Prendi la mira... e vieni a Mira L'editoriale di ateatro 90 di Redazione ateatro http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro90.htm#90and1 Le Buone Pratiche 2/2005: il programma (provvisorio) Mira, 13-14 novembre 2005 di BP http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro90.htm#90and2 Fornai, mercatanti, pompieri e attori Una antologia preliminare per le Buone Pratiche di Redazione ateatro http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro90.htm#90and4 Perché "Le Buone Pratiche" a Mira Appuntamento a Villa dei Leoni il 13 e 14 novembre 2005 di Massimo Zuin, Assessore alla Cultura del Comune di Mira http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro90.htm#90and7 L'Europa allargata, le sue ansie, il suo teatro a Dialog Il Festival Internazionale di Wroclaw, 8-16 ottobre 2005 di Mimma Gallina http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro90.htm#90and37 Mutatis Mutandis: "La f@ttoria degli anormali" a Lucca Comics Il dossier di ateatro di Anna Maria Monteverdi http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro90.htm#90and40 La f@ttoria degli anormali Un progetto crossmediale di Anna Maria Monteverdi http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro90.htm#90and41 Una storia anormale Intervista a Andrea Balzola su "La f@ttoria degli anormali" di Anna Maria Monteverdi http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro90.htm#90and42 I tre step di un progetto crossmediale Una intervista a Andrea Brogi (www.xlab.it) su "La f@ttoria degli anormali" di Anna Maria Monteverdi http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro90.htm#90and43 Rischi e potenzialità della biogenetica Sul progetto "La f@ttoria degli anormali" di Gianni Tamino http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro90.htm#90and44 Alienazione umana e sofferenza animale Sul progetto "La f@ttoria degli anormali" di Roberta Bartocci http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro90.htm#90and45 La cultura siberiana a Trento La rassegna "Al limite al confine" di Ufficio Stampa http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro90.htm#90and80 In arrivo "Hystrio" 4/05 Il sommario del numero (e si parla anche di BP2) di Hystrio http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro90.htm#90and81 Le novità del mese su www.dramma.it Il numero di ottobre di www.dramma.it http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro90.htm#90and82 Nuove espressioni: un progetto triennale per i giovani drammaturgia, regia, attori di Nuove espressioni http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro90.htm#90and83 Il Nobel ad Harold Pinter Il grande drammaturgo, l'impegno politico di Redazione ateatro http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro90.htm#90and81 A TEATRO NELLE CASE Festival d’autunno Dal 1° al 6 novembre di Teatro delle Ariette http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro90.htm#90and85 VIE. Scena Contemporanea Festival Un nuovo festival a Modena da 20 al 30 ottobre di VIE. Scena Contemporanea Festival http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro90.htm#90and86 La personale di Paolo Consorti a Firenze Dal 29 ottobre al 7 dicembre di Redazione ateatro http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro90.htm#90and87 Un Otello molto nero vince il Premio Ugo Betti A Francesco Randazzo la XIV edizione di Ufficio Stampa http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro90.htm#90and88 I Motus al Teatro i di Milano Dal 3 al 6 novembre di Teatro i http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro90.htm#90and89 Lasciar Ada: Vaniada di Fanny & Alexander a Milano Dal 10 al 13 novembre al Teatro i di Chiara Lagani http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro90.htm#90and90 Gli iscritti alle Buone Pratiche 2/2005 Prendi la mira e vieni a Mira! di Redazione ateatro http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro90.htm#90and91
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Prendi la mira... e vieni a Mira L'editoriale di ateatro 90 di Redazione ateatro |
Perché chi non viene alle Buone Pratiche…
…non sa cosa si perde!
A Mira vogliamo offrire al teatro italiano uno spazio aperto alla discussione, un’occasione di incontro e di confronto in un momento molto delicato: è una fase difficile (e sappiamo tutti perché…) ma – pensiamo anche – un’occasione di grandi opportuità. L’abbiamo scritto nel documento preparatorio. Nel nostro teatro stanno cambiando molte cose, e proprio per questo capire le direzioni del cambiamento e interpretarle diventa fondamentale per cogliere oggi il senso del nostro lavoro e le direzioni in cui si può sviluppare. Nel sito trovate già un'ampia messe di materiali, altri ne stiamo preparando.
Abbiamo lavorato duro per organizzare le due giornate d’incontro, e i risultati stanno arrivando: ci sono già decine e decine di iscritti! Se non l’avete ancora fatto potere segnalare la vostra partecipazione cliccando qui.
E se volete vedere chi si è già iscritto (e se la vostra iscrizione è andata a buon fine), cliccate qui
Soprattutto, cercate di arrivare a Mira con qualche proposta, suggerimento, invenzione: la nostra vuole essere, per l’appunto, una Banca delle Idee dove depositare, mettere in circolo e far fruttare il nostro capitale di pensieri.
Intanto, qui sotto trovate una prima idea del programma delle Buone Pratiche 2/2005: lo aggiorneremo man mano che arriveranno conferme e richieste di interventi.
Ma in questo numero non ci sono solo le Buone Pratiche...
Ci trovate per esempio un megareportage di Mimma Gallina dal Festival di Wroclaw: non a caso il tema centrale della rassegna era il rapporto tra l’Europa e il teatro, uno dei nodi centrali di BP2.
E un altro nodo chiave per BP2, il rapporto tra il teatro e le nuvoe tecnologie,è anche al centro del Progetto Fattoria degli anormali, cui dedichiamo un succoso speciale.
Ancora, in questo ateatro, news e provocazioni.
Senza dimenticare i forum, che hanno toccato in queste settimane punte di inedita altezza e (soprattutto) bassezza: ma che ci possiamo fare, siete fatti così…
Ma vi vogliamo bene lo stesso!
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Le Buone Pratiche 2/2005: il programma (provvisorio) Mira, 13-14 novembre 2005 di BP |
Per l'impostazione generale dell'incontro, rimandiamo al documento Il teatro come servizio pubblico e come valore.
Quello che segue è un primo schema generale (sebbene provvisorio) delle Buone Pratiche 2/2005: il teatro come serivizio pubblico e come valore.
La prima parte dell’incontro è divisa in quattro sessioni, all’interno delle quali sono previste una serie di relazioni e di interventi. E’ possibile (anzi, è opportuno) prenotare al più presto il proprio intervento all’interno di queste sezioni, segnalandoci anche il titolo.
Aggiorneremo nei prossimi giorni l’elenco dei relatori e degli interventi, man mano che arrivano conferme e iscrizioni.
Nell'utima parte dell'incontro, presenteremo una serie di Buone Pratiche, della legge "fai-da-te" per il teatro di ateatro e annunceremo le Buone Pratiche 3/2206, che si terrà a Benevento all'inizio di gennaio.
Secondo le collaudate regole delle Buone Pratiche, gli interventi dovranno essere brevi (incombe il terribile peperone).
Domenica 13 novembre ’05
15.00
Saluto del Sindaco di Mira Roberto Marcato
15.15
Le Buone Pratiche 2/2005: istruzioni per l'uso
15.30-17.00
Prima sessione. Il ruolo del teatro oggi
Introduzione
Il teatro come servizio e come valore
Oliviero Ponte di Pino
Relazioni (Goffredo Fofi, Renato Nicolini) e interventi (Carmelo Alberti, Valeria Ottolenghi)
Coffee Break
17.15-18.30
Seconda sessione: Il teatro nell’epoca del tramonto del welfare
Introduzione
Coordinate storiche e trasformazione del sostegno pubblico
Mimma Gallina
Relazioni (Michele Trimarchi, Giulio Stumpo, Patrizia Ghedini, Giampiero Solari) e interventi (Massimo Zuin, Massimo Paganelli/Fabio Masi, Valentina Falorni/Marisa Villa)
18.30-19.30
Dibattito
Coordina Franco D'Ippolito
20.00
Buffet
21.30
Libera Nos
Lunedì 14 novembre ’05
9.30-11.00
Terza sessione: La questione del pubblico
Introduzione
Quale pubblico per quale teatro
Franco D'Ippolito
Relazioni (Gianantonio Stella, Felice Cappa) e interventi (Adriano Gallina, Massimo Luconi)
Coffee Break
11.15-13.00
Quarta sessione: Un teatro meticcio
Introduzione
Teatro e... (musica, danza, cinema, letteratura, nuovi media...)
Oliviero Ponte di Pino
Relazioni (Andrea Cortellessa, Filippo Del Corno) e interventi (Gigi Cristoforetti)
Pranzo
14.30-15.45
Dibattito
Coordina Mimma Gallina
15.45-16.00
Presentazione e Buone Pratiche 3/2006: La questione meridionale
Franco D'Ippolito
16.00-17.00
Presentazione delle Buone Pratiche pervenute
Coordina Franco D'Ippolito
Le BP finora pervenute sono online
Coffee Break
17.15-18.30
La legge fai-da-te per il teatro di ateatro
Relatore Mimma Gallina
Emendamenti e dibattito
18.30-19.00
Conclusioni e saluti finali
E abbiamo anche lo sponsor!!!
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Fornai, mercatanti, pompieri e attori Una antologia preliminare per le Buone Pratiche di Redazione ateatro |
Gustavo Modena (1836)
Perché al teatro sì e al fornaio no?
“E teatro qual è, il teatro perpetuo, di tutte le sere: il teatro distrazione, dopo la fatica diurna, ritrovo dei mercanti e degli sfaccendati, è un raduno di gente a veglia, che vale il bigliardo, il caffè, la birreria, il gioco, e nulla più. Tutti sanno rimestare la vecchia diceria, che i Governi debbono incoraggiare, sovvenire di denaro il teatro. Finoché resta quel che è, un commercio, una speculazione di mercatanti, anche quel po’ di dote che alcuni governi gli fanno è un'ingiustizia. Perché al teatro sì ed al fornaio no? Il teatro bottega deve andar del par coi mestieri che pagano patente. Il povero oggi n’è escluso; il povero che non ha il tempo e i denari d’apprendere sui libri doveri d'uomo e di cittadino. - E dovria il teatro tenergli luogo di scuola. - A chi consacrasi dunque la dote dei teatri? ai ricchi. - Quel locale meschino, quella povera luce di candela; quelle nicchie, ritiri di famiglia in uno adunamento della città; quelle separazioni di caste; quell'interesse privato che vegli alla porta e regola il morale dello spettacolo, ne sperdono la magìa: tutto sente di bottega; tutto rimpiccolisce gli animi; niente è solenne; niente è consentaneo allo scopo di formare un popolo. Quella lusca attrappita prudenza che crede riformare andando intorno colle force, ritagliando, puntellando, rincrostando il vecchio edifizio, non farà mai che il teatro non sia un insulso non so che tra la bottega e il bordello. - Per correggerlo bisogna bruciarlo. Bruciar le tavole, bruciarne il morale, bruciarne l'idea.”
Gustavo Modena, Il teatro educatore, pubblicato su “l'Italiano”, foglio letterario edito a Parigi, il 31 ottobre 1836. Cfr. Discorsi e scritti di Gustavo Modena, Op. cit.
Paolo Grassi (1946)
Un servizio pubblico, alla stregia della metropolitana e dei vigili del fuoco
“…il teatro, per la sua intrinseca sostanza, è fra le arti la più idonea a parlare direttamente al cuore e alla sensibilità della collettività, … il teatro è il miglior strumento di elevazione spirituale e di educazione culturale a disposizione della società. Noi vorremmo che autorità e giunte comunali, partiti e artisti si formassero questa precisa coscienza del teatro, considerandolo come una necessità collettiva, come un bisogno dei cittadini, come un pubblico servizio, alla stregua della metropolitana e dei vigili del fuoco, e che per questo preziosissimo pubblico servizio nato per la collettività, la collettività attuasse quei provvedimenti atti a strappare il teatro all’attuale disagio economico e al presente monopolio di un pubblico ristretto…”
Paolo Grassi, “Avanti!”, 25 aprile 1946
Luca Ronconi (2002)
Pensare all’esperienza scenica come ad un valore
“Se la nozione politico-sociale di teatro come servizio si è ormai fatta anacronistica e se ciononostante al palcoscenico compete il ruolo culturale e metaforico – mi ostino a credere nel nostro presente sempre più necessario ed insostituibile – di essere luogo di una conoscenza complessa e maturata attraverso l’esperienza, non si dovrebbe allora cominiciare a pensare all’esperienza scenica come ad un ‘valore’, e che proprio in quanto ‘valore’ il teatro andrebbe tutelato e sostenuto?”
Luca Ronconi, “la Repubblica”, marzo 2002
Stefano Rodotà (2005)
Non affidare tutto al mercato
“Sono convinto che una politica culturale serva, perché i poteri pubblici non si possono ritirare dal terreno della cultura. Spero che, indipendentemente dalle parti, tutti siano disposti a riflettere di più su questo punto. Altrimenti, andremo incontro a difficoltà notevoli. (…) Affidare tutto al mercato significherebbe condizionare e distorcere le scelte di chi opera professionalmente nella cultura. Credo, pertanto, nell’assoluta necessità di un’attenzione pubblica che accompagni l’opera dal momento in cui viene pensata fino a quello in cui viene distribuita ai suoi naturali fruitori".
Stefano Rodotà, “Giornale dello spettacolo”, supplemento 2 al n. 654 25 maggio 2005
Alberto Arbasino (2005)
Ma poi chi tirerà fuori i soldi?
“Almeno a Roma, però, non sembra di attraversare un’attuale crisi economica, effettiva e pesante. Ogni mattina arrivano pacchi di inviti a un gran numero di ‘eventi’ che evidentemente forniscono redditi a un gran numero di addetti non a ‘lavori’, ma a ‘iniziative’ dietro cui operano parecchie persone. Mecenati? Parassiti? Volontari? Mercenari? Dilettanti? Addestratori di ‘clientes’ per millenari ‘circenses’ gratuiti dei romani estivi da tenere ‘boni, boni’? Ma chi tirerà poi fuori i soldi? Vespasiano? Domiziano? Massenzio? Prudenzio? La Divina Provvidenza? La propaganda Fide? Le agenzie? Le pizzerie? I volti noti testimonial? I fiduciari dei milionari? I battaglioni di cellulari? I cantanti per le ‘cause’? I passanti, gli utenti dei marciapiedi, gli acquirenti sui tappetini senza scontrini?”
Alberto Arbasino, “l’Espresso”, 25 agosto 2005
Pierluigi Battista (2005)
La libertà artistica e lo Stato erogatore
“Eppure, nessuno che si interroghi sui destini della libertà artistica in una cornice in cui l’arte e la cultura siano costrette a dipendere dal mecenatismo di Stato, stavota non più condizionato dai principeschi gusti di un sovrano o di un signore, ma dalla mutevole combinazione umorale di maggioranze politiche variabili e capricciose. Ignari dei richiami del Marc Fumaroli critico delle degenerazioni dello ‘Stato culturale’, gli artisti, i registi, i musicisti che spingono agli sportelli sempre più affollati dello Stato erogatore, in fondo sono sempre più disposti a riconoscere a Giuseppe Bottai il merito di aver approntato mirabili strumenti e leggi per la tutela dei beni culturali (compresa la munifica generosità di regime con cui venivano foraggiati gli artisti e gli intellettuali del tempo). Tendono tuttavia a sorvolare sulla non secondaria circostanza che la sensibilità per le cose del’arte e della cultura di matrice bottaiana traesse forza nel quadro di uno Stato autoritario che proprio della magnificenza delle arti faceva motivo di supremazia sulle altre nazioni aduse ad abbandonare artisti e poeti alla stretta tentacolare di un mercato senz’anima. Niente è gratuito, e lo Stato erogatore che fissa l’entità delle protezioni in denaro, al contempo esige un prezzo (di libertà) da parte di chi usufruisce dei suoi benefici.”
(Pierluigi Battista, “Corriere della Sera”, 17 ottobre 2005)
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Perché "Le Buone Pratiche" a Mira Appuntamento a Villa dei Leoni il 13 e 14 novembre 2005 di Massimo Zuin, Assessore alla Cultura del Comune di Mira |
L'impegno nella cultura e nello spettacolo è uno degli elementi qualificanti di ogni pubblica amministrazione. Un corretto equilibrio tra eccellenza artistica, funzione sociale ed efficace gestione economica è l'obiettivo a cui deve tendere ogni sana politica culturale. Le Buone Pratiche è una preziosa occasione per meglio precisare questo ambizioso obiettivo, in una fase di difficile e complessa transizione. Per questo il Comune di Mira (che vuole continuare a fregiarsi nei fatti del titolo di "Città della Cultura") è lieto di promuovere e ospitare questi "stati generali del teatro".
E abbiamo anche lo sponsor!!!
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L'Europa allargata, le sue ansie, il suo teatro a Dialog Il Festival Internazionale di Wroclaw, 8-16 ottobre 2005 di Mimma Gallina |
Dialog è un festival teatrale internazionale biennale. E’ solo alla terza edizione, ma si sta affermando come uno dei principali appuntamenti della "nuova Europa". A decretare il suo successo basterebbe la numerosa e qualificata rappresentanza di operatori presenti, direttori di festival teatri, critici provenienti da tutti gli angoli del vecchio continente - pochi dall’Italia - ma non solo (Stati Uniti, Corea, Canada ...), mescolati al gruppo vivace dei giovani aspiranti critici che, selezionati a livello internazionale, seguono un laboratorio di analisi scrittura legato al programma, e al pubblico-pubblico, numeroso e giovane.
Una platea attratta da un programma che accosta nomi "sicuri", conosciuti a livello internazionale ma non troppo scontati (proponendoli comunque in un'ottica di progetto o di percorso, più che per l'opera in sé o semplicemente perché esistono), con proposte curiose, senza barriere di tendenza e di generazione e con una selezione accurata di proposte polacche e dell'area baltica. Ma soprattutto un programma che si sforza di sviluppare un pensiero, di articolare un ragionamento sul teatro e sulla sua funzione nel presente. Il festival è infatti strutturato - con una serie di percorsi interni - intorno a una considerazione di fondo, la stessa che dà il titolo al convegno conclusivo, Il teatro come specchio delle ansie dell'Europa.
Con rigore e chiarezza di idee, seppure lasciando aperti molti interrogativi, Dialog offre una propria risposta al dibattito sulla forma/festival e la sua funzione: si parte dal teatro e al teatro si torna, senza dimenticare che non è l'ombelico del mondo.
Chiacchierando con gli altri ospiti ma anche da qualche battuta degli artisti negli incontri che costellano la manifestazione, mi rendo conto che questa struttura non è apprezzato da tutti, e ad alcuni appare forzato e pretestuoso: il rischio esiste, come sanno tutti quelli che progettano festival a tema, ma mi pare più interessante correre questo rischio con rigore che moltiplicare i festival tipo grande-abbuffata o la formula (variabile secondo budget) “2 o 3 di soliti-noti, qualunque cosa facciano + un paio di scoperte altrui a medio costo (possibilmente già di moda) + riempitivi locali e non”.
Gli spettatori più critici sulla struttura del programma sono stati del resto attratti qui dal dinamismo e dal prestigio del suo direttore, Krystyna Meissner. Oltre che dal fascino della città: Wroclaw è una di quelle antiche capitali europee di medie dimensioni, dove chi c’è stato ritorna volentieri. Città d'acqua, solcata da canali e attraversata da ponti, città che ha saputo salvaguardare e restaurare mirabilmente i suoi tesori medievali (una selva di campanili e torri gotiche solcano il cielo orientando - e disorientando - il visitatore), barocchi (la splendida università) e neoclassici (il Teatro dell'Opera), come il suo recente e fiorente passato liberty, La città appare oggi estremamente viva (ci sono 120.000 studenti e si vedono!), che un inizio autunno particolarmente mite rende allegra. L'immensa piazza del mercato -dove i locali polacchi e tedeschi si alternano ai ristornanti italiani, spagnoli, cinesi, e naturalmente al McDonald e al Pizza Hut - pullula di giovani e meno giovani fino a notte inoltrata, quando tutte le contraddizioni della vecchia e nuova Europa si stemperano in un'allegria di fondo, un po' "alcolica" ma senza eccessi.
Un ultimo elemento, ma di non minore attrazione, è dato dal ruolo tutt'altro che secondario che la città ha giocato nella storia recente - e meno recente - del teatro polacco ed europeo. Da qui è partita negli anni Sessanta l'attività di Jerzy Grotowski, con il suo Teatro Laboratorio, ed esiste ancora un centro attivo che porta il suo nome. Qui Henryk Tomaszewski ha fondato il suo famoso teatro di pantomima. Qui Jerzy Grzegorzewski, considerato uno dei maggiori registi del paese, scomparso nell'aprile di quest'anno, è stato a lungo, fra gli anni Settanta e Ottanta, direttore del glorioso Teatro Polski, considerato dal punto di vista istituzionale il terzo teatro polacco, dopo il Teatro Drammatico Nazionale di Varsavia e lo Stary Teatr di Cracovia. Per il Teatro Polski ha realizzato alcune delle sue principali produzioni anche Krystian Lupa, oggi indiscutibilmente il massimo regista del paese e fra i protagonisti del festival. Da una mostra fotografica storico-teatrale allestita presso la sede di Dialog apprendo fra l'altro che anche Kieslowski ha girato qui il suo primo film e che questa vivacità non è solo culturale: Wroclaw è stata uno dei principali centri di Solidarność, qui è nata "alternativa arancione", forse il principale movimento anticomunista, nell'87-88.
Dialog: la struttura
Sono dunque le problematiche dell'allargamento dell'Europa a guidare le scelte e i percorsi interni del festival. La domanda centrale è se il teatro sia in grado di esprimere, riflettere, interpretare le inquietudini e le ansie di questa Europa allargata. Ma non aspettiamoci un generico europeismo di maniera o un indulgere al diffuso euroscetticismo.
Il preambolo della Costituzione europea parla di un'"identità culturale, religiosa e umanista dell'Europa da cui si sono sviluppati i valori universali".
Si chiede Krystyna Meissner:
Cosa significano in pratica questi valori universali? Che cos'è - e in quale condizione si trova - la comunità spirituale e culturale dei 25 stati membri?
Che cosa significa esattamente “identità europea”?
E soprattutto quale è il posto del teatro nella comunicazione fra gli uomini e nella discussione intorno ai valori oggi?
Il teatro esprime le ansie dei cittadini dell'Europa unita, e come lo fa?
Questi temi stanno prendendo peso anche in teatro: sempre di più gli artisti, in queste ultime stagioni, si pongono domande di fondo sul codice morale che regola oggi la vita della gente, si chiedono se esiste un credo comune e in cosa consiste.
La terza edizione di Dialog-Wroclaw è un tentativo di diagnosi - all'interno del teatro e attraverso il teatro - sulle condizioni dell'europeo oggi. Con il festival di quest'anno vorrei porre le domande più importanti intorno all'identità. Questo è stato il criterio per scegliere gli spettacoli, questo è lo spirito che anima gli incontri, i laboratori e il convegno conclusivo.
L'assunto è sviluppato strutturando ogni giornata intorno a un tema, o a un quesito particolare:
- Esiste una coscienza europea?
- Cittadini di un'Europa allargata.
- Di fronte alla violenza e alla guerra.
- L'arte come sublimazione.
- Oltre l'uomo (l'uomo è qualcosa che va superato).
- Guardarsi dall'essere umano.
- Il mondo dell'eroe detronizzato.
- Il problema dell'altro: l'Europa e il mondo.
Infine fa tema a sè il progetto/epilogo di Marthaler. Titolo:
- Difendersi dal futuro.
Non pensate però a un festival sbilanciato in senso socio-filosofico. Il rigore delle scelte, per quanto aperte in termini di tendenza, privilegia criteri di gusto e qualità, più che una stretta pertinenza ai temi (che non sono però nel complesso elusi).
Del resto Krystyna Meissner è soprattutto regista e direttore di teatro, anche se nota all'estero più come artefici di importanti appuntamenti nazionali e internazionali, fra cui va citato almeno il festival Kontakt di Torun, sempre in Polonia (cui Dialog mi sembra porsi oggi in concorrenza); è stata inoltre consulente di manifestazioni internazionali (spesso molto ufficiali come la discutibile Europalia di Bruxelles) e componente di giurie prestigiose (fra cui quella del premio teatrale europeo).
Il rischio che una struttura troppo precisa indirizzasse verso una lettura rigida dei temi proposti, è stato quindi brillantemente evitato dalla qualità delle proposte e da un'offerta articolata ma non sovraccarica: 18 in tutto gli spettacoli (di solito con 2 rappresentazioni ciascuno), distribuiti in 8 giorni + un epilogo distanziato (la produzione di Marthaler che non ho potuto vedere). Fra questi: 6 spettacoli polacchi, 4 dall'area baltica, e per il resto produzioni inglesi, russe, olandesi, belghe, ungheresi (nessuna italiana: nella precedente edizione, nel 2003, erano state ospitate le Albe di Ravenna con I Polacchi), 8 discussioni, un convegno finale, due mostre, un laboratorio internazionale per giovani critici.
Dialog può contare su una dotazione eccezionale di spazi che, rispetto ai problemi consueti dei festival "intensivi", consente una relativa tranquillità (e quindi una maggiore qualità) nel montaggio degli spettacoli. I quattro giorni necessari al progetto di Krystian Lupa Pièce incompiuta per attore, per esempio, lo rendono improponibile e lo tagliano fuori di fatto da altri festival. Alle tre sale tradizionali - il medio palcoscenico del teatro che organizza il festival, sempre diretto dalla Meissner (il Wroclawski Teatr Wspolczesny), il Teatro dell'Opera, la sede principale del Teatro Polski - si aggiunge una rete davvero invidiabile di spazi scenici non convenzionali o flessibili. Prima di tutto lo splendido spazio recuperato presso la antica stazione Wiebodski (la seconda sede del Polski). Almeno quanto a qualità e disponibilità di sale teatrali non ci si può proprio lamentare dei regimi ex socialisti. Poi le due sale di Film Studio, una specie di Cinecittà degli anni Sessanta, oggi poco o per niente utilizzata per la produzione cinematografica; e la vicina Hala Ludova, un gigatesco edificio in stile modernista del 1913, con una cupola che sfida San Pietro (ospita eventi sportivi, raduni di massa, a volte anche spettacoli). E ancora uno studio televisivo e un hangar in periferia.
