ateatro 38.8 Lo spettro di Craig nell'Amleto televisivo di C.Bene (Rai 1977) Una analisi delle prime scene di Fernando Mastropasqua Incipit (trascrizione)
1. [Titoli di testa]1
Amleto di Carmelo Bene
(da Shakespeare a Laforgue)
voce dello spettro2
Io sono l’anima di tuo padre Alfiero Vincenti (Claudio)
Io sono l’anima di tuo padre Carmelo Bene (Amleto)
Io sono l’anima di tuo padre
Io sono l’anima di tuo padre Jean Paul Boucher (Fortebraccio)
Io sono l’anima di tuo padre
Io sono l’anima di tuo padre Franco Leo (Orazio)
Io sono l’anima di tuo padre Paolo Baroni (Polonio)
Io sono l’anima di tuo padre
Io sono l’anima di tuo padre Luigi Mezzanotte (Laerte)
Se mai mi amasti
Se mai mi amasti Daniela Silverio (Rosencrantz)
Se mai mi amasti
Se mai mi amasti Susanna Javicoli (Guildenstern)
Se mai mi amasti
Se mai mi amasti Luca Bosisio (I attore in Elsinore)
Se mai mi amasti
Vendica il mio assassinio M. Agnes Nobecourt (Gertrude)
Vendica il mio assassinio
Vendica il mio assassinio Laura Morante (Ofelia)
Vendica il mio assassinio
Vendica il mio assassinio e con
Vendica il mio assassinio Lydia Mancinelli (Kate)
Vendica il mio assassinio e
Addio Cosimo Cinieri (Capo comico in Elsinore)
Addio
Addio
Addio
Addio Luci Giorgio Abballe
Addio
Addio
Addio delegato alla produzione Roberta Carlotto
Addio
Addio
Ricordati di me Regia scene costumi Carmelo Bene
Ricordati di me
Ricordati di me [sfumando]3.
BUIO
voce di AMLETO
Avevo cominciato con il dovere di rammentarmi [dal buio la prima inquadratura su una scritta: pariS expres; il movimento successivo di macchina svela che è impressa sui bauli di una compagnia di attori] l’orrido, orrido, orrido evento. Per esaltare in me la pietà filiale, per far gridare l’ultimo grido al sangue di mio padre, per riscaldarmi il piatto della vendetta. Ed ecco invece ho preso gusto all’opera. Poco a poco mi scordai che si trattava di mio padre assassinato, di mia madre prostituita, del mio trono. Andavo avanti a braccetto con le finzioni di un bell’argomento: e l’argomento è bello4.
BUIO
2. [Una fioca luce nel buio. È la lanterna di Polonio che indossa una lunga zimarra (una coperta) e una papalina in testa. La luce aumenta. Attraverso un foro, un cerchio perfetto, si vedono entrare due attori intenti a riporre robe dello spettacolo. Il campo si allarga: siamo penetrati al di là del foro, e si riconoscono i volti di Polonio, che scruta socchiudendo un occhio, Orazio, Laerte. Questi sta riponendo nel suo baule una rivoltella sotto lo sguardo sdegnato di Orazio. Volano addobbi, veli, parti di costumi, oggetti e attrezzeria di scena. È il trionfo del trovarobato. Orazio osserva con distacco e ripugnanza la scena. Si sente la voce di Claudio che prova l’intonazione della sua prima battuta: "Benché abbia ancora il suo color del verde la memoria…". Nella allegra confusione Rosencrantz nasconde nel suo baule la corona, sfilandola dal suo appoggio, e la pone di sghimbescio in capo a un teschio. Viene recuperata da Polonio, mentre Kate si sta guardando allo specchio. Alcuni drappi finiscono quasi per seppellire il volto di Claudio che, come Orazio, non partecipa al gioco. Viene liberato da Polonio. Claudio sta più in alto, seduto su uno scranno appoggiato sui bauli. Risata di Kate, sguardo attonito di William, il Capocomico degli attori in Elsinore. Polonio trova nel baule di Rosencrantz e Guildenstern un flauto. Kate sta ripiegando con cura delle vesti sul coperchio del baule. Appare il volto della Regina. William canta un’aria d’opera: "Perché mio malgrado subito l’incanto ha vinto l’amor…". Kate si specchia, sceglie una parrucca sistemata su una testa portaparrucca. Buio. Appare un’armatura. Buio. Un frammento di scena tra Polonio, che non ha più la lanterna ma gira tra le mani un velo nero, e la Regina a seno nudo. Polonio sta sussurrando pensieri di Freud su Amleto5: "Il dramma è costruito sull’esitazione di Amleto ad adempiere il compito della vendetta assegnatogli. Il testo non rivela le cause o i motivi di questa esitazione…". Kate si sta specchiando, accanto William. Buio. Ricompare l’armatura. Buio. Rosencrantz lancia al Capocomico teschi e tibie. Al secondo teschio William sorride come se lo riconoscesse. Volto di Orazio. Battibecco in versi tra Kate e il Capocomico, che interrompe Kate occupata nel mettere in ordine i panni che volano. Buio, che non è sospensione, ma il trascorrere della telecamera sul fondo nero. Volano stoffe e panni sul volto di Orazio, che appare sempre più disgustato. Amleto, poeta della compagnia, getta via un foglio accartocciato che ha in mano e sfoglia il copione. Scena tra Amleto e Kate, che ha indossato la parrucca scelta prima. Girotondo di Rosencrantz e Guildenstern, Orazio prepara William da fantasma. Gli attori provano voci, intonazioni e battute, come un’orchestra che stia accordando gli strumenti prima dell’inizio del concerto. Le voci si confondono. Ho riportato, nella descrizione che precede, alcuni brandelli di frasi riconoscibili. I costumi sono di varie epoche, ma la base dei più (gli attori ad Elsinore, ma anche Rosencrantz e Guildenstern) richiama con eccesso - rigonfiamenti, enormi cubi sulle maniche ecc. - il costume giullaresco e, per le toppe circolari, quello di Arlecchino. Ma anche chi ha costumi diversi come Claudio e Amleto presenta rigonfiamenti nel costume. Claudio e Amleto hanno costumi simili, scuri, sembrano di foggia settecentesca, Differiscono nel fatto che Claudio non ha il bianco colletto di Amleto, Orazio indossa invece una redingote nera lunga fino ai piedi. Rosencrantz e Guildenstern sono interpretati da donne, come annunciato del resto dai titoli di testa. Dai comportamenti Polonio appare ficcanaso e pedante; Orazio distaccato e sprezzante con velleità registiche; il Re annoiato e preoccupato di ripassare la parte; Laerte indisponente e ribelle; Kate, frivola, vanitosa, civetta ma con innata disposizione alle cure domestiche (dispone con zelo ripiegandoli i costumi e i veli sul coperchio del baule); William geloso, ubriacone, venale; la Regina assorta e distante; Rosencrantz e Guildenstern, femminei, infantili, burloni. Non mancano oggetti contemporanei, come la pistola di Laerte e, più tardi, l’accendino di Amleto. Sono presenti arredi: lo scranno di Claudio e l’inginocchiatoio sul quale è posato il copione di Amleto. Nel sovrapporsi delle voci e delle situazioni emergono per due volte un’armatura (l’attore che interpreta Fortebraccio è già in costume di scena), ambedue le volte isolata prima e dopo dal buio, il frammento di scena tra Polonio e la Regina a seno nudo, il battibecco in versi tra Kate e il Capocomico, il dialogo tra Kate e Amleto, la scena tra Orazio e William. Riporto, in quanto presentano testo e azioni in certo senso compiuti, i dialoghi tra Kate e William, tra Amleto e Kate e la scena della vestizione di William da fantasma]
CAPOCOMICO [mentre Kate sta riponendo un costume…]
Lasciami, or io ti…
KATE
Che m’ami? Hai tempo a ridirlo stasera se brami
Facendo le smorfie colà sulla scena.
