Per antiche vie |
Il percorso |
Un diario di bordo |
Intervista |
olivieropdp |
Passi
Camminare Incontrarsi Fermarsi
Progetto di Paola Bigatto e Renata Molinari
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Premessa |
Il pellegrinaggio è la
manifestazione più chiara della partecipazione all'evento giubilare:
la trasformazione interiore che il Giubileo richiede si attua nell'affrontare
un'esperienza extra-ordinaria come il pellegrinaggio che si propone di
stabilire un rapporto diretto e consecutivo con la percezione dello spazio
(nell'attraversamento dei luoghi) e del tempo (come ordine di ore solari
e ore notturne, ma anche in relazione a un rapporto più attento
agli eventi stagionali).
Se questo era vero in passato, lo è ancora di più oggi, quando la tecnica ci porta a poter prolungare a nostro piacere la visibilità, grazie all'illuminazione artificiale, e ad attraversare grandi spazi in poche ore, alterando quindi il concetto di durata e di ampiezza. Il pellegrinaggio giubilare si è sempre basato su una qualità dell'essere umano che è il suo essere "forestiero e inquilino" (Levitico 25,23): nell'attraversare spazi sconosciuti il pellegrino pone se stesso in relazione agli altri come il diverso e lo straniero e deve fondare la propria mobilità nella fiducia in chi è stanziale, al quale chiede ospitalità e accoglienza. Questi due termini, che nel pellegrinaggio diventano concreti, addirittura pratici, logistici, sono in realtà temi che la modernità sta affrontando a fatica: l'accoglienza, la fiducia, il rapporto non conflittuale fra la dotazione umana e culturale di chi è in movimento e quella di chi è stanziale. Il pellegrinaggio è un fenomeno fisico dell'anima: corpo e anima si modificano reciprocamente attraverso il camminare, l'incontrare, il fermarsi. Il pellegrino diventa in sé, nel suo corpo, quella "lettera scritta nei nostri cuori, conosciuta e letta da tutti gli uomini" (Cor. II, 3, 1-2), strumento di comunicazione in quanto pellegrino. Questo processo interiore può trovare una possibile manifestazione nel designare un "oggetto" che, portato dal proprio luogo di origine, subisce delle trasformazioni, delle contaminazioni (può essere anche perduto e ritrovato) durante il percorso. L'oggetto è una parte importante di sé: un ricordo, un elemento della propria vita, un oggetto vero e proprio, un sapere imprescindibile, è comunque quello che maggiormente vogliamo portare con noi, il nostro bagaglio irrinunciabile, ed è nello stesso tempo ciò che siamo disposti a modificare. Esso, venendo a contatto col percorso, si altererà, fino ad arrivare trasformato in qualcosa d'altro, che verrà riportato a casa. E' il correlativo oggettivo del cambiamento interiore che il pellegrinaggio induce a fare. Le azioni quotidiane nella determinazione del viaggio, la "permeabilità al reale" dentro la "logica delle conseguenze" (T.S. Eliot), saranno, in questo viaggio, i poli di un sistema di relazioni attraverso il quale sviluppare, in immagini, racconti e situazioni drammaturgiche, temi "irrinunciabili" per il viaggio e le motivazioni dei partecipanti, primi fra tutti quello del forestiero e dell'ospite, del passaggio e della durata. Ciò che si può e si deve mostrare di questo lavoro è il suo processo, è, giustamente, il procedere: ogni quattro, cinque tappe ciascun partecipante, in uno spazio di incontro e "conferenza" può raccontare cosa ne è del suo oggetto, dichiarando il punto di partenza e quello di arrivo in quel momento, e rendendo conto delle tappe attraversate. L'andare porta e genera notizie e i contenuti si legano al tempo, trasformandosi nell'attraversamento e nell'incontro: in questo modo la via del pellegrinaggio torna ad avere la funzione di via di comunicazione che arricchendo di stimoli chi la attraversa, ne viene a sua volta arricchita. |
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2 La strada simbolo di vita |
Il nostro percorso si snoderà
lungo la via Francigena.
La storia
di una strada contempla ovviamente molto di più delle vicende dei
suoi itinerari o delle località di volta in volta da esse privilegiate.
Non a caso la tradizione cristiana aveva fatto della strada il simbolo
della vita, come ci ricorda Joseph Bédier a conclusione della sua
opera, con la frase lapidaria: 'in principio c'era la strada'. E in effetti
la storia della via Francigena può costituire la chiave interpretativa
delle vicende dell'organizzazione del territorio, nei suoi rapporti tra
spazio e centri di potere, così come può essere vista tra
i fattori principali determinanti l'evoluzione delle strutture produttive.
