ateatro 69.5 I dipendenti dell'ETI sulla crisi dell'Ente Il documento sindacale frutto dell'assemble del 10 maggio di I lavoratori dell'ETI
In una bacheca all'interno della sede dell'Ente Teatrale Italiano è stato affisso e reso disponibile questo documento. Riteniamo sia utile diffonderlo, affinché la discussione sulla attuale situazione e sul futuro dell'ETI possa godere di una informazione più ricca e trasparente. (n.d.r.)
Il 10 maggio 2004, in Via Morgagni 13 a Roma, si è riunita l’assemblea dei dipendenti dell’ETI in servizio presso la Direzione Generale. Ha partecipato la quasi totalità dei dipendenti del parastato e dell'AGIS, alla presenza di alcuni rappresentanti sindacali nazionali.
L'assemblea ha manifestato all'unanimità l'esigenza di produrre il presente documento e di richiedere a tutte le organizzazioni sindacali di indire lo stato di agitazione del personale, ove necessario.
Nel dicembre 2003 i dipendenti dell’ETI hanno scritto una lettera aperta al Ministro Urbani e al Teatro italiano, lanciando un grido di allarme sullo stato di crisi dell’Ente. A distanza di cinque mesi dal primo documento del personale, che denunciava la grave situazione in cui versa l’Ente, non si registra il minimo segnale di miglioramento e i motivi di allarme di allora permangono immutati, se non aggravati:
· le ripetute dichiarazioni sugli esuberi di personale nei teatri gestiti;
· le dichiarazioni pubbliche del Presidente e di alcuni esponenti del CDA aggravate dagli articoli apparsi sul quotidiano “Il Messaggero” il 5 maggio;
· un bilancio 2004 che prevede solo ed esclusivamente la gestione dei 4 teatri: Valle, Quirino, Pergola e Duse;
· la mancanza di indirizzi e di una strategia di attuazione delle finalità dell’Ente;
· la mancata consegna alle organizzazioni sindacali di risposte in merito al piano aziendale e alle politiche programmatiche dell'Ente;
· la richiesta delle categorie teatrali di escludere l'ETI dal FUS e di dirottarne il finanziamento alla ARCUS (“Giornale dello Spettacolo” del 7 maggio);
· il dispositivo collegato all’art 34 della Finanziaria che prevede da parte dei ministeri vigilanti l’individuazione degli enti da accorpare, privatizzare o chiudere entro il 30 giugno 2004.
È proprio quest’ultima scadenza che, qualunque sia l’esito, obbliga a misurarsi con una domanda centrale che ci investe come operatori teatrali e come cittadini: quali sono le ragioni dell’esistenza di un organismo pubblico nazionale per la promozione del Teatro in un contesto italiano ed europeo?
In attesa che i cambiamenti previsti dalla riforma del titolo V della Costituzione siano pienamente attuati e che altre riforme, da tempo in cantiere, portino a quel nuovo assetto dell’organizzazione del Paese cui si fa comunemente riferimento con il termine devolution, già da lungo tempo il sistema teatrale ha sperimentato un diverso rapporto tra centro e periferia.
Il Teatro italiano si è paradossalmente trovato, rispetto alle sue ridotte dimensioni, a essere uno dei primi segmenti della vita produttiva del Paese a prendere coscienza della crisi della centralizzazione dell’organizzazione statale, grazie a quell’abrogazione del Ministero del Turismo e dello Spettacolo che fu nel 1993 segnale precoce di profondi cambiamenti in atto e della conseguente necessità di riforme.
Appare ormai chiaro che “la storia infinita” di una legge per il Teatro, attesa da quarant’anni, troverà il suo epilogo nel momento in cui incontrerà le riforme che daranno un assetto definitivo alle trasformazioni in atto.
Nel riordino delle funzioni tra Stato, Regioni ed Enti Locali potrà trovare la sua collocazione il ridisegno delle politiche pubbliche a favore della cultura e in particolare del Teatro. Politiche che trovano la loro ragion d’essere nell’idea di Teatro come servizio pubblico e di spesa pubblica per il Teatro intesa come investimento per lo sviluppo.
