ateatro
numero 4 - 12 marzo 2001
a cura di Oliviero Ponte di
Pino (per ora)
INDICE
Ancora sul sostegno alla drammaturgia italiana
Il ministro Melandri firma il regolamento.
La lettera di Franco Quadri (Premio Riccione),
Franco Brambilla e Anna Pozzi (La Corte Ospitale),
Fabio Bruschi (Riccione Teatro), Silvio Castiglioni e
Massimo Marino (S.Arcangelo) e
Luigi Frosali (Teatro Comunale Niccolini-S.Casciano)
La lettera di Luciana Libero a "ateatro"
Per un teatro di guerriglia
In occasione delle retro-prospettiva di Mario Martone
al Leonka, a cura di Teatroaperto
4 Amleti per il Novecento
In magine a Shakespeare & Shakespeare alla Biennale di Venezia
Il bando del Festival "Lavori in Pelle"
Imperdibile: Chi non legge questo libro è un . I misteri della stupidità attraverso 565 citazioni, Garzanti, Milano, 1999. |
Come sostenere la nuova drammaturgia italiana?
Attraverso premi e festival o attraverso i centri di drammaturgia?
"ateatro3" ha ospitato la lettera-proposta del Teatro Nuova Edizione
al ministro Giovanna Melandri sulle misure a sostegno degli autori italiani.
La discussione prosegue in questo numero, con:
- un estratto dall'articolo sul "Messaggero" (11.03.01) che annuncia la firma del regolamento;
- la lettera al ministro
firmata da Franco Quadri (Premio Riccione), Franco Brambilla e Anna Pozzi
(La Corte Ospitale),
Fabio Bruschi (Riccione Teatro), Silvio Castiglioni e Massimo Marino
(S.Arcangelo) e
Luigi Frosali (Teatro Comunale Niccolini-S.Casciano);
- la lettera di Luciana Libero a "ateatro".
La firma del regolamento sul "Messaggero" (11.03.01)
"Il ministro dei Beni Culturali, Giovanna Melandri, ha annunciato la firma di un nuovo regolamento a sostegno della musica contemporanea. Il regolamento, per la prima volta in Italia, prevede l’erogazione di contributi annuali, a carico del Fus (fondo unico per lo spettacolo), per la composizione ed esecuzione musicale e teatrale. (...)
Per quanto riguarda la composizione teatrale, sono previsti contributi annuali in favore di autori e soggetti pubblici e privati che realizzano istituzionalmente e senza fini di lucro attività volta alla creazione, alla commissione, alla rappresentazione e alla catalogazione di nuovi testi e spettacoli teatrali originali, con particolare riguardo alla drammaturgia contemporanea."
Franco Quadri (Premio Riccione), Franco Brambilla e Anna Pozzi (La Corte Ospitale),
Fabio Bruschi (Riccione Teatro), Silvio Castiglioni e Massimo Marino (S.Arcangelo) e
Luigi Frosali (Teatro Comunale Niccolini-S.Casciano) al ministro Giovanna
Melandri
5 febbraio 2001
Gent.mo Sig. Ministro Giovanna Melandri
p.c. Gent.mo Avv.to Pier Paolo Forte
Oggetto: DL n.492/ 1988- art 8-lettera c
Gentile Sig. Ministro,
facendo seguito alle precedenti note scritte e riflessioni a suo tempo portate a conoscenza di codesto Spett.le Ministero da numerose ed autorevoli personalità, imprese ed associazioni del teatro, ed in riferimento, soprattutto al dibattito concreto e vivo che quotidianamente si svolge nelle strutture impegnate, tra l'altro, anche nella produzione, valorizzazione e promozione delle nuove scritture teatrali, riteniamo doveroso comunicarLe alcune preoccupazioni che, ove non trovassero un'adeguata attenzione e considerazione da parte Sua, non potrebbero che condurci ad una valutazione negativa in merito al provvedimento di prossima emanazione riferito alla regolamentazione degli ausili finanziari agli "autori e soggetti teatrali impegnati nella produzione contemporanea" di cui al DL n.492/ 1988- art 8-lettera c.