Ma se la strada equivale al principio vitale è d'uopo anche evidenziare
il ruolo della via Francigena in relazione alla storia della cultura, perché
la via ha costituito il tramite per mezzo del quale si è attuata
la diffusione di innumerevoli frammenti di cultura: parametri estetici,
moduli costruttivi, movimenti religiosi, ideologie politiche, innovazioni
tecniche, ecc.
Si tratta di cogliere i segni che collegano un singolo itinerario a un pellegrinaggio, ciascun pellegrino, con il suo oggetto e le sue immagini, a tutti i pellegrini. Le vie
di pellegrinaggio (...) costituivano nel Medioevo un sistema organico che
contemplava tutta una serie di collegamenti tra i principali itinerari,
permettendo altresì di raggiungere le località meta di pellegrinaggi
minori. Ma esisteva anche una sorta di legame ideale tra i diversi luoghi
santi, che si realizzava attraverso richiami che, nel corso di un determinato
viaggio, riproponevano modelli, simboli e temi religiosi caratteristici
degli altri pellegrinaggi.
Altri segni si intrecciano con quelli del pellegrinaggio religioso, nel labirinto delle presenze e della memoria: i poemi cavallereschi, gli eroi e le imprese, i loro luoghi magici e i sogni di trasformazione; i mercati di merci e di idee; le giostre, i circhi; le battaglie dei mercenari e dei cittadini, le grandi epidemie, i banditi senza territorio e senza legge; i teatri e i commedianti. |
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Il gruppo e le condizioni di lavoro |
E' previsto un gruppo complessivo
di dieci partecipanti, più alcuni "ospiti" che per un periodo concordato
si uniranno al gruppo.
Non sono previsti momenti di spettacolarizzazione da parte del gruppo, come già detto: l'evento è il procedere e si tratta di individuare momenti in cui condividere, attraverso racconti e azioni, l'efficacia di questo cammino, rendere visibile - nel sistema di relazioni che è il teatro - la relazione fra il procedere e il permanere. Si possono accogliere e condividere momenti spettacolari portati dagli ospiti o dai partecipanti che si uniranno al gruppo in corso d'opera. E' previsto anche, prima di mettersi in cammino, un momento di incontro stanziale, a Pavia. Il percorso fra i segni e gli eventi della via Francigena sarà guidato da Paola Bigatto, il lavoro drammaturgico da Renata Molinari. |
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Paola Bigatto
Renata Molinari Franca Graziano Maria Grazia Mandruzzato Monica Nappo Ambra D'Amico Marie Bach Angela Malfitano Lorenza Zambon Marinella Manicardi Elena Musti |
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Silvio Castiglioni
Claudio Lugo Dario Marconcini Ermanna Montanari e Marco Martinelli Renata Palminiello Silvia Ricciardelli Felicita Platania Loredana Putignani Oliviero Ponte di Pino |
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Passi | ...i luoghi della durata non
rifulgono di splendore,
spesso non sono nemmeno riportati sulle carte oppure sono senza nome. Peter Handke |
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Un laboratorio in cammino lungo la via Francigena | Nell'89 il Festival di Montalcino
mi mise a disposizione lo spazio di un laboratorio: lo chiamai Racconti
d'attore, e fu il primo appuntamento di un percorso (e di un gruppo)
di lavoro drammaturgico che approda ora a questo singolare cammino lungo
la via Francigena.