I temi e gli spettacoli
Primo giorno. Esiste una coscienza europea?
Il quesito più impegnativo non può che trovare una risposta complessa: in principio c'è un sanguinoso passato comune, che ci ha visti l'un contro l'altro armati (La Grande Guerra di Pauline Kalker), e prima ancora una comune radice mitica, che ci ha consentito di elaborare, ma non ha nascosto, l'amoralità e perfino la bestialità (Fedra secondo Arpad Schilling). Oggi la chiave di lettura del cabaret noir dello stesso Schilling non consente facili ottimismi, ma solo di ridere con intelligenza, sull'evoluzione della nuova Europa, o meglio, sui mali rimasti e i nuovi contagi.
L'olandese Hotel Moderno diretto da Pauline Kalker, gruppo abbastanza noto, propone un raffinato, artigianale e tecnologico "teatro d'oggetti". La Grande Guerra è una riflessione poetica che commenta attraverso lettere dal fronte (o viceversa), un sorprendente gioco a tavolino, realizzato dal vivo - con soldatini, trincee, bombardamenti - e proiettato su grande schermo.
Fedra, interpretato dalla compagnia indipendente Krétakör Színház di Budapest, offre una lettura moderna del mito, per certi versi una revisione totale, e ci riporta mitologicamente alle origini d'Europa. Lo spettacolo ha lasciato molte perplessità fra pubblico e operatori ma rappresenta, a mio parere, un esperimento coraggioso, una sovrapposizione consapevole di idee e stili diversi che in parte rappresenta - o forse prelude - a una presa di distanza dalla ricerca tutto sommato ancorata al realismo psicologico che aveva caratterizzato fin qui il lavoro del giovane regista ungherese. Una sorta di parodia della commedia borghese (con una staticità da soap opera) caratterizzano il personaggio principale e la celeberrima vincenda della passione non corrisposta, commentata da un coretto femminile irresistibile di "divette" in stile televisivo (e, nella scelta del commento musicale e delle modalità espressive del coro, mi sembra ci sia - come anche nello spettacolo successivo - un'evidente influenza di Marthaler), mentre un grottesco macabro ed esagerato - in stile operistico - è dedicato all'antipaticissimo Teseo. Tutto questo non impedisce, anzi valorizza, stacchi di verità: violenza o profonda pietà.
Successo indiscusso invece per BLACKland, il cabaret sociale e politico dedicato alla "nuova" Ungheria (e alla nuova Europa). Anche in questo caso una creazione corale, con il gruppo Krétakör Színház al gran completo. Temi seri, anzi serissimi - la corruzione, il razzismo, il suicidio, l'aborto - e specialità nazionali antiche o recenti - l'industria pornografica, la delinquenza d'imitazione, il doping, l'antisemitismo - si alternano senza soluzione di continuità, e a ritmo frenetico attraverso scenette caustiche, ironiche: irresistibili.
Secondo giorno. Cittadini di un'Europa allargata.
Alvis Hermanis - regista lettone, giovane ma non govanissimo - risponde con il rigore di un doppio progetto al tema proposto, che comprende uno spettacolo ispirato aNel fondo di Gorkij e Lunga vita, riflessione scenica sulla vecchiaia. Mi sembra che in sostanza il problema - la domanda, ma anche la risposta - stia nella constatazione che, vecchia o nuova Europa, esistono cittadini di serie A e di serie B, e anche "non-cittadini”.
Hermanis è l'autentica scoperta di questa giornata. Per me almeno, e per quanto mi riguarda dell'intero festival: una scoperta tardiva, ma non per questo meno folgorante. Se ne parla da un po' nei festival europei, è stato fra l'altro nel 2003 a Salisburgo (col Revisore di Gogol), in Italia a Parma nel 2004 e quest'anno a Modena e Roma (ma nessuno ha presentato i due spettacoli assieme, con un certo disappunto del regista che li vede come strettamente collegati). Una produzione locale, Made in Poland, offre invece una poco credibile visione bluson noir della gioventù polacca.
By Gorkyy si ispira all'Albergo dei poveri (o Nel fondo) di Gorkij. Il mondo degli esclusi non è più composto solo da senza casa e mendicanti: scivolare dall'essere qualcuno a non essere nessuno può succedere a chiunque. In un cubo/casa trasparente e in un gioco di stanze, interni e esterni, Hermanis esplora e spia i suoi personaggi, i loro sogni, le loro finzioni, le frustrazioni, gli amori, l'aggressività e ce li propone - con voyerismo e con crudezza, ma con compassione - anche attraverso effetti multimediali. Uno spettacolo corale (15 gli attori del Teatro Jaunais di Riga, in Lettonia), ma con grandi prove individuali, sempre teso e senza cadute, ma con alcuni momenti di grande teatro. E anche (dal programma del festival) "un ricco campionario delle ansie delle generazioni giovani e di quelle di mezzo dell'Europa di oggi".
In Lunga vita al centro dell'attenzione sono invece i vecchi: due anziane coppie sposate e un single osservate nel loro appartamento collettivo, la vita di ciascuno e le loro relazioni, dal mattino alla sera. Un ritratto della vecchiaia, a volte ridicolo a volte commovente: la fatica, l'impazienza, le risorse, i desideri, le manie, il rapporto con gli oggetti, la malattia, la povertà. Nonostante la situazione di partenza (l'appartamento collettivo), anche in questo caso non si esplora - mi sembra - l'Europa dell'Est, ma una condizione esistenziale comune. Lo spettacolo è senza parole e interpretato da attori giovani, un fattore che accentua il coinvolgimento emotivo del pubblico.
Made in Poland segna il debutto teatrale di un giovane regista cinematografico Przemyslaw Wojcieszek. E' la storia di un giovane ribelle di un quartiere popolare. Unico elemento di un qualche interesse è che proprio in un quartiere si svolge la storia (esterni da Kieslowski, interno Hangar). Il linguaggio sembra incantare il pubblico (per la sua "verità" e "crudezza", mi dice il produttore: anche per la volgarità, credo), ma a me è sembrato uno spettacolo vecchio, ammiccante e mal recitato.
Nella discussione dedicata all'Europa allargata, Hermanis insiste sul proprio scetticismo nei confronti di un teatro politico: il suo intende essere un teatro di poesia, non di denuncia e non realistico. Il teatro non ha l'energia per cambiare il mondo, anche se è ovvio (a domanda risponde) "che se si vuole nuotare bisogna accettare di bagnarsi". I produttori di Made in Poland paiono senz’altro più esplicitamente votati a un impegno sociale che si concretizza nell'ascoltare e parlare la lingua e i problemi della gente - ma le buone intenzioni non garantiscono risultati.
Nel complesso gli spettacoli polacchi dei registi più giovani sono deludenti: me ne dà atto Krystyna Meissner, che però ritiene stia emergendo una generazione di giovanissimi e che al prossimo Dialog ci saranno sorprese.
Terzo giorno. Di fronte alla violenza e alla guerra
Sono proprio due produzioni polacche, quelle scelte per affrontare il problema: un "classico" del genere come Arancia meccanica e un classico tout court come Macbeth.
La scelta lascia insoddisfatti, come anche la discussione che l'accompagna, per quanto animata. Evidentemente il problema è troppo complesso per affidarlo a uno spettacolo un po' ovvio (il primo) e a un altro decisamente non riuscito (il secondo). Ma costituisce elemento di interesse dell'incontro la presenza autorevole di Josef Szajna, uno dei maggiori registi polacchi, co-fondatore del teatro "laboratorium" di Grotowski. L'anziano regista - ancora attivissimo come pittore - è stato invitato sopratutto in quanto sopravvissuto al campo di Auschwitz. Anche con lui - un'icona per i colleghi polacchi - non si riesce però a uscire dalla genericità. Un punto interessante mi sembra il collegamento che tutti gli interventi stabiliscono fra guerra-violenza e manipolazione-informazione (e forse questo avrebbe dovuto essere il vero tema).
Del resto come parlare di guerra e violenza in teatro non è problema da poco. In primo luogo si tratta dei terreno su cui si è avvertita più esplicitamente la concorrenza con il cinema: il Macbeth del gruppo di Poznan ci fa sorridere - senza averne le intenzioni - anche perché abbiamo visto Peckinpah o Quentin Tarantino. Mentre la violenza psicologica, familiare, sociale, resta un terreno proprio del teatro: quasi a confermarlo, arriva la notizia del premio Nobel a Pinter. Su questa violenza pubblica-privata – forse - si dovevano orientare le scelte (penso anche ad alcune presenze italiane che ci sarebbero state molto bene).
Arancia Meccanica, regia del giovane Jan Klata, dal famoso romanzo di Anthony Burgess (Chi non ricorda il film di Kubrick? La storia è quella), non è solo una vicenda di violenza gratuita e dinamiche "di branco", ma di sfaldamento della famiglia, tradimento e soprattutto di manipolazione dell'individuo. Ben recitata dai giovani protagonisti, la produzione è molto impegnativa (una coproduzione anzi dei padroni di casa, il Wroclawski Teatr Wspótczesny con Wroclawski Teatr Pantomimy) ma resta nel limite di un buon prodotto medio.
Delude ancora di più Chi è quest'uomo così insanguinato?, una rilettura del Macbeth. Produzione nata per l'aperto (e che qui vediamo in prima nazionale nello splendido edificio di Hala Ludova) del Teatr Biuro Podrózy di Poznan, regia e adattamento di Pawel Szkotak. Shakespeare, si sa, regge tutto o quasi, in questo caso tutto l'armamentario del teatro per grandi spazi: trampoli, carri, moto e mezzi di trasporti vari, fuochi in un ambientazione che mescola primitivismo e icone naziste.
Quarto giorno: l'arte come sublimazione
Si è cercato – credo - un titolo (e non era facile), per il progetto kolossal di Kristan Lupa che accosta Il Gabbiano di Cechov e Spanish Play di Jazmina Reza "sotto" il titolo Pièce incompiuta per attore. Un progetto grandioso, che accosta in un unico spettacolo in due parti due spettacoli diversi e completi.
Il filo conduttore che collega le due parti nettamente separate, fatta eccezione per alcuni rimandi interni a ciascuna, è (cito dal programma del festival)
il teatro e l'effetto intossicante che ha sugli artisti, gli attori sopratutto. Il teatro è per loro una sublimazione della vita, un mondo virtuale più necessario alla loro vita della realtà quotidiana che li circonda. E danno così tanto a questo mondo di illusioni che perdono se stessi in esso. Essi pagano un prezzo molto alto per lo iato fra il sogno e la realtà.
Si è poi voluto accostare uno spettacolo agli antipodi (anche solo per la lunghezza, 50 minuti contro 7 ore): Dal libro rosso dell'estinzione, una proposta di tema ecologista. Possibile punto in comune tra i due lavori - seppure sviluppato in modo diversissimo - la fuga dalla realtà, o la sua trasfigurazione, attraverso il teatro.
Dal libro rosso dell'estinzione è un progetto del compositore russo Alexander Bakshi e del suo "laboratorio internazionale del teatro del suono". Sviluppa su più piani paralleli - musicale, teatrale (inclusi burattini) e visivo - una riflessione sui mondi, le specie animali e vegetali, i mestieri, le culture in estinzione. Di questo spettacolo raffinato mi resteranno nella memoria vari momenti: una ballerina che si sovrappone alle proiezioni di un uccello in volo, disegni animati e proiettati in tempo reale e una parentesi dedicata al Giardino dei ciliegi di Cechov: le ultime battute del Giardino appaiono proiettate mentre il dialogo fra Liubov e Gaev (sorella e fratello), si svolge fra pianoforte e violoncello, mentre il vecchio maggiordomo Fist entra nei panni del burattino Petruska: tutti soggetti in via di estinzione! Qualche buona idea, insomma per uno spettacolo che sa dare qualche emozione.
Pièce incompiuta per attore alleggerisce Il gabbiano di Cechov (interrompendolo fra l'altro prima del suicidio di Kostja), e valorizza un testo "leggero": la sudamericana Yasmina Reza è infatti l'autrice di Art (rappresentantissimo con grande successo nel mondo intero), ma non ho trovato traccia di rappresentazione in Italia (recente o prossima), di questa sua Commedia spagnola, presente in molti repertori europei: come il primo testo ironizzava sulla follia da arte contemporanea, questo consiste in un divertentissimo quanto impietoso meccanismo demistificatorio della retorica del teatro.
La produzione è del Teatr Dramatyczny di Varsavia (il teatro nazionale polacco). Palcoscenico e platea in declivio e molto ravvicinati sono ricostruiti come un blocco unico al'interno del Teatro dell'Opera e la scena si sviluppa in profondità con una grande vasca -piscina/lago - e alterna momenti apparentemente spogli e realistici con altri vistosamente finti. Il passaggio fra finzione e verità è particolarmente "sotto"lineato anche nel lavoro d'attore e in alcuni magistrali colpi di regia. Rispetto alla tradizione interpretativa del Gabbiano, Lupa trascura qualche celebre passaggio (il monologo d'amore di Masha, per esempio, e in genere i meccanismi di amore e seduzione); "sotto"linea invece il tema del talento (la ricerca del proprio talento e il suo riconoscimento), e soprattutto del teatro. A partire dall'inizio: il poema simbolista di Konstantin è rappresentato con impegno (non soprattutto come occasione dei successivi contrasti), e un particolare valore acquista il confronto fra il giovane autore e il dottore Dorn (alter ego di Cechov, medico di anime più che di corpi), sul senso e la forma dell'arte, su cosa si debba rappresentare e come, su nuovo e vecchio (questo passaggio è spesso trascurato nel suo significato teorico per valorizzare piuttosto il contrasto generazionale ed edipico). Analogamente nel gran finale di Nina il dramma esistenziale della giovane attrice che parte in tournée (la città, la mia vita!) si trasforma nel sentimentalismo un po' ridicolo di una condizione sopra le righe, quella del teatro: al monologo si sovrappone una canzone francese anni Cinquanta mentre sullo sfondo scorrono sagome di città, in stile ombre cinesi.
Se Il gabbiano risulta "alleggerito" (o impoverito, a parere dei cechoviani più "ortodossi") da questa lettura Spanish Play di Jazmina Reza esce imvece problematicizzato. Un divertente meccanismo di teatro nel teatro nel teatro si carica di significati e si trasforma in un gioco di specchi fra finzione e realtà (che resta in ogni caso esilarante). La messinscena di una banalissima storia di famiglia è l'occasione per un divertissment a spese di tutte i vizi del teatro, dalle vanità degli autori alle "maniere" della drammaturgia (e non si salva nessuno: a partire proprio dal cechovismo, per passare attraverso Pirandello e arrivare fino a Bernhard), dalla presunzione dei registi al fanatismo delle attrici. Un mondo fuori della realtà che nel finale-finale di Lupa (dopo l'happy end della Reza), rimescola e confonde i personaggi delle due pièces (gli attori sono gli stessi: bravissimi) e tutto appare sdrammatizzato, leggero e assieme malinconico, inafferrabile e transitorio, come in fondo è il teatro.
Quinto giorno. Man Is Something to Be Overcome (Oltre l'uomo)
Ancora Krystian Lupa è protagonista assoluto (anzi unico) di questa giornata, col suo Zarathustra, da Nietzsche. Direi anzi che il tema "deriva" dalla scelta dello spettacolo.
Lupa lo conosciamo abbastanza bene in Italia, da alcuni passaggi a Mittelfest e dal particolare spazio che gli dedicò Barberio Corsetti nella Biennale del 2000. Ha 62 anni, non è solo regista ma anche scenografo e pittore (il festival gli dedica una bella mostra), scrittore, saggista, grande "maestro" di attori e registi. Non così anziano da non ricercare - come sta facendo - nuove strade molto impegnative, in termini formali e intellettuali, ma è abbastanza maturo e affermato da potersi permettere di perseguirle con mezzi umani e materiali imponenti (il confronto con Ronconi in questo senso è inevitabile).
Nell'incontro sul tema del giorno e sullo spettacolo, descrive l'attuale situazione del teatro come "la ricerca di forme nuove, che non troviamo - sapendo però che proviamo disgusto per le vecchie". E cita Picasso: quando invita a cambiare mezzo – scolpire, per esempio - se non riesci pù a esprimerti con la pittura. La discussione – paradossalmente - è alleggerita dalla presenza di uno storico della filosofia, Marcin Krol, che ricorda in proposito un proverbio russo: "Se la vodka ti impedisce di fare il tuo lavoro, cambia lavoro!"
Krol si sofferma su aspetti etimologici e su equivoci interpretativi (in particolare sul termine superuomo-übermensch), per rivendicare a Nietzsche una classicità e assieme una modernità che i luoghi comuni e le interpretazioni divulgative costruite intorno alla morte di Dio, al mito del superuomo, all'eterno ritorno eccetera rischiano di sottrargli. Il Nietzsche-Zarathustra che ci viene proposto è colui che ha capito, che sa e cui nessuno crede, è la ricerca dell'oscurità dentro ciascuno, è il coraggio della "pro"vocazione, è la verità come percorso e come ricerca interna all'uomo.
Zarathustra – da Così parlò Zarathustra di Friedrich Nietzsche e dalla Trilogia di Nietzsche di Einar Schleef - è una produzione di Narodowy Stary Teatr (ovvero del teatro Nazionale Stary di Cracovia).
Krystian Lupa non è nuovo alla ricerca su individualità eccezionali, come alcuni protagonisti dei suoi spettacoli da Thomas Bernhard, sempre un po' in bilico fra genialità e follia; e il superamento dell'uomo comune sembra essere uno dei leitmotif di questo spettacolo. Un superamento che non va però verso l'affermazione amorale o autoritaria del superuomo nel senso corrente del termine, ma verso l'eccezionalità, l'eroismo quasi, o la santità di una ricerca individuale che sfocia quasi necessariamente nella follia.
Lo spettacolo è diviso in tre parti molto diverse.
Nella prima parte Zarathustra ha un'immagine profetica - che ricorda Giovanni Battista - e proclama inascoltato lo "scandalo" della morte di Dio: quindi il caos e il nulla (ma anche la necessità del superuomo, la condizione per la costruzione di un uomo nuovo).
Nella seconda parte, dopo un periodo di isolamento e digiuno, Zarathustra affronta il suo viaggio costellato da una sequenza di incontri simbolici: due Re (il dramma di avere la verità e non il potere o viceversa), l'ultimo Papa (che ricorda nella prostrazione il vecchio Woytila e trascina l'uomo in una teca di vetro), l'attore (ovvero la finzione ma anche la vicinanza al sublime: “Non sono grande ma ho visto gandezze”). Nella Valle della Morte incontra "colui che ha ucciso Dio", l'unico testimone della morte di Dio, che non può ovviamente vivere. Particolarmente inquietante è l'incontro con la propria ombra, con il destino passivo dell’ombra. Malinconia, assenza di gioia, impossibilità di felicità segnano il finale, con un rientro collettivo di tutti i personaggi.
Nella terza parte il registro dello spettacolo cambia completamente e l'opera del filosofo si confonde con la sua biografia. Zarathustra è fisicamente del tutto mutato: i tre attori sono diversi, ma se i primi due hanno l'aspetto del santone, questo è un uomo qualsiasi di mezza età, molto sciupato e con i segni visibili della "diversità". Un "marginale", rientrato in una famiglia abnorme, composta da una madre folle e da una sorella incestuosa.
La diversità sta nella consapevolezza e nella conoscenza che appare all'esterno come pazzia: è imprevedibile e fa paura. Del resto nessuno riconosce Zarathustra per quello che era, tranne la sorella che "sa" e le prostitute per cui ha pietà. Il superuomo finisce inascoltato, nel baratro della follia.
Sesto giorno. Guardarsi dall'essere umano.
Se la partenza del festival con Hermanis e Schilling e la fase centrale con Lupa ci ha costretto a riflessioni impegnative e procurato emozioni, Dialog ha riservato per il finale ottime carte.
Il tema del giorno poteva essere forse banalizzato con un titolo sul potere. E' al potere e alle sue degenerazioni che sono di solito ricondotti i testi scelti, Il matrimonio di Witold Gombrowicz e Misura per Misura di William Shakespeare. Ma il grido d'allarme del tema della giornata - quasi una citazione da Prometeo - amplifica l'oggetto della riflessione e offre chiavi di lettura più profonde ai due spettacoli. In entrambi la "pericolosità" dell'uomo non sta tanto o soltanto nel potere "politico", quando nel possesso (delle cose e delle persone), nell'interesse, nell'arbitrio.
Il matrimonio, con la regia di Elmo Nüganen (da Tallin, Estonia, poco più che quarantenne), prodotto dal Teatr im. Wilama Horzycy di Torun, è considerato uno degli spettacoli più belli della stagione in Polonia. Il testo è un classico per il pubblico polacco, anche se da noi Gombrowicz (che ha anticipato tante intuizioni del teatro "dell'assurdo") non è troppo conosciuto.
Misura per misura, diretto da Simon McBurney per la sua compagnia Complicité (che ha già vent'anni) in coproduzione con il National Theatre di Londra e sta per arrivare a Milano (sarà al Piccolo verso fine novembre), è andato in scena, pare, in un'atmosfera di scandalo. Non tanto per la denuncia, già così chiara in Shakespeare, che il potere determina abuso, che la legge si manipola e si viola in nome della morale e dell'interesse di stato, che le affermazioni e le persone apparentemente più nobili nascondono spesso l'ipocrisia. Ma perché la chiave di lettura principale è il sesso.
Rileggendo Il matrimonio - pochissimo rappresentato da noi - c'è da stupirsi che nessuno abbia colto le incredibili affinità con la situazione italiana recente (tanto che lo si vedrebbe bene in scena con un Paolo Rossi, per esempio). L'edizione polacca avrebbe per il pubblico italiano degli appassionati di Nekrosius (molto vasto credo) un formidabile elemento di attrazione: Vladas Bagdonas (il protagonista di Zio Vanja, Otello e Macbeth, presente in quasi tutte le opere del regista lituano) nel ruolo del padre. I legami fra la scena baltica e quella polacca sono - come stiamo vedendo - molto stretti (e molto curati dalla Meissner): del resto Bagdonas recita perfettamente anche in polacco.
Testo e spettacolo si svolgono in un'atmosfera di sogno: il "ritorno a casa" (e dalla guerra) del protagonista Heinryk e dell'amico Jan si trasforma in un incubo in cui la famiglia conduce una vita caotica e la fidanzata è diventata una equivoca locandiera. Per conquistare la normalità - il matrimonio - deve essere restaurato un ordine in cui - nello spettacolo-sogno - il padre diventa un re attorniato da un'improbabile corte. In una atmosfera che ricorda l’Ubu Re di Jarry, verrà però spodestato da Heinryk, che in un delirio di potere e in un’ excalation frenetica lo imprigiona, si sposa da solo, fa "suicidare" l'amico eccetera eccetera. Anche se il protagonista intrattiene sempre una forma di distanza, un dialogo con se stesso che ne preserva la consapevolezza. In una prefazione particolarmente impegnativa per gli interpreti, l'autore raccomandava di mantenere l'equilibrio fra verità e grottesco: nel grottesco i polacchi sono maestri, e i baltici si dimostrano anche in questo caso eccezionali interpreti di una sorta di naturalismo simbolico. Il risultato è un bello spettacolo, dal messaggio modernissimo: i sogni dei dittatori e il delirio di potere non sono per niente estranei alla democrazia.
In Misura per misura secondo Simon McBurney (che è anche un ottimo attore nel ruolo del Duca, molto spiritoso e simpatico anche fuori scena), l'ossessione per il sesso e il possesso sono la motivazione per tutte le azioni, pubbliche e private: lo sono esplicitamente per personaggi come Angelo o Lucio, ma anche per quelli più insospettabili, come Isabella e il Duca, che non a caso la impalma - ne prende possesso - nel finale ("Tutto quello che è mio è tuo, e tutto quello che è tuo è mio"). Il sesso doveva ossessionare il vecchio Shakespeare, indirizzando la forma di questa commedia filosofica atipica, che forse è anche una tragedia: una forma leggera per temi forti.
Pur rispettando fedelmente il testo, lo spettacolo sovrappone segni visivi e interpretativi contemporanei, e spesso vere e proprie trovate: un inizio quasi da spy story per la partenza in missione del Duca, un uso molto efficace dei microfoni per i dialoghi ravvicinati in carcere, un ritmo frenetico affidato a luci, suono, video e alle scene di insieme. Nel complesso mi è sembrato che questa scelta abbia fatto emergere tutte le ambiguità di questo testo eccezionale, "smascherando" lo stesso Shakespeare. Anche se forse lo spessore etico e filosofico ne risulta un po' indebolito.
Settimo giorno. Il mondo dell'eroe detronizzato
C'è bisogno di eroi in questo mondo senza eroi? E com’è il mondo dell'eroe senza trono? Può essere una risposta il microcosmo cechoviano di Zio Vanja riletto da Luk Perceval, in cui anche i grandi personaggi si sono ridotti alle loro manie e ai loro tic, e hanno perso la grandezza dimessa che ancora restava, per esempio, in Vanja sulla Quarantaduesima (il film di Louis Malle con André Gregory), o nell'edizione di Nekrosius.
A Zio Vanja, Dialog accosta un'originale versione cinematografica di Romeo e Giulietta, interni/esterni girati in una periferia degradata di Riga (più West Side Story che Shakespeare).
Zio Vanja di Cechov, regia di Luk Perceval per Het Toneelhuis, Anversa, è stato considerato il migliore della scorsa stagione in Belgio ed è un allestimento di grande originalità.
Regista belga/fiammingo, piuttosto noto anche in Italia, under 50, Luc Perceval, ha ignorato tutte le convenzioni cechoviane.
Tutti assieme, quasi fossero nella sala comune di una casa di cura o di un ricovero, o in una sala d'aspetto, seduti su una fila di sedie di fronte al pubblico, i personaggi si presentano inizialmente in un campionario di atteggiamenti fisici vistosi o impercettibili (una ricerca molto efficace di comunicazione non verbale).
Quindi emergono uno a uno e entrano nella storia - quella di Cechov - rafforzati nelle rispettive identità da questa introduzione. Qualche personaggio risulta a mio parere banalizzato (come Astrov) o ridicolizzato (come Sonja), ma l'insieme è ricco di immaginazione, sensibilità e coraggio.