Per ora tal pena ti puoi risparmiar.
CAPOCOMICO
Nooo! È qui che voglio dirtelo, e tu m’ascolterai, che t’amo [Kate scoppia a ridere] e ti desidero. Per sempre mia sarai.
KATE
[ridendo] Ah! Aspide! [gli sputa addosso].
[Continua la danza delle vesti lanciate. È preso di mira Orazio]
AMLETO
Kate che c’è? [Amleto getta sul piano dell’inginocchiatoio un foglio accartocciato in mano e prende a sfogliare il copione]
KATE
Non sono che una disgraziata ma ho l’animo elevato io. Sa Dio quante sublimi eroine ho logorato in palcoscenico. Ma quando ho letto la mia parte scritta così da te in quella specie di commedia… è proprio così il nostro misero destino, pietoso e impietoso. Come devi essere unico e incompreso tu e non matto come dice la gente6.
AMLETO
[sogghigna] E questo non è niente, Kate, non è niente. Ti leggerò tutto, andremo a vivere a Parigi. Io ti amo, ti amo, ti amo: vèstiti, vèstiti, tu sei un angelo in scena, un mostro sacro. Vèstiti. Faremo colpo. Vèstiti. Me ne fotto del mio trono. I morti son morti. Vedremo il mondo!7 Parigi, vita mia: a noi due!8 [risata]
[Rosencrantz e Guildenstern fanno un girotondo]
[Orazio sta travestendo il Capocomico da fantasma. Questi, che ha in mano un grosso boccale e nella sinistra regge uno scudo, appare goffo e maldestro. Orazio butta nel boccale diverse monete. Il Capocomico si affretta a sincerarsi della loro autenticità mordendone una con i denti. Nel frattempo Orazio cerca con difficoltà di dargli un’aria regale, aggiungendo al suo costume giullaresco di attore elementi guerrieri: oltre lo scudo che già imbraccia, gli mette in testa un elmo dalle grandi corna che non riesce a essere calzato correttamente e rischia di continuo di cadere e gli pone in mano la spada snudata e rivolta verso l’alto. Il Capocomico è impacciato dalle troppe cose che tiene in mano o che gli porge Orazio]
ORAZIO
Tale e quale il re morto. [batte a terra un colpo con la guaina della spada che gli è rimasta in pugno] Mi gela di raccapriccio e di stupore9.
BUIO
3. [Claudio seduto sullo scranno, in luogo diverso da quello precedente ingombro dei bauli, ma contiguo come dimostra la sciarpa che colpisce il volto di Orazio nel quadro successivo, si alza e si dirige verso l’inginocchiatoio in primo piano, dove Amleto, piegato sul copione, sta sfogliandone le pagine. Claudio si inginocchia e appoggia la testa su una mano. Amleto smette di sfogliare il copione e si sposta davanti all’inginocchiatoio]
AMLETO
Tu, tu, povero povero fantasma, ricordarmi di te? Sì, dalla tavola della mia memoria voglio i ricordi tutti cancellare, tutti i ricordi frivoli e triviali, tutti i detti dei libri, voglio lasciare il tuo comandamento tutto solo nel mio pensiero per la mia vendetta. Perniciosissima donna! Osceno e scellerato, sorridente e dannato, dannato e sorridente. Io voglio metterlo per iscritto: uno può sorridere, sorridere, sorridere ed essere un furfante, almeno in Danimarca. Ecco il vostro ritratto caro zio10.
[Amleto tende la mano a Claudio. Questi, che durante la battuta è rimasto in ombra coperto da Amleto ed escluso dalla inquadratura, torna in luce e gli consegna una borsa di denaro]
BUIO
4. ORAZIO
Salute a vostra altezza!
[Mentre Orazio parla, Amleto è visibilmente distratto. Una sciarpa, evidentemente lanciata dagli attori che continuano fuori campo a rovistare tra i bauli, vola addosso ad Orazio. Se ne libera con irritazione. La sciarpa cade a terra. Amleto per due volte si china, mentre risponde meccanicamente a Orazio, per raccoglierla e giocarci, avvolgendola intorno alle mani]
AMLETO
Orazio, se non sbaglio.
ORAZIO
Sì, monsignore, il vostro umilissimo servo.
AMLETO
Qual buon vento ti mena qui da Wittemberg, Orazio, qual buon vento?
ORAZIO
Amor di svago, monsignore, amor di svago.
AMLETO
Ma tu non sei uno svagato. E allora che sei venuto a fare? che sei venuto a fare? che sei venuto a fare?
ORAZIO
Sono venuto, altezza, ai funerali di vostro padre!
AMLETO
E, via, alle nozze di mia madre vorrai dire.
ORAZIO
Ne sono seguite infatti quasi subito.
AMLETO
Economia, Orazio, economia. Vedi, l’arrosto del banchetto funebre è servito freddo a quello di nozze. Avrei preferito incontrare in cielo il mio peggior nemico che veder questo giorno. Mio padre, mi par di vederlo.
ORAZIO
Dove, altezza?
AMLETO
Con gli occhi della mente, Orazio.
ORAZIO
Io l’ho veduto un giorno. Era un bel re!
AMLETO
Un uomo era in tutto e per tutto. Non vedrò l’uguale mai più.
ORAZIO
Io credo di averlo visto questa notte!
[Amleto si siede sullo scranno dove prima era seduto Claudio. Lo scranno però è ora invisibile]
AMLETO
Visto chi?
ORAZIO
Il re vostro padre.
AMLETO
Il re mio padre?
ORAZIO
Due sere consecutive Bernardo e Marcello, durante la guardia, nel morto silenzio della mezzanotte si son trovati di fronte una figura in tutto somigliante a vostro padre, chiusa da capo a piè nell’armatura. E come tremanti e in gran segreto mi confidarono la cosa, la terza notte io volli montar la guardia con loro; e così esattamente nell’ora e nell’aspetto che mi avevano annunciato, ecco… il fantasma a confermare e accreditare quanto mi avevano detto: Vostro padre. Subito l’ho riconosciuto: non sono così simili queste due mani!
AMLETO
E dov’è stato? Dov’è stato?
ORAZIO
Sulla piattaforma del castello.
AMLETO
Nessuno gli ha parlato, nessuno?
ORAZIO
Io monsignore, invano. A un certo punto parve che levasse il capo come per disporsi a parlare, ma in quello stesso istante cantò forte il gallo dell’alba e a quel grido la cosa svanì.
AMLETO
È molto strano!
[Amleto getta via la sciarpa]
ORAZIO
Ma vero, come è vero che sono qui, vivo.
AMLETO
E mi turba, mi turba, mi turba, mi turba, mi turba, mi turba, mi turba, mi turba, mi turba, mi turba. Armato hai detto?
ORAZIO [da questa battuta fino a quella di Amleto: "Avrei voluto esserci", gli attori recitano come in un duetto d’opera, ripetendo le battute e accavallandole]
Armato.
