focalizzato l’attenzione su alcuni luoghi del passato deputati all’incontro, crocevia diversi per chi proveniva da altri territori, come l’accoglienza monastica o la fiera, luogo di intreccio delle vie mercatorie presenti nella provincia. Questi interventi, così come i bellissimi approfondimenti realizzati dal Museo Archeologico o i percorsi iconografici nelle sale della Pinacoteca dell’Accademia Carrara, hanno aiutato a fare emergere i segni vivi di una presenza straniera costante che ciclicamente attraversa la storia e diviene portatrice di evoluzione e cambiamento. La stessa linea è proseguita negli anni successivi sul tema della casa e della famiglia.
In questo filone rientrano anche progetti di coinvolgimento culturale degli stranieri, ad esempio nel Museo di Scienze dove griot ed artisti hanno reso viva la sala etnografica, uno spazio suggestivo dove sono esposti manufatti ed oggetti di grande rilevanza artistica e rituale attribuibili a culture tradizionali del continente africano. Nel 2008-2009 (tema la casa e la famiglia) con il Museo e l’Ufficio Scolastico Provinciale si è avviato un lavoro di ricerca nelle scuole primarie con il posizionamento di nidi e la consegna di schede di rilevamento per mappare la nidificazione degli uccelli in città. O alla biblioteca centrale Tiraboschi dove ai bambini sono state presentate storie di diversi popoli attraverso la presenza di scrittori ed illustratori stranieri, per poi proseguire con ospiti illustri come Silver e Nicoletta Costa.
Progetti di carattere culturale sono stati realizzati anche nei quartieri - in collaborazione con l’Università si sono realizzati dei momenti di confronto su temi importanti come l’assistenza sanitaria o la politica abitativa - e con la casa circondariale: all’interno del corso di alfabetizzazione del centro EDA è stato fatto un approfondimento sul tema del confine, che ha portato alla pubblicazione interna di un testo che raccoglie le riflessioni emerse.
Un lavoro mirato di approfondimento è stato compiuto anche presso alcune scuole superiori di città e provincia, in collaborazione con l’Assessorato alle Politiche Sociali e con la cooperativa Migrantes (che ha lavorato in specifico su questi temi). I percorsi proposti sono stati collegati agli spettacoli in cartellone e sono serviti ad approfondire alcuni temi suscettibili di approfondimento, come ad esempio la dimensione dei rifugiati politici e il rapporto fra emigrazione ed immigrazione in Italia. Si è deciso che al centro del lavoro ci sia l’incontro con stranieri che vivono direttamente l’esperienza che si va ad indagare, testimonianza imprescindibile per attivare un confronto sulla realtà. In altri casi si sono attivati veri e propri laboratori, come nel caso del liceo linguistico “Falcone” dove è stato proposto un laboratorio di realizzazione di video documentari .
Particolare attenzione merita il progetto quadriennale compiuto con la GAMeC (Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea) a partire da Ospiti DONOre “lo scendere e ’l salir per l’altrui scale” per arrivare alla creazione dei Mediatori Museali e al lavoro di questi ultimi nelle scuole oltre che nella Galleria (progetto teatrale Il museo dei destini incrociati)
I progetti di teatro, video e musica
Essendo le attività promosse e realizzate dal Teatro Donizetti, è logico che l’attività teatrale abbia sempre rivestito un ruolo di rilievo all’interno dei progetti. Ma non è solo questo: il linguaggio del corpo, l’espressione della voce, oltre che esperienze che coinvolgono globalmente la persona, sono anche linguaggi universali e, per questa loro natura, luogo possibile per l’incontro. Nei laboratori teatrali immediatamente ci si trova ad interagire come persone e la propria provenienza geografica viene filtrata unicamente dall’esperienza personale, attraverso la propria storia individuale ed unica. Si lasciano così fuori dal laboratorio pregiudizi e luoghi comuni, per lasciare spazio all’originalità di ciascuno. L’esperienza teatrale permette nel training e nel lavoro preparatorio di mettere in gioco i partecipanti del gruppo su un piano paritario (cosa ancora più vera quando si parte, come nella maggior parte del lavoro compiuto, con principianti), creando un clima di accoglienza e riconoscimento reciproco, mentre in un secondo momento emergono i vissuti personali, le storie singole che vengono condivise dal gruppo e si trasformano in racconto. Dalla narrazione che scaturisce dal confronto interno al laboratorio, emerge la comunicazione (spettacolo) che il gruppo proporrà all’esterno, al quartiere, alla città.
