BP3 SUD La questione meridionale L'editoriale di ateatro 103 di Redazione ateatro http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro103.htm#103and1 BP3 La questione meridionale Le informazioni essenziali Chi ci sarà, organizzazione e logistica di Redazione ateatro http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro103.htm#103and5 totopoltrone dall'Arcus spa al Ministero, dalla Toscana a Milano Tra continuità e discontinuità di Redazione ateatro http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro103.htm#103and10 specialemilano Milano… ma ecco il nuovo che avanza! Nuovi lidi d’approdo tra i Navigli di Giulio Baraldi http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro103.htm#103and22 specialemilano ci vediamo il 22 novembre Il comunicato stampa dell'incontro alla Scuola d'Arte Drammatica di Redazione ateatro http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro103.htm#103and23 Ufficializzato il nuovo cda del Piccolo Teatro Entrano Risé, Doninelli, Margheri e Pastore di Redazione ateatro http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro103.htm#103and24 speciale milano La contemporaneità e gli Arcimboldi Una provocazione? di Franco D'Ippolito http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro103.htm#103and25 speciale milano il Piccolo Teatro nella rete della contemporaneità Otto domande a Sergio Escobar di Oliviero Ponte di Pino http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro103.htm#103and26 Bateson per lo speciale Milano Un contributo dalla brughiera di Adriano Gallina http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro103.htm#103and27 L'ultima cena di Annibale Ruccello Note di regia di Natalia Antonioli http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro103.htm#103and37 Il mito di Lepage in mostra a Intercity Un’occasione sprecata? di Anna Maria Monteverdi http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro103.htm#103and43 Gilberto Santini alla direzione dell'AMAT Subentra a Raimondo Arcolai di Redazione ateatro http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro103.htm#103and70 Va in scena lo spettacolo della precarietà A Milano il 6 novembre di Autorganizzati dello Spettacolo http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro103.htm#103and72 Il Bando del Premio Riccione per il Teatro 2007 I testi vanno spediti entro il 5 febbraio di Premio Riccione http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro103.htm#103and73 Stati generali del teatro educazione 2006 A convegno a Serra San Quirico di Manicomics http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro103.htm#103and71 RockaBeckett Settanta video per Samuel Beckett nel centenario della nascita di Ufficio Stampa http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro103.htm#103and75 Giovanna Marini in Sicilia Spettacoli e laboratori ad Alcamo di Clara Gebbia http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro103.htm#103and76 La vocazione teatrale secondo Renata Molinari (e Moni Ovadia) A Milano il 14 novembre di Scuola d'Arte Drammatica Paolo Grassi http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro103.htm#103and77 Commedia dell'arte: in viaggio e in festa con Dario Fo e Franca Rame All'Università di Roma dall'11 al 13 novembre di Ufficio stampa http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro103.htm#103and78 Del Rwanda non sappiamo niente di Orsola Sinisi premiato dal pubblico Al 4FF di Bolzano di Redazione ateatro http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro103.htm#103and79 Se il Papa va in Turchia, Mmma Gallina porta la Turchia a Trento Al limite al confine a Trento dal 29 novembre al 4 dicembre di Centro S. Chiara http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro103.htm#103and80 Le residenze per il rinnovamento del teatro italiano Un convegno a Torino su cultura e territorio di Ufficio stampa http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro103.htm#103and81 ZOOM festival, l'immagine del nuovo teatro a Scandicci Dal 4 al 10 dicembre di Ufficio Stampa http://www.trax.it/olivieropdp/ateatro103.htm#103and82
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BP3 SUD La questione meridionale L'editoriale di ateatro 103 di Redazione ateatro |
ateatro 103 è online in modalità provvisoria.
Per cominciare, le info essenziali sul BP3 La questione meridionale. Come sapete ci vediamo a Napoli, Catel dell’Ovo, il 7 dicembre.
Le adesioni sono già numerose, prestigiose, fascinose. Stiamo accumulando relazioni, interventi e Buone Pratiche. Soprattutto, stiamo scaldando il mitico peperone - quello che dà il timing agli interventi.
Dopo di che, in questo ateatro103, come si diceva una volta, ritroviamo Nord e Sud uniti nella lotta: perché trovate anche molti dei materiali preparati per lo specialemilano. Nel forum si è ferocemente discusso sull’incontro del 22 dicembre: se volete dire la vostra, lo spazio è a disposizione di tutti, belli e brutti.
Per gli appassionati carrieristi e gli invidiosi sfegatati, c’è anche un gustoso totopoltrone, da integrare se volete con l’articolo di Gianfranco Capitta sul “manifesto” qualche giorno fa, e che qualcuno ha ripreso nel solito frequentatissimo forum. Si può discutere sui dettagli, ma la sensazione è che tra il governo Berlusconi e il governo Prodi, per quanto riguarda la gestione del settore spettacolo, ci sia una sostanziale continuità: almeno a livello delle strutture portanti (a cominciare dall’ETI) e dai ruoli dirigenziali. E’ dunque difficile immaginare una svolta, un rilancio, una diversa progettualità. Anche di questo parleremo a Napoli: perché non ci siamo certo dimenticati dell’1% alla cultura...
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BP3 La questione meridionale Le informazioni essenziali Chi ci sarà, organizzazione e logistica di Redazione ateatro |
Napoli e Castel dell’Ovo ci aspettano, dalle 10 alle 19 del 7 dicembre.
Le Buone Pratiche 3 La questione meridionale stanno prendendo forma.
Nei prossimi giorni metteremo sul sito altre info, news e alcune delle Buone Pratiche che verranno presentate nel corso dell’incontro. E naturalmente stiamo mettendo a punto il programma della giornata.
Siamo sicuri: sarà un incontro interessante, appassionante e appassionato!
Ma anche affollato.
Perché ci sarà molta gente. Hanno già confermato la loro partecipazione, tra gli altri:
Alba SASSO, vicepresidente Commissione cultura della Camera
Nicola ODDATI, assessore alla cultura del Comune di Napoli
Rachele FURFARO, consulente per lo spettacolo della Regione Campania
Patrizia GHEDINI, dirigente settore spettacolo della Regione Emilia-Romagna
Michele TRIMARCHI, economista della cultura
Giulio STUMPO, Osservatorio dello Spettacolo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Antonio TAORMINA, Ater Formazione
Carmelo GRASSI, presidente Anart
Ninni CUTAIA, direttore del Teatro Mercadante-Stabile di Napoli
Raimondo ARCOLAI, direttore del Teatro Stabile delle Marche
Alfredo BALSAMO, presidente e direttore del Teatro Pubblico Campano
Rocco LABORAGINE, direttore dell’Associazione Basilicata Spettacolo
e poi, in ordine sparso, tra gli altri
Teatro Kismet OperA
Cerchio di Gesso, Crest
Cantieri Koreja
Teatro Minino
Armamaxa
Crasc
La Bottega degli Apocrifi
Enzo Toma
Teatro Pubblico Pugliese
Scenastudio
Scena Verticale
Teatro Sybaris di Castrovillari
Teatro Rendano di Cosenza
Circuito Teatrale Calabrese
Teatro Segreto
Valentina Valentini (Università della Calabria)
Claudia Cannella (“Hystrio” e “Corriere della Sera”)
Giuseppe Cutino (Tutte le strade portano ad Alcamo)
Vito Minoia (Teatri delle Diversità)
Francesco D'Agostino (Quellidgrock)
Fanny Bouquerel
Giovanni Spedicati (Editrice Mongolfiera)
Danny Rose
Mario Nuzzo
Simone Ricciardello
Lia Zinno (Pantakin)
Fulvio Iannelli
Maria Rita Parisi
Ma questo è solo un primo elenco parziale: stiamo ancora raccogliendo adesioni e presenze, abbiamo in serbo qualche bella sorpresa!
Intanto, se volete iscrivervi (ma che dico, “volete”: dovete!!!) alle Buone Pratiche, cliccate qui.
Per quanto riguarda gli aspetti logistici, qui di seguito le info essenziali.
Coordinamento organizzativo
I Teatrini 081.19567674
Libera Scena Ensemble 081.5851096
Luca Grossi, Luigi Marsano, Lello Serao
www.ateatro.it - teatridinapoli@fastwebnet.it
Dove dormire, se non avete parenti a Napoli
Alberghi che hanno disponibilità di stanze doppie per i giorni 6 e 7 dicembre:
Hotel Cavour P.zza Garibaldi, 32 (tel 081.283122) stanza doppia 90 euro
Hotel Nuovo Rebecchino C.so Garibaldi, 356 (tel 081/5535327) stanza doppia 100 euro
Grand Hotel Oriente Via A. Diaz, 44 (tel 081.5512133) stanza doppia 140 euro (chiedere di Ciro)
Hotel San Marco Calata San Marco (tel 081.5520338) stanza doppia 130 euro
Ci sono ottimi Bed and Breakfast un po’ più economici che si possono contattare direttamente sul sito www.rentabed.com .
Cosa fare la sera del 6 e del 7 dicembre?
C'è una certa disponibilità di posti riservati ai partecipanti di BP3 per la pomeridiana di mercoledì 6 dicembre alle ore 21.00 dello spettacolo Questo buio feroce di Pippo Delbono al Teatro Mercadante. Chi fosse interessato può segnalarlo iscrivendosi all'incontro.
Per la serata del 7 dicembre abbiamo chiesto a tutti i teatri napoletani di mettere a disposizione qualche biglietto per i partecipanti a BP3 in modo che ognuno possa scegliere in libertà quale spettacolo vedere e confermarlo in piena autonomia.
Presto pubblicheremo l'elenco dei teatri che hanno aderito alla nostra proposta e degli spettacoli in programmazione.
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totopoltrone dall'Arcus spa al Ministero, dalla Toscana a Milano Tra continuità e discontinuità di Redazione ateatro |
La scorsa primavera, prima delle elezioni, ateatro si interroga un po’ malignamente sulle manovre per il totopoltrone del teatro italiano. Ora sono passati alcuni mesi, le elezioni sono andate come sappiamo, e qualcosa è successo e sta succedendo. Nei teatri e non solo.
Uno dei nodi più intricati è quello di Arcus spa, la società che gestisce il 3% dei fondi per le infrastrutture al sostegno di progetti collegati ai beni e alle attività culturali (spettacolo compreso): sono dei gran soldi e ne abbiamo parlato in varie occasioni... A proposito della situazione di Arcus spa il “Corriere della Sera” del 26 ottobre titolava “Sprechi e spese poco trasparenti”, denunciati dalla commissione presieduta da Paolo Baratta e voluta da Rutelli, e annunciava il prossimo commissariamento dell’ente. Pochi giorni lo stesso “Corriere” pubblicava la lettera di quattro consiglieri d’amministrazione dimissionari perché in disaccordo con le scelte del vertice; il 20 novembre il “Corriere” pubblicava una seconda lettera, dove il Direttore generale Ettore Pietrabissa rivendicava la correttezza della gestione. Ma nel frattempo Arcus aveva già un Commissario straordinario: Guido Improta, direttore dell’Azienda di Promozione Turistica di Roma, oltre che Amministratore delegato della società editrice di “Europa”, il quotidiano della Margherita, nonché fondatore della Società civile per la Margherita: insomma, un uomo di fiducia di Rutelli. Va ricordato che l’indirizzo strategico di Arcus è di esclusiva competenza dei ministeri dei Beni Culturali e delle Infrastrutture e che la recente Finanziaria ha confermato lo stanziamento del 3%.
All’ETI invece la situazione sembra bloccata, con mille indiscrezioni collegate alla Finanziaria: ma anche in questo caso hanno cominciato a girare con insistenza voci di commissariamento.
Al Ministero invece hanno scelto la strada della continuità: Direttore Generale dello Spettacolo sarebbe stato confermato fino al 2010 (duemiladieci) Salvo Nastasi. All’inizio Nastasi era stato considerato in quota AN. A Firenze, dove è stato Commissario Straordinario del Maggio e ora è nel consiglio d’amministrazione dell’ente, i DS lo considerano un amico. A Roma invece qualcuno giura che si è avvicinato alla Margherita. Altri dicono che è semplicemente un bravo tecnico e non è colpa sua se la destra e la sinistra fanno a gara per accaparrarsi i suoi servigi. O magari è stato folgorato sulla strada del MIBAC, come san Paolo sulla strada di Damasco. Possiamo solo sperare che la conversione non riguardi solo l’affiliazione politica, ma anche la sua idea di teatro. Insomma, speriamo che la sua visione non sia più quella esplicitata nell’intervista del 12/11/2004 al “Giornale dello spettacolo” e ripresa da ateatro 77:
Negli ultimi anni si è registrato un aumento evidente delle compagnie di innovazione a fronte di una discesa rapida delle compagnie "normali"; ora, dato che il regolamento teatro prevede alcuni requisiti per le une e per le altre, ci è parso chiaro che non ci fosse altrettanto pubblico per l'innovazione: dai dati che le stesse compagnie ci mandano si evince che l'afflusso di pubblico è bassissimo (...) In alcune regioni oltre il 50% delle compagnie si occupa di innovazione, forse bisogna chiedersi se c'è qualcosa in quel sistema che non funziona. Allora noi non abbiamo tagliato genericamente l'innovazione ma abbiamo fatto una selezione (...) decisa all'unanimità dalla commissione. La stessa commissione mi ha segnalato l'esigenza di ripulire il sistema di una parte eccessiva di innovazione...
Questo fu il debutto al Ministero di Nastasi, che motivava così l’azzeramento di 7 compagnie di ricerca, forti tagli ad altre 28 (salvo poi alcuni recupero); da segnalare che la stagione precedente la stessa commissione aveva portato le compagnie da 255 a 300, con 45 nuove ammissioni...
E sul territorio?
In Toscana il dopoelezioni ha portato a un curioso azzeramento. Nel giro di pochi mesi, tra giugno e settembre, si sono dimessi gli assessori alla Cultura di Regione Toscana Mariella Zoppi (DS), Provincia di Firenze Maria Cassi (DS) e Comune di Firenze Simone Siliani (DS). Un bell’en plein. Ma che è successo? Forse i DS in Toscana hanno perso le elezioni? Niente affatto, piuttosto lotte interne alla nomenklatura del partito (vedi anche gli intrighi di Prato intorno al Metastasio) e scambi tra DS e Margherita all’ombra dell’Ulivo. Per esempio, Siliani, assai apprezzato per il lavoro sul territorio, è stato spinto alle dimissioni, malgrado l’accorata lettera di solidarietà di numerosi operatori toscani: si dice che il suo posto fosse destinato ad Antonio Paolucci, ottimo Sovrintendente del Polo museale fiorentino e fresco pensionato, assai sostenuto da Rutelli, anche se quelli della Margherita toscana non lo contano tra i loro. Se non che Paolucci è stato chiamato alla prestigiosa direzione delle Scuderie del Quirinale, e così il 19 settembre la delega alla Cultura è finita nelle mani del sindaco Dominici (così come in Regione la delega è ora nelle mani del presidente Martini). La sinistra Toscana aveva cercato di attrezzarsi per tempo, con iniziative di cui ateatro 92 e 94 aveva dato notizia, ma non è servito molto: il dibattito dietro le quinte dev’essersi fatto così acceso che alla fine c’è stata questa specie di epidemia...
Un altro nodo chiave è Milano, al centro del nostro speciale. ateatro ha già dato notizia del nuovo cda del Piccolo Teatro: i consiglieri sono designati da Governo ed enti locali, e dunque sono di nomina politica (quella che si chiama lottizzazione). Al Comune di Milano - sindaco Letizia Moratti, assessore alla Cultura Vittorio Sgarbi - tra le nomine dei numerosi nuovi dirigenti (ne ha parlato anche Report) c’è anche quella del Direttore del settore che si occupa dello spettacolo dal vivo. In pole position c’è Antonio Calbi, il tutto dovrebbe diventare ufficiale in questi giorni.
Sulle Marche che possiamo aggiungere? ateatro ha già raccontato gli avvicendamenti allo Stabile delle Marche (Raimondo Arcolai) e all’AMAT (Gilberto Santini). Nel frattempo l’assessore della Cultura della Regione Marche, il regista Giampiero Solari, è stato retrocesso a consulente del nuovo assessore, Luigi Minardi (DS), Presidente del Consiglio della Regione Marche: insomma, un biologo - ma soprattutto un politico di lungo corso - al posto di un regista teatrale e televisivo di successo e pieno di buone intenzioni.
Questi sono solo alcuni dei tasselli del totopoltrone. E’ difficile trovare una morale della favola. Si colgono ovviamente il peso (e molti vizi) della politica. Nel quadro, come abbiamo visto, ci sono molte continuità: per esempio all’Accademia Nazionale Silvio D’Amico resta inamovibile alla direzione il Commendator Luigi Maria Musati, seppur affiancato da Giovanni Minoli in qualità di Presidente. E ci sono discontinuità, più o meno felici: per esempio ci mette di buon umore che il “nostro” Franco D’Ippolito sia stato nominato consulente per lo spettacolo della Regione Puglia...
Se avete altre informazioni e notizie - oppure se volete tirare anche voi una morale da queste belle favolette - la Redazione di ateatro e i suoi forum sono a disposizione!
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specialemilano Milano… ma ecco il nuovo che avanza! Nuovi lidi d’approdo tra i Navigli di Giulio Baraldi |
A me, di parlare del teatro a Milano, non me l’ha chiesto nessuno.
Tant’è. Da buon milanese, intraprendente e solitario, mi rimbocco le maniche e scrivo lo stesso.
Da quindici anni, qui, faccio teatro. E produco. O comunque lo vogliate esprimere, senza togliere valore all’arte e senza svilire l’economia.
Per raccontarla in breve: in un capannone a Cusano Milanino abbiamo prima partorito la compagnia Egumteatro (ora emigrata tra i colli senesi), poi Aia Taumastica; sono passato attraverso la lunga ed emozionante esperienza di Macrò Maudit, nata con Paolo Pierobon in una cantina umida di Città Studi, fino ai recentissimi ‘splendori’ (di pubblico) di palazzo Isimbardi.
Ora mi muovo, cappello in testa, caffè e sigaretta, in questa città, per conto mio, senza enti o compagnie alle spalle, alla costante inquieta ricerca di una ‘forma’. Di un ‘modo’? Di un ‘nome’? Di un ‘modello’? Di me stesso?
Ecco, giusto.
Comunque è qui che ho (quasi) sempre lavorato e forse, Milano, sta davvero cambiando.
Di sicuro, a trentacinque anni, sto cambiando io.
E, scusate, ma mi è venuta voglia di fare alcune considerazioni aperte – e una parentesi - sull’arte e la cultura in questa città.
1) Partiamo dai problemi: la mancanza di riferimenti. So che detto così non vuol dire granché. Ma per chi ha sempre cercato, come me, di approdare a dei risultati artistici (con annessi e connessi) o comunque ad una continuità di forme se non di risultati, è sempre stata dura guardare davanti e non riconoscere a Milano i propri ‘padri’, i propri maestri. Non vorrei offendere nessuno, ma ho fatto proprio fatica in questi anni a individuare qualcuno, un regista, un ente, verso cui aspirare o tendere la mano speranzoso. E che, al tempo stesso, me la tendesse, con continuità, favorendo la mia ‘crescita’.
A Milano bisogna farsi da sé. E siamo sempre troppo grandi o troppo piccoli…
Credo che lo stesso problema si può riproporre, adesso, a chi comincia a fare teatro, se non ci poniamo nella condizione di essere, noi, dei riferimenti per qualcuno.
2) Carlo Porta è morto. Ma, sembra che a Milano, non vogliano farsene una ragione. Ovvero se tanti sono affezionati al ‘cuore in mano’, al dialetto, alla nostalgia della ringhiera, altri hanno voglia di cambiare aria. Quindi ci vuole, certo, il rispetto della tradizione, ma certe manifestazioni stile “Milano nel cuore”, mi sembrano spesso serate propagandistiche per le prossime elezioni comunali. Se si vuole festeggiare il passato che questo abbia una sua ‘valorizzazione’ specifica, reale e definita.
Invece mi sembra che le stagioni teatrali milanesi, a volte, promuovano un vago sentimento, per ‘quello che non è più’, per il vecchio, che sembrerebbe accontentare tutti. E invece scontenta i più (specie i giovani, il nuovo pubblico!)
3) Proposta: se l’arte è fatta di correnti, espressione viva di ogni singola epoca (e la nostra è piena di contrasti, tensioni, estremismi, liricità del quotidiano, contaminazioni! etc.), perché non dare luce a nuove feste sì, rassegne – organizzate da enti o teatri stabili, ma su precise elettro-stimolazioni di comune, provincia e quant’altro, per indagare, attraverso la cultura, il presente e il divenire? Iniziative che indaghino, attraverso il teatro, il mondo in cui viviamo. In luoghi alternativi, con modalità originali e sorprendenti, che promuovano il teatro come arte viva e attuale, ‘specchio del diavolo presente’,non come espressione di una lingua e di una retorica sorpassata.
Per molti, non dimentichiamolo, il teatro è ancora un castigo, fatto di noia e sipari…
3) Altra proposta: se si vuole rinnovare bisogna, soprattutto, coinvolgere persone nuove, artisti, professionisti che hanno il sangue fresco, che vivono di teatro europeo, che conoscono le performances, (il futuro insomma!); bisogna inserirli all’interno dei propri consigli direttivi e artistici. Porre in condizione chi sa lavorare bene, chi è preparato ed ispirato, di discutere, muovere, creare le stagioni in una direzione prospettica ‘elevata’.
Certo che nessun direttore artistico cinquanta-sessantenne – vero? - vorrà tra le palle l’artista o l’organizzatore emergente, specie se pagato, che metta, pure, il becco nel suo teatro ‘convenzionato’. Ma le istituzioni che ci stanno a fare se non sollecitano un forte cambio generazionale? Se non individuano (e incentivano) questo dialogo tra il vecchio e il nuovo? Questi statuti…!
A volte, qualcuno, dopo il lavoro, andrà a casa scontento ma il giorno dopo, gli sarà passata. E, intanto, le cose cambieranno. E, magari, in meglio.
(Apro una parentesi) Quando mai s’è visto che l’arte crea problemi di sicurezza? Mica siamo allo stadio…
E allora è vergognoso che in una città vivace come pretende di essere la nostra, un’artista, se vuole, non possa mettersi in una piazza a suonare, a esibirsi, anche solo a leggere dei testi, a improvvisare una scena…
Milano è ancora un luogo dove la libera espressione si scontra coi vigili - i nuovi Inquisitori di terrore e multe -, una città dove devi chiedere il permesso (e poi non te lo danno!) per realizzare una performance per strada o quant’altro; dove luoghi come piazze, metrò potrebbero essere palchi, mostre, teatri a cieli aperto… e invece restano, spesso tristemente, quello che sono.
Utopia? Se siete stati a Praga, a Londra, a Berlino sapete benissimo di cosa sto parlando… ed è anche da questa riconsiderazione degli spazi, dall’allargamento delle prospettive che si può ripensare a un’educazione artistica che, in futuro, porterà grande giovamento. (Chiusa parentesi).
Credo che sia nostra responsabilità, di questi tempi, pensare e ripensare il teatro a Milano.
Che chi lo ha pensato – e prodotto - fin adesso faccia delle considerazioni.
Che ci sia un confronto serio tra i teatri e che, oltre a discutere efficacemente dei ‘loro’ problemi, possano individuare punti in comune e in prospettiva, per diventare dei ‘punti di riferimento’, per costruire un rinnovamento, oltre a pensare alla propria continuità e a un’eredità scintillante.
Che ci sia un confronto attivo, serio, anche nel lavoro, tra le compagnie e gli artisti di questa nuova generazione (tra noi ci sono quasi sempre stati incontri frettolosi e precari), per sviluppare alcuni argomenti fondamentali: come porsi di fronte a questa città? Come affrontare i teatri e le istituzioni e individuare con loro possibile relazioni di dialogo (tanto da mungere non c’è più nessuno)? Come migliorare la percezione che il pubblico milanese, effettivo e potenziale, ha nei confronti del teatro? Come penetrare e permeare la vita culturale di questa città che risponde magnificamente solo alle sollecitazioni festaiole notturne?
E’ il momento, credo, di creare, tra i Navigli, nuovi lidi d’approdo. Signori, è il nuovo che avanza!
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specialemilano ci vediamo il 22 novembre Il comunicato stampa dell'incontro alla Scuola d'Arte Drammatica di Redazione ateatro |
MILANO DELLE MIE BRAME
cosa c’è di nuovo - e di antico - nella scena teatrale milanese
a cura di www.ateatro.it
MERCOLEDI’ 22 NOVEMBRE – ORE 17.30
SCUOLA D’ARTE DRAMMATICA PAOLO GRASSI, Via Salasco 4
La webzine di cultura teatrale www.ateatro.it ha dedicato nel suo ultimo numero un ampio “Speciale Milano”, curato da Mimma Gallina e Oliviero Ponte di Pino in collaborazione con Giovanna Crisafulli.
