olivieropdp
Ministero per i Beni
e le Attività Culturali
Associazione
Teatri 90 Festival
con la collaborazione
organizzativa del
Comune di Milano
Settore Cultura e Musei
Settore Spettacolo
Dipartimento dello Spettacolo olivieropdp

Maratona di Milano

Alda Merini
Il ladro Giuseppe

Regia di Annalisa Bianco
con Alessandro Genovesi, Pietro Morelli, Annamaria Rossano



 
 

Il ladro Giuseppe

C’era una volta un ladro

così buono che tutti i bambini lo ammiravano.

Era un ladro affabulatore che inventava cose inesistenti

A cui i bambini credevano. Come i poeti che raccontano

cose inesistenti agli altri per far credere che la vita sia

migliore di quella che è

e di fatto tutto è migliore di quello che sembra

basta saperlo sognare.

Perché il ladro rubava, rubava la verità e la colorava di fresco

e usava dei pennarelli adatti ai bambini, così alle volte debbo

dire che Milano, grande com’è

non merita i propri bambini-poeti

che aspettano, come dissi per tanto tempo, un pifferaio che li

accompagni lontano, verso la felicità.
 
 

Alle quattro del mattino

Alle quattro del mattino

io mi sveglio

e mi metto contro un muro

su una parete comune che non esiste.

Misero

tutte le mie energie vitali vanno a morire

dentro quel legno

e finalmente cessa la mia disperazione.

La notte è finita

ma nessuno apre la porta.

Nessuno siederà con me su quella panca

nessuno avrà alle spalle un muro.

C’è una fessura nella mia porta

che io non ho mai voluto riparare

da cui entrano gli spifferi, le arie più indecenti

e forse qualcuno

da quella fessura

mi eroga del gas.

Sto vicino alla fessura perché ho perso il mio amore

e spero che il vicino di casa mi uccida

ma chiude e non mi saluta.

Poi ho amato un giovane

era molto bello e io volevo baciarlo sulla bocca

e lui mi ha detto

che per chi fuma come me

su una panca e solo

non c’era speranza

non c’erano amore.

Il ragazzo se n’è andato

e mi ha chiesto di fare altrettanto

ho scoperto che anche lui era un virtuale assassino

e difatti ha ucciso il mio io.

Sono sicuri tutti che io sia una donna anziana

che non abbia più niente da domandare alla vita

ma quei dieci anni di castità

mi fanno morire.

Voglio fare qualcosa di insolito

sposarmi un prete

tirarlo via da quell’opificio tremendo che è la chiesa

perché ho scoperto che il prete non lo sa

che Cristo era un uomo volgare

e naturalmente non posso vedere un prete giovane

coordinare funerali immensi

e sentire i peccati dei moribondi.

Allora sulla panca io sto a vedere traverso il muro

che cosa succede nel vecchio manicomio

ed è come trovare le prove di un delitto

che la polizia non scoprirà mai

il delitto della mia voce e della mia casa

e perché mi hanno rinchiuso là dentro

e in nome di quale voracità

aspetto il vicino di casa

aspetto che mi faccia morire

e sono sicura che anche lui mi ha violentata.
 
 
 
 
 
 

Vedo, in questo gelido tuo sguardo

l’ultima morte. Si è staccata in viso

la maschera che avevi di dolore

e sorridi beata del tuo tempo.

Pensa che adesso, esuli del padre

e della madre, non abbiamo più,

del sole il bel colore

e abbiamo perduto dio, così lontano.
 
 
 
 
 
 