All’interno di questo quadro di riferimento, l’ETI, quale unico ente nazionale per il Teatro, si è trovato in tempi recenti ad occupare una posizione strategica e può ancora essere considerato una risorsa per sviluppare, in un ridisegno del sistema nazionale, funzioni di raccordo nel concorso tra Stato, Regioni ed Enti Locali, attraverso il metodo della concertazione che si va affermando in tutti i settori dell’economia nazionale come il più avanzato e praticato per creare sviluppo.
È proprio partendo da queste considerazioni e dalla consapevolezza della necessità per il sistema teatrale di conservare un’agenzia, centrale e pubblica, di promozione dell’intero sistema, per potersi confrontare con la fortissima domanda di identità culturale dei territori da una parte e con gli scenari europei e internazionali dall’altra, che il personale dell’ETI guarda con sgomento al repentino degrado dell’assetto economico e progettuale che ha fatto seguito alla fine del commissariamento e all’insediamento del nuovo CDA.
Al centro di tutto è il concetto di deficit sbandierato ripetutamente dal Presidente dell’Ente con riferimento a presunti buchi di bilancio lasciati dalla precedente gestione. In realtà, come vedremo, i dati di bilancio descrivono una situazione molto diversa mentre non è in alcun modo occultabile o mascherabile il vero deficit che colpisce l’Ente, che è un deficit di “missione”. Dove il termine "missione", mutuato dal linguaggio tecnico della moderna pubblica amministrazione, sta ad indicare il servizio pubblico fornito dall’Ente al cittadino, che trova la sua compiuta descrizione nello statuto emanato dal Ministro.
L’Ente è passato da un’attività di promozione a tutto campo, capillarmente sviluppata in tutto il territorio nazionale (venti regioni) ad una attività che per il 2004 prevede unicamente la programmazione dei quattro teatri gestiti (tre città).
Un rapido excursus delle attività “storicizzate” dell’Ente che risultano scomparse:
· la diffusione sul territorio nazionale del Teatro di prosa in partnership con i circuiti regionali territoriali (più di 300 recite annue);
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· la diffusione sul territorio nazionale del Teatro di ricerca in partnership con i teatri stabili di innovazione per la ricerca (circa 150 recite annue);
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· "Il tempo dello spettatore", progetto di diffusione sul territorio nazionale del Teatro ragazzi, in partnership con i teatri stabili di innovazione per l’Infanzia e la Gioventù (più di 300 recite annue);
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· il catalogo, che raccoglieva tutte le informazioni relative alle produzioni di Teatro Ragazzi e che da vent’anni costituiva uno strumento prezioso per gli operatori del settore e gli Enti Locali;
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· il progetto di promozione teatrale nelle Aree Disagiate in partnership con Regioni ed Enti Locali, oltre che con operatori di tutti i settori;
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· il "Premio Scenario", dedicato ad artisti emergenti, finalizzato a promuovere la nascita di nuove realtà teatrali;
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· “Maggio cercando i teatri”, rassegna dedicata alle formazioni teatrali più giovani e “sperimentali”;
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· le "Giornate italo-francesi", nell’ambito del protocollo d’intesa siglato tra i Ministeri della Cultura dei due Paesi, che negli ultimi sei anni hanno consolidato la collaborazione con le istituzioni francesi;
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· "Percorsi Internazionali": ospitalità di spettacoli stranieri nei teatri direttamente gestiti;
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· progetti di scambio internazionale dedicati all'area euromediterranea;
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· attivazione diretta da parte dell’ETI di progetti sostenuti dall’Unione Europea e promozione di progetti di rete;
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· i progetti per l’area del disagio in collaborazione col Ministero di Grazia e Giustizia per minori ed adulti negli istituti penali;
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· i progetti dedicati alla formazione:
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corsi per organizzatori teatrali;
corsi per tecnici;
"Clown in corsia" (operatori nelle corsie degli ospedali);
formazione per le imprese;
formazione per i funzionari degli enti locali - progetto Pass;
· Pubblicazioni periodiche:
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Etinforma;
Etinforma di Quirino e Valle;
Etinforma La critica.