AMLETO
Da capo a piedi?
ORAZIO
Da capo a piedi!
AMLETO
Allora non gli hai visto la faccia?
ORAZIO
Sì monsignore, aveva la visiera alzata.
AMLETO
Com’era? Era crucciato in volto?
ORAZIO
Più di pena mi parve che di collera.
AMLETO
E gli occhi sempre fermi e fissi su di te?
ORAZIO
Sempre.
AMLETO
Pallido o acceso?
ORAZIO
Pallido, pallidissimo!
AMLETO
Sìììì! Ah! Avrei voluto esserci!
ORAZIO
Oh!Vi avrebbe sbigottito.
AMLETO
È probabile, molto probabile. La barba, la barba, la barba, com’era la barba? Era brizzolata, no?
ORAZIO
Nera e argento come da vivo.
AMLETO
Stanotte stessa veglierò con voi; forse riapparirà.
ORAZIO
Oh, potrei giurarlo!
AMLETO
Se riprenderà la forma del mio nobile padre gli parlerò quand’anche il diavolo me lo impedisse.
BUIO
[Ofelia, accovacciata dietro un telaio da ricamo, è nuda con un cappello da monaca dalle grandi ali. Il telaio è un cerchio perfetto, tutto bianco. Sembra contrapporsi al cerchio nero da cui sono emersi gli attori. Ofelia nasconde sotto il telaio un libro che sta leggendo. Amleto, ribaltandolo, la scopre. Ofelia gli morde una mano. Amleto le strappa il libro dalle mani e lo getta via. Ofelia si nasconde di nuovo dietro il telaio, che nel movimento mostra ora i ricami]
BUIO
AMLETO [dopo aver battuto lievemente sul petto la mano morsa da Ofelia]
Orazio, Orazio, Orazio, te ne scongiuro, Orazio, non parlarne in giro, non parlarne.
ORAZIO
Omaggi, omaggi a vostra altezza.
AMLETO
Affetto, affetto. Addio11. [Bruscamente in direzioni opposte si separano. Nell’inquadratura solo i due volti che, accostate le fronti durante le tre ultime battute, si staccano violentemente uno dall’altro]
BUIO
5. [Appare lo spettro. Amleto è sconvolto. Ma si tratta di una visione organizzata da Orazio. Dietro un velo di garza trasparente che regge insieme a un altro c’è il Capocomico, con la spada sguainata e lo scudo. Orazio e il compagno tolgono il velo di garza. Amleto scruta meglio. Il Capocomico lascia cadere a terra la spada e lo scudo e si leva a mo’ di saluto l’elmo, sorridendo. Amleto lo guarda con disappunto e disprezzo. Gli si fa incontro. Amleto, come inciampando, perde l’equilibrio. Ambedue precipitano nel buio, ognuno in opposte direzioni: all’indietro Amleto, il Capocomico in avanti]
BUIO
6. [Amleto emerge dal buio, accende un mozzicone di candela con un accendino]
AMLETO
Perdono, perdono. Tu mi perdoni padre mio, non è vero? Tu mi perdoni. In fondo mi conosci12.
[soffia sulla candela]
BUIO
Commento
Quadro 1 - Prologo
La battuta della Voce dello Spettro è costituita di 5 frasi tratte dalle battute dello Spettro nell’Amleto di Shakespeare. Esse sono ripetute più volte e non sempre nello stesso numero di volte: "Io sono l’anima di tuo padre" nove volte, "Se mai mi amasti" sette, "Vendica il mio assassinio" sette, "Addio" dieci, "Ricordati di me" tre. La battuta accompagna i titoli di testa con i nomi degli attori, del tecnico delle luci, della delegata alla produzione, del regista e scenografo. I titoli scorrono in concomitanza con alcune frasi. L’inizio di battuta con la frase: "Io sono l’anima di tuo padre" coincide con il nome di Alfiero Vincenti che è l’attore che impersona Claudio, il Re, e che qui presta la sua voce allo Spettro. Mentre la frase viene ripetuta scorrono i nomi degli attori degli altri personaggi: Carmelo Bene, Jean Paul Boucher, Franco Leo, Paolo Baroni, Luigi Mezzanotte. Chiaramente l’incipit ha rapporto stretto con i primi due nomi: infatti Claudio è l’assassino e Amleto, il figlio dell’assassinato a cui lo spettro chiede vendetta. "Se mai mi amasti" coincide dalla seconda volta con Rosencrantz, Guildenstern e l’attore in Elsinore. Non sembra dunque che in questo caso ci sia corrispondenza, a meno di non volerne pensare una atrocemente ironica: Rosencrantz e Guildenstern sono gli amici di Amleto che lo tradiranno. Mentre la terza: "Vendica il mio assassinio" coincide comprensibilmente con il nome dell’attrice che recita la parte di Gertrude, cioè la moglie dell’assassinato, complice nel delitto. Non è invece immediatamente riscontrabile un legame con Ofelia, e Kate, personaggio di Laforgue. Il primo "Addio" viene pronunciato in simultanea con lo scorrere del nome dell’attore che fa il Capocomico, il quinto con il tecnico delle luci, l’ottavo con il delegato alla produzione. Non c’è apparentemente relazione. C’è invece per la quarta frase "Ricordati di me" con il nome di Carmelo Bene, questa volta citato in qualità di regista, scenografo e costumista. Sembra dunque che si sia voluto stabilire una certa corrispondenza con le frasi dello spettro e i protagonisti del dramma: Amleto, Claudio, Gertrude e Carmelo Bene come autore.