In un confronto pubblico e aperto a tutti sono intervenuti tra gli altri Daniela Benelli, Umberto Angelini, Elena Cerasetti, Sisto Dalla Palma, Filippo Del Corno, Manuel Ferreira, Carlo Fontana, Federica Fracassi e Renzo Martinelli e Serena Sinigaglia.
Nel progetto di città degli amministratori milanesi, negli ultimi decenni non c’è stato posto per la cultura. Eppure la recente evoluzione del sistema teatrale milanese testimonia di una ricchezza e di un’articolazione che richiederebbero maggior cura.
Sul versante degli spazi è in corso una radicale ristrutturazione: l’Out Off ha preso possesso della nuova sede, il Franco Parenti lavora alla ristrutturazione del Pier Lombardo, i Teatridithalia a quella dell’ex Cinema Puccini, il Litta sta ampliandosi in nuovi spazi. Nel frattempo si stanno aprendo nuovi spazi: dopo Teatro I, Teatro Blu e Pim, apre lo spazio Mil a Sesto San Giovanni. Non mancano ambiguità e segnali in controtendenza: oltre agli Arcimboldi (che rischiano di drenare preziose risorse), ci sono i casi del Lirico affidato tra mille polemiche al tandem Longoni-Dell’Utri, del Nuovo sotto sfratto, del Carcano in difficoltà...
Ma a questo fermento organizzativo corrisponde un analogo rilancio creativo? Perché si avverte anche una sensazione di generale annebbiamento: il teatro milanese sembra aver perso in parte la sua spinta propulsiva, la città sembra sempre più lontana dai grandi circuiti internazionali e da tempo non è più tra le capitali della cultura teatrale.
Le questioni aperte sono molte, fin troppe. Se ne è già cominciato a discutere sull’ultimo numero di www.ateatro.it. E’ sembrato necessario proseguire e rilanciare il confronto anche in un incontro aperto con artisti, operatori e spettatori, alla Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi, mercoledì 22 novembre alle 17.30.
Ulteriori info sull’incontro (e lo “Speciale Milano”) sul sito www.ateatroit.
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Ufficializzato il nuovo cda del Piccolo Teatro Entrano Risé, Doninelli, Margheri e Pastore di Redazione ateatro |
ateatro 101 aveva anticipato alcune nomine qualche tempo fa, adesso è ufficiale.
Presidente è Claudio Risé, docente di Psicologia dell’educazione alla Facoltà di Medicina di Milano Bicocca, designato dal Comune). Accanto a lui, new entries, Luca Doninelli (designato dalla Regione), il senatore Andrea Margheri (per la Provincia) e l'ingegner Antonio Pastore (per la Camera di Commercio di Milano).
Confermati invece l'avvocato Giuseppe Nanni (per il Comune), l'editore Federica Olivares (per il Ministero per i Beni e le Attività culturali) e il professor Pierluigi Crola (per la Regione).
E anche di questo si parlerà nell'incontro del 22 novembre...
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speciale milano La contemporaneità e gli Arcimboldi Una provocazione? di Franco D'Ippolito |
Lo speciale Milano di ateatro 102 descrive una città ed un ambiente civile e culturale che mentre vanta un grande passato non prossimo lamenta un presente fermo e stanco e soprattutto un’idea di futuro senza energia. Sensazione che mi pare confermata dal Piano Generale di Sviluppo 2006/2011 dell’assessore alla cultura Vittorio Sgarbi (almeno stando allo stralcio pubblicato sul “Giornale dello Spettacolo” del 30 ottobre scorso).
Può il futuro dello spettacolo milanese accontentarsi di ruotare intorno alla sopravvivenza delle convenzioni (senza ripensarle partendo dai risultati conseguiti ma anche considerando tutte le criticità di un sistema che non è riuscito a far crescere il nuovo che in questi ultimi dieci anni stentatamente ha cercato di proporsi all’attenzione degli operatori, del pubblico e della politica)?
E quale futuro aspetta questa città metropolitana alle prese con le strategie di marketing internazionale senza prima definirne i contenuti, gli obiettivi e le priorità, il più possibile condivisi con l’ampia ed articolata realtà teatrale milanese (sono le diversità artistiche e d’impresa una ricchezza per lo sviluppo integrato della città o no)?
Si può giocare il prossimo quinquennio con la principale preoccupazione di come conciliare la crescita con l’esistenza di un macigno (sulle politiche culturali e soprattutto su quelle finanziarie) come il Teatro degli Arcimboldi?
Sono domande a cui bisognerà cercare di dare risposte in tempi rapidissimi per non inseguire continuamente ciò che è già stato fatto e non dedicare nulla a ciò che si sta facendo e, soprattutto, a ciò che si può fare per far crescere il nuovo integrandolo con le realtà istituzionalmente radicate nel sistema teatrale da decenni.
Qual è l’energia di cui ha bisogno un qualsiasi futuro e un futuro di creazione artistica più di altri? Sono convinto che questa energia non possa essere che la contemporaneità; quegli obiettivi pubblici, quelle azioni delle istituzioni, quei soggetti teatrali pubblici e privati che stanno dentro il tempo che viviamo, che lo attraversano nei temi, nelle poetiche creative e nelle relazioni con i cittadini-spettatori. Vorrei che fossimo ossessionati dal senso della contemporaneità, dal presente che sfugge alla nostra comprensione e che, proprio per questo, deve riaffacciarsi prepotentemente nelle scelte di tutti, amministratori, artisti, organizzatori.
Per valutare l’efficacia degli interventi pubblici credo che un principio debba prevalere su tutto: la capacità di quell’intervento di far crescere ciò che naturalmente non potrebbe svilupparsi secondo le regole del mercato della cultura. E questo vale principalmente in un momento in cui le risorse pubbliche non possono aumentare e vanno perciò indirizzate ancora di più verso quei soggetti e quelle attività oggettivamente più in difficoltà rispetto a parametri puramente quantitativi. Se tutto lo spettacolo dal vivo ha bisogno di essere sostenuto dai sussidi pubblici, lo è ancora di più, pena la sua marginalizzazione, tutto ciò che non è già stabilmente riconosciuto e consolidato. Senza il necessario apporto dei nuovi soggetti e dei nuovi progetti qualunque sistema finisce per replicare se stesso impoverendosi. Ed è la contemporaneità che può provare a generare ricambio, non solo generazionale, dell’offerta e della domanda di teatro.
Provocatoriamente Luigi Corbani, direttore dell’Orchestra sinfonica Verdi, a proposito degli Arcimboldi propone l’intervento delle ruspe, in ragione di un costo della scomparsa certamente inferiore a quello dell’esistenza. Almeno, provo a interpretare positivamente la provocazione, se l’esistenza di questo nuovo grande teatro di proprietà pubblica a Milano significa farlo diventare un altro contenitore di proposte eccellenti ma, in sostanza, aggiuntive a tante altre più o meno dello stesso livello e con gli stessi obiettivi culturali e di pubblico di altrettante grandi istituzioni pubbliche (Scala e Piccolo sopra di tutti) e private.
Altrettanto provocatoriamente allora si può sostenere, con la ragione della contemporaneità, che gli investimenti pubblici per gli Arcimboldi non siano finalizzati alla moltiplicazione delle proposte esistenti, quanto piuttosto alla creazione di un ambizioso (ah, sana ambizione dei sognatori d’arte!) polo della creazione contemporanea delle generazioni d’artisti under 40 milanesi, lombardi, italiani ed internazionali. Si può pensare che un grande edificio teatrale di proprietà pubblica, a Milano, possa essere destinato a consentire ai nuovi interpreti del contemporaneo delle arti di creare e di confrontarsi con il pubblico presente e futuro? Possono le istituzioni teatrali milanesi a partecipazione pubblica essere chiamate non a surrogare la propria attività su un altro palcoscenico che altrimenti resterebbe vuoto, ma a tutorare con le proprie competenze artistiche e gestionali la contemporaneità?
Forse costerebbe ancor meno che l’intervento delle ruspe e costruirebbe un domani per Milano carico di energie antiche e future.
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speciale milano il Piccolo Teatro nella rete della contemporaneità Otto domande a Sergio Escobar di Oliviero Ponte di Pino |
Su Milano ci sono due scuole di pensiero, gli ottimisti e i pessimisti. In cosa sei ottimista e in cosa pessimista?
Sono assolutamente ottimista sulle opportunità creative che offre Milano. Ma vorrei fare una premessa. Ci si interroga se Milano sia ancora nei grandi circuiti culturali internazionali. Mai come in questo momento Milano è stata un punto di riferimento internazionale, come dimostrano le intense relazioni del Piccolo Teatro con i maggiori teatri del mondo, dalla Francia alla Russia, dalla Germania alla Cina e ai paesi del Mediterraneo. Questa è una precisa scelta che il Piccolo ha fatto, unitamente ad altre istituzioni culturali. Milano ha un solo difetto: non se ne rende conto. Mi viene in mente una recente affermazione di Umberto Eco: quando una città continua a interrogarsi su che cosa sia davvero, allora quella città rischia il fallimento.
Nel teatro, e in generale nella cultura, accadono molte più cose di quanto si veda. Questo però è l’aspetto che forse mi interessa meno: perché se lo dico io, che il teatro lo faccio, può apparire un gesto buonista nei confronti di attività ritenute minori oppure una difesa corporativa della categoria.
Il mio ottimismo riguarda soprattutto le grandi opportunità che offre chi vive e gravita attorno a Milano e che la politica non sa intercettare: così l'ottimismo si somma a un pessimismo radicale, a causa della totale miopia di chi dovrebbe leggere queste cose. Faccio un esempio riferito al Piccolo, perché offre una chiave di lettura interessante soprattutto per i politici.
Nel 1998, dopo che il Piccolo aveva già girato il mondo in largo e in lungo, ho deciso – e con me Ronconi, anche se all’inizio era perplesso – di fare un esperimento, anche se non l’abbiamo mai esplicitato come tale. L’ipotesi era che a Milano vivesse gente forse disorientata, ma profondamente interessata a capire le nuove complessità del mondo. Quindi abbiamo deciso di far recitare nei nostri teatri che sono teatri di prosa e dunque il più lontano possibile dall’universalità della musica - in lingue diverse. Risultato: in otto anni e in tre sale abbiamo fatto recitare in 18 lingue diverse. Questo per noi è un merito, ma anche un dovere. Una proposta che poteva sembrare diretta a un numero molto ristretto di interlocutori - quelli che viaggiano per studio ci sono sempre stati - ha toccato lo zoccolo duro del pubblico, ci hanno riempito le sale.. La “gente” (e uso volutamente questo termine) ha risposto con una fame assoluta di comprensione delle differenze e delle complessità. C’è dunque un potenziale della città, che è anni luce più avanti rispetto all’intuizione della politica e di chi ha amministrato la città.
Ecco, quello che mi induce al pessimismo è che fatti come questi sono totalmente estranei alla politica, la quale non solo è autoreferenziale – e lo si dice da quando è nata la politica – ma anche totalmente miope nei confronti della complessità offerta da opportunità come questa. La politica è pigra, non sa reinterpretare la centralità relativa di Milano, il suo “essere attraversata dal mondo”. Questa curiosità è estranea al mondo politico ed è invece molto presente nella vita dei teatri e della cultura. Sono come due città che non trovano una sintonia.
Accennavi alla quantità di lingue diverse che sono state parlate sui vostri palcoscenici: ma dove andate a cercare gli spettacoli che poi presentate nella stagione internazionale del Piccolo Teatro? Che tipo di rete utilizzate?
La rete è molto artigianale, fatta soprattutto di passaparola. Ci sono vari modi di gestire le ospitalità: attraverso le grandi agenzie, con i critici... Le agenzie ci sono abbastanza estranee: non le guardiamo con diffidenza, se fanno il loro mestiere; ma il nostro grande approvvigionamento di idee arriva piuttosto da una rete complessa di relazioni con altri teatri. La sensazione che mi insegue da quando faccio questo mestiere – e ormai sono quasi trent’anni – è che mi stia perdendo qualcosa di importante che sta succedendo in qualche parte remota del mondo. E’ un pensiero che non mi leverò mai di torno.
Quando parli di rete, ti riferisci soprattutto all’Unione dei Teatri d’Europa?
E’ certamente la rete più evidente di relazioni internazionali, almeno a livello europeo. Si è costituita vent’anni fa per volontà e su progetto di Jack Lang e Giorgio Strehler, che volevano esplicitare la funzione trainante della cultura. Ma poi le cose sono cambiate: l’Unione rimane un punto di riferimento ma di fatto il nostro non è più il festival dell’UTE. Già il primo anno era anomalo, avevamo inserito la Cina, poi sono arrivati il Marocco, la Siria, il Libano...
Il nostro è il tentativo, forse un po’ infantile, di tradurre in fatti una sensazione. Nel mondo attuale, globalizzato, si stanno determinando reti profonde, complesse, che non sono più riconducibili alle logiche di un progetto predeterminato. Insomma, è come se una sorta di volontà si sostituisse al progetto; ma non si tratta di una volontà autoreferenziale, perché si butta nella complessità di relazioni che nascono da mille curiosità. Il Mediterraneo è un caso classico: prima della tragedia delle torri gemelle, il Piccolo ha deciso che se voleva essere davvero un “teatro d’Europa” doveva incarnare un’Europa che ha “un punto di vista su...”. Quindi l’idea di teatro d’Europa doveva svilupparsi attraverso la capacità di prendere posizione, di entrare in relazione con altre realtà che con l’Europa non avevano nessun rapporto. L’UTE resta un riferimento, una rete privilegiata. Ci occorre però un setaccio più fine per individuare i microsegnali: sono loro a darci l’immagine del mondo. E’ da quello che succede nella periferia milanese che si può capire quello che succede nei grandi rapporti internazionali. Di recente siamo stati in Cina con l’Arlecchino, con un gesto quasi retorico: è uno spettacolo di eclatante bellezza, ma può sembrare un’arma spuntata rispetto al nuovo contesto. Invece questo Arlecchino è stato accompagnato da una lunga presenza di nostre persone che hanno lavorato con le università, che hanno fatto incontri sulla commedia dell’arte. Da qui è nata una rete di relazioni, una curiosità reciproca: così abbiamo stretto un accordo che andrà avanti per quattro anni con la maggiore accademia d'arte drammatica di Shanghai. Da lì sono partiti altri mille rivoli: adesso vogliono capire come lavorare sui testi della drammaturgia italiana classica e contemporanea.
Perché oggi il progetto è stato sostituito dalla volontà progettuale di entrare in relazione con reti complesse di relazioni e diversità. Sembra una dichiarazione retorica, in realtà è un metodo che dà risultati fantastici. Basti pensare a Infinities. Con Ronconi non ci siamo certo detti che bisognava dare un esempio di questo metodo, ma Infinities ne è l’esemplificazione, come lo è il Professor Bernhardi. Si tratta del superamento di una visione deterministica, quando si dice: “Ho un progetto, ho determinati mezzi, otterrò questo risultato”. Oggi dobbiamo gestire una complessità che stimola enormemente le capacità del teatro, ma anche quelle della politica, della polis.
Hai citato Ronconi. Che tipo di rapporto c’è adesso tra il Piccolo Teatro e Ronconi?
Siamo arrivati insieme al Piccolo Teatro. Ho chiesto io a Luca di venire a lavorare con me, abbiamo un rapporto personale profondissimo. Negli ultimi anni, di fronte al cambiamento della funzione del teatro e al cambiamento della politica nel senso di polis, questo rapporto si è consolidato. Anche se Luca non è un uomo che ama esplicitarsi verbalmente - lo fa attraverso il teatro - siamo arrivati a balbettare fra di noi, non in pubblico, alcuni desideri, a cominciare dal quello di restituire ai teatri la loro centralità.
So che dicono che quella con Ronconi sia una convivenza coatta, ma non è affatto vero. In questi decenni il rapporto tra un artista e un teatro secondo me è cambiata. Come spettatore e come operatore ho vissuto l’epoca della Scala di Abbado, quella della Scala di Muti, quella del Piccolo di Strehler. Quel modello corrispondeva a un progetto, a un’idea, ed era basato su un senso di possesso e sull’identificazione del progetto tra l’artista e l’istituzione. Ma quell’epoca è finita, non perché gli artisti siano diventati troppo ingombranti ed egoisti nei confronti delle istituzioni, ma perché la situazione è sostanzialmente cambiata, anche per ragioni molto banali. Una volta i teatri vivevano in condizioni economiche difficili ma producevano di più. Alla Scala tra il ‘79 e il ‘90 si facevano dodici produzioni all’anno; per un artista questo significava la possibilità di svolgere un’attività professionale; insomma, c’era polo attrattivo per il suo prestigio, ma anche un polo produttivo che esauriva la creatività dell’artista. Oggi non è più così: per mille ragioni, la politica ha deciso che i centri di produzione sono meno importanti dei festival.
Negli anni Novanta si poneva con immediatezza il problema della legittimazione dell’investimento nella cultura, che la retorica pubblico-privato non ha affrontato. L’alternativa non è tra legittimità e produttività, c’è un nucleo molto più profondo. Ma in quel momento la legittimazione che nasce da una scelta sociale condivisa è stata rinviata: la politica non si è presa questa responsabilità, si è rifugiata in retoriche privatistiche di cui quali paghiamo pesantemente i disastri sul piano della gestione, prima ancora che sul piano dell’autonomia artistica. Perché i problemi sul piano della gestione si riflettono sul piano dell’autonomia artistica, vedi il caso del Teatro degli Arcimboldi. La politica, che non ha dato una risposta, che sempre ha rinviato, ha una colpa enorme.
Quando la destra invocava: “Mercato, mercato”, ho detto a una ministra del governo di centrosinistra, una persona che mi è simpatica: “Ah, cari amici, se a destra vince il mercato, voi subito, siccome siete più bravi, volete far vincere il supermercato!” Questi estremismi hanno tolto legittimità al teatro anche agli occhi dei privati, anche se per fortuna non sono riusciti a togliergli la legittimazione agli occhi della gente: un vero miracolo, di cui non si capisce bene la ragione. Così si sono buttati sui festival, dove le cose semplicemente accadono, senza che ci sia fatica o una produzione alle spalle. Questo ha cambiato il comportamento degli artisti.
Di fronte a questo stato di cose, negli ultimi anni con Luca Ronconi abbiamo deciso di lavorare solo su progetti che sentiamo profondamente. Dal punto di vista artistico, lui è e resta l’anima del Piccolo Teatro. La controprova è il lavoro che fa con Masterclass e con la scuola, questa è la vera progettualità. Dopo di che oggi un teatro come il Piccolo non riesce a fare più di due o tre produzioni all’anno. Per cui mi sembrerebbe una pura idiozia vincolare un artista per un senso verticistico del possesso. Quando Luca fa spettacoli altrove, valutiamo la proposta: se rientra in un progetto comune, partecipiamo anche noi. Aspetto tranquillamente che qualcuno mi dica: “Ecco la dimostrazione che Ronconi non lavora più con Milano”. Ma questo fa parte della volgarizzazione di questo mondo e dell’esibizione del possesso del simbolo. E va di pari passo con l’idea del festival: “Ho strappato un artista a quegli altri, faccio il festival!” Ma così siamo molto lontani da un progetto artistico, da un rapporto reale con l’artista.
In questo momento Ronconi è profondamente legato al Piccolo, l’ha anche detto in una bella intervista, non l’aveva mai detto pubblicamente: “Sono molto legato al Piccolo Teatro, con Escobar c’è un rapporto fiduciario produttivo - non fiduciario contrattuale - e mi piacerebbe continuare a lavorarci”. Tutto il resto sono fandonie. Questo non significa che noi due, insieme, non stiamo aprendo anche ad altri: basta leggere i nostri cartelloni per vedere per esempio che Toni Servillo è presente al Piccolo in modo non banale. Ma la nostra non è una campagna acquisti come quelle dove Milan e Inter si strappano i calciatori: sono invece affinità che crescono. Così abbiamo dedicato il Teatro Studio all’attività dei giovani, anche se non credo nel pensiero generazionale giovanile.
Hai accennato al rapporto della città con le periferie. Un segno forte di quello che succede a Milano è che negli ultimi anni in periferia sono cambiate molte cose. Sono nate nuove sale e nuove realtà, accanto a un sistema molto consolidato. In tutto questo il ruolo del Piccolo quale può essere?
Grazie a Strehler e Grassi, il Piccolo aveva una presenza e un senso non di appartenenza ma di progettualità fortissimo: poteva essere una cosa negativa che però ha prodotto cose stupende, ha concentrato il lavoro di due personalità straordinarie con risultati straordinari. Era il frutto di un progetto forte, di una leadership che allora le città consentivano: perché esisteva un centro e poi c’era il decentramento. Ora si è capovolto tutto. Quando sono arrivato al Piccolo sono stato accusato di lassismo nei confronti della competizione-aggressione da parte di altre realtà. Ma di fronte a un mondo complesso, che va capito, è necessario ripensare l’idea stessa di un progetto e sono felicissimo di trovarmi di fronte a questa possibilità, in un momento in cui non ci sono certezze ma opportunità. Ho studiato con Geymonat, che mi ha spiegato che il determinismo, nelle scienze come nella vita, porta solo all’ottusità. Così mi sono detto: “Benissimo, in apparenza togliamo la leadership identitaria del Piccolo in campo teatrale e apriamo il teatro ad altre esperienze, creiamo reti molto articolate che vanno dalla scienza alla matematica, dalla poesia alla musica”. Dopo che avevo deciso di imboccare questa strada, un’amica mi ha dato un documento sul “Progetto 2000” di Strehler: c’era scritto esattamente questo, anche lui aveva capito che si era chiusa un’epoca.
Cosa può fare adesso il Piccolo Teatro? Può continuare a ricercare nel solco del suo mestiere. Non penso che debba e possa sostituirsi alla nascita di nuove realtà, che sia spontanea o che venga progettata dalla politica. Non deve mettere uno scudo al pensiero generazional-giovanile, anzi, deve essere leggermente antipatico, perché è un’istituzione e le istituzioni in Italia sono antipatiche. Di fronte al nascere di voci diverse, di fronte all'emergere di nuove complessità, dovrà sopportare l’accusa di non essere à la page con il pensiero generazionale, e tuttavia dovrà come minimo evitare di danneggiarli. Stiamo creando rapporti di collaborazione. Ma attenzione: quando il Piccolo o la Scala mettono in piedi una collaborazione, rischiano di avere zampe che rompono il progetto. Perciò quel pizzico di antipatia deve rimanere, perché comunque abbiamo una funzione diversa. Questa è la mia idea: potrà sembrare antipatica, politicamente poco accorta, ma se ci mettessimo a fare il mestiere degli altri non potremmo sostituire la loro spontaneità e la loro fatica.
Il Piccolo è un’istituzione: c’è chi dice: “Dobbiamo tornare a essere il Piccolo”, e chi invece sostiene che dobbiamo essere un "Piccolo Festival". Sono idiozie. E’ piuttosto necessario stabilire rapporti con attività extrateatrali. Un esempio emblematico: sono stato guardato con sospetto quando ho stabilito dei rapporti con la Casa della Carità. A don Colmegna abbiamo solo detto: “Noi vi diamo una mano, e insieme cerchiamo di capire cosa succede in città”. Perché ci serve per capire il nostro teatro. Non abbiamo certo voluto sostituirci a realtà come il Teatro Officina, che stanno facendo un ottimo lavoro con gli immigrati.
Due nodi irrisolti sono diventati il simbolo di quello di cui abbiamo parlato finora: il Teatro degli Arcimboldi e il Leoncavallo, due realtà che la politica culturale milanese non sa gestire.
Quella del Leoncavallo è una storia che dovrebbe imbarazzare il centro destra. E’ la parabola di un’opposizione dura che entra lentamente nelle istituzioni. Si nasce incendiari e si muore pompieri, quindi è inesorabile che realtà che funzionano diventino istituzioni; anche perché poi molte delle intuizioni che si oppongono a una lettura banale della città, più idonee a leggere il cambiamento della società, hanno trovato lì un’espressione, certo più che nella politica “ufficiale”. Ecco la ragione degli azzardi di una parte del centro destra che flirta con il Leonka, che adesso fa tanto chic. Contemporaneamente nel rapporto con il Leoncavallo e con i centri sociali ci sono diverse ambiguità, perchè si scatenano le viscere più basse: “Guai a chi fuma uno spinello! Guai a chi scrive sui muri”, banalità che il tempo chiarirà. E naturalmente va benissimo un catalogo dei graffiti.