È qui utile ricordare “l’incidente” della rassegna stampa occorso negli ultimi giorni: in sede di bilancio preventivo 2004 si dimezza il budget dedicato alla rassegna stampa, servizio che l’ETI fornisce on line a tutto il Teatro italiano ma anche ai giornalisti e agli Enti Locali (la maggior parte dei contatti con il nostro sito è proprio dovuta alla consultazione della rassegna stampa, l’unica completa e specifica per il settore Teatro). La scomparsa della rassegna stampa dal sito ha provocato un'ondata di proteste (ampiamente prevedibile e segnalata dagli uffici stampa e comunicazione dell’ETI) con un articolo di fuoco sul quotidiano “Il Manifesto” a cui ha fatto rapidamente seguito una marcia indietro e la ripubblicazione della rassegna (un segnale di debolezza e confusione che si poteva evitare).
Tra le profonde trasformazioni che hanno segnato il passaggio alla gestione postcommissariale dell’Ente, c’è da registrare il mutamento della metodologia di base con cui l’ETI investe i fondi assegnatigli dal Ministero per la promozione del Teatro italiano. Il precedente metodo dei contratti di rappresentazione stipulati direttamente con le compagnie, nella cornice delle convenzioni siglate con i partner territoriali, è stato sostituito dal metodo della contribuzione diretta ai progetti presentati dagli stessi partner. Questo passaggio ha sollevato non poche perplessità nel Teatro italiano in quanto vede l’ETI riprodurre esattamente funzioni e modalità contributive già proprie del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. In buona sostanza, saremmo in presenza di trasferimenti passivi a favore dei medesimi soggetti già destinatari di contributo ministeriale, risvegliando il sospetto che possa trattarsi di doppia contribuzione. Ma l’impopolarità di tale trasformazione, che ha prodotto buona parte delle difficoltà di relazione che l’attuale gestione dell’Ente ha con il sistema teatrale, è stata determinata dall’applicazione di un regolamento per l’erogazione dei contributi estremamente complesso e di difficile applicazione, a fronte di somme erogate praticamente irrisorie. A conferma del fallimento dell’introduzione del nuovo sistema, ci sono le numerose defezioni di imprese teatrali che hanno dovuto rinunciare all’esiguo contributo assegnatogli perché non sono riuscite a rispettare le condizioni poste dal regolamento nel brevissimo tempo a disposizione per la realizzazione delle attività. In tal modo l’introduzione di un regolamento, che di per sé costituisce una buona prassi amministrativa, è diventata fonte di disservizio nei confronti di quel sistema teatrale che l’ETI ha la missione di promuovere.
Purtroppo, alla crisi delle relazioni con il Teatro italiano si affianca la perdita delle relazioni internazionali tessute con tenacia ed alta professionalità nel corso degli anni dall’Ufficio Estero dell’Ente.
Per contro, i nuovi progetti realizzati dall’attuale amministrazione sono stati i seguenti:
· nove rappresentazioni di due spettacoli di Irene Papas (€ 1.200.000,00);
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· “Les Italiens”: un teatro tutto italiano gestito nel pieno centro di Parigi per tre mesi in totale autarchia, al di fuori dei protocolli d’intesa e delle collaborazioni consolidate con la Francia, ha portato nella capitale francese 31 compagnie per complessive 108 recite, che al ritmo di tre debutti a settimana hanno totalizzato poco più di 11.000 spettatori, il tutto per un costo pari a quello di tre anni di progetto nelle Aree Disagiate (7 regioni, 22 città, centinaia di recite e migliaia di spettatori);
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· il Premio ETI “Gli Olimpici del Teatro”;
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· il progetto danza, attività questa introdotta dal nuovo statuto come missione dell’Ente che dovrebbe affiancare, con la stessa rilevanza, l’azione di promozione per il Teatro di prosa. Per questo settore d’intervento va dato atto all’attuale gestione che trattasi di un nuovo capitolo tutto ancora da scrivere.
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Si registrano, inoltre, numerose iniziative non ricollegabili a progetti, talvolta con caratteristiche di evento, che sono state sempre realizzate ma che hanno senso solo se ad integrazione e complemento di attività riconducibili a una logica progettuale di sistema.