La risposta alla preghiera dello Spettro è data dalla Voce di Amleto (Carmelo Bene), che dichiara di aver perso di vista l’obiettivo della vendetta, perché attratto dalla bellezza del tema. L’arte ha allontanato Amleto dal suo compito. La battuta è tratta dall’opera di Laforgue. Dunque nel i quadro è già posto il tema: "Amleto e il fantasma del padre", che è presente anche nell’incipit della tragedia di Shakespeare e nello stesso tempo è detto che tale tema sarà affrontato mettendo a confronto Shakespeare e Laforgue. È annunciato nei titoli di testa che comprendono il personaggio di Kate, assente in Shakespeare, e nei fatti dalla Voce di Amleto che pronuncia una battuta elaborata da Laforgue. Emerge lo scontro fra Shakespeare e Laforgue (tra la tragedia elisabettiana e il "tragico"di un poeta decadente). Si ripropone il confronto tra i maestri del tragico, tra passato e presente, come in Craig. Non manca un riferimento alla grecità, ma esattamente come in Craig essa viene solo evocata. Infatti non ci sono inserti di passi dai tragici greci ma il ricordo è affidato alle parole di un moderno: Freud che analizza il personaggio sofocleo di Edipo mettendolo a confronto con Amleto. La tragedia di Edipo, come mito, come modello di tragico, viene per contrappasso addossata al personaggio antitragico per status: il vecchio logorroico razionalista borghese Polonio. Stando al successivo Hommelette for Hamlet del 198713, dove il nome di Shakespeare scompare dai titoli di testa e Orazio permane per dire inascoltato le battute del testo14, si deve convenire che Laforgue, nel corso di una ricerca su Amleto che accompagna Carmelo Bene per tutta la vita, così come aveva accompagnato Craig, risulta il vincitore. Se per Craig Shakespeare non può essere superato da Ibsen, per Bene può essere messo da parte da Laforgue. Il definitivo accantonamento di Shakespeare si ha in Hamlet Suite del 1994, dove sono in scena i superstiti Amleto e Kate; Orazio è scomparso e con lui anche i pochi versi di Shakespeare, detti nell’indifferenza generale in Hommelette for Hamlet15. Se, a livello di fonti delle battute, lo scontro è chiaro: Shakespeare contro Laforgue, a livello di tema, il complesso e ambiguo rapporto di Amleto con la richiesta del fantasma di vendicarlo, viene immediatamente risolto con il rifiuto di Amleto di occuparsi della vendetta se non come bell’argomento. Amleto trasfigura da personaggio all’interno del testo a autore (e anche questo è tema a cui aveva già pensato Craig per lo spettacolo di Mosca). L’ambiguità viene però trasferita su un altro piano. Infatti la Voce dello Spettro è la Voce dello stesso attore che impersona Claudio, dunque la voce dello spettro è la voce di Claudio, il fantasma si presenta in forma contraddittoria: è l’assassinato che chiede vendetta con la voce del suo assassino. Ci troviamo anche in questo caso di fronte a uno slittamento di valori e significati. Le contraddizioni interne al fantasma in Shakespeare, che lo rendono meno credibile, divengono qui un’altra contraddizione: come può chiedere vendetta l’assassino? Ma Carmelo Bene complica la situazione, in quanto colui che interpreta il ruolo di Claudio non è semplicemente un attore (cfr. Quadro 2 dove Claudio non partecipa alla allegria dei suoi compagni e appare triste e preoccupato). Egli infatti è anche il finanziatore dello spettacolo, impresario e amministratore. Che tale funzione sia all’interno della compagnia, dove spesso il Capocomico svolgeva simili funzioni, corrisponde al ritratto di compagnia ottocentesca ed è confermata dal fatto che nei titoli di testa tra gli attori sia incluso il delegato alla produzione; e oltre a lui anche il tecnico delle luci considerato parte integrante della creazione dello spettacolo. Il confronto Shakespeare-Laforgue si carica di un secondo confronto: impresario di compagnia e poeta-mattatore dello spettacolo, dove l’impresario richiama il testo di Shakespeare e il Poeta insiste per una sua originale interpretazione dello spettacolo che volge temi presenti in Shakespeare all’ironia devastatrice di Laforgue. Ma il richiamo all’idea di Craig per lo spettacolo di Mosca rimanda a un altro confronto, quello tra Craig e Stanislavskij, tra simbolismo e naturalismo. La scelta di Laforgue è la risposta.
Quadro 2 - La troupe
Schematicamente in base all’azione il quadro si ordina in questa successione: i bauli, Laerte e la pistola (Laforgue), Rosencrantz e la corona (Shakespeare), il Re sotto le stoffe, Kate-William, contemporaneamente al rinvenimento del flauto (Laforgue: Kate-William / Shakespeare: flauto) buio, armatura, buio, Polonio-Regina (Freud), Kate-William (Laforgue), buio, Armatura, buio, Rosencrantz-William-teschi, Kate-William, (battibecco), stoffe su Orazio, Amleto-Kate, Rosencrantz-Guildenstern (girotondo), Orazio-William. La coppia Kate-William certamente domina per ricorrenza, mentre per condizione emerge la totale distanza di Orazio da ciò che lo circonda. Viene controbilanciata da ciò che veramente gli interessa: preparare con cura l’apparizione del fantasma; il dialogo Amleto-Kate emerge invece per durata e stile: il lungo p.p. su Kate in battuta. Polonio cerca di far luce (Diogene-Freud). Diogene cerca l’uomo e anche Freud nell’oscurità dell’anima. Polonio fa luce anche sulla costruzione dell’opera. Le battute che pronuncia sono tratte da L’interpretazione dei sogni di Freud16. Per questo è vestito da notte, coperta e papalina, e vaga cercando di rischiarare le ombre con la debole luce della lanterna, la tenue fiamma dei sogni. In Un Amleto di meno17 ha in mano una candela. Illuminare i bauli, che già sono comparsi sulla battuta della Voce di Amleto nel quadro 1, corrisponde all’invito a interpretare i bauli come "l’unica ricchezza degli attori"18. Rovistare in un baule d’attore equivale a rovistare nei materiali del teatro. Rovistare dentro il grande deposito secolare del teatro, e lanciarne per aria gli oggetti, giocarci, buttarli in faccia gli altri, riordinarli come cerca di fare Kate; rilanciare però anche i testi, le parole di Shakespeare e quelle di Laforgue, di Freud che ha investigato sui rapporti padre-figlio. I bauli dunque rappresentano il metodo di lavoro. Viene dunque dato inizio alla predazione con la situazione più stonata: Laerte è un rivoluzionario:
Stamattina è venuto qui suo fratello Laerte ad avvisarci. Faceva pietà a guardarlo, quel giovanotto. La gente gli vuole bene. Sapete che si occupa del problema degli alloggi per gli operai19.
Trasfigurazione del Laerte shakespeariano, che si muove per vendetta e per ambizione, in colui che si batte per una causa, all’idiota per troppa umanità come lo definisce Laforgue, commentando il suo comportamento dopo l’assassinio del rivale, che non avviene in duello, ma mentre Amleto indugia, prima di partire con Kate alla volta di Parigi, davanti alla tomba di Ofelia:
Laerte, idiota a furia d’umanità, si china, bacia in fronte il povero morto e gli stringe la mano; poi brancolando nel vuoto, fugge via attraverso i recinti, per sempre, a farsi frate, forse20.
Travestimento e confusione di epoche, tradimento della Storia, ma anche delle storie. Per sottolineare la forza di tale procedimento si inserisce un oggetto eccessivamente straniante, come la pistola nella quale riconosciamo per il momento solo il tradimento nei riguardi della storia di Shakespeare. E nulla ancora sappiamo delle motivazioni. Qui dunque Bene ha proceduto in maniera diversa rispetto a Un Amleto di meno, il film del 1973, dove Laerte mostra fin dall’inizio un’etichetta con il nome di lenin sul baule, dichiarandosi marxista e bolscevico21. Nel ritratto di Laerte rivoluzionario c’è il disprezzo baudelairiano per le teorie rivoluzionarie22. In Salomè23 si era manifestato nel pestaggio continuato a Iokanaan. Il baule è il compagno dei comici, contenitore di vestiti ma anche di forme del teatro:
Vestono (son vestiti) e svestono umori. Azione è il dire, scena l’immaginario. Son le vesti, le armature, l’oggettistica del trovarobato di scena a decidere gesti, movimenti e voci, il canto il riso il pianto, l’afasia stessa del dire24.