Romeo and Juliet è (dal programma di sala) "un insolito debutto teatrale per Viesturs Kairiss, giovane regista di cinema lettone. O meglio, non ancora un debutto in teatro, ma sul teatro. Nel film il regista segue una giovane copia di non attori (dilettanti), che cercano di interpretare il ruolo dei giovani amanti shakespeariani. Tutto questo succede, nella Riga di oggi, nel corso di un giorno qualsiasi. Un'interessante sovrapposizione dei protagonisti mitici di Shakespeare con la vita ordinaria e piatta di tutti i giorni".
Ottavo giorno. Il problema dell'altro: L'Europa e il mondo.
Ancora una volta classici, e ancora una volta Shakespeare, per affrontare uno dei problemi più avvertiti. In questo caso però per diverso si intende lo straniero, il portatore di cultura altra: e chi meglio del Mercante di Venezia (qui in una messinscena lituana) o di Otello (in edizione tedesca) può ancora oggi rappresentare questa estraneità? Le considerazioni che emergono dalla visione degli spettacoli sono estremamente amare: oggi come allora, se appartieni culturalmente a un’altra tradizione puoi essere usato e aggirato, e oggi come allora chi ha la pelle nera non è autorizzato ad avere successo.
Il mercante di Venezia, regia di Jonas Vaitkus, è una produzione di Kauno Valstybinis Akademinis Dramos Teatras di Kaunas, in Lituania. Il regista lituano (sessantenne, molto noto al suo paese e attivo in tutta l'area baltica) ha scelto la questione della diversità come chiave di lettura del testo. La diversità emerge dalla divisione netta dei personaggi in tre gruppi, i veneziani (Antonio, Bassanio e i loro amici: caratterizzati da segni settecentesco-veneziani), gli ebrei, infine Porzia e la sua dama di compagnia (che sono interpretate da uomini secondo modalità, costumi e trucchi che rimandano al teatro tradizionale giapponese: una scelta che fa emergere il mistero un po' magico di questi personaggi).
Tre gruppi contrapposti dunque, che solo la sconfitta di Shylock può riunire. Tutto questo per uno spettacolo complesso e formalmente molto curato.
Otello è diretto per la Schauspielhaus di Amburgo da Stefan Pucher, considerato uno dei più interessanti registi tedeschi quarantenni, attivo presso numerosi teatri e "regista residente" a Zurigo durante la direzione di Marthaler. Non è un caso quindi che il coro maschile che accompagna lo spettacolo sembri uscito da una produzione del regista svizzero, che ha influenzato in modo indelebile tutta la generazione dei quarantenni: l'ho "sotto"lineato a proposito di Schilling e Perceval non è da meno.
L'idea forte, anche se un po' banale, sta nel dare a Otello l'aspetto di una rock star, molto simile a Michael Jackson. La scelta consente di inserire nello spettacolo elementi di cultura e musica pop, e di estremizzare i personaggi (per esempio uno Iago così cattivo che più cattivo non si può). La guerra, o meglio la situazione militare che fa da sfondo alla vicenda, è suggerita in modo decisamente kitsch attraverso riferimenti al nazismo e alla mitologia e iconografia erotica connessa.
Pucher sembra anche aver assimilato la lezione di colleghi più anziani e autorevoli come Castorf nell'uso del video. Nell'insieme però lo spettacolo, monumentale sul piano scenotecnico, funziona ed è una denuncia severa del razzismo, pertinente nella Germania di oggi.
"Il teatro come specchio delle ansie d'Europa": ne parlano filosofi, storici e scrittori, critici
Un convegno finale - prescindendo in parte dagli spettacoli - ha tirato le fila dei diversi quesiti e temi proposti, con la presenza di uno scrittore russo (Victor Erofeev), filosofi-storici polacchi (Leszek Kolakowski) e francesi (Paul Thibaud), critici irlandesi (Fintan O'Toole) e tedeschi (Renate Klett), moderatore il giornalista Jacek Zakowski.
La discussione verte dunque sul problema
se l'Europa abbia ancora un codice morale e principi comuni (...) Abbiamo il diritto di parlare di comunità spirituale europea basata da un lato su un'eredità culturale comune, e dall'altro su un senso chiaro della nostra identità e dell'essere distinti dagli altri? (...) Dal quadro di un'umanità persa e confusa che il teatro - ma non solo il teatro - presenta, si può diagnosticare uno stato di transizione o piuttosto scoprire che la verità di fondo è la perdita d ogni illusione?
A questo malcelato pessimismo - di fonte teatrale - gli intellettuali presenti hanno contrapposto una almeno apparente maggiore fiducia nel futuro. Riferisco molto in sintesi (molto probabilmente banalizzando, forse per la delusione che la discussione mi ha procurato).
La crisi che l'Europa sta vivendo e che il teatro riflette sarebbe in fondo una crisi della mezza età: vampate di calore si alternano al gelo e improvvise passioni a altrettanto repentine delusioni (Zakowski).
Il revival o l'elaborazione di teorie potenzialmente distruttive che hanno caratterizzato il secondo Novecento, come per esempio la morte di Dio o forme di apparente nichilismo che hanno influenzato anche il teatro (il relatore cita il teatro dell'assurdo e Beckett in particolare: non che non se ne sia sentita la presenza nel festival, ma come tutti gli anziani professori sembra pensare che la storia del teatro contemporaneo si fermi lì), si sono rivelate col tempo all'origine di una rinascita spirituale che vede nella "pietà" una possibilità di riscatto (Kolakowski).
Richiamando le lettere di san Paolo, Thibaut stigmatizza la tendenza a separare il bene dal male, positivo e negativo, e rivendica in sintesi una specificità "attiva" propria della cultura europea, che, consapevole dell'ineluttabilità del male sa (come san Paolo) che dal male può arrivare il bene e conosce (con Rousseau) il grande piacere di essere causa di qualcosa.
Lo scrittore russo Erofeev "sotto"linea la distanza della Russia dall'Europa (evidente nel linguaggio: per esempio da Mosca - punto zero dell'universo - si dice tuttora vado in Europa o vado in Asia). Questo essere altro non deve andare nella direzione – speriamo - di una contrapposizione, ma "sotto"linearlo è utile a dare un senso alla discussione sull'identità, che si costruisce anche sulla diversità. L'omologazione non fa bene alla Russia che dalle aperture degli ultimi quindici anni ha rischiato di prendere (ha preso) il peggio, ma con tutto il male che se ne può dire, quello che è stata capace di preservare - e che riporta molti russi a casa - è una diversa "cultura della relazione" (più calda, più umana).
O'Toole individua affinità in questo senso fra Russia e Irlanda e critica duramente il processo di costruzione e omologazione europea, rivendicando al teatro una fondamentale funzione "di scuola" per la formazione di una comunità autentica e la costruzione di un'integrazione rispettosa delle diversità. Ricorda a questo scopo una bella immagine di Joyce in Ritratto dell'autore da giovane: se il teatro è specchio della realtà, bisogna imparare servirsi dello specchio "della serva", che è composto di frammenti e restituisce un'immagine composita e sfaccettata.
Klett condivide in pieno le critiche sui modi di aggregazione Europea (e ricorda come la comunità sia nata con obiettivi e su presupposti economici), ma è dl tutto contraria alla concezione del teatro come scuola: il teatro è e deve restare "gioco" (play).
La discussione - domande e repliche - prosegue con un'oscillazione fra ottimismo e pessimismo, ma non offre risposte risolutive (a meno che non lo sia ritrovarsi in fondo nella visone della crisi della mezza età) e forse non coglie i problemi di fondo. Credo che le risposte più interessanti, o le non risposte, siano in fondo arrivare dagli spettacoli del festival.
Epilogo. A Shield against the Future
Propongo di tradurre difendersi dal futuro: è il titolo molto indicativo del progetto musicale e teatrale di Christoph Marthaler cui Dialog ha affidato la chiusura del festival (un epilogo due settimane dopo il festival, e che purtroppo perdo).
Invitato dal Wiener Festwochen, Marthaler ha recentemente creato un progetto unico intitolato A Shield Against the Future. Difficile definirlo una rappresentazione, anche se si tratta sicuramente di teatro. Il progetto è stato presentato in uno dei più grandi e più belli ospedali psichiatrici d'Europa: il famoso ospedale Otto Wagner di Vienna. E' stato qui che durante la Seconda guerra mondiale si è praticato su larga scala un crimine, l'eutanasia, nei confronti dei bambini malati di mente.
E' difficile descrivere il progetto. Non è un documentario, e neppure una celebrazione o una triste commemorazione delle vittime.
E' un modo delicato e assieme profondamente commovente di mostrare l'assurdità e il terrore dell'aderenza consapevole ai principi di un'ideologia fanatica. E' anche un avvertimento contro la visone di un futuro molto vicino: biotecnologia, manipolazioni genetiche eliminazione dei difetti genetici, programmazione dell'essere umano perfetto. (dai materiali forniti dal festival)
(Lo spettacolo è scritto da: Stefanie Carp e Marcus Hinterhäuser, la regia è di Christoph Marthaler, la produzione Wiener Festwochen; è possibile - in via di definizione - una ripresa a Vienna).
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Mutatis Mutandis: "La f@ttoria degli anormali" a Lucca Comics Il dossier di ateatro di Anna Maria Monteverdi |
La f@ttoria degli anormali di XLab Videofactory e Cut-Up è stato presentato a Lucca Comics sabato 29 ottobre alle 11.30. Testo e regia complessiva di Andrea Balzola; partecipano al progetto: Emanuela Villagrossi, Mauro Lupone, Andrea Brogi, Anna Maria Monteverdi, Pierpaolo Magnani.
Il dossier "La f@ttoria degli anormali"
90.41 La f@ttoria degli anormali
Un progetto crossmediale
di Anna Maria Monteverdi
90.42 Una storia anormale
Intervista a Andrea Balzola su "La f@ttoria degli anormali"
di Anna Maria Monteverdi
90.43 I tre step di un progetto crossmediale
Una intervista a Andrea Brogi (www.xlab.it) su "La f@ttoria degli anormali"
di Anna Maria Monteverdi
90.44 Rischi e potenzialità della biogenetica
Sul progetto "La f@ttoria degli anormali"
di Gianni Tamino
90.45 Alienazione umana e sofferenza animale
Sul progetto "La f@ttoria degli anormali"
di Roberta Bartocci
C'era una volta la biologia. Surclassata dall'ingegneria genetica, la libera ricerca scientifica della vita animale e umana è ora votata alla manipolazione genetica attraverso il principio del DNA ricombinante, con la finalità di trovare terapie geniche per l'uomo. Ma troppo spesso la ricerca scientifica appare spregiudicata e contraffatta, dimentica dei criteri di uno sviluppo sostenibile, delle scelte etiche, delle implicazioni sociali; alle strette dipendenze di aziende private e case farmaceutiche, sta al passo con l'“economia di mercato”. Emblematica la vicenda di Craig Venter e della Celera Genomics, che ha prima fatto ricerca come membro di un consorzio pubblico e poi ha fondato una Onlus con cui ha completato il sequenziamento dei geni del Progetto Genoma Umano (nato per la decifrazione dell'intera sequenza del DNA umano) e ha chiesto come privato il brevetto per quello che l'Unesco ha definito un bene collettivo dell'umanità.
Da lì in poi sono partite le corse al brevetto da parte di multinazionali per gli OGM, organismi animali e vegetali modificati tramite innesti di geni, ad uso di nuove piantagioni o di animali clonati o potenziati per la produzione di carne o latte. Ecco così il pomodoro che non marcisce mai, il cotone resistente ai pesticidi, il riso ricco di vitamina A, il mais modificato Mon863 (Mon sta per Monsanto, la multinazionale già produttrice del famigerato agente Orange, il defoliante usato dall'esercito americano durante la guerra in Vietnam).
Ha un bel da fare l'economista e ambientalista Jeremy Rifkin. E con lui associazioni di ambientalisti, animalisti, associazioni bioetiche e di altroconsumo impegnati nella lotta contro la possibile tossicità dei cibi transgenici e contro l'alterazione dell'ambiente e avvelenamento dell'ecosistema.
“I vecchi animali si estinguono? E chissenefrega! Si può fare di meglio!”, tuona il televenditore mutante, testimonial della Genetical Animal Farm de La Fattoria degli anormali, multinazionale che provvede a creare alla bisogna, animali kamikaze, bestie esotiche in tinta con il cappotto, con le tende del salotto; insetti-spia, cani guerrafondai (il pitbush!). E così gli “animali ritoccati” sono utili: come cavie o per trapianti, clonati per esigenze di cucina: “Applicazioni pratiche della clonazione:(...) possono interessare animali con caratteristiche speciali, utili per l'uomo. Bovini con carne più abbondante; pecore che producano proteine umane nel latte da usare per scopi medici; maiali geneticamente modificati in modo che i loro organi possano essere usati per trapianti nell'uomo” (Renato Dulbecco, La mappa della vita).
E se le specie animali si possono migliorare, allora che dire dell'uomo? Dalla clonazione all'eugenetica il passo sembra breve: si favorirà la nascita di esseri portatori di determinati caratteri evitando la riproduzioni di quelli non graditi?
“La tendenza alla violenza deve risiedere nei geni, perché è caratteristica di tutta la specie umana, e anche di molti animali... Nel cervello di molti individui i geni hanno creato una bestia, più o meno feroce, che rimane silente fino a quando è pronta a saltare e uccidere (...) Potremo un giorno liberarcene con la manipolazione dei geni?” (Renato Dulbecco, La mappa ragionevoli della vita).
A dieci anni dalla nascita del primo prodotto biotech, il pomodoro Flavr Savr©, neanche l'arte è rimasta indenne: il brasiliano Eduard Kac è l'inventore della Transgenic art e del coniglio fosforescente nato da un incrocio con una medusa del Pacifico: un’aberrante operazione in nome dell'arte, il cui motto - Essere umano non sarà più un nostro limite ma il nostro punto di partenza - è più volte citato ironicamente dagli autori de La Fattoria degli Anormali.
www.cut-up.net
www.fattoriaorwell.org
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La f@ttoria degli anormali Un progetto crossmediale di Anna Maria Monteverdi |
Un progetto crossmediale: La fattoria degli anormali nasce da un’idea drammaturgica di ANDREA BALZOLA ed è stato elaborato in forma di progetto tecnoartistico da Balzola con il musicista elettronico MAURO LUPONE dell'associazione tecnoteatrale Zonegemma, già creatrice con GIACOMO VERDE di Storie mandaliche. Al gruppo si sono uniti l’interactive designer ANDREA BROGI di X-lab, il videomaker PIERPAOLO MAGNANI di Dn@, l'attrice EMANUELA VILLAGROSSI, e i disegnatori ARMANDO ROSSI e ONOFRIO CATACCHIO. La Fattoria degli anormali è una produzione Zonegemma Factory, Cut up, Associazione Dn@, in collaborazione con La Città del Teatro di Cascina, Lucca comics & games. Sono partner del progetto: Regione Liguria, gruppo Consigliare dei Verdi per la Pace; Circolo Nuova ecologia-Legambiente della Spezia, Assessorato alla cultura e Assessorato all'ambiente e alla tutela degli animali del Comune della Spezia.
Il testo di Andrea Balzola (docente di Drammaturgia multimediale all’Accademia di Brera) è ispirato alle sperimentazioni biotecnologiche applicate in particolare al mondo animale; Zonegemma con la collaborazione specifica di vari professionisti nei diversi settori (computer graphics, comic art, web design, video), associazioni, corsi universitari (Corso multimediale dell’Accademia di Belle Arti di Brera, Corso di Realtà Virtuali del Dipartimento di Informatica e Comunicazione dell’Università di Milano, Corso di Laurea in Cinema Musica e Teatro dell'Università di Pisa) sta realizzando vari formati artistici specificatamente multimediali incrociati tra loro: video con animazioni, comic book, sito web, spettacolo tecnologico.
La trama: La fattoria degli anormali si ispira molto liberamente al noto romanzo di Orwell. Lo scenario è quello di un'ironica e anomala esasperazione dei risultati di una scienza biogenetica controllata e gestita da un’azienda privata multinazionale (la Genetical Animal Farm), in un mondo futuribile (ma neanche troppo) che crea mutazioni ambientali e antropologiche, manipolazioni genetiche di tutte le forme viventi e ogni genere di incroci, ibridi, clonazioni con il relativo contorno di sfruttamenti economici, di brevetti, tutti argomenti di grande attualità che pongono seri interrogativi di natura politica ed etica. Gli animali anormali si ribelleranno e rovesceranno il potere L’arte tecnologica di ZONEGEMMA si interroga su potenzialità e rischi dell'INGEGNERIA BIOGENETICA.
Stato del progetto: Il progetto è stato presentato il 2 ottobre 2004 in forma di studio teatrale con il performer Andrea Cosentino al TEATRO VALLE di Roma quale finalista tra 138 progetti presentati per il prestigioso Premio “Dante Cappelletti”, indetto da Tuttoteatro.com in collaborazione con l'Ente Teatrale Italiano, Assessorato alle Politiche culturali del Comune di Roma. In questo caso il mutante televenditore- teleimbonitore era dotato di una zampa di cavallo nascosta sotto inizialmente la giacca e che magicamente appariva per mostrare le virtù dei prodotti della GAF, la multinazionale di prodotti transgenici di cui era anche testimonial. La zampa creata dalla scultrice Elisa Nicolaci con rete metallica e copertura di stoffa di velluto a ricordare le nodosità della zampa equina, rendeva il personaggio simile ai quei miti greci raffiguranti esseri metà uomo e metà animale o ad alcuni personaggi dei film di Jean Cocteau. La maschera di Cosentino, abile nell’accentuare caricature e tipologie umane, era accompagnata dal lancio del sito www.Gaf.com e di un video-spot in scena che mostrava alcuni degli animali ormai diventati inutili e da “ritoccare geneticamente”.
Video digitale con animazioni 3D (25’), soggetto, sceneggiatura originale e regia video di Andrea Balzola, regia sonora di Mauro Lupone, interprete Emanuela Villagrossi già straordinaria attrice del gruppo Magazzini di Federico Tiezzi e di Motus. Il suo volto androgino e la sua straordinaria capacità attoriale di trasfigurarsi ha reso possibile la definizione di un personaggio (quello del televenditore) maschio e femmina, essere umano e animale, una sorta di mutante nato per partenogenesi. Un trucco particolarmente sofisticato, i pantacollant e il giubbetto in ecopelle rosso che aderiva al suo corpo longilineo insieme con stivali neri con zoccolo e gli studiati movimenti dei muscoli del volto e la particolare camminata-cavalcata, la rendevano simile a uno scattante puledro. L’altro personaggio in carne ed ossa è la giornalista Tv aggiogata dagli animali modificati al potere, interpretata da Chiara Pistoia, danzatrice e performer toscana, per l’occasione rasata a zero e fornita di collare! Paolo Giommarelli interpreta la parte del giornalista inviato che intervista l'asino scettico. Gli animali anormali sono invece animazioni in computer grafica 3D a cura di Andrea Brogi (www.x-lab.it) elaborate dai disegni a fumetti di Onofrio Catacchio; composizioni ed elaborazioni sonore musicali e vocali con morphing sonoro di Mauro Lupone. Riprese e postproduzione con la collaborazione di Pierpaolo Magnani- Associazione Dn@. Videoclip artistici a cura di Andrea Croci. Tra i materiali utilizzati, filmati concessi dalla Lega Anti Vivisezione.
Albo a fumetti. Il volume è realizzato in collaborazione con l'associazione Cut up (www.cut-up.net) casa editrice specializzata in comics e LUCCA COMICS & GAMES. La sceneggiatura è di Andrea Balzola e Riccardo Pesce. L’albo di 48 tavole a due colori accentuerà il rosso, colore del sangue, della rivolta, del maiale Orwell e della veste del mutante. Il progetto insieme con un “preview dell’albo” di sedici tavole disegnate da Armando Rossi, sarà presentato a LUCCA COMICS 2005, al Museo del Fumetto di Lucca. Nell’albo-anteprima sono inseriti anche alcuni testi originali scritti appositamente per LA FATTORIA DEGLI ANORMALI da artisti e studiosi internazionali tra cui i biologi Gianni Tamino e Roberta Bartocci (collaboratrice LAV), lo storico del fumetto Fabio Gadducci e l'artista mecatronico Marcel.lì Antunez Roca. La versione definitiva vedrà come disegnatore Onofrio Catacchio, matita e china storica di Frigidaire e illustratore di Carlo Lucarelli (Coliandro) Wu Ming (La ballata del corazza). www.onofriocatacchio.com
Sito web www.fattoriaorwell.org
Prevede un’interazione creativa con gli utenti ai quali viene chiesta la collaborazione per realizzare animali anormali attraverso ipotesi fantascientifiche di modificazioni del DNA, mentre un team di disegnatori realizzerà personaggi e animazioni. Una seconda interazione riguarda la possibilità di essere informati sulle sperimentazioni dell'ingegneria biogenetica. Sezione a cura del giornalista Fabio Nardini.
Spettacolo tecnoteatrale La fattoria degli anormali. Un performer che impersona la figura di uno showman mutante (androgino, metà uomo e metà equino) e utilizza la tecnica del motion capture, dialoga in scena con vari personaggi animali animati in 3D (con una nuova tecnica di proiezione in scena, senza schermi) tra i quali alcuni realizzati dagli utenti del web; chatta e fa compravendita di animali anormali in diretta web. Tutto il sonoro dello spettacolo è elaborato digitalmente con spazializzazione del suono e modificazioni di morphing audio in tempo reale.
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Una storia anormale Intervista a Andrea Balzola su "La f@ttoria degli anormali" di Anna Maria Monteverdi |
Qual è il punto di contatto tra il romanzo di Orwell e la storia da te immaginata, come hai pensato, cioè di attualizzarne la trama?
Il progetto La fattoria degli anormali si ispira molto liberamente al romanzo di Orwell, l’idea da cui nasce è la risposta a questa domanda: qual è la fattoria degli animali del presente e del prossimo futuro, nella quale Orwell – profeta di sventure anche col Grande Fratello di 1984 – avrebbe ambientato oggi il suo romanzo? La risposta è: una grande azienda biotecnologica multinazionale che sperimenta e produce ogm, vegetali, animali (e perché no, umani) proprietaria di un network televisivo e di un portale web: la GAF (Genetical Animal Farm). La rivolta degli animali in questo caso è motivata e aggiornata dai più recenti e sofisticati abusi che il genere umano infligge al mondo animale.
Come nel romanzo orwelliano, ma in modo completamente nuovo per contesto, linguaggio, personaggi e sviluppo narrativo, la storia è raccontata in chiave paradossale, con un humour nero surreale ma non irreale che forse sarebbe piaciuto a Breton. E’ un apologo satirico sulla tirannia di una multinazionale di prodotti biogenetici che produce, alleva e tiene prigionieri in una fattoria ipertecnologica animali di diverse specie sottoposti a ogni genere di sperimentazione, soprattutto riproduttiva (alcuni realmente prodotti dalla sperimentazione biogenetica, altri immaginari come un bestiario fantagenetico): si creano artificialmente animali clonati (pecore che hanno tutte la stessa identità, metafora dell’”uomo-massa”), animali transgenici (maiali con cuore umano che si innamorano soltanto delle femmine umane), specie ibride (il gattotopo, che ha problemi di schizofrenia), con caratteri più aggressivi (il pit-bush, un cane apparentemente bonario che ha però scatti incontrollati di ferocia), etc. La multinazionale, che possiede anche un proprio network televisivo e un portale web, fa televendita dei suoi prodotti, affidandola a un mutante (un essere umano androgino, con geni e un arto equini), anche lui transgenico. In lui s’incarnano le contraddizioni, i paradossi e l’instabilità di una condizione ibrida, incompiuta e artefatta, in cui sensibilità emotiva e programma genetico lottano fino all’autodistruzione. Gli animali/anormali sono messi in vendita per esperimenti (tipo vivisezione), a scopo alimentare (per essere mangiati), a scopo decorativo-moda (per avere animali domestici sempre nuovi e originali, allultima moda), per vari servizi (animali spia, animali kamikaze). Questi animali, che vivono ogni tipo di vessazioni fisiche ed emotive, di angosce psico-esistenziali, si organizzano e attivano una rivolta contro la multinazionale, si impossessano della fattoria tecnologica, del network TV, del portale web, facendo prigionieri anche il televenditore mutante, e una giormalista. Poi prevalgono gli animali più aggressivi, i maiali transgenici, con cuore, fegato, reni umani, e impongono la loro dittatura, guidata dal più grosso e spietato di loro: Orwell. Via via assomigliano sempre più agli uomini, si erigono su due zampe, si vestono e si comportano come uomini di potere, sfruttando crudelmente i loro ex simili, gli animali non transgenici, li vendono agli uomini o li uccidono per commerciarne la carne, o li sterminano come “pulizia etnica”. Il mutante, che è sempre stato asservito, prima dagli esseri umani e poi dalla dittatura dei maiali transgenici, scoprendo la spietatezza dei nuovi esseri ha infine uno scatto di follia e di orgoglio, si rivolta ed è ucciso in diretta televisiva. Testimone di tutto, scettico e disincantato, anarchico e irriverente, è un asino, che rappresenta l’indipendenza del pensiero, il valore della memoria e di un’identità ben radicata nelle sue radici naturali e culturali.
Come nel romanzo di Orwell, il senso della trama ha perciò una doppia lettura, che non si limita alla questione animalista...
