ateatro 62.80 Lettera aperta al teatro italiano (e a un paese che ci sta vomitando) di Fanny & Alexander
Ravenna, 23 dicembre 2003
Cari colleghi,
Fanny & Alexander sta forse tirando le cuoia. La possibilità che questa evenienza non si verifichi è legata a se e come riusciremo a creare entro le prossime settimane un gruppo di coproduttori per il nostro prossimo progetto teatrale, e a come risponderanno le forze produttive di Ravenna sul sostegno alla nostra attività cittadina. Come accade con sempre maggiore regolarità da alcuni anni, le speranze vengono quasi esclusivamente dall'estero e da Ravenna. Oltre la nostra città, al di qua delle Alpi, si stende per noi una mappa geografica teatrale che recita "hic sunt leones", fatta eccezione di quando in quando per poche benedette isole di accoglienza temporanea.
E siamo fortunati, perché molti riterrebbero con validissime ragioni che il livello di generale apprezzamento per il nostro lavoro raggiunto in più di dieci anni di vita operosa costituisca di per sé una garanzia contro il pericolo di oblio.
Di fatto, questo Paese ci sta vomitando. E più delle kafkiane vicende legate ai contributi pubblici, che sono pochi, spesso vincolati al superamento di moderne ordalìe, in perenne colpevole inimmaginabile ritardo, ma che comunque alla fine arrivano, quello che ci danneggia e ci addolora è la vostra assenza, la difficoltà estrema di avere un rapporto professionale con voi, di partecipare ai vostri progetti.
Inoltre ci sembra che il livellamento generale delle scelte e delle tendenze, che ci spinge sempre più a cercar fuori gli interlocutori, nonostante i rapporti apparentemente amichevoli, contribuisca e alimenti un clima di cordiale indifferenza e, ci si passi la parola, di ipocrisia culturale. Tutto questo è il contrario di quello che ci si dovrebbe aspettare da persone che lavorano in nome di un'idea, e che operano per far nascere e crescere tessuti di cultura.
Nessuno è obbligato evidentemente ad interessarsi a qualcun altro per statuto ci mancherebbe ma per quello che riguarda, ad esempio, il nostro caso personale, francamente, dopo aver mostrato quest'estate in contesti assai visibili uno spettacolo che ha ricevuto elogi di critica e plausi dal pubblico quasi impudicamente unanimi, non dico che ci aspettassimo di trovare in un sol colpo cento piazze italiane, ma di avere una prospettiva di date future leggermente superiore al numero zero, questo sì. E non siamo purtroppo soli, ci giungono voci amiche molto preoccupate: Danio Manfredini, Teatrino Clandestino, Valdoca, Motus, Masque, Alfonso Santagata... siamo cortesemente invitati a scomparire? Non si parla mai di Raffaello Sanzio, perché sono ricchi e famosi, ma perché gli artisti di teatro italiano più celebrati nel mondo faticano a trovare due date in croce all'anno in Italia? Perché i migliori danzatori italiani vivono e lavorano quasi tutti all'estero (o in Toscana)?
Siamo tutti in gravi difficoltà finanziarie, lo sappiamo, ma questo non impedisce evidentemente di continuare a fare delle scelte artistiche, di inventare e proporre teatro. Cari colleghi assassini, ci mancate, quanto ci mancate! Peccato che non vi manchiamo un pochino anche noi.
Buon Natale e Felice Anno Nuovo,
Luigi de Angelis
Sergio Carioli
Marco Cavalcoli
Chiara Lagani
Marco Molduzzi
La lettera aperta di Fanny & Alexander ha suscitato un ampio dibattito nel forum Fare un teatro di guerra?. Se vuoi leggere commenti e pareri (e magari dire la tua), clicca qui.
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