In particolare le ipotesi illustrate dall'Avv.to P.P Forte in un recente incontro tenutosi in data 25 gennaio 2001 alla presenza delle istituzioni convocate appositamente e qui di seguito elencate in parentesi ( Segreteria generale SIAD, Coordinamento centri per la scrittura teatrale contemporanea, Ass.ne Sindacale scrittori di teatro, Ass.ne nazionale autori radiotelevisivi e teatrali, C.I.S.D La Loggia, Centro drammaturgia delle donne, OUTIS, La Corte Ospitale, AGIS, il cui rappresentante Luciano Nattino era assente per altri e precedenti impegni) comporterebbero l'introduzione nel DM 4.11.99, n.470, altrimenti detto, "Regolamento del Teatro" di un nuovo articolo "Promozione delle nuove scritture teatrali" che stabilirà contributi di carattere triennale ad autori e/o strutture che sostengono opere di autori viventi, purchè i soggetti beneficiari possano dimostrare di godere di un apparato tecnico-organizzativo permanente, di un direttore artistico in esclusiva, di essere attivi da almeno tre anni, di poter rappresentare (non produrre) almeno il 10% dei testi selezionati, con maggiorazioni di contributi per i soggetti che promuovano pubblicazioni e/o rappresentazioni di testi di autori under 30.
In particolare il nuovo articolo dovrebbe prevedere che i contributi non possano essere richiesti da soggetti che beneficino di altre sovvenzioni ad altro titolo dal medesimo DM 4.11.99, n.470 - Regolamento del Teatro. Si ipotizza, invece, la possibilità di incentivi per i Teatri Stabili che inseriscano nei loro cartelloni un numero consistente di autori italiani contemporanei usciti dal serbatoio dei nuovi "centri per la drammaturgia".
Al di là di un ovvio e scontato giudizio positivo per la volontà da Lei espressa a sostegno delle nuove scritture teatrali, riteniamo tuttavia che la formulazione proposta dall'Avv.to P.Paolo Forte nell'incontro sopra ricordato debba tener conto di ulteriori elementi di valutazione che, schematicamente, andiamo qui di seguito ad illustrare:
· E' necessario che un nuovo eventuale articolo da aggiungere al DM 4.11.99, n.470- Regolamento del Teatro, riguardo alla promozione delle nuove scritture teatrali consenta una pluralità di approcci indispensabile a nostro avviso per raggiungere concretamente la condivisa finalità di presentare al pubblico nel miglior contesto possibile opere di autori italiani viventi.
· In tal senso ci pare controproducente che i contributi non possano essere richiesti da soggetti che beneficino di altre sovvenzioni ad altro titolo dal medesimo DM 4.11.99, n.470- Regolamento del Teatro, qualora tali soggetti, quali centri e/o imprese di ricerca e produzione, festival, premi etc. come quasi sempre accade, svolgano azioni comunque connesse alla scrittura teatrale.
· In particolare per la selezione di nuovi testi è più che probabile che premi per autori teatrali quali il Premio Riccione o il Candoni risultino assai più efficaci dei nuovi "centri di drammaturgia"
· Nella definizione di "nuove scritture teatrali" si dovrebbe tener conto dell'attuale fase di convergenza delle pratiche e dei linguaggi scenici sia tra il teatro e le altre arti della scena che tra i diversi generi teatrali.
· Anzi, in tal senso, si potrebbe valutare, tra le altre, anche l'ipotesi che una "Residenza" ex art. 24 del DM 4.11.99, n.470 - Regolamento del Teatro, potrebbe anche coniugarsi con i fondi cumulabili del nuovo provvedimento sui centri di drammaturgia. Tra le tante ragioni che sostengono il nostro ragionamento c'è anche quella che l'art. 24 del Regolamento parla di "residenze multidisciplinari" e che tra le nuove scritture di cui si dovrebbero occupare i centri di drammaturgia esistono anche quelle forme di scrittura "multidisciplinare" o di "drammaturgia integrata tra le arti sceniche" che ben difficilmente possono esprimere le proprie potenzialità artistiche al di fuori di un contesto laboratoriale e/o produttivo. Per questi stessi motivi appare del tutto incongruente ed anacronistico escludere da tali eventuali contributi i soggetti /imprese / associazioni teatrali che, pur senza essere Centri stabili da anni svolgono una concreta pratica di promozione/produzione di nuove scritture teatrali.