Dove non ci sono ambiguità ma un errore, è negli Arcimboldi. A Milano solo porsi il problema se Abbado e Muti possano coesistere nella stessa città è indice di provincialismo. Ci sono persone che vogliono assistere alla direzione dell’uno o dell’altro, e di tutti e due. In una città normale il problema non si porrebbe nemmeno. Se la direzione della Scala diventa un problema tra destra e sinistra, o all’interno della destra tra l'ala forte e l'ala debole, vuol dire che con la politica siamo davvero messi male.
Il Teatro degli Arcimboldi è un caso eclatante in cui l’interesse privato - nella sua idea di privato legittima e coerente, anche se con una logica un po’ becera dell’interesse privato - non è stato minimamente ricondotto all’interesse pubblico. Questa dichiarazione di impotenza da parte dei responsabili del potere pubblico ha trasformato l’interesse privato in un simbolo assoluto dell’efficienza e nell’ideale della città. E’ una follia, doveva essere l’inverso. Non è il discorso della sinistra che punisce la destra, né un pensiero moralistico contro il profitto. Invece l’interesse collettivo deve analizzare l’interesse privato e inserirlo in un contesto, facendo un favore anche al portatore dell'interesse privato: perché l’interesse privato non si può sviluppare se non all’interno di una società che pensa alla cosa pubblica. Altrimenti è solo una speculazione come qualunque altra.
A Milano nessuno l'ha fatto. Anzi, per anni abbiamo subito il trionfalismo di chi diceva: “L’abbiamo costruito in due mesi! E’ efficiente, si autofinanzierà!”. Con questo tormentone si è zittito chi voleva una sana riflessione politica su interesse pubblico e interesse privato. Adesso l'uovo si è schiuso e si è scoperto che gli Arcimboldi sono una grana. Ma un teatro può davvero essere una grana? Per un teatrante un teatro non è mai una grana. E perché è diventato una grana? A Reggio Emilia, quando i signori che organizzavano il Foro Boario decisero di finanziare il teatro e tradussero un interesse privato in un atto di interesse pubblico, non chiesero mai di entrare nel consiglio di amministrazione del teatro. Invece a Milano la divaricazione tra interesse privato e interesse pubblico non è stata solo accettata, ma è stata addirittura elevata a ideale politico. Allora gli Arcimboldi non sono più un teatro, ma solo un edificio che comporta tutte le grane che comporta un edificio, peraltro bello dal punto di vista architettonico. Ora sembra che non si possa più dire che quel teatro è un’opportunità e che dunque bisogna farlo funzionare; si dice, paradossalmente, come fa il mio amico Corbani dell’Orchestra Verdi, “chiamiamo le ruspe e buttiamolo giù, che costa meno”.
E’ il frutto abnorme di una città che non si è interrogata sulla funzione della cultura. La risposta di Milano al problema Arcimboldi è stata: “Abbiamo un bambino indesiderato.” Ma un teatro in più non danneggia la città. Milano può avere più orchestre e più teatri, se li mette al centro di una strategia, pubblica e privata. Per me il problema non è che danno soldi agli Arcimboldi e allora io mi devo lamentare perché mi levano dei soldi. Questa è ovviamente la preoccupazione immediata, perché chi gestisce un teatro deve far quadrare i bilanci. Ma il problema vero è un altro: la logica privatistica dà risultati disastrosi anche sul piano privato, perché porta a una gestione che disincentiva la creazione di risorse e banalizza l’apporto del privato alla città, perché banalizza il modello di città, perché abbassa il livello del dibattito. E quindi fra un po’ non ci saranno più risorse né per il pubblico né per il privato. Sul versante del privato, chi aveva interessi da esprimere li ha espressi: ma prima o poi a Milano finiranno anche le aree immobiliari su cui speculare, e soprattutto finirà la disponibilità del privato a condividere un modello che si è dimostrato inefficiente. Se oggi il Piccolo fosse un’area interessante dal punto di vista immobiliare, sarebbe al centro di chissà quali strategie...
Quando ci è stato chiesto, ho risposto che il Piccolo avrebbe dato una mano al Teatro degli Arcimboldi, perché i teatri sono le nostre chiese, perché un teatro in più può far solo bene a questa città. Ma prima è necessario smontare il meccanismo e capire perché quel teatro è diventato un bambino indesiderato, anche se fa parte della famiglia - non quella del Piccolo, ma quella della città, sia chiaro. Adesso il mio amico Sgarbi esplora tre ipotesi diverse e fra loro contraddittorie: insomma, prende tempo, perché si trova di fronte a un’equazione con tre incognite e per risolverla deve inventarsi un’altra matematica, visto che con i vecchi criteri la questione non si risolve. L’altro giorno un giornalista mi ha chiesto: “Sai che forse stanno decidendo in giunta di dare sei milioni di euro all’Arcimboldi? Dovresti lamentarti come persona di teatro, perché ti levano i soldi”. Gli ho detto che mi lamenterò se e solo se prima si lamenteranno le persone che hanno responsabilità della cosa pubblica, perché si sta ipotizzando di dare sei milioni di euro a un progetto che non esiste. Gli Arcimboldi, prima di diventare un problema dei teatranti, sono un problema della città, della maggioranza come dell’opposizione. Un problema della politica. Se non si affronta questo nodo, è inutile guardare solo al risultato finale, se i soldi li danno agli Arcimboldi invece di darli a noi. Naturalmente al momento giusto il Piccolo dirà anche questo, ma prima deve presentare un progetto. Se i miei amici del Teatro dell’Elfo devono presentare un progetto per avere dei finanziamenti, perché non deve farlo chi rappresenta la cosa pubblica per gli Arcimboldi? Ma è difficile far passare questo ragionamento, e così il problema della gestione degli Arcimboldi viene ridotto a una bega tra teatranti. E’ una follia! E’ per questo che poi le risorse diminuiscono: perché a Milano l’attività teatrale è ritenuta se va bene un abbellimento, o peggio una rottura di scatole, perché la cultura non rientra nella strategia di sviluppo della città.
In effetti la grande differenza tra Milano e città come Torino o Roma, è che lì l’investimento in cultura è stato centrale, esplicitato e fondante della politica della giunta. A Milano per l’amministrazione la cultura è stata considerata un fastidio, un abbellimento, uno spreco.
Invece l’investimento in cultura è strutturale. La vicenda dell’Arcimboldi va riletta dal punto di vista ideale, ideologico, gestionale, economico. Quando mi invitarono alla posa della prima pietra, dissi a un funzionario del Comune che peraltro stimo: “Speriamo che abbiate già dato un biglietto in mano a qualcuno, perché vada in giro per il mondo a fare accordi”. Intanto però agli Arcimboldi non c’è collegamento della metropolitana. A Milano soprattutto, ma in tutta Italia, c’è un problema ideologico e politico irrisolto. In Francia prima hanno fatto i collegamenti e poi hanno costruito la Villette. Da noi prima si fanno gli insediamenti e poi si pensano i collegamenti. In Italia evidentemente non crediamo che le cose servano a creare relazioni reali, crediamo solo nel valore oggettivo dell’affare: ma facendo così muore anche l’affare! La Fiera, gli Arcimboldi, la Malpensa soffrono della stessa malattia e diventano indifendibili. Malpensa è indifendibile perché si sono fatti gli insediamenti ma non si sono fatti i collegamenti. Il collegamento è un fatto materiale, ma è innanzitutto un fatto politico e ideale. Dunque è necessario restituire una funzione alle relazioni, ma alla politica questo sembra non interessare.
Il Piccolo ha da qualche giorno un nuovo consiglio d’amministrazione. Cosa vorresti che facesse il consiglio di amministrazione di un teatro come il Piccolo?
Sono sicuro che continuerà a fare quello che hanno fatto tutti i Cda precedenti, ovviamente ciascuno con la propria specificità e sensibilità. Sono anche certo che continuerà a sostenere il ruolo che compete al primo teatro pubblico d’Italia. Qualche anno fa si volevano abolire i consigli d’amministrazione dei teatri pubblici. C’è stato un ampio dibattito, io ero contrario perché mi sembrava giusto che i consigli di amministrazione ci fossero, perché rappresentano un legame profondo con la città e con i soci fondatori.
In questi anni un consigliere ci ha garbatamente detto di fare molto e bene ma di non avere una “linea” culturale. Ma oggi sbaglia e rischia di non capire la realtà chi fa prevalere un senso rassicurante di appartenenza rispetto alla curiosità profonda, morale, etica, artistica che deve avere un teatro come il Piccolo. La funzione del Piccolo è quella di essere forte come istituzione e ben gestito. Per il resto, mi piace ricordare Edgar Morin quando dice che la fraternità è dei curiosi, degli irrequieti, dei meticci, dei bastardi. Ecco, il Piccolo vuole essere questo. Questa visione non è coniugabile con il fatto di essere una grande istituzione? La sfida è proprio questa: il Piccolo può restare una grande istituzione senza perdere questa profonda curiosità? Se qualcuno pensa che il Piccolo debba riconciliare o mettere tranquilla la città, pensando che ci sia un senso di appartenenza, da inserire in un grande progetto della città, non ha niente a che veder con quello che mi interessa fare in questo teatro.
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Bateson per lo speciale Milano Un contributo dalla brughiera di Adriano Gallina |
Cari ateatri,
dalla “brughiera” nella quale – a quanto pare e mi fate sapere via msm – mi si sono un po’ atrofizzate le cellulette grigie provo a dire qualcosa anch’io (certo con tutti i limiti dell’atrofizzazione), sulla questione Milano. Mi è molto spiaciuto non riuscire a partecipare prima allo “speciale” e poi al dibattito di mercoledì. Ma ora la polemicuccia del forum mi tira un po’ per i capelli, quindi eccomi.
In diversi invii, perché ovviamente questo primo contributino non esaurisce la questione, comincerei con questo divetente ed illuminante passo di Bateson sui problemi della crescita. I parallelismi (nell'apologo iniziale e nel commento) sono quasi impressionanti, a mio parere. Non sarebbe bello pubblicarlo proprio come contributo di Bateson (da Mente e natura, Adelphi)?
Ciao
Adriano
La storia del cavallo poliploide
Verso la fine degli Anni Ottanta il dottor P.U. Posif […] vinse il premio [Nobel] per aver creato (nessun'altra parola potrebbe render giustizia a un'operazione di scienza applicata che quasi usurpava l'attività divina), creato, dico, un cavallo di dimensioni esattamente doppie di quelle del comune Clydesdale. Era lungo il doppio, alto e largo il doppio: era un poliploide, con un numero di cromosomi quadruplo del normale. Posif sostenne sempre che c'era stato un tempo in cui questo animale straordinario, quando era ancora un puledro, poteva reggersi sulle quattro zampe. Dovette certo essere uno spettacolo fantastico!
Fatto sta che quando fu esposto al pubblico e ripreso e immortalato da tutti gli strumenti di comunicazione della civiltà moderna, il cavallo non si reggeva affatto in piedi.
Per le sue comparse in pubblico o alla televisione, il dottor Posif faceva sempre chiudere gli idranti, che erano altrimenti costantemente necessari per mantenere l'animale alla normale temperatura di un mammifero; ma c'era sempre il timore che le parti più interne cominciassero a cuocere. Dopo tutto, la pelle e il pannicolo adiposo della povera bestia erano spessi il doppio del normale, mentre la sua superficie era solo quattro volte quella di un cavallo comune, sicché esso non si raffreddava adeguatamente. Ogni mattina il cavallo doveva essere sollevato sulle zampe con una piccola gru e infilato in una sorta di scatola a ruote dove poggiava su una serie di molle, calibrate per alleggerirlo di metà del suo peso. Il dottor Posif sosteneva che l'animale era straordinariamente intelligente. Aveva, naturalmente, otto volte più cervello (in peso) di qualsiasi altro cavallo, ma io non ebbi mai l'impressione che si occupasse di problemi più complessi di quelli che interessano gli altri cavalli. Aveva pochissimo tempo libero, tutto preso com'era sempre a sbuffare in parte per raffreddarsi in parte per ossigenare il suo corpo ottuplo. Dopo tutto la sua trachea aveva una sezione soltanto quadrupla di quella normale.
Poi c'era l'alimentazione. Ogni giorno doveva ingerire in qualche modo una quantità pari a Otto volte quella sufficiente a un comune cavallo, e doveva far scendere tutto quel cibo lungo un esofago che aveva un calibro solo quadruplo del normale. Anche i vasi sanguigni avevano dimensioni relativamente ridotte, e ciò rendeva più difficile la circolazione e imponeva al cuore un lavoro supplementare.
Una bestia infelice!
Questo apologo mostra ciò che inevitabilmente accade quando interagiscono due o più variabili le cui curve siano discrepanti. Questo è ciò che produce l'interazione tra cambiamento e tolleranza. Ad esempio, la crescita graduale di una popolazione (di automobili o di persone) non ha effetti manifesti su un sistema di trasporto finché improvvisamente la soglia di tolleranza viene superata e il traffico s'ingorga. Il cambiamento di una delle variabili rivela un valore critico dell'altra.
[…] Nel caso del cavallo immaginario, lunghezza, superficie e volume (o massa) sono in discrepanza perché le loro curve di crescita hanno caratteristiche mutuamente non lineari. La superficie varia come quadrato della lunghezza e il volume come cubo della lunghezza, sicché la superficie varia come volume elevato alla potenza di 2/,
Per il cavallo (e per tutte le creature reali) la faccenda si fa più seria, poiché per rimanere in vita devono essere assicurate molte dinamiche interne. C'è una logistica interna del sangue, del cibo, dell'ossigeno e delle scorie, e una logistica dell'informazione, sotto forma di messaggi neurali e ormonali.
Nelle cose viventi il fenomeno della crescita aggiunge un ulteriore ordine di complessità ai problemi della grandezza. La crescita altererà le proporzioni dell'organismo? I problemi relativi ai limiti della crescita sono risolti in modi assai diversi dalle diverse creature.
Un caso semplice è quello delle palme, che non modificano la circonferenza per compensare l'altezza. Una quercia, che tra il legno e la corteccia ha un tessuto che cresce (il cambio), si sviluppa in altezza e in larghezza durante tutta la sua esistenza. Una palma del cocco, invece, dove il tessuto soggetto a crescita si trova solo all'apice del fusto (è la cosiddetta insalata dei miliardari, e ottenerla significa uccidere la palma), presenta solo uno sviluppo in altezza accompagnato da un lento ingrossamento alla base del tronco. Per quest'organismo la limitazione dell'altezza è semplicemente un normale aspetto dell'adattamento a una nicchia. È la pura e semplice instabilità meccanica provocata da un'altezza eccessiva non compensata da una circonferenza adeguata che normalmente la conduce alla morte.
Molte piante evitano (o risolvono?) questi problemi di limitazione della crescita legando la durata della loro vita al calendario o al loro ciclo riproduttivo. Le piante annuali iniziano una nuova generazione ogni anno, mentre quelle come la cosiddetta pianta secolare (iucca) possono vivere per molti anni ma, come i salmoni, muoiono inevitabilmente con la riproduzione. La iucca, a parte una ramificazione multipla sulla cima che reca il fiore, non produce rami. La stessa infiorescenza ramificata è la parte terminale del suo stelo, e quando ha compiuto la propria funzione, la pianta muore. La sua morte fa parte della norma del suo modo di vivere.
In certi animali superiori la crescita è controllata: la creatura raggiunge una dimensione o un'età o uno stadio in cui la crescita semplicemente si arresta (cioè viene arrestata da messaggi chimici o d'altro genere interni all'organizzazione della creatura). Le cellule, così controllate, smettono di crescere e di dividersi.
Quando i controlli non funzionano più (perché il messaggio non viene generato o non viene ricevuto) il risultato è il cancro.
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L'ultima cena di Annibale Ruccello Note di regia di Natalia Antonioli |
Mangiare la solitudine.
Parlare al silenzio degli altri.
Pulire la vita dalle impurità del mondo.
Pretendere la felicità e perdersi nel delirante desiderio di possederla.
Anna Cappelli è un monologo per attrice.
E’ l’ultimo testo di Annibale Ruccello ed è l’unico scritto in italiano.
Alla sua prima lettura mi colpisce la scarsità e la genericità delle didascalie.
Una prima didascalia introduce la vicenda:
“L’azione si svolge in Italia. Negli anni ’60”(1).
Sette didascalie inquadrano le altrettante scene di cui è composto il monologo:
“Scena I – ANNA (seduta a un tavolo, mangiando pasta e piselli)”(2)
“Scena II – ANNA (a un tavolo d’ufficio)”(3)
“Scena III – ANNA (in strada con impermeabile foulard e ombrello)”(4)
“Scena IV – ANNA (facendo una valigia)”(5)
“Scena V – ANNA (a letto con i bigodini)”(6)
“Scena VI – ANNA (seduta al tavolo della cucina”(7)
“Scena VII – ANNA (seduta, rivolgendosi a qualcuno sul letto)”(8)
Alla fine delle prime sei scene si legge per sei volte una identica didascalia:
“Stacco musicale”(9)
La conclusione della settima scena (ed anche del testo) manca di indicazioni, anche di quella musicale.
Il resto consiste in parole da dire.
Eppure Ruccello negli altri suoi testi teatrali è prodigo di indicazioni.
Da Le cinque rose di Jennifer (in cui anche gli interventi musicali sono precisati, come d’altra parte avviene in Notturno di donna con ospiti e in Week-end) fino a Ferdinando leggiamo lunghissime didascalie relative alla scena, ai personaggi, alle loro azioni e al loro stato d’animo.
Solo in Mamma – Piccole tragedie minimali, penultimo testo di Ruccello (del 1986 come Anna Cappelli, ma di qualche mese precedente) le didascalie si ridimensionano sia nella quantità che nella lunghezza, ma consentono, comunque, un qualche orientamento.
Le poche didascalie di Anna Cappelli sono tuttavia esplicite nell’indicare variazioni di luogo: da una cucina si passa ad un ufficio, poi si scende in strada, poi si torna in casa, si va in camera da letto, poi di nuovo in una cucina, infine ancora in camera da letto; nelle ultime tre scene, questo si evince da quanto viene detto da Anna e non dalle didascalie, Anna cambia anche casa, per cui la cucina della sesta scena non è quella della prima.
Ogni scena, inoltre, anche questo si ricava dalle battute della protagonista e non dalle didascalie, è contestualizzata in momenti diversi:
I scena - appena prima delle vacanze estive, che durano un mese;
II scena – subito dopo le vacanze estive;
III scena – dopo sei mesi dalla seconda;
IV scena – dopo 1 anno dalla terza;
V scena – dopo sette mesi dalla quarta;
VI scena – dopo 17 mesi dalla quinta;
VII scena – dopo 2 giorni dalla sesta.
L’ intera vicenda, dunque, si svolge in un arco di tempo lungo quasi quattro anni (più precisamente 3 anni, 9 mesi e 2 giorni).
Eppure, riguardo a tutti questi mutamenti spazio-temporali, c’è qualcosa che non mi convince.
Fin da subito Anna Cappelli mi lascia dubbi, da cui, nei miei approfondimenti successivi, non riesco a liberarmi: io non sono sicura che le variazioni di luogo e di tempo siano reali.
Mi colpisce anche una forte analogia tra la prima e l’ultima scena.
In esse il tema del cibo diventa fondamentale: si comincia mangiando un piatto di pasta e si finisce con l’intenzione di divorare il corpo dell’uomo che si ama, dopo averlo ucciso.
E poi c’è il tema delle ferie, evocato, sia nell’ultima che nella prima scena, come una sorta di ‘sospensione’ dalla vita.
E ancora il tema della partenza: “tornare a Orvieto” nella prima scena – “fare un viaggio” nell’ultima; insomma, sognare l’ altrove per dimenticare dove si sta.
Ma il viaggio dell’ultima scena consiste nel cucinare il corpo dell’amato in modi sempre diversi e con sempre diverse spezie, recandosi, insieme a lui, da un manicaretto all’altro, e utilizzando come carta geografica un libro di ricette internazionali, comprato per l’occasione.
Così si parte restando dove si sta.
… Forse, allora, le pareti di una cucina possono rimanere per tutto il tempo i confini dello spazio scenico, forse…
Nonostante le didascalie, scelgo l’ unità di luogo.
Provo a creare una condizione claustrofobica che è caratteristica frequente in Ruccello.
Nello spazio scenico si può entrare ma dallo spazio scenico non si può più uscire.
L’ unica stanza in cui agisce Anna Cappelli diventa un luogo mentale in cui consumare il delirio della solitudine, che non consente più di distinguere la cosa reale da quella immaginata.
Molte donne di Annibale Ruccello vivono una situazione simile: masticano pensieri e vomitano i loro fantasmi, ai quali finiscono con l’attribuire una consistenza credibile.
… Ma, allora, forse, Anna immagina tutto mentre per l’ennesima volta, tornata da lavoro, si ritrova sola davanti ad un tavolo di cucina, forse…
… Forse non c’è nessuna padrona di casa con cui litigare e forse non c’è nessun uomo da amare, forse…
… E forse, la durata della storia non è più lunga di quella necessaria a mangiare un piatto di pasta, forse …
Nonostante le parole di Anna, scelgo l’ unità di tempo.
E decido per una struttura circolare dello spettacolo che proponga una coincidenza dell’inizio con la fine: nella I e nella VII scena si dicono parole diverse ma il montaggio delle azioni è per me necessario che sia rigorosamente identico; così tra il primo e il settimo quadro avvengono cose che, alla luce di quella rigida identità, perdono la credibilità del reale per assumere la più sottile consistenza di un pensiero.
Quando un personaggio fa finta di parlare ad un secondo personaggio assente, lo spettatore, per convenzione, sta al gioco e, a sua volta, immagina l’interlocutore, facendo finta di credere alla sua presenza.
Niente di più ovvio.
In Anna Cappelli può succedere questo; ma può anche (…forse deve anche) accadere che, invece, s’insinui il dubbio che la protagonista sia e resti davvero sola per tutto il tempo.
Quelle scarse e generiche didascalie del testo aumentano l’ambiguità e, sottraendo definizione, contribuiscono a rendere astratto il contesto (troppo astratto per essere verosimile).
Così nasce il disorientamento.
Insinuare il dubbio, mettere in scena il disorientamento: le incertezze che ho avuto leggendo Anna Cappelli, ho cercato di consegnarle intatte allo spettatore.
Non potevo fare altro: per un atto di onestà verso il pubblico e per un atto di fedeltà verso il ‘mistero’ del testo.
Non volevo fare altro: perché credo che sia meglio uscire da teatro con una domanda anziché con dieci risposte.
Note
1 – Annibale Ruccello, Anna Cappelli, in Teatro, Ubulibri, Milano 2005, p. 107
2 – ibidem
3 – ivi, p. 108
4 – ivi, p. 109
5 – ivi, p. 110
6 – ivi, p. 111
7 – ivi, p. 112
8 – ivi, p. 113
9 – ivi, pp. 108, 109, 110, 111, 112, 113
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Il mito di Lepage in mostra a Intercity Un’occasione sprecata? di Anna Maria Monteverdi |
A Sesto Fiorentino l’annuale rassegna Intercity quest’anno con la direzione artistica di Dimitri Milopulos dopo la scomparsa di Barbara Nativi, è stata dedicata a Toronto e all’area anglofona del Canada. Alcune prime teatrali di opere di registi e drammaturghi giovani o già molto affermati come Daniel Brooks, collaborazioni tra artisti fiorentini e canadesi, workshop, incontri sulla drammaturgia canadese, cineforum e iniziative per la durata dell’intero mese di ottobre.
A Toronto-Intercity si inaugura anche una sezione dedicata a Robert Lepage che per dirla tutta, non appartiene affatto all’area anglofona bensì a quella francofona (essendo nato a Québec City dove ha anche sede la sua struttura multidisciplinare Ex Machina) ma è senz’altro il regista canadese più famoso e rappresentativo (e dunque anche l’artista di maggior richiamo...). La sezione dedicata al quebecchese Lepage prevedeva una mostra fotografica e una retrospettiva dei suoi film.
Andersen secondo Lepage.
Per tutti coloro che conoscono e amano il teatro di Lepage la mostra non può che deludere fortemente: un pannello su una porzione di parete con accatastate una decina di fotografie a grande formato. E infatti di vera e propria mostra non si può parlare, ma di piccolissima esposizione - in un foyer molto ingombro e affollato - delle fotografie più note che già sono andate a riempire le locandine di tutto il mondo, i siti web, le recensioni on line di teatro, e le copertine di libri. Fotografie da La trilogie des dragons, Polygraphe, Vinci, La Face Cachée de la Lune, Andersen Project, Les plaques tectoniques.
Non vale la pena soffermarsi troppo su questa ennesima occasione sprecata per parlare del teatro di Lepage – a quando una seria retrospettiva al Riccione TTV?. Vogliamo sperare che alla recente e superficiale mitografia su Lepage sbocciata in Italia in tempi recenti dopo l’apparizione al Piccolo Teatro di Milano dei suoi spettacoli, segua una più profonda riflessione di natura scientifica e teatrologica come ha fatto recentemente l’Università di Manchester grazie ad Alexandar Dundjerovich. Allora emergerebbe per esempio, il ruolo affatto secondario per la scrittura, la messa in scena e l’interpretazione teatrale e cinematografica, di alcuni collaboratori storici, veri compagni di viaggio artistico come Marie Brassard e lo stage designer Carl Fillon.