Il romanzo di Orwell estrapolato dalla sua più mirata specificità storica, mantiene ancor oggi una duplice attualità: l’assunzione del punto di vista degli animali con la conseguente critica alla crudeltà e al cinismo ai quali gli esseri umani li sottopongono, e una critica spietata alla strumentalizzazione ideologica delle coscienze che tende a sfruttare legittime aspirazioni collettive di libertà e benessere piegandole ai fini del potere di singoli individui o di piccoli gruppi-lobbies. Oggi, il totalitarismo ha cambiato volto, non ha più quello barbaro e sanguinario dei dittatori del XX secolo (almeno in Europa), ma è più sofisticato e più ipocrita, più anonimo e più capillare, più seduttivo e più penetrante. E’ molto difficile difendersene. Oggi noi viviamo in due regimi totalitari, uno in atto e un altro in pectore. Il primo è la dittatura del mercato, (più in generale l’interesse economico che diventa prioritario in tutti gli ambiti dell’esistenza) un fenomeno globalizzante – perché parte dai paesi cosiddetti avanzati ma raggiunge tutte le aree del pianeta – sostenuto dai media, sempre meno strumenti di informazione e sempre più strumenti di orientamento del “consumo” collettivo, sia di beni materiali sia di beni immateriali (il gusto, le tendenze, le idee...). La seconda dittatura che si va affermando è quella dell’innovazione tecnologica, nel momento in cui lo sviluppo tecnologico non si fonda più sulle esigenze collettive ma le crea, diventando un valore autoreferenziale. Il connubio tra dittatura del mercato, promulgata dai media, primato dello sviluppo tecnologico e una particolare interpretazione dello sviluppo scientifico – potremmo definirla una corrente scientifica assolutista – che affida unicamente alla combinazione scienza-tecnologia la ricerca di una risposta ai grandi misteri dell’esistenza: malattia/benessere, sessualità/desiderio, vecchiaia/longevità, morte/nascita, determina il rischio di un regime autoritario globale, dove all’etica delle possibilità che dovrebbe governare l’evoluzione umana si sostituisce una politica delle certezze.
La biotecnologia e la biogenetica sono i veri motivi dominanti del progetto. Qual è la vostra posizione in merito alle sperimentazioni dell'ingegneria genetica?
Una delle questioni più controverse e complesse del dibattito scientifico ed etico contemporaneo riguarda proprio la ricerca biotecnologica, che come mai in passato tocca i fondamenti stessi della vita e dove non a caso s’intrecciano enormi interessi economici (delle multinazionali farmaceutiche, dei grandi centri di ricerca, delle nuove multinazionali specializzate in ogm), priorità dell’investimento tecnologico (la disponibilità e l’innovazione tecnologica costituiscono la discriminante per il raggiungimento dell’obiettivo “scientifico”) e certezza sulla possibilità che la scienza sia in grado di rimediare tutti gli “errori” o le “incompiutezze” della natura. La realizzazione dell’ambizioso progetto di mappatura genetica integrale dell’uomo (il progetto “Genoma umano”), a detta degli stessi scienziati (mi riferisco per esempio ai testi di Gianni Tamino e di Roberta Bartocci che pubblichiamo nella brochure del progetto) non autorizza automaticamente a pensare di poter gestire secondo una moderna “ars combinatoria” il patrimonio genetico degli esseri viventi, manipolandolo per orientarlo alla “perfezione”. Infatti, senza evocare i fantasmi dell’eugenetica, non è difficile prendere atto, nello stesso ambiente scientifico e perfino da parte dei fautori della biogenetica, che, come dice Dulbecco, “inserendo un gene estraneo in un organismo possiamo sì ottenere l'espressione di quel gene ma possiamo determinare l'alterazione dell'espressione di un grande numero di altri geni. Ma non sappiamo assolutamente né quali geni alterano né quando avranno questa alterazione né quando si verificheranno problemi per l'organismo". Come suggerisce Gianni Tamino, la sperimentazione biogenetica avviene ancora al buio perché non ne conosciamo la sintassi. E’ pertanto necessario garantire la libertà della ricerca scientifica, ma ancorandola a una riflessione etica collettiva ed evitando che sia guidata e gestita da interessi speculativi e commerciali, la posta in gioco è troppo alta e troppo complessa per abbandonarla alla deriva del liberismo ideologico ed economico.I
Esiste un mercato per progetti crossmediali così innovativi come Fattoria?
La fattoria degli anormali è stato pensato per diversi “luoghi” e “contesti” artistici (Festival video e teatrali; distribuzione televisiva indipendente, mostre mercato del fumetto) proprio per rivendicare un'idea di multimedialità non limitata alla ricerca artistica ma estesa anche alla produzione più popolare (video-tv, comic art, net art).
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I tre step di un progetto crossmediale Una intervista a Andrea Brogi (www.xlab.it) su "La f@ttoria degli anormali" di Anna Maria Monteverdi |
Come è stato progettato il video di animazione e quali sono le caratteristiche tecniche del lavoro in digitale svolto fino ad ora e quale l'obiettivo finale?
Il prodotto audiovisivo in fase di realizzazione prevede l'utilizzo integrato di personaggi reali all'interno di set virtuali, oltre ad una parte realizzata interamente con tecniche di animazione digitali tridimensionali. E' stato quindi allestito un set per le riprese in blue screen delle dimensioni di 7.60 m. x 3,80 m. x 3,80 m. in modo da dare all'attore la possibilità di muoversi liberamente. La tecnica del blue screen permette di isolare il personaggio reale dall'ambiente in cui è ripreso eliminando tutte le parti dell'immagine che abbiano uno stesso colore chiave (croma key - chiave di colore) che sarà successivamente sostituito da immagini di altro tipo, nel nostro caso da ambienti virtuali ricostruiti in computer grafica. La scelta del colore di fondo dipende prevalentemente dai colori dell'abbigliamento dell'attore che non dovranno essere omogenei con il fondo per non rischiare di bucare l'attore, effetto che abbiamo deciso di utilizzare per la giornalista televisiva (fig. ). In questo caso è stato utilizzato il blu ma in alternativa è possibile anche usare il verde come colore chiave, impossibile invece usare il rosso in quanto una forte componente di questo colore è presente nella pelle ed il personaggio quindi scomparirebbe con il fondo.
Qual è la difficoltà maggiore nel girare in blue screen?
La difficoltà principale consiste nell'effettuare una corretta illuminazione del set in modo tale da avere un fondo il più omogeneo possibile e facilitare così la rimozione del colore chiave. Anche alcuni oggetti di scena con cui l'attore ha interagito (per esempio la grossa palla su cui dovranno comparire dei video sui maltrattamenti degli animali in una citazione di Chaplin de Il grande Dittatore che gioca con il mondo) sono stati colorati di blu in modo da poterli agevolmente sostituire in fase di compositing con oggetti realizzati ed animati in computer grafica.
Come realizzare una corrispondenza perfetta di movimenti e dialoghi tra personaggi reali e ambienti in grafica 3D?
In questo caso non sono state utilizzati sistemi di camera tracking, che permetterebbero di ricavare i movimenti della camera reale per poi poterli applicare a quella virtuale, avendo scelto di mantenere prevalentemente ferma la camera utilizzata per le riprese ed animare successivamente l'immagine del personaggio con tecniche digitali. Questo perchè il video, che naturalmente sarà presentato come prodotto indipendente, è anche un banco di prova dello spettacolo teatrale. In teatro infatti utilizzeremo proiezioni video e grafica 3D Real time per realizzare le scenografie virtuali, ma stiamo anche verificando sistemi di proiezione che diano l'impressione di immagini virtuali disposte nello spazio scenico, e non su dei fondali, in grado di interagire con l'attore.
Tutti gli animali sono stati creati in Grafica 3D. In un progetto crossmediale come Fattoria, la Computer graphics con quali altri media si intreccia maggiormente?
Il video racconta la storia della rivoluzione fatta da un gruppo di animali geneticamente modificati, specie naturalmente inesistenti e per questo realizzati interamente in grafica tridimensionale. La grande adunata in cui gli animali decidono di ribellarsi sarà una scena completamente virtuale, senza l'aggiunta di alcun contributo video reale. Gli animali disegnati da Armando Rossi e Onofrio Catacchio per il fumetto sono quindi stati modellati utilizzando Maya in versione poligonale e poi arricchiti di dettaglio con il mesh_smooth in modo tale da avere una risoluzione geometrica variabile a seconda che siano utilizzati per il video, dove possiamo avere superfici molto definite, o in tempo reale in teatro, dove invece l'aspetto grafico/geometrico deve essere tenuto sotto controllo a seconda delle macchine che si utilizzano. Il progetto è realizato in collaborazione con il DICo_Dipartimento di Informatica e Comunicazione dell'Università di Milano e gli studenti del mio Corso di Realtà Virtuali che vengono coinvolti in tutte le fasi del progetto, dalla modellazzione, al rigging, all'animazione, al rendering. Per esempio per animare personaggi quadrupedi alcuni studenti utilizzando MEL (il linguaggio di programmazione di Maya) hanno sviluppato una plug-in per Maya per realizzare automaticamente un sistema di rigging personalizzato che utilizza sia la cinematica diretta che inversa e si integra con MotionBuilder (il software di animazione real-time della Kaydara recentemente acquistato dalla Alias) che sarà il software che probabilmente utilizzeremo in teatro per l'animazione in tempo reale. Infatti la versione Mocap permette di integrare e pilotare l'animazione in tempo reale sia degli scenari virtuali che dei personaggi digitali con numerose periferiche di acquisizione del movimento o di input MIDI fondamentali per unificare sulla scena l'azione dell'attore con la grafica 3DRT.
Quali accorgimenti sono stati usati per pemettere la miglior modellazione?
Per la realizzazione dei modelli Armando Rossi e Onofrio Catacchio hanno dovuto realizzare dei bozzetti ad hoc (in vista frontale laterale e dall'alto) per facilitare il lavoro di modellazione. Naturalmente prima di poter iniziare il lavoro di animazione devono essere realizzate tutte le voci degli animali (attualmente in fase di definizione) ed i disegni dello storyboard. Con questo materiale viene costruito l'Animatic, una specie di cartone animato su cui verificare il "timing" della scena, cioè la durata delle singole inquadrature e la posizione dei soggetti nella scena ed i loro movimenti generali. Solo una volta realizzato l'animatic e quindi definiti nel dettaglio tutti gli aspetti dell'animazione è possibile procedere con il lavoro vero e proprio di costruzione dei movimenti (sia di camera che dei personaggi) della scena tridimensionale.
Come si passa dal video al teatro preservando intatte le caratteristiche di tutti i media implicati nel progetto senza snaturarne il senso e la funzione?
L'intero progetto, che si presenta in varie forme su i vari media, prevede la realizzazione finale di una performance teatrale ed i vari prodotti in fase di realizzazione sono anche step che contribuiscono alla definizione di tale obiettivo. Con il fumetto si iniziano a definire le caratteristiche dei vari perosnaggi ed a verificare visualmente la sceneggiatura scritta da Andrea Balzola, come una sorta di storyboard del progetto anche se in realtà acquisisce una propria identità espressiva sviluppando la storia con una libertà sia di inquadrature sia di sequenza di scene caratteristica proprio di questo linguaggio. Anche il video è un’opera compiuta e autonoma ma nel nostro percorso svolge anche la funzione di previsualizzazione dello spettacolo teatrale, dove progettare e verificare le soluzioni sceniche da adottare. Lo spettacolo teatrale infine prevede l'utilizzo in tempo reale sulla scena di scenografie e personaggi digitali. I prodotti in fase di realizzazione risulteranno quindi fra loro completamente diversi, ciascuno sviluppato secondo le caratteristiche del media di riferimento, ma sono concettualmente legati in un unico percorso progettuale che li lega indissolubilmente trattando tutti lo stesso soggetto.
Il dossier "La f@ttoria degli anormali".
Anna Maria Monteverdi, nelle inedite vesti di costumista e servo di scena, aiuta la protagonista della F@ttoria degli anormali Emanuela Villagrossi a indossare la sua protesi.
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Rischi e potenzialità della biogenetica Sul progetto "La f@ttoria degli anormali" di Gianni Tamino |
In cinquant'anni si è fatto poco o niente per prevenire le cause, soprattutto ambientali, ben note a livello scientifico internazionale, che hanno portato all’attuale sviluppo di tumori e di altre malattie degenerative. In pratica si sono investiti molti soldi per le cure ma poco per la prevenzione.
Contemporaneamente c'è stato un grande sviluppo delle ricerche di biologia e di genetica molecolare. Da cinquant'anni, infatti, conosciamo la struttura del DNA: negli anni ‘70 abbiamo capito non solo come funziona, come e dove sono localizzati i geni, quale è il loro meccanismo, come funzionano, ma anche che il DNA è come un libro scritto o, se preferiamo, come una sequenza di una bobina registrata o come un cd. Il DNA è analogo, dal punto di vista logico, a una memoria che contiene un' informazione, e deve essere scritta con un alfabeto, che a sua volta deve avere un vocabolario, una grammatica e una sintassi. Negli anni ‘50 abbiamo scoperto il supporto materiale di questa memoria, negli anni ‘60 abbiamo individuato l'alfabeto e il vocabolario, negli anni ‘70 abbiamo intuito parte della grammatica. Così abbiamo capito come modificare l'informazione genetica, attraverso un “copia, taglia e incolla”, analogo a quello che si utilizza nei sistemi di scrittura del computer. Grazie a sistemi enzimatici che tagliano porzioni di DNA è possibile prelevare geni e metterli in un altro organismo, ottenendo gli OGM (organismi geneticamente modificati). Abbiamo modificato piante e animali e potremmo modificare perfino gli uomini o fare modifiche di cellule umane per terapie geniche.
Per questo è sorto 15 anni fa il progetto Genoma Umano, progetto che aveva come obiettivo la decifrazione di tutta la sequenza del DNA della specie “uomo”. Ma non è stato il Consorzio pubblico, creato attorno al Progetto, a raggiungere per primo tale obiettivo, bensì un Ente privato, il cui titolare, Craig Venter, aveva fatto parte del Consorzio pubblico, ne era uscito ed aveva messo in piedi una organizzazione tipo onlus. Quindi con le conoscenze e i lavori fatti e finanziati dal settore pubblico e con i soldi raccolti con la onlus Craig Venter, chiusa la onlus, ha aperto una Azienda privata e, dopo aver fatto un accordo con la Perkin-Elmer, ditta di apparecchi scientifici, e con una azienda leader nel settore dei computer, è riuscito a scavalcare il settore pubblico e ad arrivare alla decifrazione della sequenza del DNA umano. Per fare cosa? Conoscere il genoma è una parte molto limitata di quello che dovremmo conoscere per prevenire e curare malattie, ma conoscere la sequenza del DNA significa poter chiedere il brevetto sui geni contenuti. Si capisce perché Venter è passato da una onlus non governativa a una società privata con scopo di lucro: la possibilità di brevettare i geni offre notevoli prospettive di profitto. Infatti dal 1980 negli Usa e dal 1998 in Unione Europa è possibile brevettare geni, cellule, tessuti di qualunque organismo, uomo compreso, oltre agli OGM.
Ma in tal modo quando si va a fare un'analisi del sangue o delle urine, o di qualunque altro tipo dove ci siano cellule con materiale genetico, qualcuno potrebbe brevettare i nostri geni. Se vengono individuate caratteristiche particolari, è possibile chiedere per le cellule e i geni il brevetto. Per farne che? O realizzare test genetici oppure utilizzare un gene per una terapia medica o, eventualmente, nel futuro, per avere cellule staminali potenziate o addirittura per modificare con geni umani animali da utilizzare in xenotrapianti (cioè trapianti su uomo di organi di maiali o altri animali), ipotesi per fortuna quasi totalmente abbandonata, dati i gravi rischi di infezioni virali che comporta.
Questa logica commerciale intorno al genoma umano è funzionale alle case farmaceutiche, che con i brevetti pensano di controllare e sfruttare queste ricerche.
Ma oltre all’aspetto commerciale ci sono i rischi collegati a tali attività. Noi conosciamo, come già detto, la struttura, l'alfabeto, il dizionario e parte della grammatica del DNA, ma non la sintassi, cioè non conosciamo le connessioni, le relazioni tra i vari geni. Inseriamo negli organismi singoli geni, ignorando casa succederà agli altri geni già presenti: significa che agiamo secondo una logica riduzionista che qualunque biologo sa essere sbagliata. Il più grande fautore del progetto "Genoma Umano", Dulbecco, ha dichiarato (intervista a Repubblica del 22/11/2002):
“introducendo un nuovo gene in una cellula, la funzione di un gran numero di altri geni viene alterata: non è sufficiente introdurre un gene nell'organismo per determinarne l'effetto, che invece dipende da quali altri geni sono già presenti.”
Inoltre non sappiamo né quali geni né quando saranno alterati. In pratica agiamo al buio perché, se non conosciamo la sintassi, è come prendere una parola staccandola da un libro per metterla in un altro. Ma questa parola, cambiato il contesto, può cambiare significato. Ed è quello che può succedere quando non conosciamo le regole sintattiche. In pratica quando spostiamo i geni non possiamo sapere cosa succederà.
Abbiamo scoperto che un solo gene può modificare una quantità enorme di caratteristiche di un organismo: ad esempio un solo gene modificato di un crostaceo, lo fa assomigliare ad un insetto. Chi opera in questo settore dogmaticamente (e ”dogma centrale della biologia” fu chiamata questa impostazione), pensa che a ogni gene corrisponda una proteina a cui si fa corrispondere una precisa funzione. Ma non è così: sicuramente da un gene deriva una proteina ma non necessariamente una sola e il gene funziona solo se interagisce con altri geni. Ogni proteina a sua volta può innescare reazioni che fanno bloccare e sbloccare altri geni. E' una rete di relazioni complessa. Ora pensare di risolvere un problema complesso spostando solo un gene è come ritenere di migliorare un libro o una sinfonia inserendo a caso una parola o una nota, lasciando il resto inalterato. E non si può certo pretendere di essere l’autore del nuovo testo e tanto meno chiedere il diritto d'autore, anzi si tratterebbe di plagio, un reato.Invece a livello di biologia molecolare si può brevettare il gene utilizzato e l'organismo così ottenuto, anche se il gene è preesistente.
Ma tornando alla logica riduzionista di “un gene, una proteina ed un carattere”, consideriamo lo sviluppo embrionale, a partire da una cellula uovo fecondata. Al momento della fecondazione l'uovo si divide in due, ma se queste due cellule rimangono unite danno origine a un embrione, mentre se vengono separate danno origine a due uova e quindi a due embrioni. Ciò significa che i geni funzionano sulla base di precise informazioni ambientali: l'informazione cellule unite o cellule separate cambia il programma di sviluppo. Così ogni cellula di un individuo ha la stessa informazione genetica di qualunque altra, ma per il fatto di trovarsi in un preciso contesto spaziale e temporale la porterà ad utilizzare solo una piccola parte dei geni disponibili, cioè quelli specifici di quel tessuto in quel momento. Durante la vita degli organismi varia l'utilizzo dei geni, che vengono attivati e disattivati in funzione dello stato di sviluppo, come dalla pubertà alla vecchiaia: diverse sono le caratteristiche perché diversi sono i geni utilizzati e soprattutto le loro relazioni. Questo spiega perché tra un topo e l' uomo ci sono più del 90% di geni identici, ma non sono i geni che distinguono l'uomo dal topo, ma l'organizzazione, l'utilizzazione e la relazione tra i geni. Non cogliere questo aspetto significa non sapere cosa sia la biologia. L’attività di un gene dipende dalle stimolazioni che vengono dall'ambiente esterno e dall'ambiente interno all'organismo, in quel particolare stadio di sviluppo.
Questa relazione complessa è proprio quella interconnesione (o rete, o sintassi) tra geni che oggi non conosciamo; non è detto che in futuro non la consoceremo, anzi noi biologi speriamo , attraverso la ricerca, di aprire gli orizzonti e mettere in discussione le cose precedenti. Il famoso dogma della biologia (DNA messaggero - una proteina un carattere) e il flusso unidirezionale da DNA a proteine non vengono più considerati dogmi, anzi non ci sono dogmi nel mondo scientifico: qualunque ipotesi deve essere sottoposta a verifica. A 50 anni dalla scoperta del DNA conosciamo moltissimi aspetti della biologia molecolare, ma più conosciamo più ci rendiamo conto di essere ignoranti. Perché più si allarga la nostra capacità di visione più si allarga l'orizzonte e più si rende conto di non conoscere. Solo chi crede nei dogmi è convinto di avere la verità. Più si conosce più si è coscienti di essere ignoranti, nel senso che è molto di più ciò che ignoriamo rispetto a ciò che conosciamo.
Ed è giusto che sia così, altrimenti non avrebbe senso la ricerca.
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Alienazione umana e sofferenza animale Sul progetto "La f@ttoria degli anormali" di Roberta Bartocci |
Roberta Bartocci è biologa e collaboratrice della Lega Antivivisezione.
“Tutti gli animali sono uguali ma alcuni animali sono più uguali degli altri”, non è solo la più emblematica frase del romanzo di Orwell, ma sembra essere anche il parametro dell’approccio riduzionista della scienza attuale, quello che vede negli organismi viventi il mero prodotto di un insieme di geni.
L’animale uomo ha nel tempo utilizzato e asservito gli altri animali ed altri esseri viventi a sé, pensandoli in chiave di utilità e potenziale beneficio alla specie umana, mentre ciò che all’uomo non serve non ha senso di esistere. Homo sapiens esercita il suo potere controllando la vita degli altri animali rinchiudendoli in zoo, circhi, laboratori e allevamenti e sfruttandoli a suo piacimento; considerandoli cibo, abbigliamento, strumenti di ricerca scientifica o altro. Negli ultimi decenni questo controllo si è andato raffinando e specializzando, fino a giungere alla gestione della vita di animali e piante, arrivando a manipolare la loro essenza biologica: il materiale genetico.
Le applicazioni della manipolazione genetica hanno portato in certi casi ad indubbi vantaggi, come nel caso della produzione di insulina, non più estratta da animali, come un tempo, ma ora fatta produrre da microrganismi. In molte altre applicazioni invece, i vantaggi ottenuti sono solo in termini di profitto per pochi ed ottenuti con l’elevatissimo prezzo della sofferenza e morte di esseri senzienti.
La manipolazione genetica consiste nel modificare l’informazione che stabilisce le caratteristiche di ogni organismo vivente attraverso l’eliminazione, l’aggiunta o lo scambio di geni, le unità funzionali del materiale genetico.
Si possono così produrre topi diabetici e ratti obesi, per lo studio di diabete e obesità umane; oppure suini con modifiche che consentirebbero di creare fabbriche di organi per i trapianti umani. Ratti e topi, molti dei quali geneticamente modificati, sono gli animali più utilizzati nella ricerca, considerati come “modelli sperimentali” dell’uomo, data la loro somiglianza genetica con esso. In realtà questi animali sono così diffusamente impiegati (ca 90% del totale delle specie) perché maneggevoli, data la loro piccola taglia; poco costosi, rispetto a cani e scimmie per esempio; estremamente prolifici, cosa che consente di lavorare più velocemente, producendo un buon numero di pubblicazioni in tempi relativamente brevi e quindi facendo carriera piuttosto rapidamente; infine, topi e ratti non godono della simpatia dell’opinione pubblica, il che affranca i ricercatori da eventuali scrupoli di tipo etico nella loro utilizzazione.
Quando non si interviene in modo così invasivo sull’organismo vivente, ovvero manipolandone i suoi geni, si operano delle selezioni per ottenere questo o quell’altro carattere desiderato. Con la selezione genetica Homo sapiens si sostituisce alla natura operando una pressione selettiva artificiale in una direzione voluta, all’interno di un ambiente confinato e controllato. Con questa tecnica sono stati ottenuti diversi “prodotti”: dai polli e tacchini dal petto gigante, pensato per soddisfare le tasche degli avicoltori e la gola dei consumatori, alle abnormi produzioni di latte da parte di mucche selezionate che arrivano a produrre fino a 60 litri al giorno quando in natura produrrebbero appena un terzo di questa quantità, alle galline selezionate per non produrre penne, in modo tale che tutte le proteine risparmiate siano impiegate nella produzione di uova, ai pulcini maschi caratterizzati da una particolare forma dell’ala per essere distinguibili dalle femmine appena dopo la schiusa. In natura non ci sarebbe spazio per questi animali: polli e tacchini dal petto gigante non è raro che abbiano le zampe spezzate dal loro stesso peso innaturalmente distribuito nella parte anteriore del corpo che non consente loro neanche di accoppiarsi; in natura le mucche, così come tutti gli altri mammiferi, produrrebbero solo la quantità di latte necessaria al fabbisogno del cucciolo e comunque solo al momento del parto, mentre all’interno di un allevamento la loro lattazione è stimolata e sfruttata al massimo per destinare il latte al consumo umano, mentre i vitellini vengono prematuramente separati dalla loro mamma, nutriti e ingrassati con pasti artificiali e mandati al macello ancora cuccioli; i pulcini maschi delle galline ovaiole, considerati inadatti alla produzione di carne, devono essere buttati via, ma appena sgusciati maschi e femmine sono irriconoscibili. Alcuni scienziati hanno quindi introdotto una mutazione genetica che rende i maschi di gallina ovaiola distinguibili dalle femmine per una tipica forma delle ali: in questo modo è possibile separare maschi e femmine alla nascita, inviando le ultime agli allevamenti per la produzione di uova mentre i primi vengono praticamente frullati vivi appena dopo la schiusa e poi smaltiti.
Solo in Italia, ogni anno, vengono uccisi a scopo di ricerca circa un milione di animali, mentre è nell’ordine dei miliardi il numero di quelli uccisi a scopo alimentare (ca 600 milioni di animali terrestri, alcuni miliardi quelli acquatici). Mentre nei paesi industrializzati si mira all’incremento della produttività negli allevamenti intensivi, nei paesi poveri centinaia di milioni di persone soffrono la fame: buona parte dei raccolti viene destinata all’alimentazione degli animali allevati in occidente anziché sfamare le popolazioni locali. Mentre si cerca di produrre il modello animale che riproduca più fedelmente una patologia umana, ma che ad essa non potrà mai essere uguale, non fanno che aumentare i decessi per cancro e malattie cardiovascolari, più facilmente arginabili con adeguati programmi di prevenzione. Alienazione umana e sofferenza animale vanno di pari passo.
Allevamenti intensivi e laboratori di ricerca sono luoghi asettici e gli animali ivi ospitati, sono progettati per vivere all’interno di essi, e solo all’interno di essi, resi inetti alla loro natura, impossibilitati a vivere liberi anche se potessero. La logica riduzionista ignora che un organismo sia il complesso risultato tra geni e ambiente, per non parlare poi della sfera psichica di ogni singolo individuo, ed è la palestra ideale dell’ approccio positivista dell’uomo occidentale, ovvero della convinzione che esso debba e sia assolutamente in grado di dominare la natura.