Il baule è anche la bara dell’attore - l’immagine non è solo presente negli altri Amleto di Bene ma anche nel suo Riccardo III (Rai 1977) dove le bare che costituiscono la scenografia sono bauli di trovarobato, vesti, costumi, attrezzeria di scena -, che custodisce opere, scene, tradizioni declamatorie. Riccardo III dandy che usa una bara verticale come armadio richiama Le vice suprème di Felicien Rops25. Nel baule c’è l’arte dei guitti della compagnia D’Origlia-Palmi mescolata al gelido umore della satira decadente26. Questo Amleto metterà a soqquadro e utilizzerà di quello che trova nelle profondità del baule ciò che sarà riconosciuto come utile alla nuova scena. Ma un oggetto così eteronomo come la pistola in realtà riporta al tema più intimo della tragedia, il potere. Attraverso la sottrazione della corona da parte di Rosencrantz che si comporta come un bambino dispettoso e burlone: mette la corona sulle ventitré in capo a un teschio27, si passa dalla pistola di Laerte alla corona. Si passa dunque dal metodo (rovistare nei bauli del teatro) al tema: la conquista del potere. Rosencrantz e Guildenstern in Shakespeare sono i custodi della coscienza pubblica del regno:
Ogni singola vita individuale è tenuta con tutta la forza e l’armatura della mente a guardarsi dal male, ma molto di più lo è quello spirito dal cui benessere dipende e a cui s’affida la vita di molti. La fine della Maestà non è una morte sola, ma, come un gorgo, trae con sé ciò che le è appresso. Oppure è una massiccia ruota, fissata in vetta al più alto monte, sui cui enormi raggi sono incastrate e aggiunte diecimila cose di minor conto; e, quando cade, ogni piccolo annesso, ogni accessorio insignificante ne accompagna la precipitosa rovina. Mai solo ha sospirato il Re, ma con un lamento universale28.
La corona è messa in relazione con loro. E immediatamente dopo il Re viene quasi sepolto dalle stoffe. Dalla pistola alle stoffe. Polonio, il fido consigliere, interviene per disseppellirlo. Ed è lui che ha recuperato la corona. È a questo punto che viene introdotta la prima coppia da Laforgue: Kate e William che emergono nell’intero quadro per l’insistenza con cui ritornano (tre volte). Del resto sono il Capocomico e la prima attrice della compagnia di comici a Elsinore. Il duetto mostra la crisi della coppia e la gelosia di William e l’essere il doppio della situazione tragica: anche nella compagnia c’è una situazione che duplica quella della tragedia. Come Gertrude si innamora di Claudio e con la sua complicità uccide il marito, Re Amleto, così Kate, prima attrice, si innamora di Amleto, nuovo capocomico, autore, regista e tradisce il suo compagno, William, l’altro Capocomico che ironicamente porta il nome del vero autore della tragedia. Come Claudio si contrappone ad Amleto Re così Bene si contrappone a Shakespeare. Bene è il poeta della compagnia. Dal tema (il potere) ci si traferisce all’arte. C’è una lotta intorno alla forma. Bene combatte contro Shakespeare. E lo uccide in Hommelette for Hamlet. Kate diventa l’opera, la forma del nuovo teatro. È per amor dell’arte e non del potere che Bene combatte con Shakespeare. Non credo sia perciò casuale o irrilevante che nel primo incontro della coppia Kate-William si inserisca il flauto e che sia trovato da Polonio. Come la corona. Il rapporto corona-flauto è il rapporto tema-arte. In Shakespeare il flauto è metafora della capacità di suonare l’anima degli altri:
Vorreste suonarmi, vorreste pretendere di conoscere le mie chiavi, vorreste strapparmi il cuore del mio mistero, vorreste suonarmi dalla nota più bassa fino alla più alta del mio registro; e c’è molta musica, voce eccellente, in questo piccolo organo, eppure non sapete farlo parlare. Sangue di Cristo, credete che io sia più facile a suonarsi di un flauto?29;
in Bene è metafora delle capacità di costruire un’opera d’arte. Bene, a differenza di Rosencrantz e Guildenstern, sa suonare il flauto di Amleto, anzi il flauto di Shakespeare. Il buio interviene per offrire una visione: un’armatura da guerra. Nel testo essa è la mascheratura del fantasma, qui sarà Fortebraccio che si siede sul trono di Danimarca, alla fine. O è il fantasma che si siede? Tra i due litiganti, il terzo gode. E su ambedue i livelli: Fortebraccio vince su Claudio/Amleto Re (ma anche sugli altri oppositori e pretendenti al trono, Laerte e Amleto). Un terzo vince su Bene/Shakespeare (e anche Laforgue, ecc.) Chi è che vince senza volto? La macchina della Storia che qui diventa la macchina del teatro? L’insensata vuota tradizione teatrale contemporanea e i suoi servi: registi, amministratori, pubblico ottuso? Oppure vince il Nulla, la vanità di esistere? Oppure lo stato.
Là dove lo Stato finisce, comincia l’uomo che non è superfluo: là comincia il canto della necessità, la melodia unica e insostituibile. Là dove lo Stato finisce - guardate, guardate fratelli! Non vedete l’arcobaleno e i ponti del superuomo?
aveva cantato lo Zarathustra di Nietzsche30. Tra un’apparizione e l’altra della armatura appare la seconda coppia: Polonio-Regina, dove si inserisce un terzo interprete, Freud, il quale però evoca dentro il mito nordico di Shakespeare da Sàssone Grammatico quello greco di Edipo/Sofocle. C’è un terzo (I Greci di Craig?), lontano, irraggiungibile, inspiegabile. L’armatura è forse il mistero stesso della creazione? Ma accanto a Polonio la Regina è nuda: l’uomo che cerca di scoprire la verità (Polonio) è occupato a rivestire quel mistero che pretende di essere in grado di rivelare (Gertrude di Shakespeare ma anche la donna). La nostra vita - e il teatro di conseguenza - sono senza senso come nella battuta del Macbeth. Freud scivola nel Macbeth, di nuovo in Shakespeare infinitamente più grande di lui. Sembra riproporsi lo schema craighiano tra Shakespeare e Ibsen: Ibsen sembra un gigante ma accanto a Shakespere si rivela un nano (anche qui il confronto è con il Macbeth, tra Rosmer e la Lady sonnambula). Freud sembra un gigante ma accanto a Shakespeare si rivela un nano. Del resto Freud teatralmente è la controfigura di Ibsen, che ha cercato di resuscitare la tragedia guardando dentro l’anima dei personaggi. Allora lo stato è la donna, che è mistero ma anche complice della macchina dominatrice31.
Quadro 3 - Mettere alla prova il testo
Il quadro presenta subito un problema. Da un lato sembra l’inizio dello spettacolo vero e proprio, dopo le prove (Quadro 2), dall’altro sembra la continuazione di quelle stesse prove. Sarebbe meglio dire che Carmelo Bene considera il testo da dire, come occasionale, labile, frammentario. Sembra che ogni volta che pronunci la battuta in realtà stia provocandola. C’è dunque una distanza tra l’attore e la battuta. Lo spettacolo forse è da intendersi sempre come una prova, una messa alla prova del testo. Del resto egli sta consultando il copione. Si ferma e prova la battuta. È quella vera, di Shakespeare, da contrapporre a quella della voce del fantasma. Amleto dichiara di voler mantenere nella memoria solo le parole dello spettro. È dunque la risposta al "Ricordati di me". Ciò avvalora l’idea che l’attore sta mettendo alla prova il testo di Shakespeare. Ma poiché non appare molto convinto, la vera risposta si rivela quella precedente, da Laforgue. Anche Claudio è colto in un momento di prova: sta infatti provando la scena del pentimento all’inginocchiatoio. Lo spostamento di Claudio dallo scranno all’inginocchiatoio corrisponde a uno spostamento dalla scena i>i del i atto alla scena del pentimento, scena iii dell’atto iii. Si ha dunque un movimento nello spazio che equivale a un salto nel testo. Da una scena a un’altra. Contemporaneamente Amleto spostandosi da dietro a davanti l’inginocchiatoio ha spostato l’inginocchiatoio da "appoggio di fortuna" per il poeta a "inginocchiatoio" sul piano della rappresentazione. Gli attori spostandosi hanno compiuto un salto tra il piano della troupe e quello del testo e all’interno del testo stesso: dalla scena dell’incoronazione a quella del pentimento; da quella del pentimento a quella dell’incontro di Amleto con lo Spettro. Sono dichiarazioni che il testo sarà adoperato liberamente e intrecciato con altri "fatti": quelli della troupe, come quelli di altri autori (Laforgue e Freud). Quando Amleto ritorna dietro l’inginocchiatoio, dove Claudio è ancora dentro la scena del pentimento, automaticamente sposta nuovamente il piano sulle vicende della troupe. A conclusione della battuta i due personaggi ritornano ai ruoli che hanno in compagnia, Capocomico-Poeta e Impresario. Claudio gli consegna una borsa di monete per finanziare lo spettacolo. Lo slittamento da un piano all’altro viene favorito dalla battuta stessa, che è quella in cui descrive lo zio come assassino. Dallo zio assassino a quell’omicida dell’arte che è l’impresario!