Va da sé poi, che per allestire una mostra occorrono spazi adeguati e una ricerca seria e documentata di archivio; per una completezza di informazioni le didascalie dovrebbero spiegare non solo il titolo dell’opera e l’autore della fotografia, ma chi è l’attore immortalato, a quale versione dello spettacolo si riferisce, in quale anno è stata scattata e dove. E’ noto infatti che Lepage ha realizzato della Trilogie des dragons, di Les Sept Branches de la Riviére Ota e di Les Plaques Tectoniques almeno quattro versioni diverse, come è altrettanto noto che Lepage abbandona dopo circa un anno di repliche, la scena a vantaggio di altri artisti che lo sostituiscono nelle tournée internazionali. Non sarebbe stato male accompagnare la mostra poi con una rassegna stampa internazionale, facilmente reperibile agli archivi di Ex Machina e magari inserire piccoli documentari video (quelli di Télé-Québec per esempio, che hanno anche una versione fruibile in streaming audio-video su Internet) e i lungometraggi dei suoi spettacoli. Ne sono stati realizzati con la supervisione dello stesso Lepage, almeno tre particolarmente significativi: Les Plaques Tectoniques di Peter Mettler, Chercheurs de Miracle di David Clermont Beique (già presentati al Festival des Théâatre des Ameriques di Montréal), The Seven Streams of the River Ota (adattamento televisivo di Francis Leclerc con sceneggiatura di Lepage). E perché no, poi, anche l’unica intervista in italiano rilasciata a Lepage e ora negli archivi lucchesi del regista Giacomo Verde, che va a formare l’intrigante videodocumentario La faccia nascosta del teatro; girato tra la Caserne Dalhousie di Québec City dove è situato il quartier generale di Lepage e Montréal nel backstage e nel setting de La Face Cachée de la Lune allestito in occasione del Festival dei teatri delle Americhe edizione 2001 nello spazio Usine C della compagnia Carbone 14, è stato visto e approvato per la sua messa in circolazione, da Lynda Lepage per Ex Machina; o ancora l’intervista allo scenografo Carl Fillion ad opera sempre di Giacomo Verde sulla scenografia di Elsinore con la spiegazione delle fasi di progettazione del prototipo della scena.
Andersen secondo Lepage.
E poi perché non prevedere nel foyer un punto espositivo e di vendita dei numerosi libri che ultimamente sono in commercio di e su Lepage (il famoso libro-intervista di Remy Charest Connecting Flights, le monografie sul teatro lepagiano di Ludovic Fouquet, Irene Perelli-Contos e Chantal Hebert, quella sul cinema a firma di Alexandar Dundjerovich, l’antologia di saggi critici di Jane Koustas). In mancanza di altro almeno i testi dei suoi spettacoli: Methuen ha pubblicato nel 1999 il copione di The Seven Streams of the River Ota; La Trilogie des Dragons è stato recentissimamente ristampato (dopo una prima pubblicazione nel 1987 all’interno della rivista canadese di teatro “Jeu”) con un’introduzione a firma di Michel Tremblay, il “Moliere ancora in vita del teatro canadese” come lo ha definito Lepage stesso.
Per la rassegna cinematografica di Intercity compaiono le regie di Lepage o quelle in cui è stato protagonista (con regia di Denys Arcand); anche qui l’interrogativo sorge spontaneo: perché non appare il pluripremiato Polygraphe? Per quanto non distribuito nelle sale cinematografiche italiane è facilmente acquistabile in dvd via Internet (come ha fatto la sottoscritta) o dalla stessa compagnia Ex machina che commercializza i prodotti della società di produzione cinematografica di Lepage In extremis image (che ha sede a Montréal nello stesso palazzo della Softimage).
Nei giorni della presenza trionfale di Lepage in Italia al Festival RomaEuropa con un capolavoro come Andersen Project, come omaggio al suo teatro (e al suo cinema) non si poteva prevedere qualcosa di meglio?
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Gilberto Santini alla direzione dell'AMAT Subentra a Raimondo Arcolai di Redazione ateatro |
Pochi giorni fa la nomina di Raimondo Arcolai alla direzione dello Stabile delle Marche ha lasciato vacante la poltrona di direttore del circuito teatrale regionale, l'AMAT.
Ora al suo posto arriva ora Gilberto Santini, studioso di teatro (è autore tra l'altro di Lo spettatore appassionato. appunti dal teatro del presente ETS, 2004), da tempo una delle colonne dell'AMAT.
A lui (e a Raimondo Arcolai) i migliori auguri di buon lavoro da tutta la redazione di ateatro.
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Va in scena lo spettacolo della precarietà A Milano il 6 novembre di Autorganizzati dello Spettacolo |
Lo sfruttamento dell’arte e l’arte dello sfruttamento
Lunedì 6 novembre 2006 h 22.00
La Scighera – via Candiani, 131 (Quartiere Bovisa)
Ingresso libero con tessera Arci (prezzo speciale 4,00 euro)
Dopo la straordinaria stagione 2005/2006 “Tagliamo il FUS” di Giulio Tremonti & Co. che ha messo in scena numerose manifestazioni di piazza culminate nel memorabile Karaoke (de)lirico (Milano, 25 novembre – sciopero generale del mondo dello spettacolo) e nonostante le illusionistiche promesse del nuovo ministro, i Lavoratori Autorganizzati dello Spettacolo (AOS) proseguono il loro percorso focalizzando la propria attenzione sulla precarietà che caratterizza ogni ambito di questo settore già da tempi immemori.
Tutte le persone che lavorano nei settori dello spettacolo e della comunicazione, salvo rare eccezioni, vivono condizioni di precarietà sempre più forti, multiformi e mascherate. Gli amministrativi stagionali e i tecnici, gli artisti, gli addetti stampa e promozione, sono costretti a dimostrarsi sempre più versatili e disponibili; questi atteggiamenti si traducono in ricattabilità, svilimento della professionalità e abbassamento delle conoscenze specifiche, con l’effetto devastante della fuga dei corpi precari verso altri settori lavorativi.
Gli AOS aprono la stagione 2006/2007 con LO SPETTACOLO DELLA PRECARIETÀ. Lo sfruttamento dell’arte e l’arte dello sfruttamento: un radiospettacolo che darà voce a trasformisti precari da palcoscenico, a titani delle leggi e dell’organizzazione del calibro di Fiorenzo Grassi e Mimma Gallina, a paladini dei diritti dei lavoratori dello spettacolo quali Bruno Cerri e Giancarlo Albori che si confronteranno dietro il microfono.
Momenti ludici con l’ultraversatile Walter Leonardi e il suo accompagnatore e musico Flavio Pirini e alla stella di Niguarda Marta Marangoni.
Non mancheranno naturalmente le interruzioni pubblicitarie con gli spot realizzati dall’incontenibile Marcella Formenti.
Coordina e trasmette Radio Bandita - www.lascighera.org
Precari e precarie venite a rubare il microfono e a far sentire la vostra voce!
Lavoratori autorganizzati dello Spettacolo
Per info:
Autorganizzati dello Spettacolo
aos@inventati.org
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Il Bando del Premio Riccione per il Teatro 2007 I testi vanno spediti entro il 5 febbraio di Premio Riccione |
Lanciato il Bando del Premio Riccione per il Teatro 2007 - 49a edizione
La giuria, presieduta da Franco Quadri, assegnerà il Premio Riccione per il Teatro di 7500 euro all'autore del testo teatrale inedito vincitore e 2500 euro al vincitore del Premio Pier Vittorio Tondelli. Su indicazione dell'autore vincitore verranno messi a disposizione 30.000 euro per la messa in scena del testo vincitore del Premio Riccione.
Oltre a Franco Quadri, presidente, fanno parte della autorevole giuria della 49a edizione, anno 2007, Roberto Andò, Anna Bonaiuto, Sergio Colomba, Luca Doninelli, Edoardo Erba, Maria Grazia Gregori, Renata Molinari, Renato Palazzi, Ottavia Piccolo, Giorgio Pressburger, Luca Ronconi, Renzo Tian, segretaria Francesca Airaudo.
La giuria attribuirà inoltre il Premio Speciale intitolato ai fondatori del Premio, Gianni Quondamatteo e Paolo Bignami, nonchè il Premio Marisa Fabbri, destinato a un'opera particolarmente caratterizzata dall'uso di un linguaggio aperto e poetico.
Data la ricorrenza del sessantesimo anniversario del Premio, a questa edizione possono partecipare anche autori che abbiano già conseguito il primo premio in precedenti edizioni.
I testi vanno spediti entro il 5 febbraio 2007 all'Associazione Riccione Teatro, Viale Vittorio Emanuele II, 2 47838 Riccione; la premiazione è prevista per fine giugno 2007.
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Scarica il regolamento 2007.
Il Premio Riccione, dal 1947 il più autorevole riconoscimento ai nuovi testi per il teatro, ha giocato negli ultimi dieci anni, assieme al Premio Tondelli, un ruolo decisivo nella affermazione di nuovi e brillanti drammaturghi quali Fausto Paravidino, Letizia Russo, e nella scoperta di nuovi risvolti nella produzione di artisti teatrali già affermati quali Ascanio Celestini e Davide Enia.
Per informazioni contattate la segreteria del Premio:
Tel: 0541 /694425 - 695746
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Stati generali del teatro educazione 2006 A convegno a Serra San Quirico di Manicomics |
Teatro Educazione: terra di confine, confronto e ambiguità
Il convegno 2006, che segue agli Stati Generali del Teatro Educazione 2005, svoltosi lo scorso anno sempre a Serra san Quirico, ha lo scopo di fare il punto della situazione dello stato del movimento del Teatro Educazione in Italia, fenomeno in continua espansione che coinvolge istituzioni, compagnie, teatri, mondo del sociale, scuole e università.
Ci siamo dati alcuni presupposti generali, alcune domande a cui tentare di rispondere e che abbiamo rivolto a coloro che faranno gli interventi e le comunicazioni. Tali temi da affrontare sono i seguenti
Presupposti generali
ü C’è un urgenza nel discutere del Teatro Educazione e del rapporto con il teatro ragazzi.
- C’è una certa urgenza di capire la direzione delle istituzioni: lo stato dell’arte del protocollo e i diversi sub protocolli nati nel corso degli anni.
- C’è una certa urgenza di attuare una diversa e più professionalizzata attenzione della Scuola verso il teatro “prodotto” oltre che fruito.
- Le diverse esperienze di Teatro Educazione in Italia e n Europa sono centinaia ed è difficile capire bene quali e quanti siano “i modelli” del fare teatro adottati da insegnanti e da operatori teatrali esterni che collaborano con loro.
Temi per una riflessione comune
- Il teatro professionale per l’infanzia e la gioventù come produttore di modelli del fare teatro a Scuola. Come produrre “esperti” di teatro educazione?
- Il teatro ragazzi, nato dall’animazione teatrale, oggi produce molto e molto distribuisce nelle Scuole e nelle stagioni. Il Teatro ragazzi “produce modelli”? Quali sono?
- Il Teatro Educazione utile funzione o utile finzione?
- La Scuola ha un immagine del teatro come luogo didattico o pedagogico? Il Teatro è uno strumento da usare o un obiettivo da raggiungere nel senso del suo valore civile?
- Il Teatro Educazione produce “sè stessi”: il caso delle Rassegne. L’Associazione Teatro Giovani di Sera San Quirico crede nelle Rassegne come possibilità-evento di confronti sulla produzione, sulla teoria e la pratica.
- Le Rassegne come luoghi-eventi privilegiati in cui la Scuola si apre alle dinamiche del sociale nei fatti organizzativi, formativi, etc.
- Dal fare al vedere, andata e ritorno. Il nuovo pubblico, il nuovo teatro: Il Teatro Educazione crea sensibilità allo spettacolo dal vivo? La Pratica del Teatro serve alla creazione del pubblico, anzi, dello spettatore come singolarità pensante che sceglie in modo più consapevole e meno vittima della persuasione mass-mediali?
Ci auguriamo che le vostre presenze siano numerose. Buon convegno a tutti …!
Serra San Quirico (AN)
Stati Generali del Teatro Educazione
Terra di confine, d’incontro e di ambiguità
Sabato 11 novembre 2006 Palazzo Piccioni
Regione Marche
Comunità Montana dell’Esino Frasassi
Comune di Serra San Quirico
Associazione Teatro Giovani
Programma
Ore 9.00 - Saluti
Gianni Fiorentini - Sindaco di Serra San Quirico
Fabrizio Giuliani – Presidente ATG
Enzo Giancarli – Presidente Provincia di Ancona
Luigi Minardi – Assessore Cultura Regione Marche
Ore 9.30 - Interventi
L’Italia del popolo – Insegnante Scuola dell’infanzia, Istituto Comprensivo Castellamare di Stabia (Napoli)
Antonio Vigano – Docente teatro sociale della Comunità, DAMS Università di Lecce – Attore e regista Teatro La Ribalta
Angela Priori – Insegnante Scuola Primaria, Istituto Comprensivo Maiolati Spontini (AN)
Francesco Mattioni – Compagnia Teatro Pirata (Jesi)
Loredana Perissinotto – Presidente AGITA
Giuseppina Carrà – Insegnante Scuola Media “Italo Calvino” (Piacenza)
Ore 12.00 Coffee Break
Ore 12.30 Comunicazioni
Le Rassegne CO.RA:
Ora 13.30 Pausa Pranzo
Ore 15.00
Ugo Ascoli – Assessore all’Istruzione Regione Marche
Ore 15.30 – Interventi
Filiberto Segatto – Insegnante Scuola Superiore Liceo Classico “Lorenzini” (Pescia, PI)
Ferruccio Cartacci – Psicoterapeuta, Università degli Studi Milano Bicocca
Rolando Tarquini – Compagnia Manicomics (Piacenza)
Didier Doumergue – Docente di Regia Teatrale Università di Metz e Nancy, (Francia)
Ore 17.00 – Comunicazioni
Rappresentanti esperienza “Tendenze Europa … e non solo”
Manuela Morosin – Insegnante ITIS Merloni (Fabriano, Italia)
Maryan Bevk – Operatore Teatrale e regista (Nova Gorica, Slovenia)
Jannet Chouchane – Ispettrice Ministero Istruzione (Tunisia)
Ore 17.30 – Conclusioni
Mariangela Bastico – Vice Ministro all’Istruzione
Ore 21.00 – teatro Santa Maria del Mercato
Dono teatrale di Officina Europa
(Laboratorio Teatrale di “Tendenze Europa … e non solo”)
Nota:
Progetto “Tendenze Europa … e non solo”
E’ un progetto di scambio delle pratiche laboratoriali che sottostanno alle attività di Teatro Educazione rivolte ai giovani e agli adolescenti. Abbiamo invitato alcuni gruppi giovanili e scolastici (Italia, Slovenia, Tunisia) che si divideranno in gruppi trasversali cercando di intersecare le esperienze e le modalità di lavoro. Ci saranno momenti di pratica, di scambio ed altri di discussione e di riflessione. Cercheremo di capire insieme come i rispettivi gruppi operano e praticano la poetica del teatro educazione in Italia e all’estero.
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RockaBeckett Settanta video per Samuel Beckett nel centenario della nascita di Ufficio Stampa |
rapide e lente amnesie uno
A cura di Fabio Francione
14 – 23 novembre 2006
Il 13 aprile 1906 nasceva a Dublino (Irlanda), Samuel Beckett.
Oggi, a cento anni di distanza da quella data e con l’intera opera letteraria edita in italiano, Samuel Beckett non è più un oggetto misterioso ed incomprensibile, legato esclusivamente ai luoghi comuni dettati dai titoli più celebri: Aspettando Godot, Finale di partita, Giorni Felici. Al contrario, la presunta enigmicità resta appesa solo alla scarsa diffusione e visibilità delle sue opere in teatro, in televisione e al cinema.
Da tale prospettiva è partita l’idea di ROCKABECKETT rapide e lente amnesie uno e così si è allestito un cartellone di proiezioni – quasi settanta lavori in video riportati su supporto digitale per l’occasione - che non radunasse solo i suoi film cinematografici e teatrali e ancora radiofonici, ma che diviso in tanti sottocapitoli riuscisse in qualche modo a fotografare tutti i campi dell’attività artistica toccati dalla genialità drammaturgica beckettiana.
Ma in programma non c’è solo un Beckett diretto da Beckett o dai suoi più fidati collaboratori (Walter Asmus, Alan Schneider, Antoni Libera, Anthony Page) e attori (Jack McGowran, Billie Whitelaw, Martin Held, Klaus Herm) o la serie creata nel 2001 da Channel4 “Beckett on Film” (per la prima volta vista a Milano integralmente); ci sono anche i tanti Beckett “italiani” che si allungano da epoche pionieristiche (tardi anni sessanta con lo storico Krapp di Glauco Mauri) fino ai giorni nostri ed è questa un’espressione letterale con riprese di spettacoli confezionati in giro per la penisola in questo 2006.
Tra le prime assolute si segnalano: il Trittico Beckettiano. Atto senza parole - Non Io - L’ultimo nastro di Krapp regia di Giancarlo Cauteruccio; i Cent’anni in una notte: Beckett a Palazzo Altemps. Cronaca della notte bianca dedicata a Samuel Beckett ideata da Giancarlo Sepe; e l’opera di Morton Feldman. Neither by Samuel Beckett regia Studio Azzurro (presentata all’opera di Stoccarda nel 2005).
Inoltre, per l’occasione è stato girato con la collaborazione dello Studio Azzurro un clip d’apertura della retrospettiva dal titolo Dì Sam che aduna tutti i ritratti beckettiani di Tullio Pericoli.
Infine, nella hall del Cinema Gnomo saranno esposte circa cinquanta riproduzioni dai set beckettiani e nel gennaio 2007 le Edizioni Falsopiano pubblicheranno dall’intera iniziativa e a cura di Fabio Francione e Federico Platania un volume dal titolo omonimo.
Cinema Gnomo, Via Lanzone 30/a (Vicolo Sant’Agostino), Milano (M 1, M 2, 94, 50, 58, 14, 2)
Ingressi: tessera € 2,60; biglietto valido per tutte le proiezioni ed incontri della giornata € 4,10 – ridotto € 2,60.
Informazioni: Ufficio Cinema – Comune di Milano Via Ugo Foscolo 5, Milano tel. 0288462450/51/52 Culturas.cinema@comune.milano.it
ROCKABECKETT: il Programma
martedì 14 novembre
18.00 Dì Sam (2006, 2') - prima assoluta
Ideazione Fabio Francione, riprese e montaggio Studio Azzurro, opere Tullio Pericoli
18:05 Murphy pastiche (2006, 5').
Originale omaggio radiofonico del leader degli U2, Bono. Rte, 30 marzo 2006
18:10 Waiting for Godot (Aspettando Godot, 2001, 120')
regia di Michael Lindsay-Hogg
con B. Mc Govern, J. Murphy, A. Stanford, S. Brennan, S. McGovern
20:10 presentazione del volume a cura di Alessandro Forlani e Massimo Puliani
PlayBeckett. Visioni multimediali nell’opera di Samuel Beckett (Halley, Matelica, 2006)
Saranno presenti i curatori
21:00 Endgame (Finale di partita, 2001, 84')
regia di Conor McPherson
con M. Gambon, D. Thewlis, C. Simon, J. Anderson
22:30 Samuel Beckett. Silence to silence (1987, 80’) regia Sean O’Mordha
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mercoledì 15 novembre
18:00 Act without words 1 (Atto senza parole 1, 22')
regia di Karel Reisz con S. Foley
Act without words 2 (Atto senza parole 2, 11')
regia di Enda Hughes, con P. Kinevane, M Magni
Krapp's Last Tape (L'ultimo nastro di Krapp, 58')
regia di Atom Egoyan con J. Hurt
Words and Music (Parole e musica, 1962, 28')
regia di Mike Bakewell con P. Magee, F. Felton
music composed by John Beckett
versione italiana a cura di Fabio Francione traduzione di Carlo Fruttero
20.00 Happy Days (Giorni felici, 2001, 79')
regia di Patricia Rozema con R. Linehan, R. Johnson
Happy Days in Marcido’s Field (1997, 3') regia Marco Isidori
Rough for Theatre 1 (Teatro I, 2001, 19')
regia di Kieron J. Walsh, con D. Kelly, M. O'Shea
Rough for Theatre 2 (Teatro II, 2001, 35')
regia di Katie Mitchell, con J. Norton, T. Spall, H. B. O'Brien
22.30 Play (Commedia, 2001, 20')
regia di Anthony Minghella con A. Rickman, J. Stephenson, K. Scott-Thomas
Come and Go (Va e vieni, 2001, 6')
regia di John Crowley con P. Dionisotti, A. Massey, S. Phillips
Breath (Respiro, 2001, 45'')
regia di Damien Hirst
Not I (Non io, 2001, 13')
regia di Neil Jordan con J. Moore
giovedì 16 novembre
18.00 That Time (Quella volta, 2001, 19')
regia di Charles Garrad, con N. Buggy
Footfalls (Passi, 2001, 27')
regia di Walter D. Asmus con S. Fitzgerald, J. O'Hara
A piece of monologue (Un pezzo di monologo, 2001, 27')
regia di Robin Lefevre, con S. Brennan
Footfalls (1988, 29’)
regia Walter D. Asmus con la supervisione di Samuel Beckett
Rockaby (Dondolo, 2001, 14')
regia di Richard Eyre con P. Wilton
Antologia original radioplays (2006, 20') a cura di Fabio Francione:
Embers (Ceneri, 1959) regia Donald McWhinnie
Cascando (Cascando, 1964) regia Donald McWhinnie
Rough for Radio II (Radio II, 1976) regia Martin Esslin
The Old Tunes (Il vecchio motivetto, 1991) regia William Styles
20.00 Ohio Impromptu (Improvviso nell'Ohio, 2001, 12')
regia di Charles Sturridge con J. Irons
Catastrophe (Catastrofe, 2001, 16')
regia di David Mamet con H. Pinter, Sir J. Gielgud, R. Pidgeon
What Where (Cosa dove, 2001, 12')
regia di Damien O'Donnell, con S. McGinley, G. Lewis
Cent'anni in una notte: Beckett a Palazzo Altemps (2006, 35')
Ideato e diretto da Giancarlo Sepe
22:00 Trittico Beckettiano.