· Quanto alle altre forme di sostegno alle nuove scritture teatrali, quali tutoraggio, traduzioni, vetrine, distribuzione etc, anch'esse appaiono difficilmente efficaci qualora siano considerate un patrimonio esclusivo di detti nuovi "centri per la drammaturgia" e si prevedano solo forme di incentivi ai soggetti di produzione e promozione che con tali centri si mettano eventualmente in relazione;
· D'altra parte non si comprende il significato di una eventuale partecipazione ai costi di rappresentazione ivi compresi quelli di gestione di una eventuale sala teatrale, limitatamente all'uso di essa per le rappresentazioni e/o vetrine di tali testi, qualora da tali contributi siano esclusi soggetti e/o centri/ imprese che beneficano di altre sovvenzioni ad altro titolo dal medesimo DM 4.11.99, n.470 - Regolamento del Teatro. Né ci appare utile ad una armonica crescita del complesso sistema teatrale, delegare ai soli Teatri Stabili la volontà, dietro congrui incentivi, di promuovere la nuova drammaturgia italiana.
In sintesi ci pare che il Suo pur lodevole impegno a favore delle nuove scritture teatrali dovrebbe consentire di aggregare diversi strumenti e pluralità di approcci, promuovere l'aggregazione di forze diverse attorno ad un unico fine, attenendosi ad un rigido criterio di selezione solo per quanto riguarda la qualità /serietà di esperienza artistica e professionale messa in campo, e non tendere invece a distinguere e separare in compartimenti stagni creando da un lato delle vuote "case di drammaturgia", dall'altro sottraendo un eventuale giusto riconoscimento a quanti da anni, in altri settori, operano per il medesimo fine indicato dal DL n.492/ 1988- art 8-lettera c.
Queste le nostre riflessioni che vorremmo poter approfondire in un incontro con Lei e i Suoi collaboratori onde evitare che decisioni eventualmente assunte in assenza di un più ampio momento di consultazione possano tradursi in un diffuso malessere ed in un sostanziale svilimento di un provvedimento da tempo atteso e sulla cui importanza tutti concordiamo.
In attesa di un Suo cortese cenno di risposta, cogliamo l'occasione per porgere i nostri più cordiali saluti e restiamo a disposizione per ogni ulteriore chiarimento.
F. to
Franco Quadri - Presidente della giuria Premio Riccione per il Teatro, Direttore artistico Premio Candoni
Franco Brambilla - Direttore artistico Associazione La Corte Ospitale- Rubiera (RE.E)
Anna Pozzi - Presidente Associazione La Corte Ospitale- Rubiera (RE.E)
Fabio Bruschi - Direttore di Riccione Teatro
Silvio Castiglioni - Direttore artistico Festival di S.Arcangelo /Associazione S.Arcangelo dei Teatri
Massimo Marino - Co-Direttore Festival di S.Arcangelo / Associazione S.Arcangelo dei Teatri
Luigi Frosali - Presidente Associazione Teatro Comunale Niccolini-S.Casciano (FI)
Luciana Libero a "ateatro"
5 marzo 2001
Caro Pdp,
ho letto nel tuo sito ( complimenti!) una lettera al Ministro Melandri del Teatro Nuove Edizioni a proposito del regolamento sulla drammaturgia contemporanea. Essendo tra le promotrici di questa iniziativa, oltre che coordinatrice dei Centri per la scrittura contemporanea (Outis, Teatro delle Donne, La Loggia), ti chiedo di ospitare cortesemente un mio intervento al proposito.
Questo lavoro sulla drammaturgia italiana parte da lontano, intanto per quanto riguarda me personalmente. Dall'interesse negli anni '80 per gli autori napoletani, ad alcune iniziative, come convegni e incontri, prese sull'argomento in diverse città italiane, fino alla direzione del Teatro delle Regioni a San Casciano che ha ospitato per cinque anni molti autori, in particolare esponenti di una drammaturgia delle lingue e dei dialetti. Da qui nacque il Comitato di San Casciano che radunava una trentina di autori italiani fino alla nascita di un coordinamento che raduna i centri su accennati. Con essi abbiamo fatto un lungo e faticoso lavoro durato circa due anni, attraverso consultazioni e incontri con il Gabinetto del Ministero dei Beni e Attività culturali, affinché venisse dato spazio - all'interno del Regolamento generale della prosa varato lo scorso anno - agli autori e alla drammaturgia, con la creazione e il riconoscimento in Italia di Centri di promozione della scrittura teatrale contemporanea sul modello dei numerosi centri analoghi che esistono in Europa. Centri che quindi svolgano una diretta funzione ed una azione specifica di conservazione, tutela e promozione delle opere di scrittura teatrale contemporanea
Nel Regolamento infatti - che regola i criteri di erogazione dei finanziamenti del FUS (Fondo unico dello spettacolo) a tutte le imprese di produzione e di distribuzione pubbliche e private del teatro - nonostante le numerose e importanti aperture sulla drammaturgia, si relega al capitolo "promozione", capitolo onnicomprensivo, il sostegno alla drammaturgia e inoltre si assegnano alcuni incentivi a quelle imprese ed esercizi che promuovono nel loro ambito opere di drammatrugia contemporanea.