Infine, sentiamo il bisogno in questo contesto di affrontare un problema sempre cruciale per la legittimità e l’efficacia di un’istituzione che svolge una funzione pubblica, ma particolarmente attuale per l’ETI alla luce di quanto emerso dai numerosi articoli comparsi su varie testate giornalistiche a proposito della trasparenza nella gestione dell’Ente. È un tema questo che va affrontato alla radice, nelle sedi in cui si esercitano le responsabilità di nomina degli organi di un Ente, che non sono solo i Gabinetti dei Ministri ma anche le Commissioni cultura di Camera e Senato.
Siamo in un Paese dove si pagano prezzi altissimi per la scarsa sensibilità con cui si affronta il problema del conflitto di interessi e il Teatro e le istituzioni culturali, come al solito, partecipano dei problemi complessivi del sistema paese. L’ETI fu commissariato nel ’93 perché lo statuto allora in vigore prevedeva la presenza, tra i 21 membri del CDA, di operatori culturali direttamente interessati ai contributi dell’ETI. Con il nuovo statuto, varato nel 2002 dal Ministro Urbani, si fa esplicito divieto di nomina tra i 5 membri del CDA di soggetti con interessi diretti nel settore. Deve essere chiaro che non basta una riga nello statuto per evitare il conflitto di interessi, ma occorre a livello politico la volontà di affrontare le nomine degli enti culturali in un’ottica di competenza e di autonomia, designando uomini di cultura o, se si vuole, manager che non operino nel settore specifico di riferimento (un esempio virtuoso in tal senso sono le nomine degli ultimi due governi alla presidenza della Biennale di Venezia). Ma andando ancora più a fondo in un Ente cui in prospettiva vengano affidate nuove funzioni, la composizione del CDA deve prevedere nomine che non siano esclusivo appannaggio del Ministro di riferimento ma che si articolino anche in presenza delle autonomie locali.
A proposito degli articoli pubblicati su “Il Messaggero” il 5 maggio rispetto ai dati di bilancio.
L’affermazione di un “disavanzo finanziario di 3 milioni di Euro di buco nel solo 2002” è falsa e non comprensibile. Leggiamo i bilanci consuntivi del 2001 e del 2002 (oggetto della Relazione della Corte dei Conti, certamente mal letta dal quotidiano):
Il bilancio consuntivo del 2001 chiude con:
· avanzo finanziario di € 1.171.890,67;
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· avanzo di amministrazione di € 1.394.404,94;
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· avanzo economico di € 245.259,19.
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La gestione del 2001, pertanto, evidenzia un risultato complessivo molto positivo, perché pur essendo improntata principalmente a un principio finanziario, ovvero di equilibrio fra entrate e uscite, ha realizzato anche un buon risultato economico.
Il bilancio consuntivo 2001 è stato approvato ad aprile 2002 dal nuovo Consiglio di Amministrazione. L’avanzo di amministrazione del 2001 è stato integralmente reinvestito nella gestione del 2002 e quindi la sua distribuzione è stata decisa dall’attuale CDA (Presidente Ardenzi, Direttore f.f. Fabbri). Nell’estate 2002 nomina di Galdieri come Presidente, e di Spocci come Direttore.
Il bilancio consuntivo del 2002 chiude con:
· avanzo finanziario di € 777.588,82;
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· avanzo di amministrazione di € 918.436,99;
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· disavanzo economico di € 630.836,11.
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Il bilancio consuntivo del 2002 è approvato ad aprile 2003 dall’attuale assetto dell’Ente; sempre questo assetto ha approvato il bilancio di previsione del 2003.
L’avanzo di amministrazione del 2002 è stato reinvestito per € 879.199,77 nella gestione del 2003.
Tutti questi atti hanno seguito l’iter amministrativo regolare e sono stati approvati dagli Organi dell’Ente (Collegio dei Revisori), dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dal Ministero per l’Economia e le Finanze, senza alcun rilievo.
In sintesi la cosiddetta “precedente gestione” ha lasciato all’attuale CDA avanzi di amministrazione disponibili per l’importo complessivo di € 2.273.604,71, tant’è che l’attuale CDA ha approvato il loro reinvestimento nella gestione e nell’attività.