Atto senza parole - Non Io - L’ultimo nastro di Krapp (2006, 107')
regia di Giancarlo Cauteruccio
venerdì 17 novembre
17.00 L'ultimo nastro di Krapp (1967, 54')
regia di Enrico D'Amato, regia televisiva di Luigi Di Gianni con G. Mauri
Atto senza parole (1967, 19')
regia di Enrico D'Amato, regia televisiva di Luigi Di Gianni con G. Mauri
Krapp's Last Tape (1971/1983, 60') a film by Chris Hegedus and D.A. Pennebaker
regia di Alan Schneider con J. MacGowran
19:15 presentazione del volume di Alfonso Amendola
Frammenti d’immagine. Scene, schermi, video per una sociologia della sperimentazione (Liguori, Napoli, 2006)
Sarà presente l’autore
20.00 Rockaby (1981, 54') a film by Chris Hegedus and D.A. Pennebaker
regia di Alan Schneider con Billie Whitelaw
Rockaby (1981, 20')
regia Alan Schneider regia televisiva Walter D. Asmus
That Time (1985, 15') regia di Gerald Thomas con J. Beck
22:00 Play (1989, 46') regia Beno Mazzone
Le ceneri di Beckett (1989, 30') regia Andrea Adriatico
Verdeacqua (1992, 22') regia Cesare Accetta, Alessandra D’Elia, Andrea Renzi
sabato 18 novembre
16.00 L'ultimo nastro di Krapp (1998, 51') regia di Monica Conti con R.Trifirò
Un pezzo d'occasione (1994, 12') regia di Fabrizio Arcuri
Finale di partita (1995, 80') regia di Carlo Cecchi, regia televisiva di Mario Martone
Non Io (1998, 18') regia di Massimo Marino Memola
20.00 Morton Feldman. Neither by Samuel Beckett (Neither, 2005, 60')
regia di Studio Azzurro - prima assoluta a Milano
21:00 Federico Platania presenta www.samuelbeckett.it
21.30 Dondolo, Non io (da Silenzi interrotti ovvero Prova d'attore. Scene teatrali per videoset) (1987, 30') regia di Carlo Quartucci regia video di Anna Lajolo e Guido Lombardi
22:00 Com Pim (1987, 5') regia di Federico Tiezzi, I Magazzini
Come è (1988, 32') regia di Federico Tiezzi, I Magazzini regia video di Agata Guttaduro
L'occhio belva (1995, 17') regia di Enrico Casagrande, Motus
A place [That again] (2006, 20') ideazione e regia Enrico Casagrande e Daniela Nicolò
domenica 19 novembre
16.00 He Joe (Di' Joe, 1966, 34')
regia di Samuel Beckett con D. Mendel, N. Illig
Geistertrio (Trio degli spiriti, 1977, 31')
regia di Samuel Beckett con K. Helm, I. Foerst
...Nur noch Gewölk... ( ...nuvole..., 1977, 16')
regia di Samuel Beckett con K. Helm, C. Boje
Quad I + II (Quad, 1981, 15')
regia di Samuel Beckett con H. Foron, J. Hummel, C. Knupfer, S. Rehe
Nacht und Träume (Nacht und Träume, 1983, 12')
regia di Samuel Beckett con H. Foron, D. Morgner, S. Pritz
Was Wo (Cosa dove, 1986, 15')
regia di Samuel Beckett con F. Becker, A. Querbach, E. Dorner, W. Lagwitz
18:00 Film (1965, 22')
regia di Alan Schneider con B. Keaton
18:30 Film (A Screen Play by Samuel Beckett) (1979, 26')
regia David Rayner Clark con M. Wall
19:00 presentazione del volume di Sandro Montalto
Beckett e Keaton: il comico e l’angoscia di esistere (Edizioni dell’Orso, Alessandria, 2006)
Sarà presente l’autore
20.00 L’ultimo nastro di Krapp (1984, 47')
regia Guido Ferrarini. Supervisione alla regia Samuel Beckett
21:00 Das Letzte Band (L’ultimo nastro di Krapp, 1969, 48')
regia Samuel Beckett
22.00 Not I (1977, 15')
regia Anthony Page e Samuel Beckett con B. Whitelaw
Brecht und Beckett (2002, 60')
regia C. Rainer Ecke
martedì 21 novembre
18:30 Atto senza parole I (2005, 16')
regia di Enrico Maria Lamanna e Carlo Caprioli
Non Io (2006, 11') regia di Mario Savinio
19:00 presentazione del volume a cura di Giancarlo Alfano e Andrea Cortellessa
Beckett e l’Italia (Edup, Roma, 2006)
Saranno presenti i curatori
20.00 Aspettando Godot (2006, 137')
regia di Roberto Bacci con L. Pasello, S. Pasello, S. Paparella, T. Torrini
22.30 Finale di partita (1977, 111')
regia di Andrea Camilleri, con R. Rascel, A. Celi
mercoledì 22 novembre
18.00 He Joe (Di' Joe, 1966, 34')
regia di Samuel Beckett con D. Mendel, N. Illig
Geistertrio (Trio degli spiriti, 1977, 31')
regia di Samuel Beckett con K. Helm, I. Foerst
...Nur noch Gewölk... ( ...nuvole..., 1977, 16')
regia di Samuel Beckett con K. Helm, C. Boje
Quad I + II (Quad, 1981, 15')
regia di Samuel Beckett con H. Foron, J. Hummel, C. Knupfer, S. Rehe
Nacht und Träume (Nacht und Träume, 1983, 12')
regia di Samuel Beckett con H. Foron, D. Morgner, S. Pritz
Was Wo (Cosa dove, 1986, 15')
regia di Samuel Beckett con F. Becker, A. Querbach, E. Dorner, W. Lagwitz
20.00 Film (1965, 22')
regia di Alan Schneider con B. Keaton
20:30 Film (A Screen Play by Samuel Beckett) (1979, 26')
regia David Rayner Clark con M. Wall
22.00 L’ultimo nastro di Krapp (1987, 51')
regia Antoni Libera
giovedì 23 novembre
19.00 A place [That again] (2006, 20')
ideazione e regia Enrico Casagrande e Daniela Nicolò
In nessun modo ancora (20'). Videolettura di Gabriele Frasca
20.00 Cent'anni in una notte: Beckett a Palazzo Altemps (2006, 35')
Ideato e diretto da Giancarlo Sepe
21.00 Trittico Beckettiano.
Atto senza parole - Non Io - L’ultimo nastro di Krapp (2006, 107')
regia di Giancarlo Cauteruccio
RockaBeckett rapide e lente amnesie uno
A cura di Fabio Francione
Organizzazione: Lodi Città Film Festival
Comunicazione: EndGame comunicazioni
RockaBeckett rapide e lente amnesie due
fotografie da spettacoli e dai set beckettiani. Hall del Cinema Gnomo, Milano
Si ringraziano per la collaborazione:
Teatro Dehon, Bologna Teatri di Vita, Bologna Teatro Libero, Palermo
Tullio Pericoli Fondazione Pontedera Teatro Roberto Trifirò Gabriele Frasca
Studio Azzurro Compagnia Teatrale Krypton Carlo Caprioli Penguin Books Italia
Teatro La Comunità, Roma Motus Pietro Steffenoni Filmaker Giulio Einaudi Editore
Uno speciale ringraziamento a:
Federico Platania per il wallpaper e a Antonella Bacchini, TTV Riccione
Programma quotidiano con orari e crediti su www.samuelbeckett.it
In occasione della retrospettiva dedicata a Beckett, i possessori della tessera Milano Cinema
avranno diritto all’acquisto di un biglietto ridotto presso il Piccolo Teatro Grassi per i seguenti spettacoli:
Finale di partita, regia di Franco Branciaroli, dal 7 al 19 novembre 2006
Giorni felici, regia di Giorgio Strehler ripresa da Carlo Battistoni, dal 21 al 28 novembre 2006
CINEMA GNOMO
Via Lanzone, 30/A (Vicolo S. Agostino)
20123 Milano
Tel.: 02 804 125
M1, M2, 94,50,58,14,2
Per informazioni:
UFFICIO CINEMA
Via Ugo Foscolo, 5
20121 Milano
Tel.: 02 884 60 451/52
Fax: 02 884 62 324
e-mail: culturas.cinema@comune.milano.it
www.comune.milano.it
Tessera € 2,60
Ingresso valido per tutte le proiezioni della giornata € 4,10
ridotto € 2,60
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Giovanna Marini in Sicilia Spettacoli e laboratori ad Alcamo di Clara Gebbia |
Giovanna Marini: dalla campagna alla città
a cura di Clara Gebbia – produzione Teatro Iaia
Con il progetto “Giovanna Marini: dalla campagna alla città” (all’interno della manifestazione “Artisti per Alcamo” diretta da Giuseppe Cutino) ci avviciniamo all’universo di questa straordinaria musicista indagando vari aspetti della sua personalità artistica: la composizione, la rivisitazione dei canti tradizionali, la didattica.
Nelle due parti della serata di concerto ascolteremo infatti il poema sinfonico “Concerto per Giacomo Leopardi” e la nuova cantata “La Torre di Babele” eseguita dal Quartetto Vocale, di cui fanno parte, oltre alla Marini, Francesca Breschi, Patrizia Bovi e Patrizia Nasini, vere e proprie virtuose della voce.
Il “Concerto per Giacomo Leopardi” comprende tre brani: il “Coro dei morti”, “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia”, e l’ “Ultimo canto di Saffo”. Questi canti, scritti su commissione dell’Università La Sapienza di Roma per la chiusura dell’anno leopardiano, sono stati eseguiti un’unica volta al Teatro Argentina di Roma. In occasione di questa nuova esecuzione si riuniscono artisti siciliani e romani: il Coro Convivium di Palermo (diretto da Liliana Tedesco), che da tempo e con passione studia questo concerto, Michele Manca, Germana Mastropasqua, Xavier Rebut e Flaviana Rossi dalla Scuola Popolare di Musica di Testaccio, e il Quartetto d’Archi siciliano a cura di Francesco Pusateri.
Il progetto “Giovanna Marini: dalla campagna alla città” all’interno di “Artisti per Alcamo” dà quindi l’occasione di eseguire nuovamente questi canti e di registrare questo prezioso materiale sonoro.
Le cantate composte per il quartetto, tra cui “La torre di Babele” rappresentano il compimento di tutte le esperienze musicali di Giovanna Marini: la ricerca sui canti di tradizione orale, la composizione strumentale e vocale, la scrittura individuale e collettiva, l’insegnamento. A fare da raccordo alla sua produzione musicale, la Marini arricchisce i concerti, grazie all’arte e al gusto della narrazione appresa dai cantori popolari, di racconti sempre divertenti, toccanti o poetici, in cui il rapporto con la realtà risulta felicemente falsato.
Per quanto riguarda la didattica, ci sarà un laboratorio in due parti: Giovanna Marini introdurrà il progetto con due lezioni-incontro dal titolo “Estetica del canto contadino” in cui viene spiegata la continuità fra musica di tradizione orale e musica classica, il canto rituale e la funzione ad esso connessa.
Seguirà il laboratorio “Canti di tradizione orale - Un percorso polifonico”, un viaggio nell'universo del canto a più voci attraverso i canti della tradizione orale italiana condotto da Xavier Rebut.
LABORATORI (presso Associazione per l’arte, via Domenico La Bruna, 39 – Alcamo)
LA PRENOTAZIONE PER I LABORATORI E’ OBBLIGATORIA. SI PREGA DI INVIARE CURRICULUM E UNA BREVE MOTIVAZIONE A: info@associazioneperlarte.it entro il 20 novembre. I LABORATORI SI RIVOLGONO A CHI HA GIA’ UNA CONOSCENZA MUSICALE DI BASE. LA PARTECIPAZIONE E’ GRATUITA.
I laboratorio:”Estetica del canto contadino”- Lezioni-incontro con Giovanna Marini
24 novembre 2006 ore 18.00-20.00
25 novembre 2006 ore 15.00-17.00
L’approccio alla musica può essere fatto non solo secondo i criteri classici di studio dello strumento musicale ed ascolto di brani di musica classica con conseguente analisi, ma avvicinando il discorso del suono dal lato della musica di tradizione orale.
Un incontro sulla tradizione orale della musica contadina può essere illuminante per far capire quanto questa musica, sicuramente primitiva, sia però alla base di molti fondamenti della musica classica, colta. Se pensiamo che anche il canto gregoriano in realtà non fu che, nella sua prima presentazione, una raccolta di canti popolari dell’epoca , settimo, ottavo secolo dopo Cristo, e solo dopo quando intervenne la Chiesa con i suoi Maestri di Cappella il canto venne codificato e regolamentato… se si pensa questo, è facile immaginare come nel canto di tradizione orale si trovino i primi modi della polifonia : il discanto, l’organum, l’ochetus, fino al rondò, la caccia, e tutt’ora questi canti vengono cantati, spesso con intonazione ben temperata ma mantenendo ancora quella arcaica, non temperata. Quindi cercare nel canto di tradizione orale vuol dire spesso trovare modi che nei libri di conservatorio di storia della musica vengono definiti “la prime forme polifoniche, trovatori e trovieri,i modi greci e latini”, un primo capitoletto per noi di importanza fondamentale. L’incontro che Giovanna Marini propone è proprio utile a spiegare questa continuità fra musica di tradizione orale e musica classica e allo stesso tempo indicare tutte le differenze fra la cultura della prima, un canto rituale con rito e funzione ancora ben connessi , e la seconda : un canto finalizzato ad essere unito agli strumento ben temperati, a superare il volume di un'orchestra, con unica funzione di ddare spettacolo ed emozioni attraverso il suono. Due ora in cui si svolgeranno anche esercizi vocali per meglio capire , e molto ascolto di materiale popolare.
II laboratorio: Canti di tradizione orale – un percorso polifonico, condotto da Xavier Rebut
16 dicembre ore 14.00-19.00
17 dicembre ore 11.00-14.00/15.30-18.00
Il seminario propone un percorso nell'universo del canto a più voci attraverso i canti della tradizione orale italiana - canti devozionali, canti di lavoro, ballate narrative, muttus, canti della Resistenza, canti di cantastorie, lamenti - e attraverso il parallelo con i canti di altre tradizioni: tra cultura orale e cultura scritta. Un percorso che disegna una storia possibile della musica vocale, dalla monodia alla polifonia, grazie a una musica veicolo di una memoria storica e culturale: un incontro con una molteplicità di linguaggi e comportamenti musicali. Il lavoro propone lo studio del repertorio, basato sull’ascolto delle fonti originali e sulle loro trascrizioni (dalla “Raccolta di modi di tradizione orale” di Giovanna Marini e altre trascrizioni di Xavier Rebut). In parallelo, gli altri obbiettivi sono: l'allenamento alla polivocalità (dalla monodia alla polifonia), ai modi musicali (il concetto di modo, gregoriano e contadino), all' "orecchio relativo"; degli elementi di tecnica vocale (respirazione, postura e gesto vocale) e la loro applicazione ai vari colori e repertori vocali incontrati; l'ascolto e l'analisi di registrazioni originali di musica di tradizione orale e d'altri mondi sonori; e infine un approccio alla "spazializzazione" del suono.
CONCERTO:
I parte: “Concerto per Giacomo Leopardi” - una composizione di Giovanna Marini su testi di Giacomo Leopardi
con: Michele Manca, Germana Mastropasqua, Xavier Rebut, Flaviana Rossi (Scuola Popolare di Musica di Testaccio), il coro “Convivium” di Palermo diretto da Liliana Tedesco (Emilio Corallino, Gero Ciulla, Pietro Giammellaro, Irene Ientile, Pia Mangano, Giulia Sideli), quartetto d’archi (a cura di Francesco Pusateri).
II parte: “La torre di Babele”- una nuova cantata di Giovanna Marini.
Concerto del “Quartetto Vocale” (Giovanna Marini, Francesca Breschi, Patrizia Bovi, Patrizia Nasini).
19 dicembre 2006, Teatro Cielo d’Alcamo, P.za Castello, Alcamo, ore 21.15
Ingresso €. 5,00
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La vocazione teatrale secondo Renata Molinari (e Moni Ovadia) A Milano il 14 novembre di Scuola d'Arte Drammatica Paolo Grassi |
SCUOLA D’ARTE DRAMMATICA PAOLO GRASSI
Martedì 14 novembre ore 18.00 - Sala Teatro
Moni Ovadia presenta il libro La vocazione teatrale – Un laboratorio a Mittelfest
di Renata M.Molinari (edizioni Il Principe costante)
Non poteva essere che Moni Ovadia a presentare insieme all’autrice La vocazione teatrale: il libro è infatti il risultato di un importante laboratorio, condotto nel 2005 a Cividale, nato dalla scommessa del direttore artistico del Mittelfest e di Mario Brandolin e Renata Molinari di mettere assieme allievi attori, registi e drammaturghi di quattro scuole, diverse sia per riferimenti teatrali che territoriali e linguistici. Venivano dalla Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi, dall’Accademia d’Arte Drammatica Nico Pepe di Udine, dall’Accademia d’Arte del Dipartimento di Teatro Juri Strossmayer di Osijek (Croazia) e dallo Studio di Ricerca sull’Arte dell’attore di Lubiana, gli allievi che hanno condiviso a Cividale la stessa pratica teatrale.
Il libro ricostruisce nel dettaglio le giornate di lavoro, gli esercizi, le riflessioni e la visione di teatro dei giovani italiani, sloveni e croati, l’evoluzione dei progetti, la quotidianità ma anche i momenti di rappresentazione in presenza del pubblico. Un resoconto di lavoro come momento pedagogico ma anche una rilessione teorica sulla base dei diari tenuti da due allieve drammaturghe italiane, Sarah Chiarcos e Anna Siccardi.
Momento fondamentale del seminario, e del libro, la “Lettera agli allievi” di uno dei “padri fondatori” della regia teatrale, Evgeniy Vachtangov: un momento autonomo di concertazione di tutti i partecipanti sul tema, appunto, della vocazione teatrale.
Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi
Via Salasco 4 20136 Milano
Tel. 0258302813
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Commedia dell'arte: in viaggio e in festa con Dario Fo e Franca Rame All'Università di Roma dall'11 al 13 novembre di Ufficio stampa |
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA “LA SAPIENZA”
CENTRO TEATRO ATENEO - CENTRO INTERDIPARTIMENTALE DI RICERCA SULLO SPETTACOLO
DIPARTIMENTO DI ARTI E SCIENZE DELLO SPETTACOLO
COMMEDIA DELL’ARTE:
GIORNATE DI VIAGGIO FRA I COMICI ITALIANI
e una festa con
DARIO FO E FRANCA RAME
UNA VITA DI SATIRA E MISTERI BUFFI
Convegno Internazionale di Studi
sotto l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica
con il contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali,
Regione Lazio, Provincia di Roma, Comune di Roma
e con la collaborazione del Festival Mediterranea
Roma, 11-13 Novembre 2006
Il Centro Teatro Ateneo e il Dipartimento di Arti e Scienze dello Spettacolo dell’Università degli studi di Roma “La Sapienza”, con la collaborazione del Festival Mediterranea, organizzano in onore di Dario Fo e Franca Rame una festa per celebrarne i cinquant’anni di sodalizio artistico e festeggiare gli ottant’anni di Dario Fo. In attesa che l’Università degli studi di Roma “La Sapienza” completi la lunga procedura per conferire la laurea honoris causa in Arti e Scienze dello Spettacolo a Franca Rame, dopo quella a Dario Fo dello scorso maggio, questa festa diventa l’occasione per approfondire le tecniche della reinvenzione della recitazione all’improvviso, inserendosi all’interno di un convegno di studi sulla Commedia dell’Arte, volto a fare il punto sulle più recenti ricerche sull’Improvvisa. Alle tre giornate di studio dedicate alla drammaturgia e all’evoluzione della Commedia dell’Arte nel tempo e in relazione alle diverse culture (in particolare quella russa) a cui partecipano importanti studiosi quali: Silvia Carandini, Roberto Ciancarelli, Delia Gambelli, Renzo Guardenti, Luciano Mariti, Ferruccio Marotti, Ferdinando Taviani, Roberto Tessari, Maria del Valle Ojeda Calvo, si affiancano tre momenti di spettacolo.
Al Teatro Ateneo sabato 11 novembre, a conclusione della prima sessione di lavoro (alle ore 20.30), Il finto marito di Flaminio Scala, scenario del primo periodo della Commedia dell'Arte, vede coinvolti dieci studenti del Centro Teatro Ateneo e del corso di laurea in Arti e Scienze dello Spettacolo della Facoltà di Scienze Umanistiche. Lo spettacolo, che rivela un mondo crudo e violento, lontano dagli stereotipi goldoniani, ha vinto il 1° premio come miglior spettacolo e il 1° premio per il miglior attore non protagonista, al III Festival Internazionale delle Scuole Teatrali di Varsavia.
A seguire, alle ore 21.45, in collaborazione con il Festival Mediterranea, una serata, tra ricordo e improvvisazione, dedicata a Ci ragiono e canto, spettacolo del 1966 nato dalla collaborazione tra Dario Fo e “Il Nuovo Canzoniere Italiano”, su materiali raccolti e curati da Gianni Bosio, rielaborati dallo stesso Fo e da Giovanna Marini, che univa canzoni di tradizione popolare a pantomime e azioni sceniche. Alla serata partecipano la stessa Giovanna Marini con Ivan Della Mea, il Gruppo di Piadena (Giuseppe Morandi, Adelio Chittò, Bruno Fontanella, Policarpo Lanzi), Fausto Amodei e Paolo Pietrangeli.
La festa vera e propria si svolgerà presso l’Aula Magna domenica 12 novembre dalle ore 18, dove, dopo un’apertura con uno spettacolo di clown, funamboli e fuochi d’artificio del Teatro Potlach, Dario Fo e Franca Rame ripercorreranno tappe della loro lunga carriera artistica con le testimonianze, reali e virtuali, di amici e colleghi quali: Eugenio Barba e gli attori dell’Odin Teatret, Rosanna Brusegan, Ascanio Celestini, Andrea Cosentino, Laura Curino, Sabina Guzzanti, Mariangela Melato, Paolo Rossi, Marco Travaglio, Vauro, Tana de Zulueta; concluderà la Banda Osiris, con un omaggio musicale.
A chiusura del convegno, lunedì 13 novembre – a partire dalle ore 10.30 – Raissa Raskina presenterà il film russo, inedito in Italia, dello spettacolo del 1922 di Evgenij Vachtangov La principessa Turandot che simboleggia il mito della Commedia dell’Arte nel periodo delle avanguardie storiche.
Programma
I GIORNATA
sabato 11 novembre 2006
Teatro Ateneo ore 16
Il teatro delle favole rappresentative: drammaturgia della Commedia all'Improvviso
Introduce Ferdinando Taviani
Dialogo fra Ferruccio Marotti e Roberto Tessari
con un intervento di Claudio De Maglio
ore 20.30
Il finto marito di Flaminio Scala con la Compagnia degli Scalzi - studenti del Corso di studi in Arti e Scienze dello Spettacolo dell’Università “La Sapienza” di Roma
ore 21.45
in collaborazione con il Festival Mediterranea
con il patrocinio e il contributo della Presidenza del Consiglio della Regione Lazio
Dario Fo e Il Nuovo Canzoniere Italiano: un ricordo di Ci ragiono e canto
con Giovanna Marini, Ivan Della Mea, il Gruppo di Piadena (Giuseppe Morandi, Adelio Chittò, Bruno Fontanella, Policarpo Lanzi), Fausto Amodei, Paolo Pietrangeli
.
II GIORNATA
domenica 12 novembre
ore 10.30 Teatro Ateneo
Arlecchino: dall'inferno alla corte del Re Sole. Storie e viaggi dei comici dell'Arte
Introduce Ferruccio Marotti
Dialogo fra Delia Gambelli, Maria del Valle Ojeda Calvo e Renzo Guardenti
ore 18
Piazzale antistante il Rettorato
Spettacolo a cura del Teatro Potlach
a seguire, Aula Magna
Spettacolo/festa per Dario Fo e Franca Rame – cinquant’anni di satira e misteri buffi
con la partecipazione di Dario Fo e Franca Rame e le testimonianze, reali e virtuali, di Eugenio Barba e Odin Teatret, Rosanna Brusegan, Ascanio Celestini, Andrea Cosentino, Laura Curino, Sabina Guzzanti, Mariangela Melato, Paolo Rossi, Marco Travaglio, Vauro, Tana de Zulueta; concerto finale della Banda Osiris
III GIORNATA
lunedì 13 novembre
ore 10.30 Teatro Ateneo
Il teatro delle maschere da Roma a Mosca, fra Seicento e Novecento
Introduce Silvia Carandini
Dialogo fra Luciano Mariti e Roberto Ciancarelli sul teatro delle maschere a Roma nel Seicento
Il mito della Commedia dell’Arte da Mejerchold a Vachtangov con brani del film La principessa Turandot di Evgenij Vachtangov (sottotitoli in italiano), a cura di Raissa Raskina
Ingresso agli spettacoli gratuito
Teatro Ateneo - Viale delle Scienze 1 - Roma
Aula Magna - Ingresso Università di Roma “La Sapienza” - p.le Aldo Moro 5 – Roma
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Del Rwanda non sappiamo niente di Orsola Sinisi premiato dal pubblico Al 4FF di Bolzano di Redazione ateatro |
Del Rwanda non sappiamo niente di Orsola Sinisi (Italy, 2003, 40'), il documentario dedicato alla tournée italiana dello spettacolo Rwanda 94 di Jacques Delcuvellerie (ne abbiamo ampiamente parlato in ateatro 73 e 74), ha vinto il Premio del Pubblico al 4FF – 4 Film Festival di Bolzano, nella sezione “Borderlands – Terre di confine”.
Se avete voglia di vedre come sono i video di O.S. in questo sito ci sono alcuni dei suoi Ritratti ateatro.
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Se il Papa va in Turchia, Mmma Gallina porta la Turchia a Trento Al limite al confine a Trento dal 29 novembre al 4 dicembre di Centro S. Chiara |
CENTRO SERVIZI CULTURALI S. CHIARA
e
Facoltà di Sociologia dell'Università di Trento
Progetto internazionale
Allimitealconfine
2006/2007
La Turchia fra Europa e Asia
a cura di Mimma Gallina
TRENTO, dal 29 novembre al 4 dicembre 2006
Collaborazioni:
PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO
Assessorato all’emigrazione,
solidarietà internazionale,
sport e pari opportunità
COMUNE DI TRENTO
FESTIVAL INTERNAZIONALE DI ISTANBUL (IKSV)
FESTIVAL ASTITEATRO
CASSA CENTRALE CASSE RURALI TRENTINE
Con il patrocinio di
MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI
Dopo il primo appuntamento, dedicato alla Siberia, torna Al limite, al confine, il progetto internazionale e multidisciplinare che il Centro Santa Chiara promuove in accordo con la Facoltà di Sociologia dell'Università di Trento. L'obiettivo è quello di mettere a fuoco, con respiro pluriennale, l'idea di confine, che ha acquistato nella storia del presente una rinnovata centralità: ai confini si sviluppano culture complesse, fra valorizzazione dell'identità e confronto, il confine evoca lontananza e la dialettica centro/periferia è alla base di grandi creazioni artistiche. Il concetto di limite è sinonimo e assieme esasperazione di questo stato e suggerisce situazioni sociali e individuali estreme, che si collocano talvolta all'origine di processi creativi. La posizione storica di confine della città di Trento la rende ideale per un'esplorazione a vasto raggio in queste direzioni.