Non vi è insomma - ed è questa la lacuna maggiore - alcuna voce "specifica" di sostegno diretto agli autori e alle opere.
Ma questo vuoto del legislatore non è casuale. Mentre le imprese teatrali sono organizzate nell'AGIS, hanno proprie rappresentanze e organismi di tutela e sono quindi, nel caso di una nuova regolamentazione, interlocutori del legislatore; gli autori non vengono ritenuti una categoria produttiva, nè tantomeno riescono ad organizzarsi in tal senso, essendo il loro un lavoro intellettuale e creativo ma individuale ( salvo laddove sono gli stessi autori anche direttori di una impresa di produzione).
Il risultato è che gli autori sono di fatto non destinatari di contributi e la produzione o meno di opere contemporanee rimane delegata - e in gran parte subalterna - alle imprese di produzione.
Ora si può dire in tutta onestà (salvo casi rarissimi e di scarsa incidenza anche economica) che le imprese teatrali italiane abbiano svolto o vogliano svolgere una seria politica di sostegno e di diffusione dell'opera teatrale contemporanea? Svolgono tale azione in primo luogo i teatri stabili o quelli cosiddetti di interesse nazionale? E il teatro privato? E l'ETI? Non vorrei ripetere cose già dette ma è ben noto come l'autore italiano sia considerato dal grosso degli impresari teatrali un investimento "a rischio"; come la produzione di opere contemporanee venga relegata a fine stagione, ottenga scarsi investimenti e scarsa diffusione etc etc. E il risultato è che le opere teatrali di autori contemporanei viventi vanno in scena nella quasi totalità in maniera autarchica, autoprodotta, con scarsissimi mezzi, in piccoli teatri etc etc. Cosa che non avviene in Europa e nemmeno negli USA dove la drammaturgia è parte integrante del processo produttivo dello spettacolo teatrale, del suo stesso rinnnovamente, nel teatro off come nei teatri ufficiali. E i Centri in Europa esistono in quanto l'opera teatrale viene considerata un bene culturale prezioso da conservare e promuovere, non solo quindi come "intermediari" tra creazione e produzione, figure che da noi sono invece indispensabili.
A questo punto perchè le imprese teatrali, come nella lettera inviata alla Melandri, contrastano la nascita di Centri della drammaturgia? Temono forse che vengano loro sottratte delle risorse? Questo è risibile perchè i fondi che eventualmente sarebbero destinati ai Centri sono aggiuntivi o da reperire in ambito extra FUS, nè è ipotizzabile che possano essere concorrenziali a finanziamenti alle imprese che hanno tutt'altri parametri ( produzione, repliche, paghe, contributi etc).
E allora qual'è il problema? E come ci si può dichiarare sostenitori della drammaturgia contemporanea e insieme chiedere che non venga dato alcun sostegno agli autori nè ai Centri a ciò delegati ma solo alle imprese?
Credo che tale dichiarazione si commenti da sola e non sia altro che una delle tante facce del grave ritardo culturale che c'è dalle nostre parti, in particolare nel mondo del teatro, dove la visione è ristretta, gli interessi sono di pura bottega, spesso di limitatissimo orizzonte.
Orizzonte limitatissimo di cui io stessa, pur non avendo interessi diretti nella drammaturgia ma svolgendo questa azione come critico indipendente e se vuoi "militante", sono rimasta vittima, come nel caso del Teatro delle Regioni, promosso dall'Arca Azzurra Teatro, che dopo cinque anni di attività da me svolta a favore degli autori (*), e, per il successo ottenuto e le sinergie messe in campo, poteva ottenere dei finanziamenti come festival, è stato definitivamente chiuso, salvo per i sia pur esigui finanziamenti da me attivati che sono rimasti alla compagnia.