Il morto

E’ difficile dimostrare che un morto è esistito

che ha avuto una vita propria

una propria candela

un proprio infinito universo a Milano

non se ne parla più

perché il morto ha conosciuto altri morti

ha acceso infinite fontane

ha dato vita a una molteplicità di giochi di stanchezze

di inviti alla pace e alla sapienza

ma qui intorno stanno costruendo un muro

lo fanno apposta per mettere tra me e il passato un nuovo silenzio

non solo i vicini non ti parlano

ma costruiscono altri muri altre menzogne altre case

il manicomio era più pietoso più confuso meno vociante

questa confusione totale ti dà alla testa

promuove in te un acuto spettacolo di morte

Milano è così

un eterno funerale delle cose passate

delle orge di virtù congeste

è difficile tramutare l’odio in amore

e tutti i correlati dell’odio sono fusi in un’unica menzogna

la presenza di un cadavere fisso che si chiama passato ombra

ricordo

c’erano moventi veri moventi giusti per rompere Milano

in due tre parti in mille parti

come un pane da dare a molti

in realtà è stata conferita l’orgia del veleno

un uomo a cui avevo affidato il caso della mia vita se ne è andato

perché non scrivessi più

arrabbiato come un cane perché non approvavo

i suoi mille delitti di pensiero perché non

avevo approvato il suo pasto di omertà

voleva essere l’ultimo intellettuale del mondo

l’ultimo amante ferito

e Milano è così piena di questi rompiscatole

che amano trovare tra i libri l’essenza della religione

e travolgerla nei loro delitti

e di fatto il peccato è scomparso

ma anche la viva voce del mio demonio.
 
 
 
 
 
 

Il mese mariano

Il mese mariano è stato per me un tradimento

si sono dimenticati tutti delle loro morti

delle loro menzogne

e anche se la rosa più bella era Maria

ne hanno dimenticato il volto angelico il volto adolescente

i cortili erano pieni di omertà religiose

io so che in un tempo ormai lontano

Vanni mi aveva piantato dentro il suo cuore come una madonna

libera e incatenata alla fede

e che io ero la sua rosa il suo fatto angelico

ma avrei voluto dimostrare a Vanni

quante di queste indocili donne che pregavano dentro ai cortili

e mi guardavano negli occhi

erano dei giusti

e quanto avevano sulla coscienza il mio manicomio

donne che avvicinandosi alla vecchiaia hanno paura della morte

e vanno a tampinare i preti

ma chi ha visto mai nel volto dell’innocenza la morte

non la teme più chi

l’ha vista navigare tra i poveri e i miscredenti non la dimentica

maggio è il mese delle rose ma nel mio cortile non è venuto

nessuno al prete e alla pietà non hanno fatto posto

hanno proibito anche alla Rai di venire

era naturale che deturpassero i giardini qui intorno

dove la poesia era l’unica arte signora

la chiesa non capisce nulla dei sogni degli uomini

essa procede a ritroso

o sta ferma nel proprio giudizio sempre da anni

forse non si cura delle anime ma del solo pensiero

ma il sogno per il poeta è la sua preghiera al cielo

ed il suo modo di rendere abitabile a Dio la sua iniqua dimora

il poeta sogna la misericordia

l’essenza la stravaganza del volere di Dio

che vuole che si immoli il figlio

il figlio unico alla propria volontà

come ho fatto io un giorno

lasciando nelle case dei reprobi il dolce pane dei miei figli

sono diventata anche io simile a Giobbe

e ho dimorato in mezzo a tafani e lusinghe vane

così sono esistite persone ignobili

tafani mosche che si mettono sulle piaghe degli altri

e le avviliscono e tremano di paura

mentre sporcano di feci il cielo bianco dei poeti

che dopo tutto è già in paradiso

che è nato in paradiso da sempre

da ultimo io vorrei dimenticare le varie fosse del mio pensiero

mio fratello se ne guarda bene dal portarmi sulla tomba di colei

che per anni

è stata la mia sola fede

mio fratello è buono

talmente buono che vorrebbe che io morissi

per far posto a una certa proprietà

altri parenti si sono succeduti

a dirmi che era meglio l’isolamento

perché a loro l’isolamento è piaciuto

e ne hanno fatto un canone di vita

anzi

non hano pagato alcun canone

anzi

si sono tenuti tasse e televisione

e tutto ciò che è godibile per passare inosservati

per far questo ci voleva il permesso della ditta

di quella ditta suprema

che è un vicinato supremo attossicato da una stessa menzogna

c’erano i bollettini della Rai misteriosamente

scomparsi tutto misteriosamente scomparso

anche i contatti con la televisione

e i vari uccisi del registro

così è diventata Milano senza registro

né nome

né attese inutili.
 