Per la sua collocazione geografica strategica, la Turchia è stata storicamente il crocevia, il punto di incontro dei due continenti, qui sono nate e si sono intrecciate grandi civiltà. Questa posizione unica ha
permesso di sviluppare identità e presentare volti diversi: quello balcanico, mediterraneo, mediorientale, caucasico, europeo e asiatico. Se l'attualità politico culturale del tema è collegata al dibattito sull'ingresso nell'Unione Europea e alle problematiche più generali dei rapporti fra occidente e mondo islamico, l'incontro con questo universo ribalta schemi geografici e mentali e impone un respiro più ampio. La Turchia è sempre stata per l'Europa, del resto, assieme lontana e vicina. Se oggi la presenza di cittadini turchi è capillare in molti paesi europei (in Germania soprattutto, dove sono nate espressioni culturali rilevanti, in letteratura, nel cinema, in teatro), tornando indietro di secoli, l'impronta turca è fondamentale nei Balcani, in Albania, in Ungheria, nel nostro Salento. In Italia del resto, l'"immaginario" sul "Turco"ha stimolato grandi artisti da Rossini a Carmelo Bene.
La prima tappa del progetto [2006] privilegia la presenza di gruppi e artisti turchi e la riflessione sulla Turchia. Si prosegue nel 2007 con un'attenzione particolare alla presenza e all'influenza della cultura turca in Asia e in Europa.
CONVEGNO INTERNAZIONALE
2 dicembre 2006, ore 10/13, 14.30/18
Centro Santa Chiara, Sala Video
LA TURCHIA FRA TRADIZIONE E MODERNITÀ
traduzione simultanea
relatori: Serdar Altay, Miachel Bommes, Mario Diani, Sema Erder, Suna Gulfer Ihlamur, Fakiye Ozsoyal, Giuseppe Sciortino, Ulas Sunata, Mario Zucconi.
Discussants: Marco Brunazzo, Francesca Decomo, Mark Gilbert
Al confine fra Europa e Asia e fra tradizione e modernità: l'incontro esplora sfide e equilibri difficili. La posizione di crocevia ha fatto a lungo della Turchia un paese di immigrazione e di asilo. Oggi è un paese di emigrazione e allo stesso tempo al centro di flussi migratori da diverse parti del mondo. La posizione geografica ha inoltre determinato la politica estera della Repubblica fin dalla sua fondazione: Due temi principali, l'occidentalizzazione e la modernizzazione, fanno dell'adesione all'UE uno dei principali obiettivi di questa politica. La fine della “Guerra Fredda” ha peraltro generato nuovi vincoli ma anche nuove opportunità che hanno favorito l'allargamento dell'influenza turca dall'Europa fino all'Asia centrale. Mentre una nuova era basata su rapporti di buon vicinato è iniziata nelle relazioni turco-russe, la trasformazione della regione ha consentito alla Turchia di offrire sostegno e riallacciare legami politici,
economici e culturali con il Centro Asia e la regione del Caucaso. Infine, riflettere su “tradizione” e “modernità” nel contesto turco invita a mettere a fuoco un aspetto emblematico: la condizione e lo status socio legale delle donne. In sintesi, il convegno si articola nei seguenti temi:
La Turchia nell'età dell'Emigrazione: dove si colloca la Turchia?
Le Relazioni internazionali della Turchia
(con l'Unione Europea, con la Russia, con gli stati dell'Asia centrale)
La condizione della donna in Turchia
SPETTACOLI E LABORATORI
Teatro delle Ombre/Compagnia di Cengiz Özek
29 e 30 novembre 2006, ore 20.30
Centro Santa Chiara/Teatro Cuminetti
L'ALBERO MAGICO
1 dicembre 2006, ore 20.30
Centro Santa Chiara/Teatro Cuminetti
IL MOSTRO DI SPAZZATURA
30 novembre e 1 dicembre 2006, ore 17.30/19.30
Centro Santa Chiara/ Teatro Cuminetti
con Cengiz Özek
LABORATORIO PER MARIONETTISTI
costruzione e animazione secondo le tecniche turche
Il teatro delle Ombre, le cui origini risalgono al 1600, è, assieme alla tradizione dei cantastorie, la forma più popolare ancora viva di spettacolo e costituisce una ricca sintesi della cultura turca, combinando poesia, arte della miniatura, musica, costumi folcloristici e tradizione orale. Intrecci e intrighi affini a quelli della nostra commedia dell'arte fanno capo a un personaggio principale, Caragoz, animato, assieme ai numerosi altri personaggi e agli scenari che mutano, da un unico marionettista/attore/costruttore (come nelle guarattelle, i teatrini di Pulcinella, di cui del resto Caragoz è un po' parente). L'impianto scenico è caratterizzato da uno schermo sottile dietro cui si muovono le raffinate sagome piatte, una tradizione comune a molte culture asiatiche. Cengiz Özek ha fondato la sua compagnia nell'86; popolarissimo in patria, dove dirige anche il festival delle marionette di Istanbul, e molto noto a livello internazionale, porta in scena con grande virtuosismo questo prezioso patrimonio ma sa, allo stesso tempo, coniugarlo con la modernità, creando nuove storie e suggestioni visive. “L'albero magico” è basato su canovacci del 18° e 19°secolo e presenta una storia classica di Caragoz. Ne “Il mostro di spazzatura”, ambiente e ecologia sono al centro di una nuova avventura della popolare maschera, ma sono anche il pretesto per una storia ricca di fantasia e colpi di scena. Il teatro delle Ombre è per adulti e bambini; di grande impatto visivo non presenta difficoltà di comprensione. Si forniranno al pubblico riassunti dettagliati delle storie.
La presenza di Cengiz Özek in Italia offre anche l'opportunità, a professionisti e appassionati, di accostarsi attraverso un laboratorio, all'arte e ai segreti di questa grande tradizione, alle tecniche per costruire e animare le sagome.
2 dicembre 2006, ore 20.30 e 22.30, 3 dicembre 2006, ore 16 e 20.30
4 dicembre 2006, ore 20 e 22
Teatro Sociale
Compagnia Dot
in coproduzione col Festival Internazionale di Istanbul
UNA COMMEDIA PER DUE
Testo di Yekta Kopan
Regia e impianto scenico di Bulent Erkmen
Con: Melike Gumer e Altay Ozbek
Traduzione dal vivo iunteghrata nello spettacolo
Una produzione innovativa sul piano drammaturgico, visivo, dell'interpretazione. Lo spettacolo di Bulent Erkmen, attivo anche nel campo del design, del video, delle arti visive, e della compagnia DOT, è unico -non incarna propriamente una tendenza- ma allo stesso tempo è rappresentativo del dinamismo e della sorprendente modernità della scena turca. La storia di una coppia che si è amata in un passato non troppo remoto e cerca di rincontrarsi, si esprime attraverso una drammaturgia frammentaria (singole parole, brevi frasi che pure riescono a rievocare ricordi e atmosfere), all'interno di uno spazio scenico di grande impatto e suggestione visiva: una gabbia-labirinto in cui i personaggi si muovono e si inseguono attraverso i meandri geometrici della scenografia, senza mai raggiungersi e senza mai toccare terra. Il pubblico è a sua volta accolto all'interno della struttura scenica, e segue da poltrone girevoli l'inseguimento e l'incontro impossibile, prigioniero partecipe e un po' voyeur di questo amore.
Il testo è recitato in turco e “doppiato” in diretta e dal vivo in italiano.
La compagnia DOT si è costituita nel 2005, ma con la sua sede nel centro del quartiere di Beyoglu -il cuore della città- è diventata uno dei punti di riferimento della cultura contemporanea a Istanbul.
LA NUOVA DRAMMATURGIA TURCA
4 dicembre, ore 15.30/19
Centro Santa Chiara/Sala Video
AUTORI E TESTI DEL TEATRO CONTEMPORANEO TURCO
in collaborazione con Festival Internazionale di Istanbul
e Festival Asti Teatro
La recente attribuzione del premio Nobel per la letteratura a Orhan Pamuk ha portato
clamorosamente alla ribalta internazionale la letteratura turca. Ma Pamuk non è un fenomeno isolato, la qualità della letteratura in Turchia è altissima e la scrittura per il teatro non è da meno. Anche grazie alla collaborazione con il festival di Istanbul, si sono scelti quattro autori inediti in Italia, diversi per temi e stile, accomunati da un singolare intreccio fra realismo e fantasia e da alcuni punti di contatto, come il conflitto fra tradizione e modernità, il tema dell'alienazione e della solitudine nella grande città. La forma scelta per la presentazione al pubblico è quella della lettura da parte di attori e registi di alcune scene: una classica prima prova a tavolino.
GLI AUTORI, I TESTI, LE LETTURE
Tuncer Cucenoglu, “La valanga”
a cura di Sabrina Morena per L'associazione “Spaesati”
Legge: Fulvio Falzarano con gli allievi dell'Accademia Teatrale Città di Trieste
Tuncer Cucenoglu, classe 1944, membro del Pen Club, nonché di organismi sindacali e governativi. I suoi testi caratterizzati da metafore di grande efficacia e ricche di humor sono entrati nel repertorio di più di 30 paesi in tutto il mondo. Ne “La Valanga” la minaccia di una catastrofe costringe gli abitanti di un villaggio sperduto al silenzio per nove mesi l'anno: qualunque grido potrebbe far precipitare la valanga...
“Gli ho detto: NO! Non puoi farlo! Non puoi gridare!
perchè moriremo tutti. Ci pensi, eh, ci pensi che moriremo tutti? Ci penso ma è più forte di me, ho una voglia disperata di uscire ed urlare...”
Sabrina Morena coordina la lettura con l'associazione Spaesati di Trieste, che affronta tematiche vicine a quelle de Al Limite al Confine.
Yesim Ozsoy Gulan, “Ultimo mondo”
a cura di Renata Ciaravino e Valeria Talenti per Dionisi Compagnia Teatrale di Milano
Leggono: Renata Ciaravino, Marco Fubini, Carmen Pellegrinelli, Valeria Talenti
Yesim Ozsoy Gulan mette in scena personalmente i suoi testi col gruppo VeDST, che ha fondato nel 2001 e che opera nel campo della nuova drammaturgia e delle nuove tecnologie. “Ultimo mondo” è stato presentato al Festival Internazionale di Istanbul 2006.
“Da qualche parte ai confini d'Europa un aereo crolla. Tre persone a bordo del volo Noah 71/71 si ritrovano in un posto che non possono descrivere. Sono sconosciute l'una all'altra. Per un momento cercano di capire questo posto indescrivibile. Sono morti? Il tempo si è fermato? È arrivata la fine del mondo? Dove sono? Sono nominati come La Donna, L'Uomo e la Terza Persona: questo trio rappresenta i poli EST e OVEST e il “né l'uno, né l'altro””
Abbiamo interpellato per la presentazione di questa autrice una compagnia “al femminile”, Dionisi di Milano, diretta dall'autrice Renata Ciaravino e dalla regista Valeria Talenti.
Ozen Yula, “In affitto”
a cura di Mauro Avogadro e Elisa Galvagno, con attori della Scuola del Teatro Stabile di Torino: Andrea Bosca, Elisa Galvagno, Paolo Giangrasso, Diego Iannaccone, Fabio Marchisio, Angelo Tronca.
Ozen Yula è uno degli autori più attivi della sua generazione in Turchia -novelle, romanzi, saggi- ma ha trovato nel teatro il suo linguaggio più congeniale. Anche regista, è stato tradotto e rappresentato in numerosi paesi d'Europa e in Giappone. “In affitto” descrive un piccolo mondo regolato dalla legge del più forte, dove ragazzi neanche ventenni si aggirano come fantasmi, corpi in affitto, per una notte, in un parco, in cerca di un'impossibile via di fuga dalla miseria e dalla solitudine.
“Un giorno farò l'amore con lui... come un mio cliente qualsiasi...
Allora l'amore si consumerà... Allora andrò via da qui... La notte scenderà... Ucciderò mio padre e mia madre... Nel nome di tutte le ragazze innocenti uccise dagli uomini delle loro famiglie...
Incendierò il palazzo nel nome della moralità... Le fiamme saranno viste dall'intera città. Ogni famiglia virtuosa uscirà fuori dai propri balconi e guarderà... Guarderanno di generazione in generazione..”
Un testo per interpreti giovanissimi: abbiamo chiesto a Mauro Avogadro di guidare nella lettura attori diplomati alla Suola del Teatro Stabile di Torino.
Murathan Mungan, “La maledizione del Cervo”
a cura di Massimo Salvianti per Arca Azzura di Firenze
Leggono: Giuliana Colzi, Andrea Costagli, Dimitri Frosali, Massimo Salvianti, Lucia Socci
Murathan Mungan è autore di racconti, di numerosi testi teatrali ma è soprattutto poeta –uno dei maggiori poeti turchi- e il suo teatro è teatro di poesia. “La maledizione del cervo” percorre quattro generazioni di una stirpe nomade, fra foreste, deserti, palazzi, prigioni, cerve che si trasformano in donne bellissime, Bey orgogliosi e misteriosi, geni e streghe. È soprattutto una favola:
“Cos'è la storia? Cosa il tempo? Esiste un solo tipo di tempo in Asia: il Tempo
della Favola. Passato, futuro e presente. Tutti sono il Tempo della Favola... C'era una volta, nel nord dell'est, c'era una volta un palazzo immenso. Voi potreste chiedere: quale est? Quale nord? L'est di cosa? Il nord di cosa? Diciamo l'est di qualunque luogo, il nord di qualunque luogo.
Impossibile? Perché? Non è un problema dove stiamo sulla faccia della terra? Si dice che se noi andassimo abbastanza a ovest, arriveremmo a est, alla fine. Lo sapete bene. In breve, ovunque andiamo, andiamoci con la convinzione che il mondo è rotondo.”
Arca Azzurra di Firenze, con il coordinamento di Massimo Salvianti affronta la lettura di questo testo complesso e affascinante.
Introdurrà gli autori e la drammaturgia contemporanea nel quadro del teatro in turco, Fakiye Ozsoyal docente di critica teatrale all'Università di Istanbul.
L'iniziativa è rivolta anche agli operatori teatrali a livello nazionale e si propone di promuovere la conoscenza del teatro contemporaneo turco e possibilmente il futuro allestimento, in edizione italiana, di un testo turco. Questa intenzione promozionale è condivisa dal festival AstiTeatro e dal Festival di Istanbul che, assieme al Centro Santa Chiara selezioneranno e sosterranno in forme diverse nel corso del 2007 e 2008 una eventuale produzione.
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Le residenze per il rinnovamento del teatro italiano Un convegno a Torino su cultura e territorio di Ufficio stampa |
ASSOCIAZIONE PIEMONTE DELLE RESIDENZE
REGIONE PIEMONTE
presentano
LE RESIDENZE PER IL RINNOVAMENTO DEL TEATRO ITALIANO
una cultura che nasce dal territorio
convegno nazionale
Torino, 1°dicembre 2006
San Sebastiano Po, 2 dicembre 2006
l’Associazione Piemonte delle Residenze è composta da
R.M. dal Monferrato al Po (Casa degli Alfieri-Faber Teater)
R.M. Officina Cuneo (Il Melarancio)
R.M. Storie di altri mondi Torino (Il Mutamento Zona Castalia)
R.M. del territorio pedemontano Cantalupa (Il Teatro delle Dieci)
R.M. Valle Strona Provincia VCO (Onda Teatro)
R.M. di Caraglio e della Valle Grana (Santibriganti Teatro)
R.M. Arte Transitiva Biella e Provincia (Stalker Teatro)
R.M. delle Due Province (Teatro delle Forme)
R.M. Teatroimpegnocivile Grugliasco (Viartisti Teatro)
R.M. Sul Lago d’Orta (Teatro delle Selve)
R.M. Un Territorio per Bambiniateatro Ivrea e Canavese (Unoteatro)
LE RESIDENZE PER IL RINNOVAMENTO DEL TEATRO ITALIANO una cultura che nasce dal territorio è il titolo del primo convegno nazionale che si tiene a Torino venerdì 1 dicembre (Sermig Arsenale della Pace) e sabato 2 dicembre 2006 (Castello di San Sebastiano Po) a cura dell’Associazione Piemonte delle Residenze in collaborazione con la Regione Piemonte.
L’Associazione Piemonte delle Residenze nasce, nel 2006, per volontà di alcune strutture teatrali della Regione Piemonte (Casa degli Alfieri, Faber Teater, Il Melarancio, Il Mutamento Zona Castalia, Il Teatro delle Dieci, Onda Teatro, Santibriganti, Stalker Teatro, Teatro delle Forme, Viartisti Teatro, Teatro delle Selve, Unoteatro) che scelgono la collaborazione per stimolare e migliorare le condizioni della produzione e promozione artistica contemporanea. Piemonte delle Residenze vuole porsi come risorsa che favorisca un’equilibrata diffusione della cultura e dell’arte teatrale sul territorio piemontese, tentando di creare un organico sistema teatrale regionale in cui interagiscono realtà pubbliche e private, di cogliere importanti obbiettivi di sviluppo sociale, culturale delle comunità locali.
La Regione Piemonte promuove e sostiene le Residenze Mulidisciplinari, ovvero progetti territoriali facenti capo a uno o più comuni e realizzati da compagnie teatrali professionali. Al centro delle Residenze in Piemonte stanno le comunità territoriali e i progetti che corrispondono alla necessità di crescita sociale e culturale, comprendendo le attività dirette alla formazione del pubblico, con un’attenzione alle giovani generazioni. Introdotte nel 2001 all’interno del Regolamento della Regione Piemonte sulle attività professionali e avviate ufficialmente nel 2002 le Residenze si sono sviluppate decisamente in questi anni.
LE RESIDENZE PER IL RINNOVAMENTO DEL TEATRO ITALIANO una cultura che nasce dal territorio ha luogo il 1° dicembre 2006 a Torino, Sermig Arsenale della Pace, durante la giornata vengono presentate e confrontate alcune esperienze maturate in Italia in questi anni, ma si intende anche contestualizzare lo strumento della residenza teatrale nel dibattito più complessivo sulla futura e auspicata normativa dello spettacolo dal vivo.
A seguito del convegno, il 2 dicembre 2006 a San Sebastiano Po presso il Castello si tiene la Tavola Rotonda dal titolo RESIDENZE TEATRALI COME RISPOSTA DI SISTEMA: interfaccia tra operatori, istituzioni e comunità locali, per definire proposte complessive future sul piano nazionale.
Info
Onda Teatro
tel. 011/3999014
info@ondateatro.it
LE RESIDENZE PER IL RINNOVAMENTO DEL TEATRO ITALIANO
Una cultura che nasce dal territorio
Venerdì 1° dicembre 2006
Torino, SERMIG Arsenale della Pace
Piazza Borgo Dora n. 61
ore 9.00 registrazione invitati
ore 9.30 saluto di Giordano Amato Direttore Artistico
Residenza Multidisciplinare “Storie di Altri Mondi” Torino
saluto della Città di Torino
Fiorenzo Alfieri
Assessore alla Cultura
Gimmi Basilotta
Presidenza Associazione Piemonte delle Residenze
Gianni Oliva
Assessore alla Cultura della Regione Piemonte
Lello Serao,
Area Nord Napoli
Nicola Oddati
Assessore Cultura Comune di Napoli
Fabio Biondi
L’Arboreto di Mondaino – Rimini
Ferruccio Merisi
Scuola Sperimentale dell’Attore – Pordenone
Nevio Alzetta
Capo Commissione Cultura della Regione Friuli Venezia Gulia
Andrea Rebaglio
Fondazione Cariplo
Ore 11.30 coffee break
Cristina Favaro
Osservatorio Culturale del Piemonte
Marco Chiriotti
Assessorato alla Cultura della Regione Piemonte
sono stati invitati
Sen. Vittoria Franco,
Presidente della VII Commissione Permanente del Senato
Carlo Chiurazzi
Assessore alla Cultura della Regione Basilicata, Coordinatore della Commissione beni e attività culturali nella Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome
On. Elena Montecchi
Sottosegretario di Stato
presso il Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Dott. Salvo Nastasi
Direttore Dipartimento Spettacolo dal vivo
conclusioni a cura di Antonio Damasco
Presidenza Associazione Piemonte delle Residenze
Coordina i lavori: Rita Marchiori
Direttore regionale Promozione Attività Culturali, Istruzione e Spettacolo
Ore 16.00 Centro Culturale Dar Al Hikma, via Fiocchetto 15
intervento teatrale R.M. “Storie di altri mondi”
(Il Mutamento Zona Castalia) “Tarantella della discordia”
Ore 19.15 Castello di San Sebastiano Po
intervento teatrale R.M. “Re.Te” di Viù e delle Valli di Lanzo (C.A.S.T.)
“Visita teatrale guidata al Castello di San Sebastiano Po”
intervento teatrale R.M. di Caraglio e della Valle Grana
(Santibriganti Teatro) “Fortunata – una veglia per la terra”
intervento teatrale R.M. Valle Strona Provincia del V.C.O
(Onda Teatro) “Intorno alla Crociera” materiali sul teatro della memoria
Ore 23.00 intervento teatrale R.M. dal Monferrato al Po
(Casa degli Alfieri / Faber Teater) “Veglia con…”
contributi artistici di Officina R.M., R.M. Delle Due Province,
R.M. Del Territorio Pedemontano, R.M. Sul Lago d’Orta
Sabato 2 dicembre 2006 ore 9.30
Castello di San Sebastiano da Po
Tavola rotonda
RESIDENZE TEATRALI COME RISPOSTA DI SISTEMA:
interfaccia tra operatori, istituzioni e comunità locali
Ore 9.30 apertura lavori
Luciano Nattino Presidente ANCRIT/AGIS
Coordinamento a cura della
Presidenza Associazione Piemonte delle Residenze
Intervengono
Alessandro Pontremoli Università degli Studi di Torino
Renzo Boldrini Giallo Mare Minimal Teatro
Luigi Marsano I Teatri di Napoli
Andrea Cresti Teatro Povero di Montichiello
Davide d’Antoni FaQ – Teatroinverso
Antonella Questa Aq-prod.
Labros Mangheras Tib Teatro di Belluno
Maria Cristina Ghelli Teatro delle Donne - Centro Nazionale di Drammaturgia
Gabriele Ciaccia Teatro dei Colori di Avezzano
Francesco D’Agostino Quellidigrock di Milano
Massimo Munaro Teatro del Lemming
Gianfranco Pedullà Teatro Popolare d’Arte - Rete Teatrale Aretina
Gabriele Boccaccini R.M. Arte Transitiva – Stalker
Pietra Selva Nicolicchia R.M. Teatrimpegnocivile – Viartisti Teatro
Ore 13.30 Conclusioni a cura della Presidenza Associazione Piemonte delle Residenze
Ore 15.00 intervento teatrale R.M. Arte Transitiva di Biella e Provincia (Stalker Teatro)
“Il Tavolo della concert-o-azione” video installazione-performance
Programma interventi artistici a Torino e al Castello di San Sebastiano da Po
venerdì 1 dicembre 2006 - Centro Culturale Dar Al Hikma
Intervento teatrale ore 16.00
Residenza Multidisciplinare “Storie di altri mondi” (Il Mutamento Zona Castalia)
presenta
Tarantella della discordia
ispirato a un racconto africano
Drammaturgia e regia: Giordano V. Amato
Con: Eliana Cantone e Gaetano Ventriglia
Musiche composte ed eseguite dal vivo da Giulio Berutto
La parola che narra è più che semplice parola,
essa trasmette effettivamente l'accaduto alle generazioni future,
anzi il narrarlo è accadimento esso stesso, ha la sacralità di un rito.
Martin Buber
TARANTELLA DELLA DISCORDIA è il primo risultato dell’incontro de Il Mutamento Zona Castalia con il territorio di Porta Palazzo-Borgo Dora. La discordia, delle sue radici e ragioni, della possibilità di una pacifica convivenza: questi i temi del lavoro, più che mai attuali. Temi che danno vita ad uno spettacolo contemporaneo, capace di proporre una mitologia del possibile che non riproduce la realtà, ma la trasfigura e nuovamente la rivela attraverso la Poesia, la musica e l’azione.
venerdì 1 dicembre 2006 – Castello di San Sebastiano da Po
Intervento teatrale ore 19.15
Residenza Multidisciplinare "Re.Te" di Viù e delle Valli di Lanzo
presenta
Visita teatrale guidata al Castello di San Sebastiano
a cura di C.A.S.T.