Il costo del personale
Contrariamente a quanto affermato nell’articolo, le unità di personale dell’Ente sono attualmente 34 (a cui va aggiunto il Direttore Generale) e non 62, e i 180 dipendenti dei teatri sono distribuiti su tutti i 4 teatri gestiti dall’Ente e non solo sui due teatri romani (di questi, 25 sono distaccati presso la Direzione Generale).
Rispetto al costo del personale e alla dinamiche dei suoi valori nel tempo, bisogna precisare che i dati relativi alle effettive retribuzioni (ordinarie, di risultato e straordinarie) al personale - complessivamente fra direzione generale e teatri - sono cresciute fra il 2000 e il 2001 del 3,47%, e fra il 2001 e il 2002 del 2,08%. È da precisare che tali dati includono anche il costo del personale tecnico stagionale, costo che varia in funzione della quantità di attività svolta presso i teatri. È utile infine ricordare che il costo delle retribuzioni include anche il compenso del Direttore Generale, oggetto di trattativa “privata” fra l’Ente e la persona chiamata a rivestire tale carica, contrariamente a quanto avviene per i compensi attribuiti agli Organi Collegiali, verificati e contingentati dai Ministeri vigilanti. A partire dall’autunno 2002 il monte retribuzioni include pertanto anche il costo del compenso del nuovo Direttore Generale, considerevolmente aumentato rispetto alle precedenti gestioni (l’indennità di posizione e di risultato del Direttore Generale è passata da un valore di circa € 35.900,00 nel 2001, a € 49.600,00 nel 2002, per arrivare a circa € 70.000,00 nel 2003, con un incremento dalla vecchia alla nuova gestione pari al 51,3%).
Fra il 2002 e il 2003 l’incremento delle retribuzioni al personale registra un’impennata pari al 10,6% che andrebbe analizzata con estrema attenzione, e soprattutto tenendo conto di quattro elementi rilevanti:
· il rinnovo del contratto di lavoro del parastato, che ha “scaricato” sull’esercizio 2003 l’intero aggiornamento contrattuale pregresso;
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· la nuova retribuzione del Direttore Generale, varata dall’attuale gestione;
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· il rinnovo contrattuale dei teatri e le modifiche alle piante organiche di teatri come la Pergola, varati dall’attuale gestione;
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· l’entrata a regime del nuovo assetto organizzativo interno, con l’assunzione di un terzo dirigente (approvata dai Ministeri competenti).
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Andamento delle entrate e delle uscite
Le inesattezze dell’articolo proseguono anche sull’analisi dei dati complessivi riferiti all’andamento delle entrate e delle uscite. In particolare, l’incremento delle spese correnti (cioè quelle riferite alla gestione, escluse quelle riferite al patrimonio o alle partite di giro) è, fra il 2001 e il 2002, pari al 5,4%, a fronte di un decremento delle entrate correnti per lo stesso periodo pari all’1,3%. È nel 2002 (attuale gestione), infatti, che per la prima volta dopo oltre 6 anni non si verifica più l’equilibrio fra le entrate e le uscite correnti.
In sintesi il quadro che viene dipinto nell’articolo del “Messaggero”, oltre a riportare dati errati e fuorvianti, restituisce un’immagine distorta dello stato di salute dell’Ente e soprattutto si iscrive nella visione fortemente sostenuta dall’attuale gestione di un presunto buco ereditato dal passato e in qualche modo collegato ai costi del personale, principale imputato delle difficoltà gestionali incontrate dai nuovi incaricati armati delle migliori intenzioni di risanamento. I conti però non tornano e raccontano una storia diversa: il bilancio di previsione per il 2004 denuncia l’assenza di strategie di sviluppo, prefigura la totale carenza di fonti alternative di finanziamento (a meno che queste non vengano gestite fuori dal bilancio, come per Lottomatica), registra la caduta di relazioni istituzionali. Il tutto dopo un anno segnato dal passaggio al puro e semplice trasferimento di fondi.