Non credo di dover aggiungere altro. Se non di augurarmi e di augurare al teatro italiano che la normativa in questione vada in porto e che nascano moltio nuovi e abili "intermediari" a favore degli autori. Può darsi che siano meglio dei vecchi. Ti ringrazio dell'ospitalità.
Luciana Libero
(*) Ruccello, Moscato, Cappuccio, Silvestri, Santanelli, Manfridi, Chiti, Magris, Palladino, Camerini, Tarantino, Scaldati, Fontana, Erba, Baldini, Spadoni, Sarti e altri, tanto per fare dei nomi.
Per un teatro di guerriglia
Con il titolo "Per un teatro di guerra", Teatroaperto organizza dal 13 al 16 marzo al Leonka una personale
dedicata a Mario Martone con film, spettacoli e incontri. Sono stati commissionati-racconti alcuni interventi.
Questo è il mio "Per un teatro di guerriglia", prossimamente spero di inserire anche qualcos'altro.
In fondo, il programma completo degli incontri.
Cara Federica,
mi chiedi un intervento sul tema "teatro di guerra". Provo a buttare giù in
fretta-disordine qualche appunto.
Al di là del senso molto preciso in cui Mario Martone ha usato l'espressione
(in un determinato momento storico, partendo da un determinato spettacolo),
al di là del senso che ha l'espressione nel linguaggio giornalistico
("teatro di guerra" è là
dove si combatte per davvero,dove c'è "la cosa vera", e dove il teatro non
ha senso - se non nelle
forme animali, primordiali: il cammuffamento, l'inganno dell'avversario),
non credo sia possibile
generalizzarla.
Oggi - nell'epoca delle comunicazioni di massa (su scala nazionale e ora
mondiale, con CNN, MTV, Internet e il Papa in Mondovisione) - il teatro è
una forma
d'espressione e comunicazione marginale, fragile. La sua ecologia è
terribilmente delicata. Che cosa sono i 50,
500, 2000 spettatori che riempiono una platea in confronto ai milioni di
telespettatori di un
qualunque telefilm, quiz o talk show? Che guerra puoi fare, in queste
condizioni?
Di più: le guerre, oggi, si fanno anche (e forse soprattutto, dal Vietnam a
Baghdad) proprio in tv. La gente muore, e la televisione non smette di
trasmettere,
in diretta, la sua agonia.
Là, sul "teatro di guerra" (perché ci sono anche
guerre dimenticate, che non fanno teatro), le telecamere sono accese per il
prime time. Abbiamo visto in diretta i massacri, gli elicotteri levarsi in
volo sulle risaie, la corsa per attraversare una piazza sotto i colpi dei
cecchini, i lampi fosforescenti della contraerea, la soggettiva del missile
verso l'obiettivo, l'agonia del bambino tra le braccia del padre... Là, in
quei
momenti, nessuno certo pensa più al teatro - se mai ci ha pensato.
(C'è stato anche chi, con uno spettacolo, ha cercato di accendere la
rivoluzione. In genere si fallisce, è un progetto velleitario, perché tutti
conosciamo benissimo la differenza tra la realtà e la finzione, tra il
sangue e il sesso quando sono finti e quelli che viviamo nella nostra carne,
tra il paradiso in scena e la giustizia e la fratellanza sulla terra. Ma
qualche volta, in un'epoca in cui il teatro era meno piccolo, è successo
davvero, che uno spettacolo abbia scatenato una rivolta. E allora questa
resta sempre un possibilità, per quanto remota e improbabile.)
Ho letto racconti emozionanti di attori che, in una città ancora in guerra,
tra le macerie dei bombardamenti e il terrore di essere scoperti, avevano
deciso di ricominciare a fare teatro. Tra la disperazione più totale e la
speranza più assurda (poteva essere la fine della Seconda guerra mondiale,
poteva essere la messinscena di un romanzo di Dostoevskij). Era la necessità
di tornare a una vita
civile, normale. Era la necessità di oggettivare l'esperienza della guerra.
Era la necessità di riprendere il filo di una tradizione culturale
interrotta. Era la necessità di avere un luogo dove i conflitti tra le
diverse anime della città potessero essere rappresentati e compresi - e non
solo agiti e subiti. Era la necessità di trovare un senso alla storia (di
inventarselo?). Di sapere se quell'infinità di tragedie personali poteva
avere un senso. Cercare la verità e insieme illudersi.