Coordinamento artistico: Claudio Montagna
Testi e Regia: Davide Motto
Con una visita guidata teatrale, un gruppo di attori cerca di non perdere “l’ultima spettatrice” che vuole fuggire da un teatro che non parla di lei… La visita teatrale guidata è una modalità per presentare il bene culturale in modo affabile e diretto. Attori-guida spiegano la storia, interpretano le qualità, e mettono in scena gli eventi che riguardano luoghi e oggetti esposti.
Intervento teatrale ore 19.15
Residenza Multidisciplinare di Caraglio e della Valle Grana
presenta
Fortunata
una veglia per la terra
a cura di Santibriganti Teatro
regia di Maurizio Bàbuin e Mauro Piombo
drammaturgia Orlando Manfredi
2 novembre: in scena una figura femminile, Fortunata, al contempo donna e masca, prepara il desco in onore dei defunti; accanto a lei, sua madre è in muta agonia. Compaiono tre spiriti, Fango, Rugia e Spirito, che faranno onore alla tavola e racconteranno, a quadri, la vita rurale del tempo che fu. E’ una veglia per la Terra, che accoglie nel suo grembo gli uomini, le donne, i vivi e i morti, i luoghi e le loro storie. La drammaturgia riecheggia il pensiero delle campagne, amaro e ridente perché un fatalista sorriso aiuta a stemperare le brutture di una vita dura. In un terragno guazzabuglio di realtà ed immaginazione, in un impasto sanguigno di piemontese ed italiano.
Numerose e importanti le fonti carpite al territorio, grazie alla stretta collaborazione con la cittadinanza, apportatrice di leggende e memorie verbali.
Residenza Multidisciplinare della Valle Strona
presenta
Intorno alla Crociera
a cura di Onda Teatro
progetto e drammaturgia Bobo Nigrone
in collaborazione con i cittadini di Gravellona Toce e il Gruppo T.N.T.-C.G.S. Arcobaleno
La Crociera è un progetto nato con l’idea di raccontare alcune storie che si svolgevano intorno a un luogo che, prima ancora di essere un comune, era un crocevia.
Da quell’idea si è sviluppato un percorso che ha prodotto tre spettacoli.
Protagonisti di questo teatro della memoria, i cittadini di Gravellona Toce, testimoni e narratori dei fatti principali della loro comunità inseriti nel grande flusso della Storia.
Nel 2007 si arriva alla “quarta puntata”: gli anni sessanta.
Intervento teatrale ore 23.00
Residenza Multidisciplinare dal Monferrato al Po
presenta
Veglia con...
a cura di Casa degli Alfieri/Faber Teater
contributi artistici di Officina R.M., R.M. Delle Due Province; R.M.Del Territorio Pedemontano, R.M. Sul Lago d’Orta, R.M.Teatrimpegnocivile
"D'autunno capitava di andare a far veglia: ci si raduna in una stalla, si passano alcune ore della sera a parlare, a spanare la melia, ad ascoltare storie. Ed è l'atmosfera di quelle sere che la Residenza Dal Monferrato al Po e le altre Residenze vogliono proporre. Un luogo accogliente. C'è qualcuno che conosce delle canzoni. Qualcun altro delle storie. Nelle veglie ognuno dice la sua e non c'è un argomento, le storie si legano e raccontano di queste terre e di queste lune. Girano intorno alle nostre colline e si salta da un fatto all'altro, senza sapere esattamente dove si va a finire. Gli unici punti fermi della sera sono le canzoni. E le storie. E la voglia di ascoltare".
sabato 2 dicembre 2006
Intervento teatrale ore 15.00
Residenza Multidisciplinare di Biella e Provincia
presenta
Video installazione - performance tratta da
Il Tavolo della Concert-o-azione
Spettacolo a progetto di Stalker Teatro realizzato con la partecipazione dei cittadini del territorio.
Progetto e regia: Gabriele Boccacini
Performer : Adriana Rinaldi, Dario Prazzoli, Mimmo Barletta, Stefano Bosco, Gigi Piana
Musiche originali dal vivo: Simone Bosco
Luci e suono: Luca Saccone, Massimo Vesco, Dario Gargiulo
Una delle caratteristiche della compagnia Stalker Teatro è quella di prevedere la produzione dei propri spettacoli insieme a gruppi sociali del territorio. Lo spettacolo a progetto "Il Tavolo della Concert-o-azione" è stato realizzato per la prima volta nel programma 2006 di "Arte Transitiva", Residenza Multidisciplinare di Biella e Provincia, con un gruppo di giovani di una scuola superiore.
Il tema della performance allude alla concertazione ideata negli anni '90 dal sindacato CGIL, trattando elementi concreti e minimali (gesti, oggetti, colori ed un enorme tavolo in legno) con una serie di azioni corali impostate sull'uso dello spazio e in stretta relazione alla musica suonata dal vivo. Tutte queste diverse componenti, insieme a brevi frammenti tratti da un'intervista di Guglielmo Epifani a Vittorio Foa, concorrono al progetto drammaturgico e alla creazione multidisciplinare.
Note a cura dell’Associazione Piemonte delle Residenze e Regione Piemonte
A un anno di distanza dal convegno regionale tenutosi a Cuneo nel novembre 2005, nell’intenzione di creare un confronto tra la realtà piemontese delle residenze multidisciplinari e il panorama italiano ed europeo, l'Associazione Piemonte delle Residenze e la Regione Piemonte organizzano a Torino nei giorni 1° e 2 dicembre 2006 il convegno nazionale
LE RESIDENZE PER IL RINNOVAMENTO DEL TEATRO ITALIANO
UNA CULTURA CHE NASCE DAL TERRITORIO
Negli ultimi anni in Italia, sono nate e si sono sviluppate realtà produttive significative che, con i loro progetti artistici, hanno ricercato e percorso nuove strade, esprimendo nuovi bisogni culturali e sociali e cercando di interpretare le istanze di teatralità di una società profondamente trasformata ed in continuo divenire, con un processo che ha fatto del rapporto con il territorio uno dei pilastri del proprio modo di intendere, fare e comunicare l’Arte.
Queste realtà produttive, in genere piccole e medie compagnie teatrali caratterizzate da strutture agili e flessibili, sono riuscite, grazie al rinnovamento delle forme e dei linguaggi, a far nascere un interesse nuovo per il Teatro, dando vita ad un dialogo vitale con pubblici diversi.
Nel corso dell’ultimo decennio un certo numero di queste compagnie teatrali italiane, ha attuato progetti che le hanno radicate sul territorio in modo stabile ed hanno potuto promuovere una nuova cultura teatrale fondata su un rapporto aperto con la comunità sociale e fatta di innovazione artistica, di formazione, di organizzazione capillare di eventi, manifestazioni, rassegne e festival.
Non è superfluo rilevare, anche se appare evidente, che il valore culturale di questo modo di agire, ancor prima che sulla scena, sta nelle modalità di rapporto e nelle relazioni che si instaurano tra chi produce Arte e chi la
fruisce: un Teatro dunque che si pone al servizio della comunità per rispondere alle sue esigenze, ma anche per stimolarla a riscoprire la propria tradizione e le proprie identità culturali, facendola crescere in modo consapevole.
E’ in questo quadro che in Piemonte prendono vita le Residenze Multidisciplinari, luoghi fisici, ma soprattutto ideali in cui si sperimenta, si elabora, si fa teatro tenendo presente l’obiettivo primario di stimolare la crescita culturale del territorio su cui si opera. A cinque anni dalla promulgazione legislativa, in Piemonte si contano sedici Residenze Multidisciplinari; dodici di queste hanno dato vita all’associazione “Piemonte delle Residenze” ponendo le basi per un lavoro progettuale comune di rete e di sistema regionale.
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ZOOM festival, l'immagine del nuovo teatro a Scandicci Dal 4 al 10 dicembre di Ufficio Stampa |
Scandicci Cultura – Comune di Scandicci
Teatro Studio di Scandicci
4 – 10 dicembre 2006
ZOOM festival – immagine del nuovo teatro.
Una settimana di nuove proposte al Teatro Studio, dalle 19 fino a notte fonda.
Dal 4 al 10 dicembre 2006 il Teatro Studio di Scandicci porta in scena alcune delle migliori nuove compagnie toscane e italiane. Si chiama “ZOOM festival – immagine del nuovo teatro” la rassegna di una settimana diretta da Gogmagog e Teatro dell’Esausto, due realtà teatrali strettamente legate al teatro di Scandicci, chiamate a realizzare il progetto dal direttore artistico Giancarlo Cauteruccio.
Con una formula inedita, si presenta una vera e propria “invasione” degli spazi. Tutti i giorni della settimana, dalle 19 fino a tarda notte, il Teatro Studio ospiterà oltre 15 spettacoli, una libreria café ricca di eventi collaterali, installazioni sonore, due serate dj–set per focalizzare l’interesse sul panorama delle nuove generazioni del teatro, con un’attenzione particolare ad alcuni dei premi italiani come Premio Scenario e Tuttoteatro.com – Dante Cappelletti.
Il programma si presenta vario, nella volontà di rappresentare le differenti voci emergenti. Partendo da Firenze, la panoramica prende il via con i giovanissimi Heyoke e Teatro dell’Elce (5 dicembre), passando per il Teatro Sotterraneo (4 dicembre), formazione segnalata nel Premio Scenario 2005 ed in rapida ascesa, Tri–boo (6 dicembre), di stanza al Teatro della Limonaia di Sesto Fiorentino, la compagnia Istituto Charenton (9 dicembre) e gli stessi organizzatori Teatro dell’Esausto (8 dicembre), finalisti del Premio Cappelletti 2005 e visti di recente al Festival di Radicondoli, e Gogmagog (7 dicembre), in attività dalla fine degli anni novanta e reduci dal successo del loro lavoro sul teatro di Beckett. Per muoversi, sempre in Toscana, entrano in rassegna i già noti pisani Sacchi di Sabbia (6 dicembre) e i senesi LaLut (10 dicembre), per arrivare all’incontro tra Massimiliano Civica, uno dei migliori registi italiani, e l’esuberanza scenica di Bobo Rondelli e Andrea Cambi (4 dicembre).
Passando alle proposte “esterne”, si segnalano gli sperimentatori Cosmesi (7 dicembre), Maurizio Camilli (8 dicembre), vincitore del Premio Cappelletti 2005, le performance di poesia e musica di Pig Maglione (8 dicembre) e Despairs! (10 dicembre), l’attore–danzatore–one man show romano Antonio Tagliarini (9 dicembre), Daniele Timpano (9 dicembre) mattatore assoluto di scena col suo “Dux in scatola” e Rodisio da Parma (10 dicembre), che lavora sul teatro di Harold Pinter, quest’ultimi entrambi finalisti del Premio Scenario 2005.
Il festival “ZOOM – immagine del nuovo teatro” vuole essere così una zoomata sul nuovo teatro, senza per questo pretendere di essere esaustivo. I curatori parlano di una “immagine che fa rete tra le varie realtà”, che possa proseguire in eventi futuri della stessa qualità e forza, che possa installarsi in altri spazi e luoghi per rendere visibili e sensibili le nuove produzioni, anche a fronte dei pesanti tagli economici alla cultura e allo spettacolo.
DALLE 19.00 FINO A TARDA NOTTE PER TUTTA LA DURATA DEL FESTIVAL:
Pinkertone Lab presenta DADAR_DISPOSIZIONE NELL’AMBIENTE DI IMMAGINI E AUDIO
RECIPROCI a cura di MATTIA TULIOZI, NICCOLÒ GALLIO E GIOVANNI DEL GIUDICE.
E’ il fruitore che genera i percorsi visivi su schermo. Lo spazio mutevole attraversato da casuali cambi di colore. Improvvisa assenza/presenza di luce. Movimento casuale di passanti. Tutto questo determina la composizione in tempo reale di sequenze video e tappeti audio autogenerati.
CaffèlibreriaCITE’ sarà ad accogliervi all’entrata del Teatro Studio, per un momento di sosta dalla frenesia esterna prima di entrare nel mondo del teatro. Libri, aperitivi, vino, tra le installazioni audio-video del Laboratorio Pinkertone.
4, 7 e 11 dicembre
ZOOM festival anche su NAU
magazine quotidiano a cura di Andrea Mi,
alle 15 su Controradio (fm 93.6 - 98.9)
Spettacoli teatrali
Biglietto: 5 euro
DJ-set ingresso gratuito
Info
TEATRO STUDIO DI SCANDICCI
via Donizetti 58 _Scandicci (FI)
tel. 055 757348
teatrostudio@scandiccicultura.it
info@zoomfestival.it
www.scandiccicultura.org
www.zoomfestival.it
ZOOM festival
GOGMAGOG e TEATRO DELL’ESAUSTO
In collaborazione con SCANDICCI CULTURA
UFFICIO STAMPA Rachele Bargagna
SI RINGRAZIA Pina Izzi, Annarita Morelli, Sara Nifosi, Compagnia Krypton
Lunedì 4 dicembre
Ore 21.00
TEATRO SOTTERRANEO
Uno. Il corpo del condannato
Creazione collettiva di Teatro Sotterraneo elaborazione drammaturgica Daniele Villa
in scena un performer di Teatro Sotterraneo.
Un detenuto tra i propri oggetti cerca azioni corrette mentre riproduce tre colloqui che non gli appartengono, tre monodialoghi in cui cronaca e corpo sono separati. Nel vuoto di tutto una consapevolezza che torna attraverso il quotidiano, la memoria fisica al servizio di quella mentale, l’automatismo come appiglio. Qualcosa di spersonalizzato che tenta il racconto.
Ore 22.30
CIVICA / CAMBI / RONDELLI
Farsa
Uno spettacolo di Massimiliano Civica, Andrea Cambi e Bobo Rondelli con Andrea Cambi e Bobo Rondelli
Di notte, per sei notti, due assassini preparano un agguato per uccidere la loro vittima. Ma ogni volta l’assassinio non si compie, il delitto non viene consumato, la vittima riesce a scampare. Di giorno, per sei giorni, la vita sotto il sole di creature ultime, disperate: tombaroli, prostitute, pensionate libidinose. La comicità dei falliti, il fallimento di ogni possibile comicità. Nessuna provocazione, ma qualcosa di sgradevole che esiste là dove tenerezza e fastidio si prendono per mano. Uno spettacolo comico.
TEATRO SOTTERRANEO
Uno. Il corpo del condannato
Questo spettacolo ha un impianto biunivoco. E’ un testo diviso in tre parti, ognuna di esse costituisce una sorta di monodialogo: un detenuto riporta conversazioni altrui senza interventi interpretativi. Non è previsto alcun «tiro di fila» nel finale, si tratta di tre dialoghi alienati dalla voce che li riproduce ma legati ad essa dalla condizione rappresentata sulla scena: la detenzione e la sua rimozione dall’ immaginario collettivo, che costituiscono un livello logico non evidente di coerenza fra parola e azione. Linguaggio scenico e testo coabitano la performance in totale autonomia: il legame fra i due piani non si dichiara, ma può stabilirsi a livello di ricezione/interpretazione da parte dello spettatore. All’interno della singolare struttura scenica, costituita da una centina in ferro chiusa da listelli in pvc, l’attore agisce circondato dal pubblico, garantendogli la vicinanza al corpo in scena, ma sporcando la visuale e conservando uno strumento di separazione. Vista udito e olfatto del pubblico sono concentrati in poco spazio e, attraverso la parete in pvc, viene espletata l’idea di struttura di detenzione come istituzione totale. Uno degli obiettivi della compagnia è di riprodurre attraverso una relazione teatrale partecipata una separazione tipica del contemporaneo: fra società integrata e non, fra «cittadino onesto» e corpi condannati. In questo spazio lo spettatore si fa «boia piccolo piccolo», cerchio di partecipazione che intravede la cosa rimanendone all’esterno. L’esperienza condivisa è nel corpo del recluso, nelle chiacchiere che lo frastornano e nella prossimità sfocata in cui il pubblico è costretto.
Teatro Sotterraneo
La compagnia Teatro Sotterraneo nasce nel 2002 dall’incrocio di percorsi formativi differenti e per certi versi antitetici, nel tentativo di definire uno spazio artigianale collettivo in base al quale impostare la propria proposta teatrale. Nel 2004 la compagnia si definisce nella struttura attuale: quattro performers (Iacopo Braca, Matteo Ceccarelli, Claudio Cirri e Sara Bonaventura) e un dramaturg (Daniele Villa), che collaborano senza gerarchie o recinti fra competenze. Il punto di partenza di ogni creazione è la strutturazione di un soggetto originale e la condivisione di materiali (testi, film, musiche, spettacoli teatrali); il lavoro prosegue attraverso training e improvvisazioni riprese da una telecamera per poi rianalizzarle attraverso la visione della registrazione; l’ultima fase consiste nel montaggio in scena. Da qui il disegno registico definitivo, portato dunque a compimento da una sistematica e capillare opera di interazione collettiva. Secondo questa impostazione metodologica, rigida e malleabile nello stesso tempo, sono nati nel 2005: 11/10 in apnea, segnalazione speciale Premio Scenario 2005, presentato in forma di 20 minuti nell’ambito dei festival di Santarcangelo, Drodesera, Volterrateatro, e in forma definitiva a Roma, Scandicci (Fi), Cascina (Pi), Bologna, Sesto Fiorentino (Fi), Padova, Rimini, Milano e al festival Drodesera06; 100°C, microperformance ispirata all’opera di H. C. Andersen, presentata presso LaCittàdelTeatro di Cascina nell’ambito della rassegna Scenario in Metamorfosi 2005 assieme a Il corpo del condannato, assolo che ha debuttato in un primo studio di 20 minuti e che è stato presentato in forma di spettacolo completo a Milano e Roma col titolo di Uno. Il corpo del condannato.
CIVICA/CAMBI/RONDELLI
Farsa
Due uomini, due killer prezzolati, cercano per ben sei volte di ucciderne un terzo e, ogni volta, il loro agguato manca il colpo, ripetendosi, di notte in notte, sempre uguale, sempre diverso. La struttura dello spettacolo cede il passo all’improvvisazione e la concentrazione della vendetta alla distrazione allucinatoria di una farsa dove, come nei sogni o nelle immaginazioni più smodate, tutto è possibile, soprattutto ciò che è meno plausibile: lo sgangherato circo in cui Fiato Man e Karia Kid si scontrano in un wrestling dell’alito fetido, l’attesa di una prostituta in mezzo alla via Aurelia, il dialogo tra due acide zitelle siciliane innamorate dello stesso uomo, l’improbabile incontro tra Marcello Mastroianni e un tombarolo stupratore di teschi, la preghiera esacerbata di un prete ormai ridotto all’ateismo che si rivolge a Gesù, ma si genuflette davanti alla croce sbagliata, quella di Dimaco il ladrone. Chini su due bauli scoperchiati e simmetricamente disposti sul fondo della scena, Cambi e Rondelli, il rosso e il nero, sono pronti a pescare in fondo alla valigia dell’attore la prossima gag, ma sempre con l’aria di inventarla lì per lì, estraendola da un "naturale", atavico repertorio di battute. La vera farsa è lì, nella tagliola che Corvonero e Frugaborse scoprono di aver preparato per se stessi, zimbelli di un destino che, notte dopo notte, assottiglia derisoriamente la loro sicurezza di assassini per ingrossare la loro angoscia di vittime. La notte assedia la scena, la morte guida la danza, e la comicità è funzione di un “intrattenimento” impossibile: del tentativo di distrarre il destino, nel “tutto e niente” di una farsa mortale e, per questo, venata di una tristezza leggendaria.
Civica/Cambi/Rondelli
Lo spettacolo riunisce in maniera improbabile tre artisti dalla forte e spiccata personalità: Massimiliano Civica, regista rigoroso e giovane promessa del teatro di ricerca; Bobo Rondelli, cantautore livornese anarchico e poetico (vincitore del Premio Piero Ciampi), capace di dipingere in maniera struggente la vita degli “ultimi” della nostra società; e Andrea Cambi, eclettico attore toscano, con la straordinaria abilità di passare dai suoi surreali monologhi, recitati nei bar e nelle piazze dei paesini toscani, al cinema d’arte, fra tutte la sua partecipazione al film La Cena di Ettore Scola.
Un trio atipico per uno spettacolo non catalogabile.
Massimiliano Civica. Dopo una laurea in lettere, svolge un percorso formativo eterogeneo che passa dal teatro di ricerca (seminari in Danimarca presso l’Odin Teatret di Barba) alla scuola della tradizione italiana (si diploma in regia presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico) per poi compiere un apprendistato artigianale presso il Teatro della Tosse di Genova (a contatto con il sapere scenico di Lele Luzzati e la fantasia di Tonino Conte). Da queste esperienze distilla una visione del teatro che esalta il ruolo dell’attore, unico vero centro dell’evento teatrale. Prende parte come attore o regista alle produzioni di diversi teatri, come gli spettacoli di massa e all’aperto del Teatro della Tosse (i Persiani alla Fiumara; Gli Uccelli di Aristofane presso la Diga Foranea del porto di Genova; Pantagruele e Panurgo presso la Palestra Liberty di Piazza Tommaseo, gli spettacoli estivi al Forte Sperone ecc.), gli spettacoli per ragazzi del Teatro del Piccione di Genova, gli eventi internazionali del Teatro Potlach di Fara Sabina (Progetto Internazionale Città Invisibili che dal 1992 è ospitato ogni anno in diversi paesi europei e che coinvolge un numero elevatissimo di artisti appartenenti a più discipline). Tra i suoi spettacoli come la prima nazionale di Serenata di Slawomir Mrozek presso il Teatro della Tosse di Genova, il saggio di diploma dell’Accademia regista Silvio D’Amico l’Arte d’Amare al Teatro Valle, lo spettacolo Un leggero malessere di Pinter al Teatro Eleonora Duse. Nel 2002 produce e dirige lo spettacolo Andromaca di Euripide, con Andrea Casentino, ospitato in diversi teatri e centri di ricerca (tra gli altri, Ravenna Teatro, Koreja, CRT-Teatro del Buratto, Teatro della Tosse, Teatro Stabile di La Spezia, Centro Rat, Florian Proposta ecc.).
Martedì 5 dicembre
Ore 21.00
HEYOKE
2941
Regia Heyoke di e con Daniele Bartolini e Daniele Melissi
Ribaltando la data della scoperta dell’America, lo spettacolo mette a confronto tradizione e contemporaneità con l’obiettivo di fonderle. Ripercorrendo l’iter di Colombo, i due attori in scena incarnano molteplici ruoli, arrivando a sovvertire tutti gli schemi usati fino a quel momento. Un processo inverso, innescato dal filo conduttore del doppio.
Ore 22.30
TEATRO DELL’ELCE
Ercole e le stalle di Augia
Dall’omonimo radiodramma di Friedrich Dürrenmatt adattamento regia Marco di Costanzo con Stefano Parigi suono Andrea Pistolesi
Ispirato a una delle mitologiche fatiche di Ercole, l’allestimento conserva le caratteristiche tipiche del radiodramma, citando esplicitamente la parodia scritta per la radio di Dürrenmatt. Gli elementi di scena sono ridotti al minimo e attraverso il carattere allusivo e metaforico si crea un gioco teatrale ininterrotto, nel quale a momenti di racconto verbale si alternano sequenze di pura narrazione visiva.
HEYOKE
2941
2941 indaga sulle radici della società odierna, ribaltando la data della scoperta dell’America.
Lo spettacolo mette a confronto tradizione e contemporaneità con l’obiettivo di fonderle attraverso un gioco per due attori, che, ripercorrendo l’iter di Colombo, incarnano molteplici ruoli, fino al ribaltamento totale di tutti gli schemi costruiti fino a quel momento.
Heyoke
La compagnia teatrale Heyoke nasce a Firenze nel settembre 2005 ed unisce in se giovani artisti, che dopo aver collaborato con importanti realtà (Krypton, Teatro della Limonaia, Teatro Reon e Antonio Latella), progettato eventi e realizzato un cortometraggio (Alice nel paese dell’etere, finalista a ZoneVideo 2006), hanno deciso di riunire le loro diverse esperienze in una nuova realtà collettiva.
TEATRO DELL’ELCE
Ercole e le stalle di Augia
Con uno stile brillante e a tratti lirico, Dürrenmatt racconta la versione non ufficiale della quinta fatica di Ercole, sottolineando nella parodia di un fatto mitologico le contraddizioni, le paure e il disorientamento contemporanei. L’allestimento del Teatro dell’Elce, con un solo attore in scena, pochi oggetti e nessuna scenografia, conserva la forza allusiva e metaforica del radiodramma proponendolo come racconto. La scelta registica del racconto si focalizza su due aspetti in particolare: la figura del narratore/personaggio e l’uso metonimico degli oggetti. Nella sua formula rischiosa il regista sceglie di portare sulla scena un solo attore e un solo personaggio: a narrare è il segretario Polibio, che impersona i molti personaggi del dramma. In questo tentativo di evocare realtà diverse con pochi cenni, un ruolo fondamentale è giocato dai contributi sonori, ai quali la compagnia dedica una particolare cura per conservare il carattere “radiofonico” dell’opera.