Può sembrare anomalo definire singolare un cammino che da secoli migliaia di pellegrini compiono con flussi più o meno regolari, ma tale è, per me, l'incontro fra il laboratorio e il cammino nel solco del pellegrinaggio: singolare e incognito nei suoi esiti. La premessa di quel primo laboratorio era semplice e tale continua ad essere nel riproporsi degli appuntamenti: esiste un "sapere" dell'attore che riguarda l'esperienza scenica, i metodi e le poetiche attraversate, e soprattutto quella particolare qualità del fare teatro che possiamo riassumere nel "pensare per azioni". E' un sapere che va aldilà dei confini della scena, si tratta della grammatica del corpo, della logica delle azioni fisiche, della cultura della relazione: principi di azione e composizione che attraversano poetiche, generi e mestieri teatrali. Per questo la prima condizione del laboratorio fu: attori e attrici diversi, non provenienti da un'area omogenea, disposti a confrontare e scambiare il loro sapere di fronte a un compito comune, a una comune sollecitazione. Qui interveniva il lavoro drammaturgico, come tessuto delle azioni e, letteralmente, disposizione dei diversi percorsi dentro un testo dato. Da qui i "racconti d'attore', da non intendersi come prove di teatro di narrazione, ma come disposizione, trama delle diverse pratiche di lavoro nella costruzione di una drammaturgia elementare. Da quel primo incontro gli appuntamenti si sono avvicendati - con cadenza annuale - in una consequenzialità interna che di volta in volta assumeva occasioni e sollecitazioni esterne. Si sono così definite alcune regole di lavoro: il gruppo, da un appuntamento all'altro, doveva mantenere un nucleo fisso di partecipanti e accogliere sempre almeno un nuovo membro, il tema su cui lavorare veniva di volta in volta accolto dalla situazione (festival, rassegna, teatro...) che ospitava il gruppo. Il rapporto fra "estraneità" e "accoglienza" non è solo una delle costanti delle condizioni di lavoro, ma elemento strutturale dello stesso: ogni proposta (di materiali, di metodo, di temi) è rigorosamente individuale, ma la sua realizzazione viene sempre affidata ad un soggetto diverso dal proponente. Qualcosa di più di uno scambio: farsi strumenti tanto sensibili l'uno all'altro da imporsi reciprocamente precisione e fiducia. Si è così delineato, più che un metodo di lavoro, un vocabolario comune, un "sistema delle presenze" che di volta in volta si è confrontato con "personaggio", "situazione", "azione", "condizione"..."figura". Naturalmente, dentro questo percorso, permangono le modalità e le domande del laboratorio dei nostri anni, laboratorio inteso come luogo e come processo. Episodicità e durata, luogo e processo, estraneità e accoglienza, consequenzialità e incognita, orientamento e direzione, sono condizioni, qualità che risuonano dentro il nostro laboratorio e che quasi naturalmente, con la natura enigmatica delle coincidenze, sono entrati in sintonia con i motivi del pellegrinaggio. Siamo arrivate qui, da qui partiamo: ad ogni tappa dovremmo accettare le domande dell'ospite e fare le domande del forestiero, sapendo che il viaggio forse finisce qui, da dove comincia. R.M. |
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La Via Francigena | ||
La definizione
del percorso |
L'interesse per il pellegrinaggio
come elemento fondante l'evento giubilare ha innescato l'interesse per
la strada che, in Italia, ha consentito questo fenomeno e dal quale, nello
stesso tempo, è stata plasmata.
La lettura dei fondamentali studi di Renato Stopani sulla via Francigena e di altri testi sul giubileo e sui pellegrinaggi ha consentito un'inquadratura dell'evoluzione del tracciato rispetto a eventi storici e politici. Le molte modifiche a causa di fenomeni storico-geografici, la cancellazione o non identificazione di alcune località rispetto alle testimonianze medievali sembravano rendere impossibile l'elaborazione di un percorso univoco e coerente. Invece, in prossimità dell'Anno Santo alcuni gruppi di trekking e associazioni religiose hanno compiuto il percorso nel tentativo di rintracciare e spesso ricostruire l'itinerario di Sigerico, arcivescovo di Canterbury che nel 990 si recò a Roma per ricevere l'investitura papale e che redasse un diario del suo viaggio. Anche i pellegrini odierni, seguendo le sue orme, hanno lasciato una cronaca del loro viaggio: sulla base di La via Francigena - 1800 chilometri a piedi da Canterbury a Roma sulle orme degli antichi pellegrini di Giancarlo Corbellini e Luigi Grazioli abbiamo tracciato su cartine stradali l'itinerario italiano che ci interessava (dal tratto padano a Roma) e che ha cominciato ad acquistare concretezza: nomi che avevano sempre rappresentato solo stazioni ferroviarie o uscite autostradali diventavano tappe imprescindibili per importanza storica rispetto alla via (ad esempio Fornovo, Altopascio, Acquapendente) e alcuni luoghi (la Cisa) centri emotivi del viaggio. A questo proposito abbiamo stabilito l'inizio a Corte S. Andrea, ultimo luogo toccato dai pellegrini in zona lombarda prima del passaggio attraverso il Po verso Piacenza: l'incontro con uno dei più forti ostacoli naturali che il pellegrino doveva affrontare, e il simbolico passaggio attraverso l'acqua. Abbiamo diviso il percorso Piacenza-Roma in tre parti: la zona piacentino-parmense, quella toscana e quella laziale. Abbiamo quindi effettuato i sopralluoghi in auto, verificando il chilometraggio delle singole tappe, lo stato delle strade, la possibilità di appoggi lungo la via, le eventuali indicazioni inerenti la via Francigena. I sopralluoghi hanno costituito un momento del lavoro estremamente significativo per tre aspetti:
P.B. |
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per chi ci vuole contattare, | ||
pedelibero@libero.it | ||
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