Quadro 4 - Lo spettro o Ofelia?
Il Quadro 4 sembra continuare nel filo della sequenza di mettere alla prova il testo di Shakespeare. Contiene infatti il dialogo tra Orazio e Amleto, quando Orazio rivela ad Amleto l’apparizione dello spettro di suo padre. Si tratta di una continuazione all’interno del testo di Shakespeare rispetto al Quadro 3, ma nello stesso tempo fa saltare di quel testo la successione della narrazione dei fatti. La scena infatti precede, ovviamente, e non segue l’incontro tra Amleto e lo spettro. Con tale inversione Bene sembra confermare che questo Amleto è il mettere alla prova il testo di Shakespeare e nello stesso tempo dichiara la propria sfiducia nella storia. Il personaggio di Orazio che in Shakespeare è colui a cui viene affidata la storia assume qui pertanto una configurazione negativa. Appare sempre sorpreso e sdegnato delle scelte registiche e, quando, come nella vestizione del fantasma, si propone come regista, i risultati non sono apprezzati da Bene-Poeta della compagnia. Altrettanto significativo in questa ipotesi è il fatto che proprio in quella occasione Amleto "inciampi" e cada nel vuoto. Inciampa nella "storia". In questo quadro viene messa alla prova una delle scene cardini del testo e in posizione "impossibile". Ciò che dicono i personaggi già si sa ed è già successo. Carmelo Bene non lavora in questo modo diversamente da Craig. Questo spettacolo e questo video sono utilizzati nello stesso modo in cui Craig usa le sue tavole per la scena. Anche in quel caso il lavoro del regista era prima di tutto critico, anche in quel caso la situazione presentava condizioni impraticabili. Là un "luogo" irrealizzabile nel palcoscenico del tempo, qua una storia non narrabile nel teatro del tempo. Bisogna dunque provocare il testo contro se stesso, come Craig provoca il palcoscenico contro se stesso. Come nella scena per i funerali di Ofelia. Qui le esasperazioni sono determinate dallo stile recitativo che si ispira ai duetti del teatro d’opera, da un lato reminiscenza della consuetudine romantica dove teatro di prosa e teatro lirico si incontravano, e del tutto improponibile per il testo shakespeariano, dall’altro perché il duetto d’opera non facilita la comprensione delle parole, dato che le battute si accavallano e sfuggono al personaggio cui spettano; il che non agevola la narrazione, già compromessa dalla inversione dei fatti. Fondamentali sono il ritmo e la musica più che la riconoscibilità delle parole o la loro appartenenza a un personaggio. Non è il testo che è significante ma il suo movimento musicale, il suo trasformarsi in "aria". E anche questo è certamente un debito verso il pensiero di Craig. Per questo Amleto è così ironico nell’atteggiamento e nel tono. Quel dialogo non ha nessun senso per lui. Per lui, attore, ha senso il duetto con Orazio che ribalta i canoni classici e prosastici della recitazione. Ma c’è una seconda esasperazione ancora più scandalosa. Si tratta dell’inserto della scena di Ofelia al telaio che legge di nascosto un libro. Aggressivamente Ofelia morde la mano di Amleto come un cane molestato (ed è un cane, tutta accucciata e nuda). Il grande cappello monacale, unico accessorio che ricopra il suo corpo, allude certo al "Va’ in convento" del testo di Shakespeare, ma è allusione che deride il testo. Infatti Ofelia non andrà in convento né è personaggio monacale. In certo senso la trovata coglie l’essenza del testo, in quanto in inglese Nunnery significa sia bordello che convento. Ma là vuol dire che Amleto consiglia ad Ofelia di ritirarsi dal mondo. Qui è l’idea, ossessiva in Bene, e di derivazione romantica, che giungerà al suo apice in Hommelette for Hamlet, della donna, Santa e Puttana. Appunto nuda come una bestia e con un grande cappello monacale. Il richiamo è dunque - anche per la versione di Ofelia che ruba i libri di Amleto dalla sua biblioteca - a Laforgue. Due esasperazioni contro Shakespeare che in Hommelette for Hamlet risulterà perdente. E ambedue d’impronta laforguiana e più in generale simbolista:
E l’argomento è bello, in verità! Rifeci il tutto in versi giambici; v’intercalai digressioni profane; colsi poi un’epigrafe sublime nel mio caro Filottete. Sì, io scavavo i miei personaggi più a fondo del vero! Forzavo i documenti!32.
Per quanto riguarda Ofelia, ella è assente in Laforgue. È già morta. C’è invece una fanciullina che è stata la base d’ispirazione per la Ofelia di Bene:
La finestra del castellano è aperta; una gabbia è appesa alla persiana. Prima ancora di veder la gabbia, Amleto vi si scaglia addosso, l’apre, vi coglie un tiepido canarino che stava per addormentarsi, gli torce il collo fra il pollice e l’indice, e, fischiettando sempre più allegro, lo butta in fondo alla camera, sulla faccia (ma questo per puro caso) d’una fanciullina che se ne sta lì a lavorar d’uncinetto, approfittando dell’ultimo filo di luce, e che si ferma di botto, con gli occhi tondi e le mani giunte, dinanzi a quel folgorante misfatto!
Quando Amleto di Laforgue ricorda Ofelia la ricorda come "Una santa in gonnella"33.