Infine, merita un commento la delibera assunta dal Consiglio di Amministrazione del 21/01/04 (e resa pubblica soltanto il 9 aprile) avente ad oggetto: “Teatri gestiti: individuazione di obiettivi aziendali” (delibera n. 244 del 21/01/04, allegata). Tale delibera evidenzia lo stato di “grave preoccupazione” del Consiglio rispetto ai teatri, preoccupazione che “rende necessario monitorare i costi eccessivi e mettere in atto un piano di risanamento [attraverso l’individuazione] di obiettivi aziendali da perseguire” così individuati: “pareggio del bilancio tra le voci di Entrata e le voci di Uscita, contenimento delle ore di straordinario, anche attraverso nuovi modelli organizzativi da concordare con le OO.SS., fino al raggiungimento di un tetto massimo di 250 ore annuali per individuo, riduzione di circa il 25/30% delle spese di agibilità”.
La delibera precisa “da parte del Direttore Generale, che da tali obiettivi aziendali scaturirà tutta una serie di obiettivi numerici con ricaduta sui diversi collaboratori dei dirigenti e dei direttori di teatro, il cui raggiungimento o meno, oggetto di negoziazione tra le parti, sarà direttamente correlato al riconoscimento del premio di risultato, che costituisce la parte variabile della retribuzione”, e di conseguenza si considera che “sarà necessario […] riaprire i tavoli delle trattative con le organizzazioni sindacali per la modifica del modello organizzativo e la fissazione del contenimento al lavoro straordinario”.
Dalla lettura della delibera non è chiaro cosa si intenda con “obiettivo del pareggio di bilancio tra Entrate e Uscite” per i teatri gestiti dall’ETI, vocati ad una programmazione non direttamente commerciale, e comunque in un contesto nazionale e internazionale che notoriamente esclude la possibilità di un integrale autofinanziamento da vendita biglietti o entrate da sponsorizzazioni, etc.
Resta comunque il fatto che tale obiettivo sembra essere cosa di cui evidentemente il CDA non è responsabile - nonostante sia del CDA la responsabilità di varare cartelloni, tariffe e soprattutto condizioni contrattuali fortemente mutate rispetto al passato con le Compagnie ospiti - o cosa in cui per esempio la sponsorizzazione di Lottomatica avrebbe potuto evidentemente influire…
La gravità di questa delibera risiede nel fatto che viene adottata solo nel mese di gennaio e quindi in piena realizzazione di attività, fuori da un quadro di definizione generale di pianificazione strategica che enuclei in modo coerente e a tutti i livelli gli obiettivi strategici e gestionali e i relativi sistemi di controllo e valutazione.
In questa chiave la delibera assume un doppio significato, che il personale contesta e denuncia: da un lato i vertici politici e amministrativi dell’Ente presumono di esonerarsi dalle responsabilità di elaborare ed esplicitare programmi e piani di lavoro; dall’altro la stessa sposta il focus sulla non meglio definita struttura (“direttori dei teatri, dirigenti, e collaboratori dei dirigenti”), addebitando ad essa la responsabilità dei risultati della gestione, senza porsi il problema strategico del governo della gestione.
Manca infine il bilancio consuntivo del 2003, appena approvato, per valutare l'andamento della gestione di questo ultimo anno e i suoi risultati.
Organizzazione e relazioni interne
La diffusa sensazione di disagio nelle condizioni di lavoro avvertita dal personale dell’ETI da circa un anno e mezzo è progressivamente aumentata nell’ultimo periodo.
Il personale esprime profonda preoccupazione per lo stato di grave confusione in cui versa l’attuale gestione, che si è contraddistinta, nel corso del passato biennio, per la sistematica destrutturazione dei modelli organizzativi preesistenti incentrati sull’approccio partecipativo, varando di fatto il passaggio ad un impianto dirigistico e accentratore.
L’irrigidimento burocratico che ha segnato questo biennio è stato accompagnato dalla progressiva demolizione delle relazioni istituzionali, dalla gestione parziale e distorta delle informazioni, dalla privazione delle opportunità di aggiornamento professionale garantite dalla partecipazione a manifestazioni e rassegne, dall’assenza totale di circolarità nella comunicazione interna.
La gestione si è inoltre contraddistinta per incapacità di programmazione del lavoro e per la sistematica confusionarietà nell’adozione di provvedimenti o nell’assegnazione di compiti, che si è verificata con riprovevole ricorrenza in tutti i settori di lavoro e che è stata regolarmente addebitata agli Uffici da parte della Direzione Generale.