Lo slogan orwelliano, con la sua grottesca contraddittorietà, se sganciato dalla sua originaria accezione socio – politica e riconsiderato in chiave bioetica, diviene un’inquietante paradigma del quotidiano sfruttamento degli animali nei laboratori di vivisezione e negli allevamenti: si considerano gli animali non umani a noi uguali quando si tratta di impiegarli come strumenti di ricerca da cui ottenere benefici per la salute umana, e invece diversi, ovvero “inferiori” all’uomo e in quanto tali incapaci di soffrire e indegni di rispetto, quando li si considera cibo o quando si tratta di attribuire loro dei diritti.
Il controllo genetico degli animali, inteso sia come manipolazione del loro materiale genetico che come selezione di caratteri per l’ottenimento di benefici umani, è il più fine ed elaborato dei maltrattamenti, che richiede competenze specifiche da parte di chi lo opera e che viene consumato nel segreto di laboratori e allevamenti. E’ l’apice del dominio sulla natura da parte dell’uomo, il quale tiene in mano la vita di altri esseri progettandola e modificandola come egli crede e fa parte integrante di una società in cui l’alienazione è un normale modo di essere, in cui non c’è spazio per i non umani se non pensati e progettati in chiave antropomorfica e o antropocentrica. Esso celebra il trionfo dell’omologazione e dell’appiattimento, annullando ciò che è alla base della vita: la diversità, sulla quale si giocano invece i meccanismi dell’evoluzione, e così si esorcizza la paura del diverso, nella fattispecie, l’animale non umano.
Mohandas Gandhi suggeriva: “sii il cambiamento che vuoi vedere nella società”. Facendo tesoro delle parole di un uomo eccezionale e tenendo conto del fatto che l’opinione pubblica ha più volte manifestato il proprio dissenso nei confronti della manipolazione genetica degli animali, ogni cittadino che dissenta dallo sfruttamento di essere senzienti può cercare di cambiare le cose attraverso le proprie scelte, dagli acquisti in profumeria o al supermercato alla riconsiderazione della scienza cui andrebbe restituito il suo vero ruolo. Ad essa infatti non si deve chiedere ciò che non può e non deve dare e che invece ci si illude che possa fornire: attraverso di essa si producono informazioni che sono l’interpretazione di fenomeni naturali, non si ottengono verità assolute, come nel caso della religione. Il fatto di chiedere alla scienza di produrre verità assolute conferisce a quegli scienziati che oliano tale meccanismo un grande potere e l’impiego di animali come strumenti di ricerca ed il loro controllo genetico sono figli di questa logica scientista più che scientifica. Iniziando col riconsiderare il significato della vera scienza ed il suo ruolo nella società e scegliendo consapevolmente ciò che si indossa o si mangia, è possibile davvero incarnare il cambiamento che si vorrebbe vedere nella società.
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La cultura siberiana a Trento La rassegna "Al limite al confine" di Ufficio Stampa |
Trento,
Centro Santa Chiara.
“AL LIMITE AL CONFINE”
un progetto internazionale con
spettacoli ¬ incontri - laboratori
ottobre 2005/ primavera 20007
(a cura di Mimma Gallina)
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Il concetto di confine è di natura politico-giuridica - anche se i confini cercano legittimazioni geografiche o etniche - e ha riacquistato nella storia del presente una centralità non di rado tragica e inquietante. Ai confini, si sono sviluppate ovunque nel mondo culture complesse, tese alla valorizzazione di specificità e identità e assieme al confronto e alla contaminazione con le collettività limitrofe. Il confine evoca anche lontananza, e la dialettica centro/periferia è alla base di grandi creazioni artistiche, poetiche, filosofiche e di teorie e strategie politiche. Il concetto di limite è sinonimo e assieme esasperazione di questo stato, suggerisce situazioni costrittive - in senso fisico e metaforico - e trasgressioni, spesso all'origine dei processi creativi.
La posizione della città di Trento la rende ideale per un'esplorazione a vasto raggio della condizione di confine, che caratterizzerà una serie di appuntamenti internazionali, a partire dall'ottobre 2005, ciascuno dei quali sarà dedicato a un tema preciso e caratterizzato non solo da attività di spettacolo, ma laboratori, convegni, occasioni di approfondimento e discussione. Il progetto, curato da Mimma Gallina, è promosso dal Centro di Servizi Culturali Santa Chiara, diretto da Franco Oss Noser, con la collaborazione con la Facoltà di Sociologia.
“ il confine non è un luogo dove il mondo finisce ma quello dove i diversi si toccano e la partita del rapporto con l'altro diventa difficile e vera." (Franco Cassano)
Si parte con la SIBERIA dal 21 al 25 ottobre.
Un prossimo e più articolato appuntamento dl progetto
fra primavera e autunno 2006 è dedicato a
LA TURCHIA FRA EUROPA E ASIA
Al limite al confine
SIBERIA
22/25 ottobre 2005
Il primo appuntamento è dedicato a un confine simbolico nella storia della cultura e nella storia del Novecento, forse la più vasta terra di confine del mondo: la Siberia.
Un paesaggio di vasti orizzonti: steppe immense, grandi fiumi, lunghi inverni.
Una delle regioni più ricche di materia prime del pianeta, un’area strategica del mondo, sul piano economico e geografico. Ma anche un territorio ad alto rischio ecologico. Sul piano politico, la Siberia è costituita da numerose repubbliche aderenti alla Federazione russa, da città di recente costruzione e dallo sviluppo frenetico. Abitata da numerosi popoli di ceppo slavo, tartaro, mongolo è anche una miniera di tradizioni, parla innumerevoli lingue e pratica forse tutte le religioni.
L’appuntamento che “Al limite, al confine” dedicato alla Siberia si articola:
• in un pomeriggio di studio,
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• nella presenza dalla città di Abakan (Repubblica autonoma di Kakhassia) del Teatro nazionale delle Marionette Skazka con tre spettacoli
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• in un laboratorio teorico e pratico sulle diverse tecniche di animazione di questo gruppo.
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Sabato 22 ottobre Ore 16.00
Sala Video Centro S. Chiara
AL LIMITE AL CONFINE/ SIBERIA
pomeriggio di studio
con la collaborazione della Facoltà di Sociologia dell'Università di Trento
Saluti del Presidente del Centro Servizi Culturali
Carlo Fait
• L'attività internazionale del Centro Santa Chiara
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Franco Oss Noser (Direttore del centro)
• “Al limite, al confine”: il progetto
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Mimma Gallina (curatrice)
• Confini fisici, confini sociali
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Mario Diani (Facoltà di Sociologia)
• La nuova Russia e la Siberia oggi
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Fernando Orlandi (presidente della Società di studi dell'Europa Orientale)
• La Siberia nella cultura russa fra Europa e Asia
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Fausto Malcovati (docente di letteratura russa)
• Cultura e teatro in Siberia oggi
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Irina Miagkova (critica teatrale, Mosca)
• Materiali e immagini dalla Siberia
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videomontaggio a cura di Francesco de Napoli
documentazione a cura di Mimma Gallina
segue
• Incontro con il regista Evgeny Ibragimov e
•
la compagnia del Teatro Skazka
introdotti da Irina Miagkova
GLI SPETTACOLI
Domenica 23 or 16 -teatro Auditorium
"IL VECCHIO E LA LUPA
Lunedì 24 or 20,30 -teatro Auditorium
"ANATHANATOMANIA
(la mania dell'immortalità)
a seguire breve concerto/dimostrazione musicale con strumenti tradizionali
Martedì 25 re 20,30 -Teatro Cuminetti
"PRESSO IL MARE BLU "
dalla FIaba del Pescatore e del Pesciolino, di Alexander Puskin
IL LABORATORIO
Domenica 23, lunedì 24 e martedì 25 ottobre
ore 18.00 Centro Santa Chiara
LABORATORIO
Stili e tecniche di animazione
con il regista Evgeny Ibragimov e
la compagnia del Teatro Skazka
Affiancherà la compagnia, la critica Irina Miagkova
e, per un confronto con la tradizione italiana,
Remo Melloni (esperto di teatro di animazione)
l laboratorio ha carattere teorico e pratico, vedrà coinvolto oltre al regista alcuni animatori-attori e scenografi della compagnia e illustrerà le diverse tecniche di animazione adottate da Skazka, che potranno essere osservate anche negli spettacoli in programma (che fanno riferimento a tecniche diverse).
La partecipazione della critica russa Irina Miagkova e di un esperto italiano, Remo Melloni, favorirà la comprensione critica e il confronto con le nostre tradizioni.
La partecipazione è gratuita ma è ammesso un numero limitato di partecipanti: si richiede interesse e conoscenza del teatro di figura, attitudine alla costruzione e animazione di pupazzi.
La durata di ciascuna seduta sarà di c.ca un ora e '30. Si raccomanda la partecipazione anche agli spettacoli e al pomeriggio di studio del 22 ottobre.
Teatro SKAZKA
Abakan (Khakassia-Russia)
La compagnia
Il Teatro Skazka (che vuol dire racconto, fiaba) fondato nel 1979 è oggi il teatro nazionale di marionette della Repubblica Autonoma di Khakassia (ma parte della federazione russa), in Siberia. Nei suoi 25 anni di vita il teatro ha prodotto 100 spettacoli, di cui 30 in repertorio, utilizzando una grande varietà di tecniche: marionette, burattini, pupazzi, di piccole dimensioni o enormi (anche per parate/spettacoli di strada), animazione su nero, ombre, bunraku, maschere. Gli spettacoli della compagnia catturano lo spettatore, adulto o bambino, anche se la maggior parte delle produzioni sono per adulti, con immagini, storie, personaggi, in apparenza naïf, ma in realtà di notevole complessità estetica, filosofica, tecnica. La precisione e la raffinatezza dei movimenti non insegue tanto il realismo, ovvero la massima possibile affinità con il comportamento umano, quanto la "verità" del personaggio, con risultati di grande impatto emotivo e estetico, e si efficacia narrativa. Gli spettacoli attingono la propria ispirazione dalle leggende, dalle fiabe tradizionali, dal repertorio letterario classico e del novecento russo e da quello folklorico e mitologico. Si tratta di un patrimonio spesso molto antico e “pre”crisitano, comune a una vasta area geografica della Russia centrale, cui corrisponde un’area culturale relativamente omogenea e particolarmente complessa, che si colloca fra Europa e Asia. Le scelte e le messe in scena non trascurano tuttavia mai il confronto con il presente, in particolare attraverso una grande sensibilità “ecologicia”: ecologia intesa come relazione fra l’uomo e l’ambiente circostante, fra l’uomo e la natura, a fra l’uomo e la sua natura profonda: una sensibilità cui non è estraneo lo spirito delle credenze e delle tradizioni sciamaniche, tuttora radicate.
VECCHIO E LA LUPA
Testo di Ibragim Shauokh
Regia Evgeny Ibragimov
Designer Zakhar Davydov
Musica Evgeny Ibragimov
Il Vecchio e la Lupa è una favola tradizionale circassa. Il Vecchio salva la Lupa nascondendola dai cacciatori in un sacco. Non appena il pericolo è superato, la Lupa attacca il Vecchio , che in cerca di giustizia, invita tutti i personaggi della performance a essere i giudici della sua disputa con la Lupa.
La performance è realizzata secondo la tradizione caucasica del carnevale folk ŒJegu’.
I pupazzi (di grande espressività in sé, essendo minime le possibilità di movimento) sono mossi da semplici bastoni grezzi e la qualità interpretativa degli animatori-attori è fondamentale. Anche l’accompagnamento musicale dal vivo, caratterizzato da un ritmo serrato scandito soprattutto dalle percussioni, trae origine dalla tradizione circassa.
Pur rifacendosi alle radici e alle basi dle tetaro di animazione, la compagnia riesce a creare uno spettacolo modernissimo.
(Selezionato e premiato al III Festival Internazionale di Marionette di Praga ¬ 2000).
ANATHANATOMANIA
(la mania dell’immortalità)
Testo di Ibragim Shauokh
Regia Evgeny Ibragimov
Scene e marionette Sergey Ivannikov
Musiche Igor Okolnikov
ATHANATOMANIA ha debuttato in anteprima nell’estate 2004 presso il festival teatrale internazionale etno-ecologico “TCHIR TCHAYAN” (spirito della terra) di Abakan.
Tema dello spettacolo è la storia dell’uomo e dei suoi torti verso la natura. In una serie di brevi quadri commentati da diapositive si ripercorre la storia dell’uomo dalla creazione al diluvio universale, per arrivare alle scoperte scientifiche, alle guerre recenti ed allo squilibrio ambientale. Una commedia umana ed assieme una tragedia dell’uomo che lascia aperta nel finale la possibilità di un mondo migliore. Uomini, animali ed oggetti sono in questo spettacolo di piccole dimensioni, inquadrati e quasi schiacciati dalla scatola nera-mondo, che si illudono di illuminare. Non mancano i quadri ricchi di ironia e umorismo, sempre comunque aperti alla speranza.
PRSSO IL MARE BLU
dalla Fiaba del pesce e del pescatore di Alexander Puskin:
Testo Ibragim Shauokh
Regia Evgeny Ibragimov
Scene Nekto Mishalem
Musiche
Nikos Engonidis, Igor Okolnikov
Dove il mare è più blu si basa sulla Favola del pesce e del pescatore di Alexander Puskin: un racconto filosofico sull’incapacità di accontentarsi di quello che si ha, sull’amore e sulla tentazione.
Protagonista una coppia matura di indimentcabili pupazzi-personaggi.
Lo spettacolo ha partecipato alla 15°edizione dell’ International Puppet Festival di Strasburgo, Francia, 2004 e alla 5° edizione dell’International Puppet Festival in Lachaussee et Pont-a-Mousson, Francia, 2004
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In arrivo "Hystrio" 4/05 Il sommario del numero (e si parla anche di BP2) di Hystrio |
Sommario n. 4, ottobre-dicembre 2005
In copertina: elaborazione di Leggere lo spettacolo/7 (1988), locandina realizzata da Emanuele Luzzati per il Centro Studi del Teatro Stabile di Torino.
VETRINA
Dammacco, Corradino e Nirchio: artisti transgender della scena pugliese – di Nicola Viesti
I giovani artisti più interessanti della scena pugliese hanno scelto di cimentarsi in ruoli femminili, ma senza concessioni al travestitismo, in spettacoli scritti, diretti e interpretati da loro stessi.
Lo Stabile di Torino compie cinquant’anni – di Giorgio Sebastiano Brizio
Cinque saranno, negli anni delle Olimpiadi invernali a Torino, gli spettacoli firmati da Luca Ronconi, che vanno a specchiarsi nel mezzo secolo di vita dello Stabile piemontese – Lo hanno diretto, tra gli altri, Nico Pepe, De Bosio, Enriquez, Trionfo, Missiroli, Ronconi, Lavia e Castri, le regie dei quali hanno segnato tappe fondamentali nella storia del teatro italiano.
Volterra: una giornata di prove con la Compagnia della Fortezza – di Pierfrancesco Giannangeli
Adamo, Mario, Antonino, Salvatore e gli altri, storie di vita tra passato e futuro con un presente comune: l’esperienza nella Compagnia guidata da Armando Punzo, che ad alcuni di loro ha aperto nuovi percorsi esistenziali – La recensione del loro ultimo spettacolo: Appunti per un film, di Francesco Tei.
LA QUESTIONE TEATRALE
Fantasmi di un teatro che non c’è – di Ugo Ronfani
C’era un clima decadente, nei fulgori della festa per i premi dell’Olimpico a Vicenza. E i premiati sono stati i primi a confermare lo stato di crisi. Che va ben oltre il tormentone per il Fus.
TEATROMONDO
Buenos Aires: la città «màs teatrista del mundo» - di Anna Ceravolo
Debutti a getto continuo, drammaturgia concorrenziale rispetto alla straniera, spettacoli in ogni dove e a ogni ora: la grande vivacità teatrale della capitale argentina.
Avignone: la sfida di Jan Fabre – di Massimo Marino
L’artista fiammingo, quest’anno direttore ospite del festival, ha impostato il cartellone, non senza polemiche, su una serie di lavori in cui risultano spesso labili i confini tra danza, teatro, video e performance – Marina Abramovic, Olivier Py, Wim Vandekeybus, la Socìetas Raffaello Sanzio, Jean Michel Bruyère e lo stesso Fabre tra i nomi di punta della rassegna.
Edimburgo: al Fringe si scoprono i luoghi non teatrali – di Maggie Rose
Al Fringe fanno tendenza gli spettacoli in luoghi non canonici come auto, autobus, negozi, alberghi o caffè – Il dolente e sperimentale Oak Tree di Tim Crouch e la tormentata esistenza di Audrey Hepburn in Breakfast at Audrey’s di John Binnie tra le novità più interessanti – Al Festival ufficiale Peter Stein mette in scena Blackbird di David Harrower sul tema della pedofilia, mentre Shan Khan, in Prayer Room, affronta con humour una vicenda di (in)tolleranza religiosa in un college.
DOSSIER
La memoria del teatro: viaggio tra i moltissimi centri di documentazione dello spettacolo in Italia: musei, biblioteche, centri studi e videoteche – a cura di Albarosa Camaldo
Copioni, manoscritti, lettere di attori, di drammaturghi e capocomici, bozzetti di scenografie e costumi, locandine e manifesti, fotografie e video. Studiare il teatro, conoscerlo a fondo è possibile anche grazie alla continua crescita di luoghi in cui vengono conservati, oltre a libri rari e preziosi, le documentazioni relative alla storia del teatro e dello spettacolo, frutto a volte di un lavoro di raccolta di secoli, a volte di un continuo e capillare aggiornamento. I responsabili dei quattro poli principali – la Biblioteca e Raccolta Teatrale del Burcardo a Roma, La Biblioteca Livia Simoni di Milano, il Museo Biblioteca dell’Attore di Genova, il Centro Studi del Teatro Stabile di Torino – ci hanno raccontato la passione per questo mestiere, ma anche le difficoltà con cui si scontrano quotidianamente. Abbiamo poi voluto costruire un percorso fra i moltissimi centri di documentazione dello spettacolo in Italia. In alcuni casi si tratta di musei e biblioteche monotematiche, ma numerosi sono anche i centri studi e le videoteche, ricordando che anche in biblioteche non specializzate si possono trovare fondi specifici di teatro. Manca ancora però una stretta collaborazione fra gli enti e i tentativi di costruire una rete reale o informatica hanno dato esiti al momento poco soddisfacenti. La diffusione tuttavia dei sistemi di informatizzazione dei dati lascia sperare, in un futuro non troppo lontano, nella realizzazione e nella possibilità di utilizzo di cataloghi comuni e di una biblioteca virtuale accessibile a tutti.
DRAMMATURGIA
Manlio Santanelli, psicopatologia della vita quotidiana – di Paola Cinque
Tradizione narrativa e teatrale, suggestioni dei grandi classici della letteratura russa, mitteleuropea e sudamericana, ma anche Beckett, Ionesco e Pinter sono alla base di una drammaturgia costruita sul filo sottile del paradosso e dell’ironia – L’apparente normalità del quotidiano, popolato di bizzarri personaggi, è il tema dominante nelle cinquanta commedie e brevi pièces scritte dall’autore partenopeo nell’ultimo quarto di secolo.
EXIT
Addio a Gianpiero Bianchi, Franco Di Francescantonio, Sandro Bolchi e Mario Valgoi – di Ugo Ronfani e Francesco Tei
NATI IERI
Ventitreesima tappa nell’Italia dei nuovi gruppi: For.ma.t.i., Teatro Rebis e il Forum marchigiano teatri indipendenti – di Pierfrancesco Giannangeli
Il neonato Forum marchigiano teatri indipendenti sta cercando di creare uno scambio di idee e di circuitazione di spettacoli alternativo alla rete istituzionale – Tra i progetti già realizzati un Festival di microdrammaturgia e la rassegna itinerante “Formati in festival”; tra quelli in preparazione un festival sul tema del lavoro, riservato a tutti coloro che svolgono un’attività manuale, e un progetto sul recupero delle tradizioni orali e scritte di tre regioni “campione”: Lombardia, Marche e Sicilia
DANZA
Tante proposte e poco coraggio nelle rassegne estive – di Domenico Rigotti
Nella lunga kermesse, che inizia con la Biennale Danza e si conclude a Rovereto, qualità non fa rima con quantità – Deludono la rassegna veneziana diretta da Ismael Ivo e la coppia Kaiser-Antonino al Mittelfest, ristagna Oriente/Occidente nonostante l’omaggio alla De Keersmaeker, mentre si confermano di grande interesse le coreografie di Gelabert (Adda Danza), Teshigawara e Cherkaoui (Bolzano Danza), Maliphant e Waltz (Focus 9 a Torino).
Recensioni di Andrea Nanni, Massimo Marino, Dimitri Papanikas e Sara Chiappori
CRITICHE FESTIVAL
Dal Mittelfest a Taormina, dalla Biennale di Venezia a Santarcangelo, Volterra, Benevento e tanti altri: tra prosa e lirica la lunga estate dei festival, con oltre 70 recensioni di spettacoli.
BIBLIOTECA
Le novità editoriali – a cura di Albarosa Camaldo
TESTI
Empedocle, l’ultimo degli dei di Renato Giordano, testo vincitore del Premio Vallecorsi 2005
LA SOCIETÀ TEATRALE
Tutta l’attualità nel mondo teatrale: notizie dall'Italia e dal mondo, corsi, premi e bandi di concorso – Le Buone Pratiche bis: dopo il successo dell’incontro milanese, Oliviero Ponte di Pino, Mimma Gallina e Franco D’Ippolito rilanciano l’iniziativa con due nuovi incontri, il primo in novembre a Mira (Ve) e il secondo al sud sul tema della “questione meridionale” - a cura di Giulia Calligaro
HANNO COLLABORATO
Paola Abenavoli, Marco Andreoli, Valentina Bertolino, Laura Bevione, Giorgio Sebastiano Brizio, Simona Buonomano, Danilo Caravà, Anna Ceravolo, Sara Chiappori, Ernesto Cilento, Paola Cinque, Renzia D’Incà, Loredana Faraci, Emanuela Garampelli, Gigi Giacobbe, Pierfrancesco Giannangeli, Maria Teresa Iovinelli, Giuseppe Liotta, Stefania Maraucci, Massimo Marino, Antonella Melilli, Vito Molinari, Giuseppe Montemagno, Anna Maria Monteverdi, Andrea Nanni, Nico Nanni, Dimitri Papanikas, Eliana Quattrini, Olindo Rampin, Domenico Rigotti, Renato Rizzardi, Maggie Rose, Francesco Tei, Martina Treu, Francesco Urbano, Nicola Viesti, Giusi Zippo.
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Le novità della sezione Drammaturgie :
Due nuovi articoli sulla 48^ edizione del Premio Riccione per il teatro: "Premio Riccione, quale tendenza?" di Marcello Isidori e "Premio Riccione per il teatro" di Maria Dolores Pesce. Ancora di Maria Dolores Pesce è l'articolo "ArlecchinoVersusFool".
Le ultime recensioni (a cura di Maria Dolores Pesce, Daniela Pandolfi, Tiziano Fratus, Vincenzo Morvillo, Maurizio Giordano, Paolo Randazzo) tra cui vi segnaliamo: Diario della biennale di Venezia teatro a cura di Maria Dolores Pesce, Il pozzo dei pazzi di Franco Scaldati, I canti del mare di Alessandro Baricco, Un avatar del diavolo di Antonin Artaud.
E poi non dimenticare l'archivio dei siti teatrali, quello dei traduttori teatrali, scrivi una scena del copione interattivo, le scuole di scrittura teatrale, la Bacheca spettacoli.
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Nuove espressioni: un progetto triennale per i giovani drammaturgia, regia, attori di Nuove espressioni |
NUOVE ESPRESSIONI
drammaturgia, regia, attori:
un progetto triennale sulle nuove espressioni teatrali
realizzato da
Associazione Teatrale Duende
in collaborazione con:
Scuola D’Arte Drammatica Paolo Grassi e Accademia dei Filodrammatici di Milano
TEATRO ALLE COLONNE – Corso di Porta Ticinese, 45 Milano
Si rivolge esclusivamente ai giovani, NUOVE ESPRESSIONI, un progetto triennale dedicato ai nuovi drammaturghi, registi e attori, esordienti.
Mancava uno spazio a Milano dedicato esclusivamente ai giovani artisti. Nasce finalmente un contenitore che al TEATRO ALLE COLONNE, presso le colonne di San Lorenzo, darà visibilità a tutte le nuove espressioni teatrali. Un luogo dove attori, registi, drammaturghi, potranno presentare i propri lavori e progetti. Un luogo destinato ai giovani che non ricevono in questo Paese mai troppa considerazione e attenzione. I motivi sono i soliti: parentele, amicizie, favoritismi, un sistema teatrale politico totalmente alla deriva. Per questo motivo gli spettacoli selezionati in questa prima stagione sono stati scelti senza essere volutamente visti prima. E’ stato visionato il progetto nel suo complesso, ma il compito di valutarne la qualità spetta ad una commissione composta da esperti del settore.
In questa prima edizione gli spettacoli presentati saranno in totale undici, di cui nove in concorso e due progetti di studio della Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano. Alla fine della rassegna una giuria composta da: Gianni Valle (organizzatore teatrale), Lory Dall’Ombra (docente di organizzazione teatrale), Renato Gabrielli (drammaturgo), Francesca Angeli (drammaturga), Sara Chiappori (critico teatrale), Lorenzo Loris (regista e attore del Teatro Out Off di Milano), avrà il compito di attribuire allo spettacolo più meritevole una menzione speciale.
La compagnia segnalata avrà la possibilità di presentare il suo spettacolo in un teatro milanese nella prossima stagione.
Per il futuro, l’idea è di dare una borsa di studio per premiare lo sforzo delle compagnie e l’impegno economico da loro sostenuto. L’obiettivo principale è proprio quello di creare un centro di programmazione giovane, una vetrina delle NUOVE ESPRESSIONI, con il coinvolgimento di giornalisti, registi, produttori, direttori di teatri, artisti, che, attraverso i propri canali, daranno spazio alle nuove espressioni.
Questo consentirà anche al pubblico di conoscere nuovi talenti e di ritrovare a Milano un luogo dove viva la novità e quindi la curiosità per il futuro del nostro teatro.