C'è anche chi, parallelamente, va a cercare la necessità profonda del
proprio fare teatro proprio là dove il conflitto, la guerra sono ancora
accesi. C'è chi è andato a fare Beckett a Sarajevo. Ci sono i clown che
cercano di riportare il sorriso tra i bambini dei campi profughi,
terrorizzati dalla violenza e dalla fuga. C'è chi cerca di dare voce
all'orrore e al dolore, perché non restino gridi muti, ma possano prendere
una forma, diventare comunicazione e magari rito. E credo che ogni volta, a
quegli attori, a quei clown, venga da chiedersi: come è possibile che la
nostra finzione possa dare un aiuto vero? Il dubbio: siamo noi che serviamo
a loro, o loro che servono a noi - e la speranza che siano vere tutte e due
le cose.
Insomma, credo che oggi il teatro - anche se si nutre di conflitti fuori e
dentro gli esseri umani - non abbia la forza per fare nessuna guerra, e che
in fondo non sia quella la sua vera vocazione. Però oggi il teatro è sempre
in una condizione di guerriglia. Deve resistere e spostarsi, conquistare con
il sacrificio i suoi spazi e il suo diritto all'esistenza. Muoversi in
solitudine o in piccoli gruppi. Accendere fronti sempre nuovi e richiudere
le cicatrici. Accodarsi al grosso degli eserciti. Muoversi nel mondo dei
mass media come se ne facesse parte, sapendo però di essere in qualche modo
diverso. Cercare di mantenere la propria identità e libertà interiore (e di
movimento). Avere la possibilità di abbandonatre tutto, in qualsiasi
istante, e ricominciare altrove.
C'è chi fa teatro con gli sconfitti della vita (e soprattutto degli uomini).
Persone deboli, fragili, segnate (forse tutti i veri attori lo sono: come
per molti grandi artisti, l'origine è una ferita). In scena costoro non
perdono nulla delle loro debolezze, ma diventano in qualche modo guerrieri.
I loro gesti hanno la precisione e la forza dei combattenti, eppure non
feriscono nessuno. Il loro sguardo, il loro ritmo sembrano dettare il tempo
al mondo. La loro mira è precisa, cercano il cuore della vita. Sono
guerriglieri? O forse guerrieri di un'altra guerra, che stiamo tutti
combattendo senza quasi accorgercene.
Ecco, per questo "teatro di guerra" ho saputo mettere insieme solo queste
associazioni un po' confuse, echi sfilacciati, come di chi sente da lontano
il rumore della battaglia, e non capisce quello che sta succedendo, e
s'interroga.
Cia-o.
Il programmma di "Teatri di guerra" al Leoncavallo di Milano
13/14 marzo: RETRO-PROSPETTIVA SULL'OPERA CINEMATOGRAFICA DI MARIO MARTONE
13 marzo, SPAZIO BOMBONERA dalle ore 21.30: Intervista di Ciprì e Maresco a Mario Martone e Enzo Moscato - La salita (da "I vesuviani") - Una storia Saharawi - Un posto al mondo
14 marzo, SPAZIO BOMBONERA dalle ore 21.30: Appunti di Santarcangelo - Rasoi - Antonio Mastronunzio pittore sannita - Lucio Amelio Terremotus
15 marzo
SPAZIO BOMBONERA, ore 20.30: INCURSIONI VIDEO
ore 21.00, Incontro: STORIE PARALLELE - FARE UN TEATRO DI GUERRA, coordina Oliviero Ponte di Pino, intervengono Mario Martone, Elio De Capitani, Gigi Gherzi, Renzo Martinelli, Antonio Moresco, Massimo Munaro
SPAZIO TEATRO, ore 23.OO, spettacolo: LA SANTA- STAZIONI, prodotto da Teatro Di Roma/Teatro Aperto in collaborazione con C.S.Leoncavallo di e con Teatro Aperto e Antonio Moresco
16 marzo
SPAZIO TEATRO, ore 21.00, incontro: FILMARE IL TEATRO. FILMARE IL MONDO. IL CINEMA DI MARIO MARTONE, intervengono Mario Martone, Carla Benedetti, Gianni Canova, Antonio Caronia, Paolo Rosa
ore 23.30: PROIEZIONE IN 35MM DEL FILM TEATRO DI GUERRA
4 Amleti per il Novecento
La Biennale di Venezia ha costruito un mini-festival intorno
al debutto dell'Otello con la regia di Eimuntas Nekrosius:
spettacoli, mostre, incontri, film... raccolti sotto l'etichetta Shakespeare & Shakespeare.