Che valore ha che mentre Amleto mette alla prova nel duetto con Orazio il testo di Shakespeare egli "si distragga" a causa del vizio di Ofelia di occuparsi dei libri della sua biblioteca? La distrazione avviene dopo il solenne pronunciamento che egli vuole incontrare e parlare con lo spettro del padre. Appena detto, egli disattende la promessa rivolgendosi a un altro fantasma, a un altro morto, che è la Donna. Essa è nuda perché egli, laforguaniamente può sostenere soltanto la nudità femminile. Se avesse dei panni addosso, questi conserverebbero le impurità del corpo: "Sono i panni, i panni, ospedali consacrati ai cruori e alle escrezioni; sono le fasce, le fasce, in cui vorremmo, ah! ricoccolare le nostre meningi!"34. La nudità è anche manifestazione di morte, di sollevamento dall’umano. Ed è sempre la nudità che permette a Ofelia di accostarsi al libro, che non è indumento, che è staccato dal corpo. I panni infatti conservano gli umori e il sangue fluente. Il libro conserva le parole, i pensieri. Ofelia nuda può accostarsi al libro, però trasgredisce due volte, perché lo fa proprio mentre Amleto mette in discussione il testo e si diverte a stracciare pagine dal copione. Nello stesso tempo il panno ha il fascino della vita stessa, è il pannolino del bebé e il sudario del morto. È la benda che fascia le ferite e raccoglie il sangue vivo: "Ferita era la benda e non il braccio"35. L’Amleto di Laforgue non può rimanere indifferente al panno. Per questo lo ha raccolto e lo ha avvolto su una mano, quando Orazio, colpito al volto, lo ha gettato per terra. Quel panno è presentimento della Donna che apparirà e apparirà nella contraddizione, nuda e intenta a spiare le parole di un libro. Per questo è aggressiva e rabbiosa come un cane fedele molestato che si ribella, perché Amleto le impedisce di riscattarsi dalla sua condanna femminile. E morde quella mano che le strappa il libro. La prosecuzione di tali sentimenti si coglie nel piccolo gesto di Amleto di portare al petto la mano ferita battendola leggermente. Tutto ciò rende ambiguo il finale della scena e certamente blasfemo e ribelle. Di che cosa non dovrà parlare Orazio? Su che cosa dovrà tacere? Sul fantasma o sulla repulsione verso la Donna?
Quadro 5 - Inciampare nel testo
Il Quadro 4 tornando al copione di Shakespeare prima dell’incontro di Amleto con lo Spettro, che si dà all’inizio dell’opera, e contaminandolo con una figura laforguiana, Ofelia, già morta, quindi fantasma, che di nascosto legge i libri trafugati dalla biblioteca di Amleto, santa e puttana, ha la funzione di mettere in evidenza il modo di procedere dell’artista, che contrappone Shakespeare a Laforgue. Il Quadro 5 mostra la resistenza a questa operazione, che è incarnata da Orazio, il custode della storia, il quale oppone alla tendenza devastatrice di Amleto il rispetto del testo di Shakespeare, e quindi il fantasma. Per questo ha cercato personalmente di travestire William da Spettro. Il Quadro 5, dal punto di vista di Orazio, è il proseguimento del Quadro 4: l’incontro annunciato con lo spettro. Ma viene, alla fine del Quadro 4, messo in pericolo dalla tendenza di Amleto a incontrare lo spettro di Ofelia, a rivolgersi piuttosto a Laforgue che a Shakespeare. Amleto scopre la tresca e il trucco, ma avviandosi verso il fantasma inciampa e precipita nel vuoto insieme con l’attore. Il Quadro 5 è dunque la persistenza di un testo, impossibile a dirsi, nel quale Amleto inciampa per l’ostinazione di Orazio. Inciampare nel testo significa perdere le ali della propria arte, smarrirsi e precipitare. L’immagine è presente in Bene fin dalle prime opere, nella sua tensione al volo e nelle inevitabili cadute, come un Icaro recidivo36. Il richiamo esplicito è al frate asino, volante a bocca aperta, San Giuseppe da Copertino:
Li intrattenne a lungo sulla storia di Frate Asino; San Giuseppe da Copertino, guardiano di porci, si faceva le ali frequentando la propria maldestrezza e le notti, in preghiera, si guadagnava gli altari della Vergine, a bocca aperta, volando. I cretini che vedono la Madonna hanno ali improvvise, sanno anche volare e riposare a terra come una piuma. I cretini che la Madonna non la vedono, non hanno le ali, negati al volo eppure volano lo stesso, e invece di posare ricadono come se un tale, avendo i piombi alle caviglie e volendo disfarsene, decide di tagliarsi i piedi e si trascina verso la salvezza, tra lo scherno dei guardiani, fidenti a ragione nell’emorragia imminente che lo fermerà. Ma quelli che vedono non vedono quello che vedono, quelli che volano sono essi stessi il volo. Chi vola non si sa37.
Il richiamo a Frate Asino è una variazione dell’esaltazione della stoltezza, critica feroce alla società contemporanea, come in Flaubert (Bouvard et Pécuchet) e Baudelaire. Il cadere dimostra la propria inettitudine, la propria goffaggine e stupidità come l’albatros di Baudelaire che a terra inciampa nella lunghezza delle proprie ali:
Al principe dei nembi il Poeta somiglia; abita la tempesta e dell’arciere ride, esule sulla terra, in mezzo a ostili grida, con l’ali da gigante nel cammino s’impiglia38.
Accanto a Orazio, ossessionato dalla fedeltà alla storia, il poeta crolla nel suo tentativo di librarsi oltre.
Quadro 6 - Perdono Shakespeare!
Non resta che chiedere perdono a Shakespeare. Amleto si inginocchia, accende una candela e chiede perdono con le parole di Laforgue:
E il giovane e insaziabile principe corre a buttarsi in ginocchio dinanzi al ritratto del padre e gli bacia i piedi sulla tela fredda. "Oh, perdono! tu mi perdoni, padre mio, non è vero? In fondo, mi conosci"39.
In Laforgue Amleto chiedeva perdono al ritratto di suo padre, qui il poeta della compagnia chiede perdono al suo padre poetico, a Shakespeare, si confessa a un secondo peccato:
I cretini che vedono, vedono in una visione se stessi, con le varianti che la fede apporta: se vermi, si rivedono farfalle, se pozzanghere nuvole, se mare cielo. E dinanzi a questo alter ego si inginocchiano come davanti a Dio. Si confessano a un secondo peccato. Divino è tutto quanto inconsciamente hanno imparato di sé. Hanno visto la Madonna. Santi40.
Il primo è all’interno della storia (chiedere perdono al padre per esimersi dalla vendetta - Laforgue), il secondo all’interno dell’arte (chiedere perdono a Shakespeare di tradirlo con Laforgue per riconquistare le proprie ali). Dopo il Quadro 6 si entra nell’opera!
NOTE
* Intendo qui proporre un esempio di lettura dell’opera video, limitata all’incipit. Alla trascrizione faccio seguire un commento che, più che "spiegare", cerca di individuare i nodi critici. Affiorano analogie con l’Amleto di Craig, che dimostrano, da un lato, che Bene si abbandona a suggestioni simboliste ("i miei spettacoli sono la proiezione di un incubo non la calcomania del mondo esterno", in C. Bene, G. Dotto, Vita di Carmelo Bene, Milano, Bompiani, 1998, p. 162), dall’altro, che il viaggio di Craig verso la montagna del teatro continua.
1. In corsivo tra parentesi quadra parti che descrivono in sintesi l’azione o fungono da didascalie; in tondo le battute o enunciazioni visive. I titoli di testa, per maggiore chiarezza grafica, sono in corsivo. L’opera è stata suddivisa per facilitare l’analisi in quadri. Viene considerato quadro l’intervallo tra due buio. Naturalmente bisogna distinguere quando il buio ha valenza di sospensione forte. Quando è sospensione breve - per esempio ha le funzioni che in scrittura si possono avere con il punto che separa una frase dall’altra o con la virgola che separa le proposizioni o funzione di parentesi come nel caso dell’inserto di Ofelia (cfr. quadro 4) - o ha funzione espressiva viene considerato all’interno dello stesso quadro, come nel caso del quadro 1 dove il buio tra le due Voci ha funzione espressiva e di breve intervallo. Questo saggio per una completa comprensione prevede la conoscenza dei due saggi precedenti: Accerchiando Amleto, in Metamorfosi del teatro, Napoli, esi, 1998 e Craig-Hamlet, cfr. supra.