Il direttore artistico
Eugenio de’Giorgi
Programma NUOVESPRESSIONI
Festival della giovane scena teatrale 2005-2006
Dal 25 ottobre al 29 ottobre 2005
LETTURA SCENICA IN DUE TEMPI
da Il Presidente di Thomas. Bernhard
un progetto di Camilla Tagliabue
con Alessandro Mercurio, Sara Fenoglio, Helene Delpeyroux
Due personaggi sclerotizzati nella loro stessa verbosità, nella drammaticità grottesca delle parole da loro usate ed abusate spesso come feticci o come esorcismi contro la paura. Due mostri che macinano e vomitano parole, imprigionati nel loro claustrofobico spazio.
Dal 8 novembre al 12 novembre 2005
Babygang Teatro
CASA DI BERNARDA
scritto e diretto Carolina della Calle Casanova
con Carolina de la Calle Casanova, Giada Lo Russo, Valentina Picello, Valentina Scuderi
fisarmonica Giovanni Dispenza
Per porre fine ad una tradizione, bisogna avere il coraggio non solo di capirla e tradirla, ma soprattutto di rielaborare una propria realtà. Madre Bernarda, tutta severità e disciplina, avrà un compito ingrato: amare.
Dal 22 novembre al 26 novembre 2005
Produzioni Pilgrim
LE MANI SOPRA LE CITTÀ
scritto e diretto da Nicola Zucchi
con Simona Frattini
Uno spettacolo denuncia, ma anche riflessione sulla vita e sulla città, sul costruire e l’abitare gli spazi. Le mani che si impadroniscono di una città, le stesse mani che ascendono, impunite, celebrate, al Paradiso degli uomini notevoli. Non è basato sugli ideali, ma sui sensi, quelle facoltà che per prime si ribellano contro chi pensa che il mondo sia una preda da brutalizzare.
Dal 29 novembre al 3 dicembre 2005
Compagnia Stradanova
BARATTI E SIMIL LORDURA
di Elena Galvani, Jacopo Laurino e Simone Repetto
tratto dalla Divina Commedia
con Elena Galvani, Jacopo Laurino, Matteo Carassini
Politica significa amministrare il potere nell’interesse della comunità.
Baratteria significa sfruttare il potere per i propri interessi personali.
Dalla voce di Dante un richiamo alla politica nobile e al sentimento delle istituzioni.
Il 20 e il 21 dicembre 2005
Progetto a cura di R. Gabrielli e M.A. Pingitore
TEMPESTE
Letture con gli allievi della Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi
Presentazione di materiali drammaturgici ispirati a La tempesta shakespeariana.
Dal 17 al 21 gennaio 2006
Spettacolo in corso di definizione
Dal 01 al 04 febbraio 2006
GUARDAMI
Di e con Valeria Luchetti
Una sorta di resa dei conti tra una madre ed una figlia divenuta adulta. Due donne si studiano, si desiderano, si cercano per una vita, a tratti si trovano, poi si perdono pur amandosi molto, vittime del loro stesso vuoto, della loro solitudine.
Dal 14 al 18 febbraio 2006
LAUREATA IN VENDESI
Scritto e diretto da Arianna Musso
Con Moreno, Arianna Comes, Arianna Musso
Uno spettacolo che parla di disoccupazione, dell’incertezza e dello smarrimento che si ha quando si è concluso il ciclo scolastico, iniziato a sei anni e finito all’università. In brevi scene, inframmezzate da momenti poetici, in un gabinetto di una casa di studentesse, disagi e ansie, prendono una forma più astratta.
Dal 28 febbraio al 04 marzo 2006
LA CADUTA
da Albert Camus
drammaturgia Paolo Giorgio Mara Ferrieri
regia Paolo Giorgio
con Gerardo Maffei
In questo magistrale racconto, scritto da Camus un anno prima del conferimento del premio Nobel, è la società cosiddetta “buona” che viene messa alla berlina, svuotata di quelle decorazioni e abbellimenti che vogliono raccontarcela come la migliore possibile.
Dal 14 al 18 marzo 2006
E’ ASCIUTO PAZZO ‘O PADRONE
la poesia di Napoli del Teatro Labrys
Regia Fabrizio Di Stante
Con Roberto Capaldo e Luisanna Trigiani
Lo spettacolo esplora la cultura di una città, forse unica tra quelle italiane, proiettata nella condizione contemporanea della globalità. Condizione in cui vita e morte, ricchezza e povertà, solitudine e coralità, si sovrappongono disturbandosi, ma creando inaspettate possibilità.
Dal 28 marzo al 02 aprile 2006
A-SOLO
con gli allievi della Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi
Sei creazioni per attore solista, progettate ed allestite dagli allievi del III Corso Regia della Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi.
Inizio spettacoli: ore 21:00
Prezzi: posto unico euro 7,00
Per informazioni e prenotazioni:
Teatro Alle Colonne, Corso di Porta Ticinese n.45
Tel./Fax. 0258113161
e-mail nuovespressioni@libero.it
Trasporti: Tram 3, 15 Bus 94
Organizzazione: Associazione Teatrale Duende – Tel/Fax 0272021503
Ufficio Stampa: DannyRose s.c. www.dannyrose.it e-mail info@dannyrose.it cell. 3351752301
LETTURA SCENICA IN DUE TEMPI
Da Il Presidente di T. Bernhard
Un progetto di Camilla Tagliabue
con: Alessandro Mercurio, Sara Fenoglio, Helene Delpeyroux
Non c'è storia, non c'è trama, non c'è sviluppo narrativo: solo l’eterno devastante presente dei due protagonisti (la Moglie del Presidente e il Presidente) ‘alle prese’ con lo shock per l’ultimo, ennesimo e più grave attentato terroristico.
Due personaggi sclerotizzati nella loro stessa verbosità, nella drammaticità grottesca delle parole da loro usate ed abusate spesso come feticci o come esorcismi contro la paura. Due mostri che macinano e vomitano parole, imprigionati nel loro claustrofobico spazio mentale.
L’ansia dei due si materializza nelle costanti ripetizioni verbali, vere e proprie litanie terapeutiche contro i fantasmi che li assalgono: il dolore per i recenti lutti, ma soprattutto l’incubo che il mandante degli attentati terroristici sia il loro stesso figlio.
Il leitmotiv della Moglie del Presidente, “Ambizione/ odio/ paura/ nient'altro”, è più volte rivolto in tono di spregio nei confronti della badante muta; “Il mondo è lerciume”, ripete invece il Presidente al cospetto di un uditorio altrettanto muto.
Entrambi esercitano il potere attraverso la parola, una parola che però smaschera tutta la loro fragilità e ‘dis-umanità’. Al contrario, i ‘personaggi’ muti, che apparentemente sembrano soccombere sotto le parole del Presidente e di sua Moglie, si rivelano i veri carnefici silenziosi ed altrettanto dis-umani.
Il vero Protagonista però, sia ‘in-udibile’ che ‘in-visibile’, è il Figlio anarchico che “come è naturale… è predestinato ad uccidere” chi lo ha generato.
Camilla Tagliabue
Camilla Tagliabue (Como, 1982)Diplomata in Regia teatrale alla Scuola d'Arte Drammatica Paolo Grassi (2005).Assistente di M. Navone (La Tragedia dell'uomo di Imre Madach, Scuola d'Arte Drammatica Paolo Grassi, luglio 2003); Assistente alla regia di Lorenzo Loris (Finale di partita di Samuel Beckett, Teatro Out-Off, 2003-2004); Lettura scenica de Il lupo cattivo di Roberto Traverso, regia di Lorenzo Loris (mostra Il volto e l'anima del Settecento, Palazzo Reale, marzo 2004); Regia di Lustrini di Antonio Tarantino con Fabio Banfo, Umberto Petranca (Scuola d'Arte Drammatica Paolo Grassi, giugno 2004; Teatro Litta, settembre 2004); Laboratorio su “Vocazione Teatrale” condotto da Renata Molinari (Mittelfest 2005); Assistente di B. Frigerio (Aiuto Regista) nello spettacolo di Andrèe Ruth Shammah, Io, l'erede di Euduardo De Filippo, con Geppy Gleijeses Leopoldo Mastelloni (Teatro Grassi, settembre 2005).
Dal 25 ottobre al 29 ottobre 2005
Casa di Bernarda
drammaturgia e regia di Carolina de la Calle Casanova
assistenti alla regia Paolo Faroni, Emanuele Crotti
con Carolina de la Calle Casanova, Giada Lo Russo,
Valentina Picello, Valentina Scuderi
fisarmonica Giovanni Dispenza
scenografia Gabriele Silva, Barbara Slocovich, Tommaso Giunchi
organizzazione Debora Meggiolaro
produzione BabyGang
Testo liberamente ispirato all’opera “La Casa di Bernarda Alba” di Federico Garcìa Lorca.
Musiche ispirate alle processioni religiose popolari dell’ottocento.
Gli uomini di Casa Bernarda sono morti, le donne sono sole. Bernarda insegna alle sue figlie come portare un lutto. E se all’interno di una casa gestita da sole donne arrivasse un uomo e persino la nonna volesse sposarlo? Nella realtà quale sarebbe la soluzione migliore? L’ipocrisia. Per porre fine ad una tradizione bisogna avere il coraggio non solo di capire e tradirla ma soprattutto di rielaborare una propria realtà. Madre Bernarda, tutta severità e disciplina, avrà un compito ingrato: amare.
“Tengo d’occhio mia madre mentre prepara da mangiare. Racconta della mia bisnonna che morì perché non volle farsi operare all’utero e quando le chiesero il perché lei rispose: “Lì è solo di mio marito”. Il mio bisnonno era morto da più di vent’anni. Per sposarlo, lei aveva rinnegato la sua famiglia che la voleva moglie di un dottore. Oggi questo quadro sarebbe follia, eppure per me resta un sacrificio d’amore; un rispetto delle regole, del senso di essere donna, delle proprie convinzioni. Quando si ama così, nessuno può giudicare, perché questo amore ha solo dignità.”
Carolina de la Calle Casanova
Baby Gang Associazione culturale milanese auto-prodotta che realizza progetti teatrali e cinematografici dal 2000. Le linee guida sono il lavoro sulla drammaturgia contemporanea e la rielaborazione di testi classici, l’essenzialità nelle forme sceniche credendo nella figura dell’attore come elemento totalizzatore e creatore di linguaggi, la contaminazione dei generi, il realismo come confronto e scontro reciproco.
Dall’8 al 12 novembre 2005
Le mani sopra le città
Un progetto di Nicola Zucchi e Domenica Ligorio
drammaturgia e regia di Nicola Zucchi
con Simona Frattini
e con la partecipazione della piccola Federica Amico
prodotto da “Pilgrim”
distribuito da “DannyRose”
Questo lavoro teatrale è una denuncia in forma di funerale. Non è basato sugli ideali, ma sui sensi, quelle facoltà che per prime si ribellano contro chi pensa che il mondo sia una preda da brutalizzare.
Le mani sopra la città è un titolo duplice. Le mani che si impadroniscono di una città, le stesse mani che ascendono, impunite, celebrate, al Paradiso degli uomini notevoli. Mentre sono responsabili di perdite definitive: il terreno viene eroso, e i vantaggi procurati non superano quasi mai gli svantaggi. Non è l’atto in sé del costruire, ma il modo e gli obiettivi.
Il problema maggiore è l’assenza di lungimiranza. Il vantaggio deve essere immediato. Nessuno pensa alle conseguenze delle azioni oltre la durata della propria vita. E’ il senso civile individuale a latitare, è la memoria a perdersi, mentre è molto sviluppato il senso dell’interesse personale e degli affari. Si costruisce male, per l’ambiente e la sicurezza. Montagne erose, case che crollano come castelli di carta, parchi protetti riempiti di case. Industrie chimiche sorte accanto a delicati ecosistemi. Non è possibile prevedere? Non soltanto i danni clamorosi, ma anche quelli più sottili: si vuole salvaguardare l’identità, le tradizioni, il privilegio della cittadinanza, si vuole affermare l’italianità e la “settentrionalità” anche al prezzo del fanatismo e dell’intolleranza, e nessuno protesta contro questo tipo di perdita? L’ipocrisia non è peccato, né reato.
Ho pensato a uno strumento provocatorio per dare il senso della mancanza di moralità: un monologo che sia un encomio funebre pronunciato da una donna, Dora, un nome come un fiume, al funerale del nonno, un grande immobiliarista – che però in vita tutti chiamavano palazzinaro. Vogliamo con questo denunciare l’ipocrisia, il conflitto che appartiene a noi tutti, di rinunciare alla moralità quando mette in discussione il nostro personale benessere, la nostra ricchezza materiale. La moralità in questo caso cessa di essere un valore e diventa un disvalore. Attraverso la lettura ingenua e insieme lucida di Dora traspira il concetto che la società stessa è corresponsabile degli scempi, essendo incapace di concertare gli interessi pubblici con quelli privati, gli interessi del presente con la lungimiranza che è essere generosi con le generazioni che verranno.
NicolaZucchi
Nicola Zucchi (Trescore Balneario 1976) Si diploma alla Scuola d’Arte drammatica Paolo Grassi di Milano in regia teatrale nel 2004; ha scritto e prodotto Le mie mani al lembo d’i tuoi panni, Halcoholic Hellzapoppin’, Troppi là in alto; ha messo in scena Shopping&Fucking di Mark Ravenhill e Otello di William Shakespeare.
Simona Frattini (Varese 1977) Si diploma alla Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano nel 2004. Partecipa alla sit-com Fila Cyberpen; dal novembre 2004 collabora stabilmente con il Teatro Stabile di Torino, per il progetto R&G Factory con la regia di Gabriele Vacis; partecipa a I Promessi Sposi alla prova di Giovanni Testori, regia di Maurizio Schmidt; Les Contes d’Hoffmann, a cura di Giuseppe Di Leva, per il Teatro Alla Scala di Milano, Trame d’autore – Festival Europeo della nuova drammaturgia; Il Decameron di Corciano regia di Maurizio Schmidt e Elisabetta Vergani; Un po’ per celia all’interno della rassegna estiva Pergine Spettacolo Aperto, Romeo e Giulietta regia di Gabriele Vacis; Otello di William Shakespeare regia di Nicola Zucchi; Sogno di una Notte di Mezza Estate di William Shakespeare regia di Maurizio Schmidt; Tracce di Anna di Martin Crimp regia di Emanuele Crotti.
Dal 22 novembre al 26 novembre 2005
Baratti e simile lordura
Come per denaro il “no” diventa “sì”
Dalla V Bolgia alla Firenze di fine ‘200
di Elena Galvani, Jacopo Laurino e Simone Repetto
con Elena Galvani, Jacopo Laurino, Matteo Carassini
voce in registrato Nonno Tonino
alla chitarra Lorenzo Laurini
al violino Jacopo Laurino
tecnici delle luci e del suono Hans Peter Gottardi, Eugenio Magnani, Celestino Zadra
con la collaborazione per le scene e i costumi di Romeo Licardo
“Politica significa amministrare il potere nell’interesse della comunità.
Baratteria significa sfruttare il potere per i propri interessi personali.
Nel corso di tutta la Commedia i politici corrotti suscitano il profondo disprezzo del Poeta.
Nella V Bolgia dell’Inferno i barattieri sono condannati a restare immersi nella pece bollente per l’eternità.
L’invettiva di Dante è quella di un uomo che ha un sentimento alto della politica. È l’invettiva di un cittadino che è fiero della propria origine comunale, che crede nelle Istituzioni e che deve manifestare con forza la sua condanna contro chi ha infangato la sua città, vituperando le leggi e mercanteggiando le cariche pubbliche.
Dai suoi versi vogliamo prendere le mosse per parlare di baratteria. E vogliamo farlo raccontando alcuni emblematici episodi di corruzione della sua Firenze. Documenti e cronache dell’epoca ci aiuteranno a conoscere quella che Dante considerava la più grave piaga del Comune Medievale.
È diffuso il pregiudizio per cui la politica è corruzione. È un pregiudizio comodo, che giustifica un atteggiamento passivo nei confronti delle Istituzioni.
L’insegnamento di Dante è quello di una collaborazione attiva di tutti i cittadini affinché si instauri la consuetudine ad una politica nobile.”
Elena Galvani, Jacopo Laurino e Simone Repetto
StradaNòva Le origini del gruppo vanno ricercate all’interno della nostra esperienza di allievi dell’Accademia dei Filodrammatici di Milano, presso la quale abbiamo frequentato il corso 2001-2003. Durante il biennio accademico, sotto la guida dell’insegnante di dizione, portamento e gesto Teresita Fabris, abbiamo messo in scena alcuni spettacoli ed abbiamo avuto l’occasione di presentarli ad un pubblico esterno. Nell’aprile 2002, a Taio (TN) e a Portovaltravaglia (VA), abbiamo commemorato la Resistenza Partigiana con un recital di poesie, canzoni e lettere di condannati a morte dal titolo “Resistere”. Nel dicembre 2002, siamo tornati in Trentino per proporre al pubblico di Taio e agli allievi delle scuole medie superiori di Cles (TN) “La formula che mondi possa aprirti”, vita e opere di Eugenio Montale. Nel marzo 2003, di nuovo a Portovaltravaglia, siamo andati in scena con “Tu non sai cos’è l’amore”, poesie e canzoni italiane sul tema dell’amore.
L’esperienza si è rivelata più che mai positiva e il pubblico ha reagito ovunque calorosamente dimostrando di apprezzare il tipo di teatro da noi proposto.
L’intenzione del nostro gruppo, nato dall’idea di alcuni degli allievi diplomati nell’ottobre 2003, è quella di portare avanti il lavoro intrapreso, facendo tesoro degli spettacoli lasciatici in dote dall’esperienza accademica e ideandone di nuovi. Nel luglio 2004 abbiamo debuttato con lo spettacolo “Baratti e simile lordura” a Castel Thun (Comune di Ton, TN). Lo spettacolo è stato replicato più volte nel corso dell’estate e dell’inverno successivo. Il gruppo ha inoltre iniziato una collaborazione con le scuole superiori della Val di Non e di Tione (Trentino) che hanno visto nello spettacolo un’efficace integrazione ai programmi scolastici.
Dal 29 novembre al 3 dicembre 2005
Tempeste
Con gli allievi della Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi
Letture fuori concorso
La Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi darà vita nella stagione 2005-2006 a una serie di conferenze, laboratori e incontri di approfondimento su La Tempesta shakespeariana. In quest’ambito, il III Corso Drammaturgia e il III Corso Regia, coordinati rispettivamente da Renato Gabrielli e Maria Antonia Pingitore, lavoreranno su esperimenti di scrittura liberamente ispirati a tematiche e personaggi del capolavoro di Shakespeare. Le brevi pièces delle allieve drammaturghe Ana Candida Carneiro, Elena Cattaneo, Sarah Chiarcos, Margherita Monga e Viviana Salvati verteranno su piccole tempeste contemporanee: radicali sconvolgimenti che impongono ai personaggi di fare i conti - in forma drammatica o comica, con esiti confortanti o fallimentari - con le contraddizioni della loro precedente esistenza. Il progetto, che si concluderà con la realizzazione di cinque ‘saggi’ nel febbraio 2006 alla Scuola Paolo Grassi, prevede un’importante tappa intermedia al Teatro delle Colonne: due serate di letture pubbliche dei testi, per consentire a drammaturghe e registi una prima verifica e messa a punto del materiale elaborato.
Il 20 – 21 dicembre 2005
Guardami
drammaturgia e regia di Valeria Lucchetti
con Valeria Lucchetti
E' una sorta di resa dei conti tra una madre ed una figlia divenuta adulta. Un momento, un'occasione per un confronto tra individui, tra generazioni, tra solitudini. Un confronto che una madre attende da una vita evitandolo continuamente. Un drammatico lutto per una figlia che si riconosce diversa e rivendica il suo diritto ad essere Altro. E' un dialogo che in realtà è già iniziato e non avrà mai fine, due donne si studiano, si desiderano, si cercano per una vita, a tratti si trovano, poi si perdono pur amandosi molto, vittime del loro stesso vuoto, della loro solitudine, dell'incapacità di accettare la diversità dell'altra. Un incontro a cui si tende da sempre che potrà avvenire come mai.
Valeria Luchetti
Valeria Luchetti nasce a Pisa ma cresce e vive a Milano, dove frequenta la facoltà di Psicologia per tre anni e diverse scuole di teatro, per poi dedicarsi esclusivamente a quest'ultimo frequentando la Scuola d'Arte Drammatica Paolo Grassi. Collabora con lo Studio Azzurro di Milano e la Scuola Civica di Cinema. Si trasferisce a Roma e inizia a lavorare come attrice. Partecipa a laboratori e spettacoli condotti da Ninni Bruschetta, Andrès Morte, Rem & Cap e continua la formazione seguendo seminari con Yoshi Oida, José Sanchis Sinisterra, Veronica Cruciani ed Emma Dante. Per la televisione, lavora nella fiction R.I.S.- Delitti imperfetti con un piccolo ruolo. Nel frattempo studia alla facoltà di Arti e scienze dello spettacolo della Sapienza a Roma.
Dal 01 al 04 febbraio 2006
Laureata in vendesi
Scritto e diretto da Arianna Musso
con Moreno, Arianna Comes, Arianna Musso
Laureata in vendesi è uno spettacolo che parla di disoccupazione, dell’incertezza e dello smarrimento che si ha quando si è concluso il ciclo scolastico, iniziato a sei anni e finito verso i venticinque/trent’anni, soprattutto dopo che si è intrapresa un’università umanistica.
Il testo è strutturato in brevi scene, ambientate in un gabinetto di una casa di studentesse, inframmezzate da momenti poetici in cui il disagio, le ansie prendono una forma più astratta.
La linea registica è improntata su l’astrazione e sull’allusione al reale, che è il filo conduttore dello spettacolo.
Gli elementi sono stilizzati e gli oggetti mimati in modo da lasciare al gesto, alla relazione tra i personaggi, agli interventi sonori e alle luci, il ruolo di protagonisti, il tutto svolto alla ricerca di semplicità scenica.
Lo spettacolo, nonostante tratti un argomento attuale e, in certi aspetti, pesante, lo sviluppa con leggerezza e comicità.
La compagnia ha lavorato anche al testo, riscrivendo le scene, mano a mano che si è costruito lo spettacolo, facendo particolare attenzione al ritmo delle battute.
Arianna Musso
Arianna Musso è nata a Genova nel 1979. Nel 2003 si diploma in scrittura drammaturgia alla Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi. Nel 2005 si laurea in teatro al DAMS di Bologna. Attualmente collabora col polo didattico di Palazzo Ducale tenendo laboratori per le scuole. Nel 2005 ha presentato il suo spettacolo Gioco d’azzardo, nel 2004 ha collaborato con il teatro della Tosse per il progetto Storia in gioco, nello stesso anno ha presentato la performance L’armadio di Serena. Nel 2003 ha curato la drammaturgia dello spettacolo di teatro danza Medea materiale con la coreografia di Ismael Ivo, nello stesso anno ha presentato lo spettacolo Un uomo alla moda per quattro umanità con la regia di Vincenzo Muriano.
Dal 14 al 18 febbraio 2006
La Caduta
da Albert Camus
drammaturgia Paolo Giorgio Mara Ferrieri
regia Paolo Giorgio
con Gerardo Maffei
aiuto-regia Mara Ferrieri - scene Fabrizio Palla
luci Paolo Latini - foto Arianna Fanesi
organizzazione Cristina Figari - comunicazione Tony Mottola
Clamence è un brillante avvocato parigino, inserito professionalmente e socialmente negli strati più alti della società. Conduce una vita che rispecchia fedelmente l’immagine generale di un uomo di successo. Ma non tutto quello che in superficie sembra oro riesce a superare un esame più accurato. Clamence dovrà scoprirlo ben presto, smascherando l’ipocrisia e la doppiezza che si nascondono nella sua stessa immagine di persona vincente. Senza esserne consapevole, egli viveva una vita immaginata. La realtà dei suoi rapporti umani, delle tensioni sociali che la sua figura crea, della sua stessa soddisfazione esistenziale, mostra di essere molto diversa da come, troppo occupato a vivere, aveva l’abitudine di vederla. È un lampo improvviso, una presa di coscienza dolorosa e radicale. Clamence abbandona il lavoro, interrompe la sua carriera e si trasferisce ad Amsterdam, dove conduce una vita da recluso, priva di affetti e di sostegno. Passa il suo tempo al Mexico-City, una taverna portuale, bevendo uno dopo l’altro bicchieri di liquore al ginepro, fino a tarda ora. È su questo palcoscenico improvvisato che lo ritroviamo, impegnato in un perenne colloquio con gli occasionali avventori del locale. Ai loro visi lontani Clamence si racconta, cercando di redimere la propria vita confessandola; ma soprattutto cercando di convincere i suoi casuali ascoltatori a confessare loro stessi una cattiva coscienza, che appartiene endemicamente alla società, prima che alle persone.
In questo magistrale racconto, scritto da Camus un anno prima del conferimento del premio Nobel, è la società cosiddetta “buona” che viene messa alla berlina, svuotata di quelle decorazioni e abbellimenti che vogliono raccontarcela come la migliore possibile. Sono le nevrosi dell’inserimento, del successo a tutti i costi, della bontà come falsa coscienza che vengono svelate come radice del nostro benessere materiale. E questo stesso benessere si rivela una facciata, un vestito buono che copre un malessere profondo. Non è felice Clamence come non è felice chi abita questa società, continuamente chiamato a riuscire nonostante tutto e tutti, costretto a desiderare cose che non cambiano in nulla la sua vita, solo per garantirsi una malintesa forma di rispettabilità di fronte agli altri.
Paolo Giorgio
L’Associazione Teatrale Quinto Settano nasce nel 2004 su iniziativa di Gerardo Maffei e si propone come punto di riferimento produttivo indipendente per il giovane teatro italiano.