Shakespeare & Shakespeare è anche il titolo del volume curato da
Luca Scarlini in collaborazione con Elisa Vaccarino
(e pubblicato da Marsilio) che raccoglie "trascizioni adattamenti tradimenti
1965/2000": si parla di spettacoli (ovviamente), libri, balletti, musiche, pubblicità,
in vario modo ispirate a WS e alle sue opere. Qui sotto, il mio
modesto contributo all'impresa.
Sceglierne solo 4 è durissima, solo di Amleti "fondamentali" nel Novecento
ce ne sono stati a centinaia, ne ho schedati alcuni per il CD-rom
shakespeariano fatto per Garzanti e avrei potuto andare avanti ancora a
lungo. Insomma, anche limitandomi al Pallido Prence non saprei davvero quali
sue incarnazioni privilegiare. Oltretutto non capisco se questo sondaggio
punta a proclamare in una specie di hit parade lo "Shakespeare del Secolo",
oppure se l'obiettivo è un censimento che vada anche alla scoperta di
curiosità ed eccentricità.
Se dovessi però fare quattro segnalazioni amletiche (e limitandomi agli
spettacoli), comincerei col fare un gioco delle coppie, una piccola parodia
alla Lévi-Strauss, per delimitare il ring.
La coppia numero uno contrapporrebbe il primo Amleto integrale al primo
Amleto in abiti moderni, la messinscena di Robert Benson nel 1900 a Londra a
quella realizzata nel 1925 dalla Birmingham Repertory Company di Barry
Jackson con la regia di H.J. Ayliff. Insomma, la filologia contro
l'attualità, il rispetto puntiglioso contro la libertà assoluta. Benson (che
nel 1881 aveva portato in scena l'Agamennone in greco) in uno spettacolo
di oltre cinque ore sfatò il mito dell'irrappresentabilità dei testi
integrali, dopo secoli di tagli e adattamenti. Jackson riuscì invece a
rendere il Bardo popolare: era questo l'obiettivo della sua modernizzazione,
che in pochi mesi contagiò in un'autentica epidemia le scene del mondo
intero. Da allora abbiamo visto ormai centinaia e centinaia di
attualizzazioni adattamenti: ma è curioso ricordare che nella prima scena,
in quell'ormai lontano 1925, il regista fece salire le luci lentissimamente,
per attutire lo shock ed evitare le risate del pubblico di fronte a un
principe con i calzoni alla zuava e la camicia bianca.
La seconda coppia contrapporrebbe Gustav Gruendgens a Nikolaj Okhlopkov,
l'Amleto del Terzo Reich (Berlino, 1936) a quello post-staliniano (Mosca,
1954). Hitler lasciava mettere in scena il capolavoro di Shakespeare, a
patto che diventasse il prototipo dell'eroe ariano. Stalin durante la
Seconda guerra mondiale ne aveva vietato la rappresentazione.
L'interpretazione di Gruendgens (protagonista e regista) era ricca di
ambiguità, e rifletteva la sua solitudine all'interno del regime: il più
celebre Mephisto della storia era peraltro sovrintendende del più
prestigioso teatro tedesco, lo Staatstheater di Berlino. Nello spettacolo
del Teatro Meierchol'd, pochi mesi dopo la morte di Stalin, campeggiava un
gigantesco portale-sipario che trasformava l'intera Danimarca in una grande
prigione. Inutile dire che Amleto un testo politico, e che le sue
interpretazioni costituiscono dunque un'autentica cartina di tornasole delle
oscillazioni di ogni regime.