È con queste premesse che sono state proposte diverse esperienze facendo riferimento alle numerose realtà professionali presenti nel nostro territorio: ben otto compagnie teatrali operanti in bergamasca sono intervenute nei quartieri, nei CAG (centri di aggregazione giovanile), negli oratori, nei centri EDA e nelle scuole dei vari ordini… Diversi sono stati i linguaggi usati, nella scelta si è sempre cercato di valorizzare la poetica e le specificità dei linguaggi di ciascuna compagnia artistica: dai laboratori teatrali e narrativi, a quelli legati al teatro di figura, dalla creazioni di video ai percorsi a tema come quello sulla maternità (rivolto in parallelo a donne e bambini), dall’esperienze di costruzione di maschere con materiali di riciclaggio all’uso della maschera della Commedia dell’Arte. Quest’ultimo percorso (La via delle maschere), realizzato con un gruppo di ragazzi stranieri ed italiani all’interno di una collaborazione fra una scuola media statale ed un oratorio, ha evidenziato come un tema apparentemente centrato sulla tradizione italiana, attraverso il lavoro sugli archetipi, sia invece potente volano di suggestioni su temi che toccano l’immaginario comune, come l’uso del denaro, aspetto già rilevante nella preadolescenza. In parallelo una scuola primaria (Parata Pirata) ha operato sulla costruzione della maschera con materiali naturali e di riciclaggio, per arrivare al movimento del corpo individuale e alla dimensione coreutica. Due esempi per dire la potenzialità del mezzo, il primo terminato con una rappresentazione in palcoscenico, il secondo momento di teatro di strada in forma di parata.
Momento significativo, che ha segnato i progetti successivi, e ha chiuso il primo anno di attività (2006), è stata la presentazione di due spettacoli (regia di Albino Bignamini) proprio al Teatro Donizetti: Appunti di viaggio e Ci chiama il mare. Il primo realizzato da adolescenti stranieri del Centro EDA di Redona e da ragazzi italiani, il secondo proposto da un gruppo di adulti italiani e stranieri (Laboratorio Teatrale Multietnico) guidati da Silvia Briozzo. Entrambi gli spettacoli resi sul filo di una narrazione sospesa fra sogno e realtà, sono racconti, ora singoli, ora corali, sofferti o ironici, di una condizione umana difficile e poco compresa, che si fa espressione di culture diverse, ma dello stesso umano patire di lontananza e solitudine. Il primo è centrato sulla dimensione adolescenziale della scelta, a partire dall’immagine metaforica di Hansel e Gretel e del loro vagare nel bosco alla ricerca di una propria strada. Il secondo, avendo come riferimento la metafora del mare, si lega alle vicende umane attraversate dagli attori nei loro viaggi di emigrati. Entrambi i lavori nascono dal contributo emotivo esperienziale che ogni partecipante ha dato nel laboratorio.
La serata è stata preceduta di un mese dalla presenza dello spettacolo Pinocchio Nero dei ragazzi ex chokora di Nairobi. Per queste due serate italiani, bergamaschi, senegalesi, ucraini… hanno abitato il salotto buono della città per trasformarlo un po’ più casa di tutti. Significativo l’inizio di Ci chiama il mare: gli attori sono ciascuno in un palco, trasformato in abitazione dei ricordi, luogo arredato con gli oggetti più cari della stanza intima della memoria.
Due spettacoli nati tra i progetti e poi in giro per l’Italia
Due sono i progetti nati nelle attività collaterali che hanno avuto come conclusione la produzione di un lavoro teatrale professionale. Il primo, ha origine dal lavoro di rete compiuto durante la stagione 2005 intorno alla Legenda Aurea, ma che ha trovato compimento nel 2008 durante la stagione di Altri Percorsi dedicata al tema dell’abitare. Nel 2005 si è affidato a Laura Curino un lavoro di presentazione degli affreschi di Lorenzo Lotto nella Cappella Suardi a Trescore, ciclo ispirato al testo di Jacopo da Varazze. Tale progetto realizzato con la rassegna di teatro sacro DeSidera, concludeva con una performance dell’attrice sul tema. Nel 2008 la scelta da parte del teatro è concludere quel progetto con una produzione insieme all’Asssociazione Muse e l’associazione Sant’Agostino. Lo spettacolo, per la regia di Roberto Tarasco, vede in scena Laura Curino che narra le storie di Santa Barbera e del suo martirio, la trascrizione scenica crea un intreccio fra la parola e le suggestioni dell’affresco, fra la storia della giovane martire e gli adolescenti di oggi.