Nel 2005 realizza in coproduzione con il Teatro Litta di Milano, l’allestimento de Il Calapranzi di Harold Pinter, regia di Antonio Syxty con Gerardo Maffei e Paolo Casiraghi. Nel settembre 2005, dal sodalizio artistico tra Gerardo Maffei (attore) e Paolo Giorgio( regista) nasce Compagnia Quinto
Settano, giovane compagnia under 30 composta da attori di diversa provenienza, diplomati presso le
più note accademie nazionali di teatro. Queste le produzioni per la stagione 2005/2006: Le affinità elettive da Johann Wolfgang Goethe, drammaturgia di Paolo Giorgio e Mara Ferrieri, regia di Paolo Giorgio; Pazzo d’Amore di Sam Shepard, regia di Paolo Giorgio.
Dal 28 febbraio al 4 marzo 2006
E’ asciuto pazzo ‘o padrone
la poesia di Napoli del Teatro Labrys
regia Fabrizio Di Stante
con Roberto Capaldo e Luisanna Trigiani
scene Alessandra Antonelli
tecnica Fabio Mazzocchi
Ogni opera di poesia è un mondo e va considerato nella sua complessità. Ogni poesia è una voce nel tempo che narra sentimenti, amori, speranze, sconfitte di un popolo che vive l’evasione dal mondo al quale appartiene e del quale riconosce le contraddizioni. Evocando i versi dei maggiori poeti napoletani del Novecento, e non solo, l’immaginario partenopeo viene svelato da personaggi, voci, ritmi che si affastellano, in apparenza casualmente, ma che in realtà costruiscono un ordinato caos. Versi carnali che prendono corpo dalla fisicità degli attori, canzoni scaturite dagli strilli nei vicoli, quotidianità in cui vita e morte, ricchezza e povertà, solitudine e coralità, si sovrappongono disturbandosi, ma creando inaspettate possibilità.
Tutti i personaggi, da Pulcinella al mariuolo, da donna Rusina al cornuto, svelano, mostrandosi, il ritmo contagioso di una vita corale, chiassosa, disagiata, attraverso l’ironica, amara consapevolezza di vivere in un leggendario “luogo comune” chiamato Napoli.
Il Teatro Labrys nasce nel 1998. La formazione teatrale della compagnia, oltre che con il lavoro di messa in scena, è avvenuta attraverso numerose collaborazioni e incontri, tra gli altri: Margarethe Assmuth, Gary Brackett e Katy Marchand ,Yves Lebreton, Francesco Gigliotti, Ferruccio Soleri, Ferruccio Merisi e Claudia Contin, Daniela Regnoli, T.J.Weikel, Jan Ferzlev, il regista russo Anatoli Vassiliev.
Spettacoli ed esperienze organizzative
1996, Legali da Legare, tratto dalle commedie radiofoniche dei fratelli Marx; 1996, Il medico dei pazzi, da Eduardo Scarpetta; 1996-97, performance di strada musical-teatrale Quad, di Samuel Beckett; 1998-2000, gestione artistica e organizzativa del Teatro Club I Commedianti in Frosinone; 1998-2000, spettacoli A Prescindere spettacolo multimediale su Totò, Frankenstain junior dall’omonimo film di Mel Brooks, Ditegli sempre di sì da Eduardo De Filippo, inserito nel Festival della valle del Farfa, Othello di William Shakespeare, spettacolo studio; 2002, “L’albero delle Illusioni; 2003, Marionette in Libertà, tratto da una fiaba di Gianni Rodari.
Il Teatro Labrys ha organizzato nel maggio 2002 1° Festival-Laboratorio INCANTO DISINCANTO e nel giugno 2003 1° FROSINONE FESTIVAL I luoghi nelTeatro e nell’Arte nel centro storico di Frosinone.
Dal 14 al 18 marzo 2006
A-SOLO
Con gli allievi della Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi
Letture fuori concorso
Il Progetto A-solo fa parte del percorso didattico del III Corso Regia della Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi. Consiste in sei creazioni per attore solista, progettate ed allestite da ciascuno dei sei allievi registi (Fabio Cherstich, Carlotta Origoni, Tommaso Pitta, Riccardo Pippa, Carmen Giordano, Alessandro Petri) che concludono quest’anno il loro corso di studi, con un giovane attore scelto tra la rosa dei neodiplomati della scuola.
Si tratta di un’occasione per misurarsi in un confronto diretto tra attore-regista, per condividere un processo creativo che, dalla messa a fuoco dell’idea alla costruzione drammaturgia, trovi nel confronto finale col pubblico la verifica della propria efficacia scenica e comunicativa. Nel panorama teatrale contemporaneo sono sempre più numerose le personalità di attore solista che si stanno imponendo all’attenzione di un pubblico non solo più di settore, segno che la vocazione ‘affabulatoria’ è senz’altro nei cromosomi dei teatranti italiani e continua a riprodursi con risultati innovativi ed efficaci. Questo progetto potrà forse svelare qualche nuovo talento da protagonista e l’originalità creativa dell’ultimissima leva dei futuri registi italiani.
Dal 28 marzo al 02 aprile 2006
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Il Nobel ad Harold Pinter Il grande drammaturgo, l'impegno politico di Redazione ateatro |
Harold Pinter ha vinto il Premio Nobel per la letteratura. Per gli Accademici, "nelle sue opere svela il baratro sotto le chiacchiere di ogni giorno e costringe a entrare nelle chiuse stanze dell'oppressione".
“Ho scritto 29 commedie e ritengo possa bastare", ha scherzato Harold Pinter con i cronisti di fronte alla sua abitazione a Londra, nel lussuoso quartiere di Holland Park. "Penso che il mondo ne abbia abbastanza delle mie commedie. Continuerò certamente a scrivere poesie e a essere impegnato in questioni che riguardano la politica internazionale".
Pinter è nato in un sobborgo di Londra nel 1930. Dopo l'esordio con La stanza, ha scritto tra l'altro Il compleanno (1958) Il calapranzi (1960), Il Guardiano (1960). Poi, dopo lunghe parentesi in radio, si è rivolto verso il cinema. Tra le numerose sceneggiature, Gli ultimi fuochi di Elia Kazan (1976) e La donna del tenente francese di Karel Reisz (1981), candidato all'Oscar. Ma non furono gli unici.
Da tempo malato e sottoposto a chemioterapia, Pinter ha deciso nel marzo scorso di dedicarsi quasi unicamente alla poesia senza mai scordare l'impegno pacifista come testimonia il volume War (2003). E solo tre giorni fa, per il suo compleanno, Pinter ha preparato un nuovo testo, Voices che è l'ennesimo atto d'accusa contro, parole sue, "la durezza impietosa dell'infernale condizione che stanno vivendo tutti gli uomini, in Occidente come in altre parti del mondo, per colpa di un potere dissennato".
Qualche notizia dai forum di ateatro
Le nuove pooesie di Pinter (14/06/2003).
Artisti contro la guerra (23/12/2002).
Lezione torinese (29/11/2002).
Il link
L'intervista della "Paris Review" a Harold Pinter sull'arte del teatro.
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A TEATRO NELLE CASE Festival d’autunno Dal 1° al 6 novembre di Teatro delle Ariette |
utopie
Nella vita scegliamo maestri che quasi sempre nemmeno sanno chi siamo. Li scegliamo per motivi assolutamente personali che forse non sarebbero condivisi dai maestri stessi.
Così le nostre azioni, le nostre scelte sono mosse e sostenute da azioni e scelte che altri hanno fatto prima di noi e sono per noi modello, stimolo, sostegno e paragone. Sono desiderio e alimento del desiderio.
Queste azioni, queste scelte, questi pensieri hanno una fortissima energia ideale, sono capaci di farci immaginare un altro mondo e di farci guardare il mondo in un altro modo.
Questi sistemi complessi contagiosi noi li chiamiamo “utopie” e attribuiamo loro un valore immateriale di pura energia propulsiva.
Eppure a volte queste utopie si materializzano in esperienze molto concrete, tangibili, che aprono lo sguardo su mondi possibili, che fanno sperimentare una realtà proibita, non osata dai più per mancanza di coraggio o di fantasia.
Possono essere esperienze piccole o grandi, sconosciute o famose. Come per i maestri siamo noi a sceglierle come modello.
Comunque tutte queste esperienze, piccole o grandi che siano, hanno un principio contagioso, seminano e fecondano la società e gli individui in una continua metamorfosi che genera figli, discepoli e allievi, tutti illegittimi, fortunatamente, non riconosciuti e spesso non riconoscibili.
La metamorfosi è la grande forza di queste utopie, l’energia che affascina, come un fiume che scorre, inarrestabile, e si gonfia e si sgonfia, e vive di sua propria vita senza che nessuna volontà possa limitarlo o sopprimerlo.
e passioni
E’ la passione che fa fare le cose matte e questa volta ci siamo proprio riusciti.
Per questo ultimo festival abbiamo fatto veramente una follia.
I casi della vita, gli incontri e gli eventi ci hanno fatto concepire un’idea grossa, una follia economica per la nostra realtà in questi tempi di chiari di luna!
Ma come si fa a dire di no quando ti capita di incontrare Ariane Mnouchkine o Armando Punzo? Come si fa a rinunciare alla passione?
E che altro sono le esperienze del Théatre Du Soleil o della Compagnia della Fortezza se non delle benedette follie, immense follie, sostenute dalla forza, dalla passione dei loro artefici?
Siamo stati irragionevoli, come è stato irragionevole chi ha pensato di portare il teatro in un carcere di massima sicurezza, o di creare e far vivere un luogo magico come la Cartoucherie, o di emigrare in Australia, o di abbandonare Parigi e tornare a vivere e a lavorare nel profondo Nord della Francia.
Se anche voi sarete irragionevoli... potremo almeno dire di avere fatto una ciambella col buco.
Che è sempre una bella soddisfazione!
LE COMPAGNIE OSPITI
Spettacoli e proposte
THEATRE DU SOLEIL (Parigi – Francia)
Nato nel 1964 per iniziativa di Ariane Mnouchkine che tuttora dirige la compagnia. Ha al suo attivo 27 spettacoli tra cui “Les Atrides”, “Les Shakespeare”, “Le Tartufe”... che hanno girato il mondo intero incontrando 2 milioni di spettatori e 8 film realizzati tra cui i meravigliosi e famosissimi “1789” e “Molière”.
La compagnia formata da quasi un centinaio di persone tra attori, tecnici, musicisti, amministrativi provenienti da tutte le parti del mondo ha sede nella prima periferia di Parigi, la famosa Cartoucherie, che è diventata una vera e propria casa del teatro con foresterie, cucina, ristorante, laboratori di costruzione scenotecnica, spazi prove e teatro.
Malgrado la sua dimensione, la Compagnia diretta da Ariane Mnouchkine mantiene miracolosamente una pratica di vita e di lavoro comunitaria, democratica, artigianale, umana che ha qualcosa di rivoluzionario. www.theatre-du-soleil.fr
Le jeu masqué
laboratorio sull’uso della maschera
condotto da Duccio Bellugi Vannuccini
3 e 4 novembre dalle 9,30 alle 19
Bazzano Rocca dei Bentivoglio
Duccio Bellugi Vannuccini è nato a Firenze nel 1962. Tra l’81 e l’87 si è diplomato alla scuola Marcel Marceau e ha studiato alle scuole di Pina Bausch, Jacques Lecoq, Etienne Decroux, circo Annie Fratellini.
Dal 1987 lavora con il Théatre du Soleil dove ha partecipato a tutti gli spettacoli e i film realizzati fino ad oggi.
Musiques des cinq continents
concerto acustico di Jean-Jacques Lemetre
5 novembre ore 21
Bazzano Rocca dei Bentivoglio
Jean-Jacques Lemetre è il musicista del Théatre du Soleil dal 1979. Da allora ha composto ed eseguito dal vivo le musiche di tutti gli spettacoli della compagnia.
Scrive dello spettacolo che presenterà a Bazzano:
“Sarà una passeggiata concerto attraverso i cinque continenti più il mare.
Sarà anche un viaggio nel tempo con la presentazione di strumenti provenienti da differenti contrade e di strumenti inventati.
Una suite di piccoli temi farà sentire i loro timbri particolari in un ambiente (vento, uccelli, animali suonati con strumenti musicali).
Questo sogno musicale risveglierà l’immaginario, la calma, la quiete dei suoni acustici del mondo.
Alla fine del concerto il pubblico potrà vedere da vicino tutti gli strumenti.
Molière
un film scritto e diretto da Ariane Mnouchkine
con il Théatre du Soleil
scene Guy-Claude François costumi Daniel Ogier
fotografia Bernard Zitzermann musica René Clémencic
6 novembre ore 10,30
Bazzano Rocca dei Bentivoglio
Realizzato nel 1977 con120 attori, 600 partecipanti, 1300 costumi, 220 scene, 2 anni di lavoro, pochi soldi e tanto entusiasmo, questo film in 4 ore racconta l’avventura di Molière e del suo secolo.
Nell’intervallo pranzo popolare.
COMPAGNIA DELLA FORTEZZA (Volterra – Italia)
Nata nel 1988 con un progetto di laboratorio teatrale all’interno del carcere di massima sicurezza di Volterra, sotto la direzione di Armando Punzo.
Una esperienza unica e probabilmente irripetibile per qualità artistica e valore sociale e umano, che rappresenta un punto di riferimento per tutto il panorama teatrale italiano ed europeo. Superando tutte le difficoltà pratiche e burocratiche che comporta l’attività in un carcere di massima sicurezza, la tenacia e l’intelligenza di Armando Punzo e di tutti i suoi collaboratori (detenuti e non) hanno portato migliaia di spettatori dentro il carcere di Volterra ad assistere a spettacoli memorabili per successo di pubblico e di critica tra cui, solo per citarne alcuni, “Marat Sade” (1993) e “I Pescecani” (2004) entrambi vincitori del premio UBU come migliore spettacolo italiano. Dal 1993 gli spettacoli sono stati rappresentati anche fuori dal carcere nei principali teatri e festivals internazionali.
www.compagniadellafortezza.org
Il Libro della Vita
ideazione e regia Armando Punzo
di e con Mimoun El Barouni
4 e 5 novembre ore 23
Castello di Serravalle Antica Casa Comunale
Il Libro della Vita è un studio autobiografico. Mimoun El Barouni è un attore della Compagnia della Fortezza che, guidato da Armando Punzo, decide di raccontare la sua vita, fatta di un mondo berbero, di rabbia, di non riconoscenza, di poesia.
Sing Sing Cabaret - Scene dai Pescecani
regia Armando Punzo
con Marco Bagnai, Nicola Camarda, Stefano Cenci, Antonio Chierici, Mimoun El Barouni, Antonino Mammino, Santolo Matrone, Sabino Mongelli, Sarvo Penza, Pascal Piscina.
6 novembre ore 17,30
Monteveglio Sala Polivalente
Un cabaret musicale dallo spettacolo vincitore Premio UBU 2004 “I Pescecani, ovvero quello che resta di Bertolt Brecht”, per portare lo straordinario lavoro della compagnia fuori dal carcere non soltanto nei grandi teatri, ma anche in spazi piccoli e non teatrali, per incontrare la gente con tutta l’energia, la forza e l’intelligenza del loro teatro.
Un delirante grido di denuncia contro la folle malattia che sta ormai contagiando il mondo.
Elogio alla libertà
Il Pasolini della Compagnia della Fortezza
Mostra fotografica di Stefano Vaja
dal 3 al 6 novembre dalle ore 15 alle 19
Bazzano Rocca dei Bentivoglio
UTOPIE E PASSIONI: il Théatre du Soleil, la Compagnia della Fortezza
una conversazione con Duccio Bellugi Vannuccini, Jean-Jacques Lemetre (Théatre du Soleil) e Armando Punzo (Compagnia della Fortezza)
intervengono Marco De Marinis, Gerardo Guccini, Federico Toni
coordina Stefano Pasquini
5 novembre ore 15
Le Ariette Deposito Attrezzi
THEATRE DE CHAMBRE (Aulnoye-Aymeries – Francia)
La compagnia ha sede in un piccolo paese della regione Nord della Francia, al confine con il Belgio. E’ una piccola compagnia diretta da Christophe Piret. Pratica laboratori in fabbriche, centri sociali, ospizi per anziani, scuole...Una delle priorità della compagnia è rafforzare, con la pratica del teatro, il legame tra gli abitanti di un territorio, gli artisti e il territorio stesso, esplorando la sua storia, la sua memoria attraverso la parola familiare. I suoi spettacoli sono ispirati da parole e tragedie ordinarie e integrano frequentemente persone il cui mestiere non è quello dell’attore.
Dal 2000 lavorano sul progetto “Mariages”, un cerchio di roulottes, come un accampamento, dentro le quali recitano brandelli di storie quotidiane, aspettando la grande festa di matrimonio.
www.theatredechambre.com
Mariages
(conversazioni private)
ideazione Christophe Piret
testi e regia Pamela Dur, Anne Lepla, Christophe Piret
con Solo Gomez, Guick, Jean-François Martin, Brigitte Millecamps, Anne-Marie Renard, Noel Richard, Teatro delle Ariette
2 – 3 – 4 novembre ore 20 e 21,30
Monteveglio Borgo dell’Abbazia
Un accampamento di roulottes.
Una festa di matrimonio.
L’attesa della festa.
Sei spettatori in ogni roulotte per una storia singolare.
Storia di tutti i giorni scritta a partire dalle parole della gente.
E qualcuno interpreta la sua propria storia.
Mescolanza di realtà e finzione.
Mescolanza di attori e di personaggi di vita.
CUOCOLO-BOSETTI IRAA THEATRE (Italia – Australia)
Fondato nel 1978 a Roma,la compagnia nel 1988 si è trasferita a Melbourne dove è diventata la principale compagnia di ricerca australiana. Nel giugno del 2000 ha iniziato a presentare “Interior sites project”. Con “The secret room”, il primo spettacolo di questo progetto, ha vinto i due maggiori premi del teatro australiano (Green Room Award e MO Award) come Migliore spettacolo dell’anno e Migliore spettacolo di innovazione.
www.iraatheatre.com.au
Private Eye
di e con Roberta Bosetti e Renato Cuocolo
dal 2 al 6 novembre dalle ore 19 alle 22,30 ogni 15 minuti
Bazzano Hotel La Suite
Uno e' tanto più autentico quanto più e' vicino a quello che ha sognato di essere.
Agosto 2004, Perth, Renato C. chiede ad un investigatore privato di seguire e filmare a sua insaputa sua moglie Roberta B. Da quel materiale, illecito e intimo nasce ora Private Eye, presentato nelle stanze di un Hotel per uno spettatore alla volta. Un viaggio dai confini incerti, fra i sentimenti che proviamo e quelli che ci rappresentiamo, fra quello che pensiamo di essere e quello che siamo costretti ad essere. Illusione, rappresentazione, finzione si sovrappongono e infine diventano una cosa sola con quello che e'.
durata 45 minuti
MY OWN PARASITE (Bologna – Italia)
Il gruppo esiste da ormai dieci anni. Prima di pubblicare il Cd “I am” con la Plumbea Records ha lavorato alla stesura di colonne sonore per cortometraggi diretti da Toni D’Angelo e Christian Battiferro.
Beginning november session
interventi visivi su materiale sonoro
1 novembre ore 21
Le Ariette Deposito Attrezzi
"Cosce e Mari si apriranno al mio cospetto
e sempreverdi i semafori saranno
....Voglio l'Oro
per poterlo di merda inzaccherare
quando meglio credo e mi pare.
Ah, Plumbea! Peste in Corpo.
in tempi Elettro.Car.Dio.Drammi
l'Algido scheletro di una macchina celibe
perdeva motilità,
...Goccia dopo Goccia..."
FUORICASA.POESIA (Bologna – Italia)
Associazione nata ad opera di Alberto Bertoni, Stefano Massari, Giancarlo Sissa, attiva nell’ambito della promozione e produzione editoriale, video e culturale. Ha promosso incontri internazionali di poesia e prodotto video su alcuni dei maggiori poeti italiani.
L’occhio nel petto
(la memoria in atto)
Giancarlo Sissa scrittura
Stefano Massari immagini e scrittura
Abbiamo chiesto a due amici poeti che in passato hanno più volte collaborato con il Teatro delle Ariette di partecipare all’avventura del festival come osservatori e di indagare con la scrittura e con le immagini lo spirito di questi giorni.
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PROGRAMMA
martedì 1
ore 21
Le Ariette Deposito Attrezzi
BEGINNING NOVEMBER SESSION
interventi visivi su materiale sonoro
MY OWN PARASITE
mercoledì 2
dalle ore 19 alle 22,30 ogni 15 minuti
Bazzano Hotel La Suite
PRIVATE EYE
CUOCOLO-BOSETTI
ore 20 e 21,30
Monteveglio Borgo dell’Abbazia
MARIAGES
THEATRE DE CHAMBRE
giovedì 3
dalle ore 9,30 alle 19
Bazzano Rocca dei Bentivoglio
LE JEU MASQUE’
laboratorio sull’uso della maschera
condotto da Duccio Bellugi Vannuccini
THEATRE DU SOLEIL
dalle ore 19 alle 22,30 ogni 15 minuti
Bazzano Hotel La Suite
PRIVATE EYE
CUOCOLO-BOSETTI
ore 20 e 21,30
Monteveglio Borgo dell’Abbazia
MARIAGES
THEATRE DE CHAMBRE
venerdì 4
dalle ore 9,30 alle 19
Bazzano Rocca dei Bentivoglio
LE JEU MASQUE’
laboratorio sull’uso della maschera
condotto da Duccio Bellugi Vannuccini
THEATRE DU SOLEIL
dalle ore 19 alle 22,30 ogni 15 minuti
Bazzano Hotel La Suite
PRIVATE EYE
CUOCOLO-BOSETTI
ore 20 e 21,30
Monteveglio Borgo dell’Abbazia
MARIAGES
THEATRE DE CHAMBRE
ore 23
Castello di Serravalle Antica Casa Comunale
IL LIBRO DELLA VITA
COMPAGNIA DELLA FORTEZZA
sabato 5
ore 15
Le Ariette Deposito Attrezzi
UTOPIE E PASSIONI: il Théatre du Soleil, la Compagnia della Fortezza
una conversazione con Duccio Bellugi Vannuccini, Jean-Jacques Lemetre (Théatre du Soleil) e Armando Punzo (Compagnia della Fortezza)
dalle ore 19 alle 22,30 ogni 15 minuti
Bazzano Hotel La Suite
PRIVATE EYE
CUOCOLO-BOSETTI
ore 21
Bazzano Rocca dei Bentivoglio
MUSIQUES DES CINQ CONTINENTS
concerto acustico di Jean-Jacques Lemetre
THEATRE DU SOLEIL
ore 23
Castello di Serravalle Antica Casa Comunale
IL LIBRO DELLA VITA
COMPAGNIA DELLA FORTEZZA
domenica 6
Bazzano Rocca dei Bentivoglio
MOLIERE
un film scritto e diretto da Ariane Mnouchkine
ore 10,30 prima epoca
ore 12,30 intervallo con pranzo popolare
ore 14,00 seconda epoca
ore 17,30
Monteveglio Sala Polivalente
SING SING CABARET – Scene dai Pescecani
COMPAGNIA DELLA FORTEZZA
dalle ore 19 alle 22,30 ogni 15 minuti
Bazzano Hotel La Suite
PRIVATE EYE
CUOCOLO-BOSETTI
dal 3 al 6
dalle ore 15 alle 19
Bazzano Rocca dei Bentivoglio
ELOGIO ALLA LIBERTA’
mostra fotografica di Stefano Vaja
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Per tutti gli spettacoli
prenotazione telefonica obbligatoria 051 6704373
ingresso 10 euro
L’incontro “utopie e passioni”, la mostra fotografica “elogio alla libertà” e la proiezione del film “Molière” sono ad ingresso gratuito.
Per informazioni e iscrizioni al laboratorio “le jeu masqué” 051 6704373
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TEATRO DELLE ARIETTE
Comuni di Bazzano, Castello di Serravalle, Monteveglio
Provincia di Bologna Assessorato Cultura
Regione Emilia Romagna Assessorato Cultura
A TEATRO NELLE CASE Festival d’autunno
1 – 6 novembre 2005
sesta edizione
Direzione artistica e organizzazione Teatro delle Ariette
Con il sostegno di:
Cassa di Risparmio di Vignola, Coop Adriatica
e
Coop Reno Monteveglio, Corte d’Aibo, Caseificio Valsamoggia
TEATRO DELLE ARIETTE
Via Rio Marzatore 2781
40050 Castello di Serravalle BO Italia
tel e fax 0039 051 6704373
info@teatrodelleariette.it
www.teatrodelleariette.it
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VIE. Scena Contemporanea Festival Un nuovo festival a Modena da 20 al 30 ottobre di VIE. Scena Contemporanea Festival |
Nasce, per iniziativa di Emilia Romagna Teatro, un nuovo festival che pone al proprio centro la creazione contemporanea, dando allo sguardo la responsabilità di individuare la forza del nuovo, gli artisti capaci di esplorare le zone di contatto fra le arti sceniche, i territori espressivi dove lasciare interagire il teatro con la danza, la musica, le arti visive, il cinema.
Vie. Scena Contemporanea si svolgerà a Modena, Carpi e Vignola dal 20 al 30 ottobre 2005.
Il programma è una sequenza di nomi da scoprire. Undici giorni di prime assolute, prime nazionali, performance, installazioni, spettacoli che scavalcano le barriere tra le diverse forme codificate. Volendo tracciare un solco tra gli eventi previsti, potremmo dire che il tema ricorrente è l'esperienza del conflitto - un conflitto a volte non programmato e non governabile -, ma vi compaiono anche i meccanismi di produzione del consenso e l’ipocrisia della guerra: guerra militare e guerra culturale.
VIE si prefigge di creare per il pubblico le condizioni per una sorta di navigazione in mare aperto: la scena contemporanea come una dimensione del tempo-spazio, aperta all’esperienza, nella quale gli spettatori si muovano liberi di comporre una propria visione d'insieme, di tracciare traiettorie personali.
Sei i debutti italiani di ospiti internazionali. A cominciare dal regista lettone Alvis Hermanis col suo New Riga Theatre che presenterà il 22 e il 23 ottobre al Teatro Comunale di Modena By Gorky, (una ventina di interpreti giocano a confondere le vicende descritte da Gorky con la loro stessa realtà e con le proprie biografie) per continuare con Last landscape di Josef Nadj, creatore di mondi instabili e suggestivi, nei quali humour e tragedia, leggerezza e cupo espressionismo trovano un'armonia sorprendente (dal 28 al 30 ottobre, al Teatro delle Passioni). E ancora la giovane regista francese Gisèle Vienne che firma un lavoro, Une belle enfant blonde, basato su un testo originale di Dennis Cooper, protagonista Catherine Robbe-Grillet (23 e 24 al Cinema Principe di Modena).