Nella terza coppia metterei Carmelo Bene (e anche la Societas Raffaello
Sanzio) e Federico Tiezzi. Carmelo Bene di Amleti ne ha disfatti tanti,
dal 1961 a oggi, in teatro e tra cinema e tv. La Raffaello uno solo:
l'"amlodhi" (che in antico norvegese vuol dire più o meno deficiente") del
gruppo romagnolo è andato in scena nel 1992. Federico Tiezzi alle sue Scene
di Amleto ci ha lavorato per tre anni, dal 1999 al 2001, al volgere del
secolo. Da un lato la distruzione di tutte le
rappresentazioni-interpretazioni possibili, dall'altro l'accumulo e la
contrapposizione delle varie letture del testo, la stratificazione delle
interpretazioni critiche e delle messinscene. Da una parte lo svuotamento
del senso, lo smontaggio degli elementi che concorrono alla creazione dello
spettacolo, la regressione, l'autodistruzione, la sintesi. Dall'altra la
fiducia (forse ingenua, forse disperata) nella capacità di un testo di
generare senso, di farsi oggetto di infinite interpretazioni, di aprirsi a
una molteplicità di sguardi. Nei due casi, però, è un Amleto per frammenti,
sminuzzato e ricomposto. Distillato, assottigliato, sottratto, oppure
analitico, proliferante, stratificato. Se il Novecento ha segnato il
passaggio dalla modernità alla post-modernità, anche Amleto ha fatto la sua
corsa.
La quarta coppia: Giovanni Tesori e Heiner Mueller, due delle tante
riscritture del testo. Nel suo Ambleto (1973) Testori tritura e deforma
espressionisticamente parole e frasi, le torce tra lingua e dialetto, le
contamina con termini stranieri e di locuzioni di storpiato latino, per
ritrovare forza alla fabula, al racconto, e riscoprire così attraverso
Amleto la propria disperata umanità. In Hamletmaschine (1977) Mueller
cristallizza la lingua in versi dalla scansione classica, e però tritura il
racconto, lo squarcia per riempirlo di suggestioni legate alla propria
biografia e all'attualità, componendo un mosaico allucinato e rivelatore
sulla fine della storia.
Ma forse (mentre la memoria si affolla di altre incarnazioni) l'Amleto più
importante del secolo, quello che potenzialmente contiene tutte le
successive messinscene shakespeariane, resta uno spettacolo "sbagliato", non
riuscito. E' quello nato a Mosca dall'incontro-scontro tra due geni del
teatro come Stanislavskij e Craig, eternamente sospeso tra le suggestioni
del monodrmma e del grande allestimento. Ma sulla collaborazione tra questi
due geni teatrali si è già scritto moltissimo - inutile aggiungere altro, se
non la consapevolezza che a teatro anche gli errori possono essere
fecondissimi.
Il bando del Festival "Lavori in Pelle"
ASSOCIAZIONE CULTURALE CANTIERI
FESTIVAL "LAVORI IN PELLE"
Luglio 2001 - Alfonsine
Per la sua VI edizione "Lavori in Pelle" si propone di presentare ad una platea di valenza nazionale, le produzioni più originali e più significative del giovane panorama artistico nazionale. per sviluppare il progetto di visibilità della danza d'autore italiana di giovane formazione e per evidenziare forme di danza che partono da un forte stimolo personale alla ricerca.
Nei cinque anni di programmazione il festival é diventato un punto di riferimento necessario e unico in Italia per le nuove formazioni, ospitando piccole produzioni professionali, assoli, gruppi che privilegiano l'intervento improvvisato, testimonianze di eventi-spettacolo ai margini del Teatro. Una geografia di gruppi non limitata dai confini regionali e non accomunata da una visione univoca della danza.
Lavori in pelle si svolgerà dal 12 al 15 luglio 2001 presso il Museo del Senio di Alfonsine (Ra).
Coloro i quali fossero interessati a partecipare alla selezione sono pregati di inviare il seguente materiale entro e non oltre il 30 Aprile 2001 a:
Associazione Culturale Cantieri
"FESTIVAL LAVORI IN PELLE"
Via Mameli 17
48011 ALFONSINE -RA-
E-MAIL: sbassini@racine.ra.it
Tel. 0544 461762
- materiale video
- presentazione della compagnia
- scheda dello spettacolo proposto, comprensiva di esigenze tecniche (spazio, luci, audio, montaggio/smontaggio). Segnalare nella presentazione del materiale se la compagnia è interessata con il proprio progetto alla danza urbana.
- fotocopia dell'agibilità dilettantesca o professionale dove risultano inscritti gli artisti presenti nel progetto (per chi non fosse in possesso di questo documento informarsi presso il più vicino ufficio Enpals per avere chiara la prassi che solitamente viene richiesta nell'eventualità che il lavoro sia selzionato dal festival)
Non inviare alcun materiale se non corredato da immagini video, perché non verrà preso in considerazione.
Appuntamento al prossimo numero.
Se volete scrivere, commentare, rispondere, suggerire eccetera: olivieropdp@libero.it
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Oliviero Ponte di Pino 2001