Più complessa è la genesi dell’altra produzione Il ritorno¸ nato da una impegnativa ricerca compiuta dall’attrice-regista romana Veronica Cruciani in due quartieri di Bergamo: la Malpensata e via Quarenghi. L’utilizzo della memoria orale per ricostruire la storia passata e presente di luoghi, ha richiesto la collaborazione di molte realtà del territorio e ha visto il suo compimento nella scrittura scenica di un drammaturgo importante come Sergio Pierattini. Il testo teatrale traspone nella finzione scenica le suggestioni della ricerca. Ne nasce uno spettacolo intenso con l’interpretazione di Gigio Alberti, Milvia Merigliano, Alex Cedron e la stessa Cruciani, spettacolo che ha avuto l’onore di ricevere nel 2008 il Premio Associazione Nazionale Critici Italiani come “Miglior testo” ed essere finalista al Premio Ubu come “Nuovo testo italiano”.
La genesi, i percorsi compiuti e i testi sono stati pubblicati nella collana “Tracce” edita dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Bergamo.
Conclusioni e ringraziamenti
Tutti i progetti realizzati sono stati possibili grazie alla passione di centinaia di persone che con professionalità ed impegno hanno dato via ad una rete di lavoro intensa. La volontà per ciascuno è stata quella di rinunciare a protagonismi e di mettersi a servizio di un bene comune, scegliendo, di volta in volta, le opzioni che rispondessero meglio ad una proposta culturale di qualità e ad un percorso formativo più attento alle singole persone, che ai risultati.
Questo è stato tanto più vero per i laboratori proposti dalle compagnie teatrali, dove registi ed attori hanno messo a servizio la propria arte in modo attento e prezioso, compiendo con gli utenti percorsi artistici, ma prima ancora umani, dimostrando di riuscire a realizzare spettacoli, video, performance di ottima qualità a partire proprio dal rispetto di chi veniva loro affidato. Il teatro non può che essere proprio questo, quando scende dalle tavole del palcoscenico e si immerge nella città: un incontro diretto, irripetibile, come un abbraccio che non può mai essere uguale. Difficile oggi capire quale segno verrà lasciato alla città da questi quattro, cinque anni di lavoro, se si proseguirà sul percorso tracciato o altre saranno le scelte che verranno compiute dalle future amministrazioni. Intanto resta la speranza che qualcosa possa restare nella vita delle persone che hanno attraversato questi percorsi e questi vissuti.
Un grazie particolare va a ciascuna delle associazioni il cui nome è riportato nell’elenco finale dei partecipanti, ciascuno di loro ha dimostrato disponibilità, curiosità e voglia di sperimentare il nuovo. Ma alla fine dire associazioni, vuole dire persone singole che con la loro passione, e spesso con un servizio discreto, operano come operatori culturali ed artistici, formatori ed insegnanti nella nostra città, portatori non solo di cultura, ma anche seminatori di tolleranza e di pace.
Grazie ad Enrico Fusi che con passione politica ha condiviso l’avvio dei progetti, e a Massimo Boffelli, direttore del teatro, che ha creduto nel lavoro compiuto e con caparbietà ha, fino ad oggi, permesso la loro prosecuzione, sostenendoli, pur fra le tante difficoltà amministrative.
Un grazie anche a chi, affiancandomi nel lavoro organizzativo e promozionale, ha permesso che la rete nascesse e potesse proseguire: Silvia Lazzari che ha condiviso con me dal 2007 gran parte del lavoro, dalla grafica alla logistica dei momenti di festa.
Un grazie a Roberta Arcelloni, questo Quaderno è stato realizzato per merito della sua generosità e della sua forza di volontà, doti che ho avuto la fortuna di ammirare nel lavoro comune della commissione prosa di questi anni.
Un grazie particolarissimo va alla mia piccola Laura che è sempre stata presente nei momenti importanti, aiutandomi e divertendosi. Anche per lei queste cose sono state immaginate e costruite nella speranza di una città che sia ogni giorno di più educata alla bellezza e al rispetto.
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