Torna a Modena Erna Ómarsdóttir, danzatrice di straordinaria intensità, in scena nel suo ultimo lavoro, una ‘performance per soldati in missioni di pace’, We are all Marlene Dietrich For , firmato a quattro mani con il regista sloveno Emil Hrvatin (Cinema Principe , 27 e 28). Daria Lippi, da qualche anno interprete degli allestimenti del CDN di Caen, è la protagonista di una Pentesilea costruita come una composizione musicale (21- 22 Teatro delle Passioni), e, ancora dalla Francia, il Théâtre de Chambre propone un curioso allestimento, Mariages, in cui gli spettatori sono invitati ad assistere a ciò che succede all’interno di alcuni caravan che stazioneranno a Vignola, in Piazza dei Contrari, dal 24 al 29 ottobre.
Il 30, al Teatro Comunale di Modena, Ryuichi Sakamoto e Alva Noto chiuderanno infine il festival con il loro concerto Live insen.
Numerose e significative le presenze italiane. Il Teatro Valdoca debutterà il 28 (replica il 29) al Teatro Storchi di Modena, con la versione integrale della trilogia Paesaggio con fratello rotto; Giorgio Barberio Corsetti presenterà sempre allo Storchi il 20 e il 21, il suo nuovo lavoro alle Argonauti; Teatrino Clandestino lo spettacolo conclusivo del Progetto Milgram, L’alba di un torturatore, ispirato all’esperimento dello psicologo sociale Stanley Milgram sul rapporto tra autorità e obbedienza (dal 26 al 30 all’ex Manifattura Tabacchi di Modena); infine i Motus allestiranno una nuova tappa del loro progetto su Fassbinder, dal titolo Piccoli episodi di fascismi quotidiano evento # 6 - il 28 e il 29 all’ex Manifattura Tabacchi.
A 20 anni dalla creazione de Il cortile, spettacolo storico del teatro-danza italiano firmato da Sosta Palmizi, il Festival ospiterà, in un'unica notte, il 26, al Teatro delle Passioni i nuovi lavori dei suoi protagonisti.
Una collaborazione con la Biennale Teatro diretta da Romeo Castellucci ha portato alla realizzazione di Ragazzocane, nuovo lavoro di Silvia Rampelli per Habillé d’Eau (22 e 23 all’ex Manifattura Tabacchi).
Oltre agli spettacoli il festival ospiterà una serie di attività collaterali quali letture, incontri, installazioni video-performative tra le quali segnaliamo Looking at Ta’ziyè del regista cinematografico e teatrale iraniano Abbas Kiarostami (Sala delle Monache, dal 20 al 23) e Journey to the moon and 9 drawings for projection dell’artista sudafricano William Kentridge.
Il programma completo di Vie è disponibile sul sito www.viefestivalmodena.com
giovedì 20 ottobre
ABBAS KIAROSTAMI/Looking at Ta’ziyè
Sala delle Monache, Modena/ore 17,00-19,00
GIORGIO BARBERIO CORSETTI/Argonauti
Teatro Storchi, Modena/ore 21,00
venerdì 21 ottobre
ABBAS KIAROSTAMI/Looking at Ta’ziyè
Sala delle Monache, Modena/ore 17,00-19,00
DARIA LIPPI/Pour Penthésilée
Teatro delle Passioni, Modena/ore 21,00
LAIKA/Patatboem
Circolo Sociale Anziani “Graziosi”, Carpi/ore 20,30
GIORGIO BARBERIO CORSETTI/Argonauti
Teatro Storchi, Modena/ore 22,30
sabato 22 ottobre
ABBAS KIAROSTAMI/Looking at Ta’ziyè
Sala delle Monache, Modena/ore 17,00-19,00
DARIA LIPPI/Pour Penthésilée
Teatro delle Passioni, Modena/ore 21,00
ORTHOGRAPHE/Orthographe de la Physionomie en Muouvement
Sala Cantelli, Vignola/ore 19,00-20,00-21,00-22,00
LAIKA/Patatboem
Circolo Sociale Anziani “Graziosi”, Carpi/ore 20,30
ALVIS HERMANIS-NEW RIGA THEATRE/By Gorky
Teatro Comunale, Modena/ore 21,00
HABILLE’ D’EAU/Ragazzocane
Ex Manifattura Tabacchi, Modena/ore 23,30
domenica 23 ottobre
LAIKA/Patatboem
Circolo Sociale Anziani “Graziosi”, Carpi/ore 12,30-20,00
ORTHOGRAPHE/Orthographe de la Physionomie en Muouvement
Sala Cantelli, Vignola/ore 15,00-16,30-17,30-18,30
HABILLE’ D’EAU/Ragazzocane
Ex Manifattura Tabacchi, Modena/ore 16,00
ABBAS KIAROSTAMI/Looking at Ta’ziyè
Sala delle Monache, Modena/ore 16,00-18,00-20,00
ALVIS HERMANIS-NEW RIGA THEATRE/By Gorky
Teatro Comunale, Modena/ore 18,00
GISELE VIENNE/Une belle enfant blonde/A young beautiful blonde girl
Cinema Principe, Modena/ore 21,00
lunedì 24 ottobre
THEATRE DE CHAMBRE/Mariages
Piazza dei Contrari, Vignola/ore 18,30-19,15-20,00-20,45-21,30
COMPAGNIA PIPPO DELBONO/Enrico V
Teatro Comunale, Carpi/ore 21,00
GISELE VIENNE/Une belle enfant blonde/A young beautiful blonde girl
Cinema Principe, Modena/ore 21,00
martedì 25 ottobre
THEATRE DE CHAMBRE/Mariages
Piazza dei Contrari, Vignola/ore 18,30-19,15-20,00-20,45-21,30
WILLIAM KENTRIDGE/Journey to the moon and 9 drawings for projection
Cinema Principe, Modena/ore 20,00
URI CAINE/Solitaire
Sala dei Contrari, Vignola/ore 22,00
COMPAGNIA PIPPO DELBONO/Enrico V
Teatro Comunale, Carpi/ore 22,00
mercoledì 26 ottobre
MICHELE ABBONDANZA, FRANCESCA BERTOLLI, ROBERTO CASTELLO, ROBERTO COCCONI, RAFFAELLA GIORDANO, GIORGIO ROSSI/La finestra sul Cortile
Teatro delle Passioni, Modena: ore 15,00 Tavola rotonda
ore17,30 proiezione Il cortile
ore 19,00 Raffaella Giordano Tu non mi perderai mai
ore 21 Roberto Castello Non ama il nero
Teatro Storchi, Modena: ore 22,15 Roberto Cocconi Le mura
ore 23 Giorgio Rossi Alma
ore 24,00 Compagnia Abbondanza/Bertoni Polis Progetto Ho male all’altro III parte
THEATRE DE CHAMBRE/Mariages
Piazza dei Contrari, Vignola/ore 18,30-19,15-20,00-20,45-21,30
TEATRINO CLANDESTINO/L’alba di un torturatore Progetto Milgram
Ex Manifattura Tabacchi, Modena/ore 21,00
giovedì 27 ottobre
ANTONELLA CIRIGLIANO-ASSOCIAZIONE LIS/I fiori del tè
Sala Ex Poste – Palazzo dei Pio, Carpi/ore 18,00-21,00
THEATRE DE CHAMBRE/Mariages
Piazza dei Contrari, Vignola/ore 18,30-19,15-20,00-20,45-21,30
ERNA OMARSDOTTIR-EMIL HRVATIN/We are All Marlene Dietrich FOR
Cinema Principe, Modena/ore 21,00
TEATRINO CLANDESTINO/L’alba di un torturatore Progetto Milgram
Ex Manifattura Tabacchi, Modena/ore 23,00
venerdì 28 ottobre
MOTUS/Piccoli episodi di fascismo quotidiano evento #6
Ex Manifattura Tabacchi, Modena/ore 19,30-23,00
TEATRO DELLE ALBE/La Canzone degli F.P. e degli I.M.
Biblioteca Poletti, Modena/ore 17,00-19,00
ANTONELLA CIRIGLIANO-ASSOCIAZIONE LIS/I fiori del tè
Sala Ex Poste – Palazzo dei Pio, Carpi/ore 18,00-21,00
ERNA OMARSDOTTIR-EMIL HRVATIN/We are All Marlene Dietrich FOR
Cinema Principe, Modena/ore 18,30
TEATRINO CLANDESTINO/L’alba di un torturatore Progetto Milgram
Ex Manifattura Tabacchi, Modena/ore 18,30
THEATRE DE CHAMBRE/Mariages
Piazza dei Contrari, Vignola/ore 18,30-19,15-20,00-20,45-21,30
JOSEF NADJ-VLADIMIR TARASOV/Last Landscape
Teatro delle Passioni, Modena/ore 21,00
TEATRO VALDOCA/Paesaggio con fratello rotto
Teatro Storchi, Modena/ore 21,30
sabato 29 ottobre
THEATRE DE CHAMBRE/Mariages
Piazza dei Contrari, Vignola/ore 15,00-15,45-16,30-17,15-20,30 (festa finale)
TEATRO DELLE ALBE/La Canzone degli F.P. e degli I.M.
Biblioteca Poletti, Modena/ore 15,30-17,00
ANTONELLA CIRIGLIANO-ASSOCIAZIONE LIS/I fiori del tè
Sala Ex Poste – Palazzo dei Pio, Carpi/ore 17,00-21,00
TEATRINO CLANDESTINO/L’alba di un torturatore Progetto Milgram
Ex Manifattura Tabacchi, Modena/ore 17,30
JOSEF NADJ-VLADIMIR TARASOV/Last Landscape
Teatro delle Passioni, Modena/ore 19,00
LUCA MASSIMO BARBERO-LUCA SCARLINI/Le regole del cielo
Chiesa di San Carlo, Modena/ore 19,00
MOTUS/Piccoli episodi di fascismo quotidiano evento #6
Ex Manifattura Tabacchi, Modena/ore 19,30-23,30
TEATRO VALDOCA/Paesaggio con fratello rotto
Teatro Storchi, Modena/ore 21,00
PIPPO DELBONO/Racconti di giugno
Teatro Comunale, Modena/ore 24,00
domenica 30 ottobre
JOSEF NADJ-VLADIMIR TARASOV/Last Landscape
Teatro delle Passioni, Modena/ore 16,00
TEATRINO CLANDESTINO/L’alba di un torturatore Progetto Milgram
Ex Manifattura Tabacchi, Modena/ore 18,00
ALVA NOTO-RYUICHI SAKAMOTO/insen
Teatro Comunale, Modena/ore 21,00
LUCA MASSIMO BARBERO-LUCA SCARLINI/Le regole del cielo
Chiesa di San Carlo, Modena/ore 23,00
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La personale di Paolo Consorti a Firenze Dal 29 ottobre al 7 dicembre di Redazione ateatro |
Se vuoi sapere perché ci interessano le opere di Paolo Consorti (e se vuoi vederne qualcuna), clicca qui.
Sergio Tossi Arte Contemporanea
presenta
Paolo Consorti
"Hyperlandscapes"
a cura di Valerio Dehò
Inaugurazione: Sabato 29 Ottobre Ore 17.30
fino al 7 Dicembre
dal martedì al sabato ore 15 - 19
La nuova personale di Paolo Consorti, la prima dopo il successo da Herrmann & Wagner a Berlino, presenta 15 nuovi lavori dell'artista di San Benedetto del Tronto, di cui cinque di un formato insolito ed accattivante di cm 110x320. E' la serie degli Hyperlandscapes che da il titolo alla mostra e che ben riassume i temi e l'estetica della ricerca recente di Consorti. Qui di seguito vi trascriviamo la parte iniziale del testo di Valerio Dehò inserito in catalogo insieme alle riproduzioni di tutti i lavori in mostra.
"Non tutto ciò che è digitale luccica, anzi. Purtroppo siamo così abituati a dare per scontato che l’Impero del Photoshop non abbia confini, che diamo per scontato che ogni qualità fotografica appaia, nell’arte provenga da quella gelida terra. Ma la cultura dell’omologazione è un rischio sempre molto forte che non tutti gli artisti sanno evitare. Se tutti sono convertiti al nuovo credo digitale, non tutti sono in grado di realizzare un lavoro originale per contenuti ed esecuzione.
Diversamente il caso di Consorti fa storia a sé, perché l’ elaborazione al photoshop è per l’artista una fase intermedia tra la costruzione dei modellini e la pittura. In sostanza il digitale diventa un filtro per costruire e comporre le immagini sul telaio delle riprese dal vero del modello. Quindi la base è proprio la costruzione di una simulazione di paesaggio-ambiente, in cui successivamente verranno posti in essere i personaggi. Questi appunto vengono elaborati e collocati nello sfondo ormai digitalizzato in una fase successiva, però dopo la stampa, la stesura pittorica resta fondamentale per creare non solo l’effetto di uniformità dell’atmosfera, ma anche per togliere quella patina di artificiosità e di rigidità strutturale, che molto digitale non riesce a scrollarsi di dosso.
Comunque al di là del dato tecnico, pur essenziale e infatti premesso per comprendere correttamente a poetica dell’artista, un altro fatto innegabile è la sua capacità visionaria. Una capacità che non è solo sintesi di linguaggi e stili, ma è anche progettualità di un racconto di fate ,in cui queste rivelano la propria presenza per accenni, indizi, particolari sparsi con accurata casualità.
Il paesaggio, è lo sfondo della narrazione, è il luogo deputato all’azione. Ma è anche la dimensione psicologica in cui si muove tutte la scena. A partire dal formato e finire ai dettagli del racconto, comunque si ha a che fare con uno spazio esterno che possiede delle caratteristiche di verosimiglianza naturalistica che si configurano come “paesaggio”. Valerio Dehò
Per informazioni:
Sergio Tossi Arte Contemporanea
Via Pindemonte 63
50124 Firenze
T. 055 2286 163
F. 055 2306 256
info@tossiarte.it
www.tossiarte.it
www.paolocosorti.com
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Un Otello molto nero vince il Premio Ugo Betti A Francesco Randazzo la XIV edizione di Ufficio Stampa |
La giuria della XIV edizione del Premio Ugo Betti per la drammaturgia, presidente il prof. Renzo Tian (docente universitario, critico teatrale, presidente della Fondazione Théatre des Italiens, già commissario straordinario dell'ETI), Claudia Cannella (direttore responsabile della rivista teatrale "Hystrio"), Marco De Marinis (docente di storia del teatro e dello spettacolo al DAMS di Bologna), Enrico Maggi (attore, autore teatrale e insegnante di recitazione), Massimo Marino (giornalista, studioso e critico teatrale), Anna Maria Monteverdi (docente a contratto di Teoria e Storia della Scenografia al DAMS di Imperia) e Paolo Puppa (docente di storia del teatro e dello spettacolo all'Università di Venezia)
ha designato vincitore:
"Otello il Nivuru di Mazzaria" di Francesco Randazzo.
L'opera è stata scelta dopo l'accurata selezione che la prestigiosa giuria ha fatto sui 249 copioni pervenuti per la sezione drammaturgia.
Otello è un pescatore extracomunitario, un nero che si è perfettamente integrato a Mazara del Vallo, anzi "del Valium", diventando un'autorità cittadina incaricata di occuparsi degli emigrati clandestini che sbarcano a Lampedusa, da lui in segreto cucinati e inscatolati a puntino. La gelosia che scatena il tragicomico finale questa volta non ha per pomo della discordia Cassio ma Emilia, la moglie di Iago, accusata di rapporti omosessuali con Desdemona, mentre è proprio Iago, travestito spesso da donna, a fare frequenti e insistenti avances a Otello (motivo del resto già implicito in Shakespeare). Tra gambe tagliate e teste mozze in un crescendo volutamente inverosimile, il finale è in due tempi: nel primo, Otello e Iago la fanno franca, addossando i delitti ai soliti extracomunitari (nonostante la testimonianza della testa mozzata ma parlante di Desdemona); nel secondo finale, raccontato epicamente da Emilia, i due delinquenti hanno quello che si meritano: Otello è ucciso in carcere e Iago viene fatto fuori dalla stessa Emilia che getta l'asciugacapelli nella vasca da bagno. Questo testo, spudoratamente trash, che può dividere i lettori, è apprezzabile per il modo in cui riscrive e attualizza la tragedia del Moro, facendola precipitare in una spirale di eccessi truculenti-grand guignoleschi scopertamente inverosimili e volutamente intrisi di un gusto kitsch figlio del degenerato immaginario televisivo che ci circonda. Grazie anche a un dialetto siciliano molto lavorato teatralmente e di non difficile comprensibilità, capace di muoversi su più registri stilistici ed espressivi, e grazie soprattutto all'alternarsi sapiente di racconto e di dialoghi, il testo costruisce una drammaturgia che ammicca a più generi popolari e bassi, siciliani e non, dalle vastasate ai pupi, dal grand guignol, appunto, all'avanspettacolo, senza dimenticare gli spietati ritratti di una società allo sbando dei "cinici" film di Ciprì e Maresco e dei colorati musical nella Vucciria di Roberta Torre.
All'autore è stato consegnato un assegno di 2.500 euro e la medaglia "Canemarino" realizzata dal M° Gino Marotta mentre il testo sarà il n. 5 della collana teatrale bettiana che il Comune di Camerino fa pubblicare alla Bulzoni Editore.
La cerimonia di premiazione è stata condotta dal giornalista Franco Di Mare e si è tenuta nel pomeriggio di sabato 22 ottobre nel teatro Filippo Marchetti di Camerino alla presenza delle autorità, della giuria e di tutti i finalisti della XIV edizione.
Il sito del Premio: http://www.ugobetti.it
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I Motus al Teatro i di Milano Dal 3 al 6 novembre di Teatro i |
Teatro i
presenta
3 _ 4 novembre 2005 ore 21
5 _ 6 novembre 2005 ore 20.30 e 22
Motus
Piccoli Episodi di Fascismo Quotidiano
- evento #7
Indagini su Pre-paradise sorry now
di Rainer Werner Fassbinder
ideazione e regia Enrico Casagrande e Daniela Nicolò/consulenza letteraria e musicale Luca Scarlini/con Dany Greggio e Nicoletta Fabbri
la partecipazione in video Silvia Calderoni e Gaetano Liberti e la voce off è di Andrea Riva
…a volte è necessario toccare il fondo sprofondare nella merda e avere a che fare con ciò che si detesta, così si vedono le cose da un altro punto di vista e ci si fa male, ancora più male. Andare all’inferno, giù, giù, fra rumori sinistri, sussurri e… grida. Dietro gli sguardi di ghiaccio di Ian Brady e Myra Hinldey, The moors morderers, icone pop dei serial killer anglossassoni, (lei è morta in carcere nel 2002, lui, condannato all’ergastolo, è ancora in vita), su cui sono state scritte canzoni, poemi, testi di psicologia criminale e quant’altro… e che Fassbinder, senza nemmeno alterarne i nomi originali, ha scelto come protagonisti di questa inquieta pièce teatrale del 1969, fatta per strati salmodianti, che abbiamo deciso di affrontare secondo la medesima, assillante e progressiva stratificazione.
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per informazioni e prenotazioni 02/8323156 info@teatroi.org
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TEATRO I
via Gaudenzio Ferrari 11
20123 Milano
tel/fax 02/8323156
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info@teatroi.org
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Lasciar Ada: Vaniada di Fanny & Alexander a Milano Dal 10 al 13 novembre al Teatro i di Chiara Lagani |
Vaniada si configura come un’uscita. Ada e Van, al termine della loro storia, ultracentenari, idealmente fusi in un solo archetipico essere, si trovano di fronte al grande dilemma della fine: vivere dentro un’opera significa anche saper rinunciare alla propria vita quando l’opera sta volgendo al termine.
Vaniada tratta della fine dell’opera in relazione al Tempo e alla Memoria. E’ uno dei temi fondamentali del romanzo, eppure ci è stato possibile affrontarlo pienamente solo adesso fino in fondo. E’ un tema durissimo che sfugge a ogni possibile tentativo di rappresentazione. L’opera contiene sempre un discorso sulla Memoria. Ma cosa succede se questa Memoria si fa riverbero, pura perdita, se la traccia che abbiamo inseguito finora (come solutori di enigmi della visione e detective dell'opera) si deposita vagamente sui nostri corpi imprimendovi un marchio quasi indecifrabile? Cosa accade se la Memoria diventa solo un segno indefinibile che l’opera ha lasciato o sta per lasciare su di noi? L’opera sembra allora quasi uno specchio, in cui a tratti ci è dato rifletterci. Ada e Van non potranno quasi più essere guardati, o riconosciuti, al di là delle nostre malferme sembianze.
Lo scarto per arrivare all’elaborazione di questo tema è stato prodotto ancora una volta in noi da un meccanismo linguistico, forse il più “adesco” possibile dei giochi: la sciarada. Tutto il tema della Memoria e dei suoi ambigui riflessi ha trovato nel meccanismo linguistico proprio della sciarada, o più precisamente della “frase doppia”, il suo ambiguo centro nevralgico. Cos’è una sciarada?
“Per fare una sciarada basta prendere una parola e tagliarla in due parti, scegliendo con cura il punto in cui affondare un coltello immaginario. Secondo i punti di vista si può definire una sciarada come una parola che si divide e dà vita ad altre due parole, oppure come due parole che si uniscono per formarne una terza” (Lezioni di enigmistica, S. Bartezzaghi).
Esempio:
la sciarada = lasciar Ada.
“Ma è davvero la stessa cosa?”, si chiede ancora Bartezzaghi. Non proprio:
“L’autore parte dalla parola intera e la divide, sperando di trovare due parole di senso compiuto. Il solutore parte dai membri e li unisce sperando di trovare una parola di senso compiuto”. (corsivi miei)
Ancora una volta, e sembra perfino superfluo ripeterlo, la battaglia del senso si gioca sul fronte doppio della ricomposizione del simbolo e dipenderà dall’accanita e solidale collaborazione tra chi guarda e chi è guardato.
La parola-mostro, “Vaniada”, sembra ora riproporsi cupamente come un nuovo e più insondabile enigma. Dove porremo noi il coltello invisibile che ci separa da quest¹opera? Lungo la nera I che divide i due nomi amati? Sì, forse proprio lungo l’ultrasottile I (E in russo), taglio lacerante, divisione-congiunzione nel titolo-parola dello spettacolo finale, quello che per concludere davvero dovrà forse arrivare a dire che non si può mai veramente concludere.
Fanny & Alexander
Ada, cronaca familiare
VANIADA
per Ada, Van, video, pianoforte e macchine del suono
9, 10, 11, 12, 13 novembre 2005
ore 20:30 e 22
(prenotazione obbligatoria)
Milano
Teatro i
Via Gaudenzio Ferrari 11
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D. Alfavita. (La Sciarada)
laboratorio condotto da Chiara Lagani
con la partecipazione di Stefano Bartezzaghi e Margherita Crepax
10, 11, 12, 13 novembre 2005
(ore 15 -18)
Milano
Centro Teatro Attivo
via Ampere 30
per informazioni e iscrizioni:
Fanny & Alexander
tel. 0544.687460 - 347.1210296
info@fannyalexander.org
Fanny & Alexander nell'archivio di ateatro
86.15 Santarcangelo haiku
Qualche spettacolo dal festival 2005
di Oliviero Ponte di Pino
75.67 La forza di una bottega d'arte
Non solo una compagnia teatrale
di Fanny & Alexander
72.81 Il nuovo cinema che viene dal teatro: sei compagnie emiliano-romagnole e un inedito progetto per il cinema italiano
Fanny & Alexander, Motus, Societas Raffaello Sanzio, Teatro delle Albe, Teatrino Clandestino, Zapruder, Downtown Pictures e Regione Emilia-Romagna
di Associazione Luz
70.71 Le recensioni di "ateatro": Rebus per Ada
di Fanny & Alexander-A. Zapruder Filmakersgroup per Riccione TTV expanded theatre
di Oliviero Ponte di Pino
63.16 Ritmo e misura per un teatro possibile
I soldi, l'anima e il corpo nel paese di Michelangelo
di Teatro delle Albe/Ravenna Teatro, Fanny & Alexander e Cristina Ventrucci
62.80 Lettera aperta al teatro italiano
(e a un paese che ci sta vomitando)
di Fanny & Alexander
55.52 Le recensioni di "ateatro": Ada, cronaca familiare. Ardis I (Les Enfants maudits)
di Fanny & Alexander
di Oliviero Ponte di Pino
36.6 Raffaello & altro
Riccione TTV 2002 XVI edizione
di Silvana Vassallo
25.4 L'Alchimie du Verbe tra Arthur Rimbaud e Fanny & Alexander
Ovvero come (non) diventare adulti
di Luigi De Angelis
19.3 La musica delle parole
Intervista a Luigi Ceccarelli
di Oliviero Ponte di Pino
Teatri 90 - terza edizione (1999)
Teatri 90 (1998)
Casuali frammenti da una conversazione con Fanny & Alexander (ovvero Chiara, Luigi e Stefano)
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Gli iscritti alle Buone Pratiche 2/2005 Prendi la mira e vieni a Mira! di Redazione ateatro |
Nel potente database di ateatro cerchiamo di tenere aggiornato minuto per minuto l'elenco degli iscritti alle Buone Pratiche 2/2005, che si tiene a Mira il 13 e 14 novembre.
Ci viene già molta gente, lo sai?
Per vedere l'elenco, clicca qui.
Se ti sei inscritto via web e non vedi ancora il tuo nome tra i partecipanti, o se ci sono errori nei tuoi dati, manda una mail o telefona ai solerti DannyRose (tel. 3351752301; e-mail info@dannyrose.it).
Se non ti sei ancora iscritto, beh, cosa aspetti?
Clicca qui e avrai tutte le info necessarie.
Insomma, che aspetti? Prendi la mira e vieni a Mira!
(se non sei la Donna Cannone, nel Fotoromanzo delle Buone Pratiche ci sono indicazioni su mezzi di trasporto meno fragorosi).
E abbiamo anche lo sponsor!!!
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