All’assenza ormai intollerabile degli ordini di servizio rispondenti alla reale distribuzione del lavoro, al blocco assoluto degli investimenti nella formazione del personale, al mancato rispetto, nell’assegnazione di obiettivi e compiti, dei ruoli gerarchici e della diversità delle funzioni dei diversi uffici così come previsti dalla pianta organica (con le conseguenti sgradevoli sovrapposizioni di ruoli che hanno generato dannosi conflitti di competenze e pericolose confusioni nell’assunzione delle responsabilità), si affianca un clima di aspra conflittualità generalizzata tra i vertici e la struttura.
A produrre ancora maggiore confusione nei ruoli e nelle funzioni istituzionali è giunto il nuovo incarico di consulenza fiscale, assegnato a un professionista legato da rapporti professionali diretti con un Revisore dei Conti. E non giovano a un confronto sereno, infine, le collaborazioni esterne su materie e competenze già presenti nella struttura o gli incarichi di lavoro assegnati a soggetti-fantasma che non hanno prodotto alcuna reale prestazione.
Tutto questo denuncia ed evidenzia il disconoscimento e lo svilimento della vocazione istituzionale dell’Ente e della sua identità: quel patrimonio costituito anche dalle competenze professionali ad alta intensità di conoscenza del settore che l’Ente vanta, dalla sua reputazione e dalla sua immagine.
L’analisi complessiva della situazione mette in evidenza un quadro di carenze progettuali e di inadeguatezza gestionale talmente estese da rendere necessario un cambiamento di rotta profondo per restituire l’Ente alla propria missione di servizio pubblico e al prestigio e all’autorevolezza propri di un’istituzione culturale come l’ETI da quarant’anni al servizio del Teatro.
Pertanto torniamo a chiedere una riflessione seria sul futuro dell'ETI con il Ministro e con il mondo del Teatro, attraverso l'apertura di un tavolo di confronto al quale i lavoratori dell'Ente sono pronti a partecipare per dare il loro contributo.
Dopo aver preso visione del bilancio consuntivo 2003 dell’Ente, ad integrazione del documento prodotto dall’assemblea del personale dell’ETI del 10 maggio 2004, si allega la seguente nota.
Accanto al resumé della Relazione della Corte dei Conti - ricevuta dal quotidiano “Il Messaggero” non si sa bene come o da chi - bene ha fatto Rita Sala ad affiancare un’intervista all’attuale Direttore Generale e a raccontare, in sintesi, cosa l’Ente fa oggi, perché - come è noto - la missione di una struttura pubblica si misura secondo criteri di economicità, certamente, ma anche secondo criteri di efficacia e cioè di raggiungimento dei propri obiettivi. Può essere utile allora approfondire i positivi risultati della “kermesse di arte e spettacolo programmata e attuata a Parigi” dalla presente gestione, di cui parla il Direttore Generale nell’intervista. Parliamo di Les Italiens, direzione artistica di Maurizio Scaparro, riassumibile nei numeri come segue:
· costo complessivo della rassegna € 2.358.758,15
·
· finanziamento del Ministero per i Beni e le Attività Culturali € 1.550.000,00
·
-------------------
la differenza di € 808.758,15
è stata così finanziata:
· entrate nette da biglietteria € 137.199,53
·
· altre entrate (sponsorizzazioni) € 160.000,00
·
-------------------
entrate dirette € 297.199,53
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differenza a carico dei fondi ETI € 511.558,62
È molto importante, infine, sottolineare che l’aspettativa degli incassi sul progetto era notevolmente superiore e pari a € 467.200,00 (con una differenza sul dato consuntivo pari a € 330.000,47 in meno). Nonostante il parere contrario degli uffici e la segnalazione della pericolosità dell’esposizione a squilibri non recuperabili a fine esercizio, l’attuale gestione ha iscritto tale dato nel bilancio, realizzando pertanto un corrispondente disavanzo finanziario ovvero, e questo è veramente il caso di dirlo, un buco di bilancio.
Recite totali 108
Presenze complessive paganti 11.342 (media per recita 105)
Presenze complessive omaggi 8.482
Questi i numeri della buona riuscita del progetto e del suo “largo successo”; il giudizio sulla qualità della rassegna, o sulla sua utilità al teatro italiano, lo lasciamo a chi legge.
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