2. La voce dello spettro è quella di Alfiero Vincenti, l’attore che impersona Claudio. L’incipit della battuta coincide con l’affiorare del nome dell’attore nei titoli di testa. Si è cercato di mantenere la corrispondenza tra parola dello spettro e nome dei titoli di testa, che sono separati tra loro da un buio.
3. Elaborazione da W. Shakespeare, Amleto, i. 5. 10, 23, 91. D’ora in poi le citazioni dall’Amleto saranno indicate con shak., seguito dai numeri dell’atto, della scena e dei versi, tra parentesi tonda il nome del personaggio che pronuncia la battuta.
4. Elaborazione da J. Laforgue, Hamlet ou les suites de la piété filiale, in Moralités Légendaires, Paris 1887; ed. it.: Amleto o le conseguenze della pietà filiale, in Poesie e prose, a cura di I. Margoni, Milano, Mondadori, 1971, pp. 279-310, la cit. è a p. 283. D’ora in poi le citazioni dall’Amleto di Laforgue saranno indicate con laf., seguito dal numero della pagina corrispondente alla ed.it.cit.
5. S. Freud, L’interpretazione dei sogni, (Die Traumdeutung, 1899), trad. di E. Fachinelli e H. Trettl, Torino, Bollati Boringhieri, 1997 [19731], p. 250.
6. laf., 303.
7. laf., 303-304.
8. laf., 284, cit. anche da Papa Goriot di Balzac; cfr. E. Baiardo, R. Trovato, Un classico del rifacimento. L’Amleto di Carmelo Bene, Genova, Erga, 1996, p. 66.
9. shak., i. 1. 45 (Bernardo) e i. 1. 48 (Orazio).
10. shak., i. 5. 95-110
11. shak., i. 5. 159-253.
12. laf., 284.
13. Hommelette for Hamlet, operetta inqualificabile da J. Laforgue, regista e protagonista Carmelo Bene, scene e costumi di G. Marotta, Bari, Teatro Piccinni, 10 novembre 1987. Versione televisiva, Rai 1987.
14. L’assenza di Shakespeare è tanto più rimarcata, proprio perché le battute di Orazio, a cui Amleto non risponde, vengono mantenute.
15. Hamlet Suite, spettacolo-concerto da J. Laforgue, regista e protagonista Carmelo Bene, Verona, xxxxvi Festival Shakespeariano, Teatro Romano, 21 luglio 1994. Il testo, con il titolo: Hamlet Suite. Versione-collage da Jules Laforgue, è pubblicato in C. Bene, Opere, Milano, Bompiani, 1995, pp. 1355-378.
16. S. Freud, L’interpretazione dei sogni, Torino, Boringhieri, 1997 (19731), pp. 250 e sgg. [ed. or.: Die Traumdeutung 1899].
17. C. Bene, Un Amleto di meno, da W. Shakespeare e J. Laforgue, film, Italia, 1973.
18. S. Tofano, Il teatro all’antica italiana, Milano, Rizzoli, 1965, p. 192.
19. Così si esprime il becchino con una punta di ammirazione per Laerte mentre informa Amleto della morte di Ofelia nella riscrittura di J. Laforgue, Amleto, in Poesie e prose, a cura di I. Margoni, Milano, Mondadori,1971, p. 295.
20. J. Laforgue, Amleto, cit. p. 309.
21. Anacronismo anche rispetto a Laforgue che essendo morto nel 1887 non può ancora sapere nulla dei bolscevichi della Rivoluzione russa del 1917.
22. C. Baudelaire, Picchiamo i poveri, in Poemetti in prosa, Milano, Dall’Oglio, 1961.
23. C. Bene, Salomè, film, Italia 1972. Lo spettacolo, dal dramma di O. Wilde, aveva debuttato al Teatro delle Muse a Roma nel 1964. Nel 1975 Bene ritorna a questo testo con un radiodramma, cfr. F. Mastropasqua, Salomè di Carmelo Bene, «Quaderni dell’Istituto di Storia dell’Arte dell’Università di Pisa», n. 2, 1979, pp. 17-47.
24. C. Bene, "Riccardo iii" o del delitto mondano, in Opere, cit., p. 1193.
25. Cfr. tav. 37 in M. Praz, La Carne, la Morte e il Diavolo nella Letteratura Romantica, Firenze, Sansoni, 1999 (19481).
26. Sulla D’Origlia-Palmi cfr. la testimonianza dello stesso C. Bene in Sono apparso alla Madonna. Vie d’(h)eros(es), Milano, Mondadori, 1984, pp. 29-36 [Milano, Longanesi, 19831] e in C. Bene, G. Dotto, Vita di Carmelo Bene, Milano, Bompiani, 1998, pp. 125-26. "Grandiose amnesie divine, continui vuoti di scena truccati da pause inattendibili. Questi ‘fantasmi’ del padre d’Amleto che uscivano di scena nel corpulento Manlio Nevastri (in arte Nistri), trascinandosi dietro nell’‘addio’ i merli della torre. Questo predicare del cavaliere [Palmi] ai pesci su di una cantinella simulante il mare, - ma s’erano scordati di chiodarla all’esterno -, per cui si muoveva a destra e a sinistra, spostandogli di continuo il copione che lui doveva leggere spalle al pubblico. Così che il cavaliere saltellava anche lui a destra e a manca della piccola scena, invocando piangente: ‘fermate il mare, fermate il mare!’. Questo smarrire di continuo le identità, tra Allegrini, Nistri e Palmi, perché lì di commedie se ne recitavano quattro, cinque al giorno, per cui: ‘Buongiorno Conte!’ ‘No, come Conte? Il Principe sono io, lui non può essere il Conte!’ […] Semplicemente divino. Erano formidabili derisioni ai danni dell’‘identico’, che così veniva minimizzato dai pantografi del vuoto di memoria" (Sono apparso alla Madonna…, cit., pp. 29-30).
27. Citaz. dal Riccardo ii di W. Shakespeare, iii, 2. 144-170.
28. W. Shakespeare, Amleto, iii. 3. 11-26 (battuta di Rosencrantz). Trad. e ed. cit.
29. Ivi, iii. 2. 344-350 (battuta di Amleto); trad. e ed. cit.
30. F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno, ed. it. a cura di G. Colli e M. Montinari, Milano, Adelphi, 1998, p. 54.
31.Il tema è alla base del Riccardo iii di Bene, realizzato pure nel 1977 dalla Rai. cfr. C. Bene, G. Deleuze, Sovrapposizioni, Milano, Feltrinelli, 1978.
32.J. Laforgue, Amleto o le conseguenze della pietà filiale, in Poesie e prose, cit., p. 283.
33.Ivi, pp. 289 e 300.
34.J. Laforgue, I panni, il Cigno, vv. 1-4, in Poesie e prose, cit., pp. 187-89. Cfr. l’Introduzione di I. Margoni, pp. 23-64, in part. p. 23.
35.C. Bene, "Riccardo iii" o del delitto mondano, cit., p. 1195.
36.Id, Nostra Signora dei Turchi, Milano, SugarCo, 1978, in part. pp. 50-51 ( 19661).
37.Ivi, p. 52.
38.Trad. di A. Prete, cfr. L’albatros di Baudelaire, Parma, Pratiche, 1994, p. 11.
39.J. Laforgue, Amleto…, cit., p. 284.
40.C. Bene, Nostra Signora dei Turchi, cit., p. 53.
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