 
 
 
 
 

E’ un petalo la tua memoria

che si adagia sul cuore

e lo sconvolge.

Addio, come ogni sera,

oltre le fratture c’è un cadavere

eretto di discorso,

sembra un frammento di un’eutanasia,

ma tu mi uccidi come sempre, amore,

e riapri i miei eterni giacimenti.

I sepolcri del Foscolo, gli addii

di certe mani che non sono sepolte

ed emergono futili dal nulla

a chiedere giustizia di parole.
 
 
 
 
 
 

Le donne, i cavalier…

Oh se potessi ritornare indietro

alle parole piene di silenzio

quando io amava riguardarmi dentro

e pensava di te cose non dette.

Mi figurava, pensa, un nostro figlio

venuto su da non so quale terra.

Era un ragazzo d’ombre oppure un giglio

o questi era d’amor la nostra serra

sì profumato che valeva la pena

di cambiar pannolini giorno e notte

tanto soltanto un angelo vedeva

questo mentirci dolce e fare a botte.

Ero così appestata dai tuoi carmi,

padre Riccardo, che mi figurava

che fosse il portinaio a batter l’arme

e che di notte lui mi bastonava.

Erano invece i petali di rosa

che mi mandavi coi baci dolci.

Ero così assonnata ed ubertosa

che oramai maledivo la mia sorte.

Sì forsennato amore non si trova

padre Riccardo neanche nella morte.
 
 
 
 
 
 

A S.

Cosa diresti se mi abbandonassi

al tuo fervore placido e ossequioso

e se questo pensiero ti slargassi

per far di te una notte il mio re sposo.

Una rana son io senza corona

lungo le mie paludi di lontano

ti gracido alla porta, o corrimano,

come fo presto a scendere le scale

per arrivare a dirti di fantasmi

di nozze che non vennero e non voglio.

Quindi ti spingo prepararle in foglio

e tu obbediente gridi "All’armi, all’armi!".

Allarme ma di che, caro S.,

noi siamo due bei tomi sopraffini

già riposti in due fini davanzali

solo che un tomo vuole mettere le ali.
 
 
 
 
 
 

Congedo

Così mi ha congedata.

Non occorreva un movente

e neanche un carattere impetuoso;

è l’eterna favola

del lupo che trova

che l’agnello ha orizzonti impossibili

e che il suo belato

ammorba le orecchie,

anche se l’agnello dorme

fa rumore lo stesso

mentre i rivi delle vostre parole

che litigano e fermentano

divengono acqua pulita.

E’ il belato che dà fastidio,

quel belato dell’uomo abbandonato

su un povero giaciglio

che vorrebbe salire

al vostro grande letto

dove voi consumate gli amori.
 
 
 
 
 
 

Risultato impreciso

Per capire il segreto

di un cuore maledetto

certo

non occorre un bel canto

né un canto funerario

né un canto di alleluia;

la menzogna è sospetta,

amica prediletta,

tu ti trovi in un canto

ai piedi del tuo letto.
 
 
 
 
 
 

I sandali

Hai dimenticato i sandali amore

i tuoi sandali di desiderio,

li ha trovati sotto il mio letto

il mio portiere

scopando notte tempo

ha trovato i tuoi sandali;

vieni a prendere i tuoi sandali amore

i sandali di legno di sandalo

i sandali di legno biblico

buttali in testa al Signore

che ci ha diviso il cuore.
 
 
 
 
 
 

Ecloca

Infine tu mi manchi

malgrado ti maledica in eterno

per quel tuo inverosimile starmi sulla porta

come la sentinella

persino nel mese di agosto.

Ma non posso permettere ai miei avi

di frugarmi ancora tra le lenzuola

e malgrado le molte gualdrappe

la sceneggiata dei miei amori liberi,

malgrado io sia poliedrica,

debbo diventare univoca e folle

perché questa è la tua volontà.


 

con poesie tratte da Un’anima indocile. Parole e poesia, La Vita Felice Editore, Milano, 19?

per gentile concessione dell’editore.

copyright Alda Merini & Maratona di Milano 2000
 
 

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