La metafora del letame, che nella parodia di Dürrenmatt copre non solo le stalle, ma l’intero stato dell’Elide, si rivela efficace a più livelli. C’è la parodia politica dei parlamentari dell’Elide, che preferiscono che il paese resti sepolto sotto il letame pur di conservare i piccoli privilegi che esso garantisce a ciascuno di loro. C’è il riflesso oscuro del sentimento contemporaneo di scoramento e sfiducia verso la possibilità di un vero cambiamento nelle vicende umane, che solo nel finale lascia spazio a una flebile luce.
Teatro dell’ Elce
La compagnia del Teatro dell’Elce nasce nell’aprile del 2005 con il progetto di allestimento di Ercole e le stalle di Augia. La compagnia è composta da il regista, Marco Di Costanzo, diplomato come attore di prosa nel 2001, l’attore Stefano Parigi, diplomato al Centro Internazionale di Olga Melnik e il fonico Andrea Pistoleri. Il progetto che sottende alla creazione del Teatro dell’Elce è la formazione di uno spazio per la ricerca e la produzione di spettacoli, che siano frutti di tale ricerca e si caratterizzino per un forte impatto comunicativo su ogni tipo di pubblico. il percorso della compagnia segue due direzioni fondamentali: lo studio del lavoro dell’attore e la sperimentazione sulla drammaturgia. Il lavoro sulla maestria dell’attore si colloca sulla scia degli esperimenti di Stanislavskji, Mejerhold e M. Cechov trovando i suoi grandi modelli contemporanei nelle realizzazioni di Peter Brook, Ariane Mnouchkine e Eimuntas Nekrosius.
Mercoledì 6 dicembre
Ore 21.00
SACCHI DI SABBIA
Grosso guaio in Danimarca
di Giovanni Guerrieri con Marco Azzurrini e Enzo Illiano regia Angelo Cacelli
Un viaggio intorno all’Amleto di Shakespeare. Tra farsa, cabaret, gusto per la parodia e divertissement letterario, si racconta l’interrogatorio a due loschi figuri su vicende poco chiare che ruotano intorno alla morte di Rinaldo, compagno di Laerte in terra di Francia. Cosa collega questo delitto alle vicende dell’Amleto?
Ore 22.30
TRI-BOO
La parata
di Loula Anagnostaki Regia Serena Mannelli con Irene Biancalani e Claudio Cirri assistente Daniele Melissi
La parata viene vissuta attraverso il rapporto tra due fratelli orfani e si pone in bilico tra il ricordo del trauma indelebile della guerra civile e l’incubo premonitore della dittatura. L’equilibrio tra reale e surreale è giocato all’interno di uno spazio scenico vuoto, profondo e carico di suggestioni. Raggiungeranno i protagonisti la catarsi finale?
SACCHI DI SABBIA
Grosso guaio in Danimarca
Lo spettacolo raccoglie l’eredità di un filone “shakespeariano” all’interno della produzione della compagnia, inaugurato qualche anno fa da uno spettacolo dal titolo “Riccardo III, Buckinghàm e ‘a malafemmena”:
Vi s’intrecciano farsa, cabaret, gusto per la parodia, divertissement letterario. È un gioco al puro intrattenimento, che ruota intorno all’Amleto shakespeariano, alla maniera di un certo teatro comico che ha forse i suoi riferimenti più illustri in Macario e Petrolini; vi si sente inoltre la lezione di Leo De Berardinis. Leggere Amleto, riscriverlo, contaminarlo, “toglierlo di scena”. E centrale è proprio il testo, il copione shakespeariano, la sua bellezza, la sua enigmaticità. Non sembra farsi afferrare Amleto da un’interpretazione contemporanea, non sembra esistere uno sguardo capace di esaurirne la complessità.
La compagnia parte da qui, da una consapevolezza che non è una resa. Un gioco onesto: riscrivere dal bordo, dai confini, strizzando un po’ l’occhio anche a Stoppard e a una certa drammaturgia inglese, e recuperando una tradizione teatrale, che sentono propria, dalla quale non si può prescindere.
Ne viene fuori un viaggio al limite dell’Amleto, in cui i vari problemi interpretativi diventano spunti per battute spesso anche esilaranti. Un viaggio che è anche un invito alla riflessione sulla “messa in scena”, su qualunque “messa in scena”.
Al centro della pièce due loschi figuri vengono interrogati su vicende poco chiare che ruotano intorno alla misteriosa morte di Rinaldo, il compagno di Laerte in Terra di Francia. Cosa c’è dietro quella morte? Cosa c’entra questo delitto con le vicende dell’Amleto? Le risposte segnano piste investigative che conducono in Norvegia, alla corte dell’ambizioso Fortebraccio, e poi a Elsinore, e poi di nuovo in Francia. Un diabolico complotto internazionale regge la storia del principe più famoso del mondo, di cui i due sicari sono, senza saperlo, importanti pedine.
Sacchi di sabbia
La compagnia, formata da Giovanni Guerrieri, Giulia Gallo, Vincenzo Iliano, Gabriele Carli e Andrea Pancioni, è un gruppo tosco-napoletano di “Comici dell’Arte”, formatosi a Pisa nel 1995, in occasione dell’apertura di alcuni spazi destinati a giovani gruppi teatrali. Il gruppo è oggi molto attivo sul piano pedagogico e altrettanto determinato nella reinvenzione di una scena popolare contemporanea. Nel ’96 debutta Riccardo III, Buckinghàm e a’ malafemmena, presentato nello stesso anno al Festival di Santarcangelo. Il gruppo realizza nel giugno del ‘99, in collaborazione con il Teatro Sant’Andrea, uno spettacolo itinerante per la città, Il Conte, Il santo e il Musico, da cui nasce Il teatrino di San Ranieri. Realizzano nell’agosto 2001, in collaborazione con l’associazione Evocava, l’evento spettacolo Marmocchio, ambientato in una cava di Marmo sulle Apuane, con la partecipazione di Carlo Monni. Orfeo. Il respiro debutta a Luglio 2002 al Festival di Santarcangelo. Lo spettacolo riceve una nomination al Premio UBU 2003. Nel 2003 la compagnia realizza g, spettacolo sulla “gravità” del quotidiano. Tràgos, che debutta nel luglio 2004 al Festival di Santarcangelo, rappresenta la sintesi e la chiusura di questo percorso sul quotidiano.
TRI-BOO
La parata
La Parata (1965) fa parte di un trittico di pièces che ha rivelato all’attenzione internazionale Loula Anagnostaki. Il testo inizia in maniera piuttosto tranquilla, per finire nella tragedia più cupa. Dopo che loro padre se n’è andato Zoì lavora a maglia e Aris, suo fratello, gioca con barchette e aereoplanini di carta. I due fratelli non escono di casa da un tempo indeterminato e Aris descrive a Zoì quello che vede fuori dalla finestra: una parata per una festa nazionale. Con lo scorrere del tempo la realtà esterna descritta da Aris sembra assumere connotazioni diverse e svelarsi per una terribile e sanguinosa esecuzione pubblica. La trama è apparentemente semplice, in realtà Anagnostaky vuol distruggere la realtà data e precostituita per far emergere l’incubo che rompe la regola, mettere in dubbio l’ordine. Mettendo in dubbio la realtà dà il diritto ai personaggi di costruirsi la propria e di distruggerla in ogni momento. La Parata è in bilico fra il ricordo del trauma indelebile della guerra civile e l’incubo premonitore della dittatura. E’ come se i due fratelli ricostituissero un rituale ossessivo che li riporta all’evocazione paranoica di ciò che li tiene segregati in casa, casa-bunker, casa-rifugio e fuga dal mondo esterno, casa dove si scatena l’immaginario e il ricordo, casa-prigione e casa luogo di torture. Aris e Zoì sembrano “giocare” con gli unici giochi che conoscono: la guerra, la tortura, la distruzione nella rievocazione di un padre che non c’è, ma che è la fonte dei sogni e degli incubi che si confondono e si integrano sempre più indissolubilmente con la realtà. I due fratelli rappresentano due modi diversi di reagire all’esterno, al politico, al sociale: da una parte l’immobilità di Zoì, che sembra animarsi soltanto in un ricordo falsato dai suoi sogni, dall’altra il movimento continuo di Aris, uccello impazzito in una gabbia troppo stretta, un movimento continuo che finisce per assomigliare all’immobilità della sorella, in un’impotenza di reazione che impedisce la catarsi finale.
TRI-BOO
Serena Mannelli (1974) è diplomata alla scuola triennale Laboratorio Nove presso il Teatro della Limonaia. Ha curato la regia de Le crisalidi di David Harrower (2001), Dog House di Gina Moxley (2002), L’Esame di Andy Hamilton (2004) all’interno del Progetto Connections in collaborazione con il Royal National Theatre di Londra. Ha diretto 15 secondi di Francois Archambault rappresentato al Festival Intercity Paris (2000), La Parata di Loula Anagnostaki, presentato in prima nazionale al Festival Intercity Athena (2003).
Claudio Cirri (1981) diplomato nel 2003 alla scuola di teatro Laboratorio Nove presso il Teatro della Limonaia di Sesto Fiorentino (Fi), ha partecipato come attore negli spettacoli After Juliet di Sharman MacDonald e Noccioline di Fausto Paravidino, per la regia di Barbara Nativi, nell’ambito del progetto Connections in collaborazione col National Theatre di Londra. Nel 2003 ha preso parte come attore agli spettacoli La parata di Loula Anagnostaki per la regia di Serena Mannelli e Il pittore di madonne, o La nascita di un quadro di Michel-Marc Bouchard per la regia di Barbara Nativi. Nel 2004 collabora con la compagnia Virgilio Sieni nello spettacolo La casina dei biscotti. È tra i fondatori dell’Associazione Culturale Teatro Sotterraneo, che è entrata a far parte della Generazione Scenario 2005 col progetto 11/10 in apnea.
Irene Biancalani (1978) ha iniziato a lavorare in ambito teatrale, prima con la compagnia La Nuova Colonia, poi presso il Teatro della Limonaia di Sesto Fiorentino. In questa sede ha frequentato il master Drama in scena e nel ruolo di attrice ha lavorato in molti spettacoli, tra i più importanti: La masticazione dei morti, diretto da Patrick Kermann, Cronache di giorni interi, di notti intere, diretto da Xavier Durringer, After Juliet, diretto da Barbara Nativi, La parata, diretto da Serena Mannelli.
Giovedì 7 dicembre
Ore 21.00
GOGMAGOG
Mangiare la luna
Parole Cristina Abati musica Massimo Fantoni con Cristina Abati e Massimo Fantoni
Un lavoro di ricerca sulla scrittura poetica originale e il rapporto fra musica e poesia sulla scena. Nasce dall’intreccio di musica, poesia, suono ed è un reading, un dialogo, un ascolto, un incontro, un gioco. Uno spettacolo dedicato al volo e al silenzio che brucia. C’è una bambina che corre nel mondo a raccontare la sua storia, ci sono mani nella terra, un inaspettato bosco, c’è il vortice che gira, a morsi la luna.
Ore 22.30
COSMESI
Mi spengo in assenza di mezzi
Progetto di Eva Geatti e Nicola Toffolini produzione Cosmesi e Sipario!
Vuoto inteso come assenza. Vuoto inteso come mancanza. Vuoto inteso come buio. Un fitto buio assoluto. Si decide di privilegiare i “soggetti” della messa in scena, dotandoli di sofisticati strumenti, oggetti ed indumenti, necessari per poter agire indisturbati nel buio, con consueta naturalezza. Un progetto visivo, non un lavoro da ascoltare e basta, nella progressiva sollecitazione dello spettatore, allertato dal disorientamento dell’oscurità forzata. Il teatro c’è ma non si vede.
CRISTINA ABATI / GOGMAGOG
Mangiare la luna
Mangiare la luna nasce da un percorso di ricerca sulla scrittura poetica originale e il rapporto fra musica e poesia sulla scena. Nasce da l’intreccio di musica, poesia, suono, un reading, un dialogo, un ascolto, un incontro, fare delle cose insieme, un gioco. E’ uno spettacolo dedicato al volo e al silenzio che brucia, alle forme solitarie delle cose, all’occhi che ride. C’è una bambina che corre nel mondo a raccontare la sua storia, ci sono paesaggi, ricordi che bruciano di piacere come un phon puntato sul volto, c’è il sole che entra nella pelle, ci sono mani nella terra, un inaspettato bosco, c’è il vortice che gira, a morsi la luna.
Cristina Abati / GogMagog
Mangiare la luna è il terzo lavoro su musica e poesia dopo gli spettacoli L’alba e la notte (debuttato nel marzo 2003 al Teatro Studio di Scandicci) e Della Mia Santa Miseria (pubblicazione per la casa editrice City Lights Italia del testo omonimo dello spettacolo, dicembre 2002). Un percorso di ricerca sulla scrittura poetica originale e il rapporto tra musica e poesia sulla scena. Il progetto Mangiare la luna nasce dalla collaborazione fra Cristina Abati, che è l’autrice, e l’interprete dei testi poetici, il musicista e chitarrista Massimo Fantoni che ha composto ed esegue dal vivo la musica dello spettacolo. (A breve il testo dello spettacolo sarà pubblicato in un booklet dalla casa editrice “Maelström Editions” (Belgio), in una edizione italiano/francese).
COSMESI
Mi spengo in assenza di mezzi
Se non è possibile una sperimentazione architettonica in scena siamo costretti al vuoto ed è un vuoto inteso come assenza, vuoto inteso come mancanza e ancora un vuoto inteso come buio, un buio fitto assoluto. Ad un impianto scenico negato non può che corrispondere lo sviluppo di uno spettacolo che non si può vedere densamente costruito e sviluppato nel nero fitto in cui poter far perdere gli sguardi, si decide unicamente di privilegiare i “soggetti” della messa in scena dotandoli del complesso di sofisticati strumenti, oggetti, ed indumenti, che diventano necessari per poter agire indisturbati nel buio assoluto con naturalezza. Chirurgicamente si sottrae alla vista tutto quello che ci si aspetta dal “teatro”; allontanando lentamente la concezione di spazio fisico finito che il buio concede di rimodellare e ridefinire profondamente. Un progetto visivo, non un “radiodramma”, non un lavoro da ascoltare e basta. La centralità del progetto è la progressiva sollecitazione dello spettatore allertato dall’oscurità forzata. Il teatro c’è ma non si vede.
Cosmesi
Dall’ incontro tra Nicola Toffolini, artista visivo, e Eva Geatti, performer di una nuova generazione, nasce Cosmesi, progetto artistico che si è subito posto ai vertici del panorama teatrale di ricerca. La ricerca di Cosmesi ruota attorno al concetto di spazio, uno spazio non inteso come effimera scenografia teatrale ma che è contenitore autosufficiente di un mondo nuovo. La loro ricerca tenta di creare un corpo autonomo che possa essere contenitore dell’attore facendosi a sua volta contenuto. Vincitori del Premio Iceberg 2005.
Venerdì 8 dicembre
Ore 21.00
TEATRO DELL’ESAUSTO
La caduta
di Alessandro Raveggi con Tommaso Gabbrielli, Alessandro Raveggi, Iacopo Reggioli sonorizzazioni Vieri Bougleux
2 + n personaggi in un polilogo paradossale con un pappagallo moribondo. Un arbitro, ai margini della scena. I 2 + n solisti sono in attesa di fare qualcosa all’inerme animaletto multicolore. Qualcosa di buono o di cattivo. Dipende (forse) dalle regole del gioco. “Ci scervelliamo” in un atto comunitario, un + n, sordo e imprevedibile. Tutto muta in scena e trascolora da un atto di accusa ad una disquisizione disinteressata sul bello, fino ad un recupero, in extremis, quando spazzatura e oggetto d’arte si confondono. Un omaggio a Samuel Beckett. Finalista del premio Tuttoteatro.com-Dante Cappelletti 2005.
Ore 22.30
CAMILLI/BALLETTO CIVILE/CSS UDINE
‘Ccelera
Scritto e interpretato da Maurizio Camilli con l’insostituibile sguardo del Balletto Civile
Un viaggio nella memoria di un operaio del Nord-est cresciuto nel mito di Gilles Villeneuve, che lavora e vive in un mondo grigio allenandosi in gare clandestine. L’ultima curva di un uomo colla benzina nelle vene, una lunga curva presa troppo velocemente, durante la quale il tempo si ferma. Attraverso una lotta di frammenti danzati e parlati, in un’azione ritmica ed energica, la sensazione della velocità, del limite fisico che si può raggiungere. Accelerare o non accelerare, vivere o morire. Vincitore del premio Tuttoteatro.com-Dante Cappelletti 2005.
Ore 24.00
JIM LONGISLAND BAND
Heritage
Diretto da Graziano Staino in collaborazione con il videomaker Angelo Teardo con Giovanni Ferrario e Jim Longisland
Uno spettacolo poetico-musicale. In scena, il musicista e compositore Giovanni Ferrario, attualmente in tour con Morgan e gli Afterhours, con la sua fedele chitarra si concede alle affascinanti poesie di Jim Longisland. Ricordi, colori e parole, in una psichedelica luce anni Settanta.
Ore 01.00 DJ SET a cura di ANDREA MI – CONTRORADIO
TEATRO DELL’ESAUSTO
La caduta
Spettacolo finalista del Premio Tuttoteatro.com alle arti sceniche “Dante Cappelletti” 2005
2 + n personaggi in un polilogo paradossale con un pappagallo moribondo. Un arbitro, ai margini della scena. Uno Specialista, fuori scena. Un testo dedicato a Samuel Beckett nel centenario della sua nascita. Quale il limite tra responsabilità e gioco? Battute come fendenti. In 2 + n solisti sono in attesa di fare qualcosa all’inerme animaletto multicolore. Qualcosa di buono o di cattivo. Dipende (forse) dalle regole del gioco. Nelle parole o nei gesti. E quanto si dissociano le parole ed i gesti? Dipende (forse) dalle regole del gioco. “Ci scervelliamo” in un atto comunitario, + n, sordo e imprevedibile. Tutto muta in scena e trascolora da un atto di accusa ad una disquisizione disinteressata sul bello, da un atto di apostasia degli artisti per l’arte ad un accalorato recupero, in extremis, quando spazzatura e oggetto d’arte si confondono. Un quadrato di erba sintetica, quattro metri per quattro, con una cassa amplificata frusciante in un angolo destro e un cassonetto nero di plastica sull’angolo sinistro. Alcuni tondi di colore rosso, giallo, blu e verde appaiono all’improvviso e vengono distribuiti sul suolo attorno ad un piccolo essere inerte al centro del quadrato. Quasi come nel gioco Twister prodotto sul finire degli anni ’60 dalla MB. Partendo dalla condizione di penultimità del secolo beckettiano, la ricerca di Teatro dell’Esausto si muove verso un'ibridazione di teatro concettuale e teatro di prosa, volendo indicare lo sfinire dell'odierno spettacolo di massa.
Teatro dell’Esausto
La compagnia, diretta da Alessandro Raveggi (1980), nasce al Teatro Studio di Scandicci nel giugno del 2005 e coinvolge giovani attori provenienti dal laboratorio dell’attore della Compagnia Krypton, Istituto Charenton e Laboratorio Nove. L'esordio della compagnia si ha con Già molto tempo prima nella rassegna ETI "Altrescene05 – Scene in Zona" presso lo stesso teatro. Con lo spettacolo La caduta la compagnia è finalista del premio Dante Cappelletti 2005 al Teatro Valle di Roma, e successivamente debutta nel festival Estate a Radicondoli 2006. Ospite alla Mostra del Teatro 2006 del Teatro Lux di Pisa, ha organizzato anche il laboratorio teatrale “S-Oggetto A” di Angela Antonini presso lo Spazio K di Prato, dal quale nascerà l’omonima mise-en-espace.
MAURIZIO CAMILLI / BALLETTO CIVILE / CSS UDINE
‘Ccelera
Spettacolo vincitore del Premio Tuttoteatro.com alle arti sceniche “Dante Cappelletti” 2005
In un Nordest profondo e imprecisato un giovane operaio cresciuto nel mito di Gilles Villeneuve vuole diventare un campione dell’automobilismo, un asso del volante, lavora e vive in un mondo grigio allenandosi nelle gare clandestine. In questo angolo di terra abituata a correre per far scorrere la vita più velocemente, allontana la solitudine e il vuoto e si ritrova a proprio agio solo con un volante tra le mani. È l’ultima curva di un uomo con la benzina nelle vene, una lunga curva presa troppo velocemente, durante la quale il tempo si ferma. Un luogo sospeso dal quale ricostruire il rapporto con la propria passione e il proprio disagio. Un viaggio nella memoria per rivivere i suoi ultimi giorni, attraverso una lotta di frammenti danzati e parlati, che traducono in un'azione ritmica ed energica la sensazione della velocità, del limite fisico che si può raggiungere, con l'amletico dubbio che riemerge ad ogni nuovo centimetro: accelerare, non accelerare, vivere o morire. Un pilota solo in scena. La memoria della carne e del sangue, affondata in un corpo costantemente alla ricerca della vertigine. È una scenografia scarna come l’abitacolo spartano di una vettura da gara, costituita da pochi elementi di memoria «corsaiola»: una vecchia tuta, un casco e un paio di guanti racing racchiudono tutta la vita del pilota, che alla fine libererà la sua anima e il suo corpo da ogni costrizione, sprigionandosi nello spazio, come Gilles Villeneuve in decollo nel suo ultimo volo a Zolder l’8 maggio del 1982. Un linguaggio poetico e alto per parlare di un argomento basso, popolare e a volte greve, trasformare la polvere in stelle, il catrame caldo in fluido vitale, esplorare tutto questo in modo non banale e superficiale, parlare di automobili e riuscire ad emozionare, per tuffarsi senza fiato, come in una curva a tutto gas, nelle contraddizioni di questa passione per molti inspiegabile ed ingiustificata. Per parlare, senza troppa retorica, di incidenti stradali, disagio e solitudine, in frammenti di riflessione che possano affiorare a posteriori nell’intimo dello spettatore.
Maurizio Camilli si diploma alla Civica Accademia d’Arte Drammatica “Nico Pepe” di Udine nel 2000 e entra a far parte de L’Impasto - Comunità Teatrale Nomade, compagnia fondata e diretta da Alessandro Berti e Michela Lucenti coprodotta dal CSS Teatro stabile di innovazione del FVG. Nel 2003 è tra i fondatori del progetto Balletto Civile, gruppo di ricerca intorno al linguaggio scenico totale (danza, canto, parola), diretto da Michela Lucenti.
Il Balletto Civile è un progetto teatrale nato per la volontà di alcuni attori danzatori sotto la guida di Michela Lucenti. Il lavoro è basato sulla scoperta di un teatro fatto di relazioni fisiche, di danza, di canto. L’interprete danzatore è concentrato nell’eseguire una partitura, improvvisa poco e non ha problemi di interpretazione, in uno spazio di lavoro non propriamente performativo spettacolare, dove la condivisione di un linguaggio fisico è prima di tutto un modo per mettersi in relazione con l'altro. Quasi tutti i componenti del gruppo di lavoro non sono stati danzatori di formazione, ma principalmente attori. L’espressione individuale dell’interprete passa sempre attraverso una macchina scenica con regole, modalità e ritualità all’interno del gruppo, riconoscibili e nominabili. Lo spazio di lavoro della compagnia è attualmente il teatrino dell’ex Ospedale Psichiatrico Sant’ Osvaldo a Udine.
JIM LONGISLAND BAND
Heritage
Sono passati tre anni dall’uscita del disco Roma’N’cess, una raccolta che vedeva il poeta Pig Maglione alternarsi con quattordici brani realizzati e concessi per lui da artisti del panorama italiano indie. Meg, Marco Messina, Marco Parente, Terje Nordgarden e molti altri avevano donato brani inediti per il poeta e le sue incredibili poesie. Lo stesso Enrico Ghezzi rilascia un intervento, rispondendo così all’appello del poeta che puntava il dito contro la Capitale. Pig Maglione, l’uomo dall’identità nascosta e le sue mille romanze, tornano sul palco (dopo varie esperienze musicali con i “Mariposa”, gli “Alias” e gli “Amore”), con il progetto musicale Heritage e nella nuova formazione “Jim Longisland Band”. Un visionario spettacolo poetico-musicale diretto da Graziano Staino. In scena il musicista e compositore Giovanni Ferraio e la sua fedele chitarra, ad interpretare il poeta Jim Longisland. Ferrario attualmente in tour con Morgan e gli Afterhours stacca la spina dagli impegni per concedersi alle fantastiche ed affascinanti poesie di Longisland. Ricordi, colori e parole in una psichedelica luce anni settanta.
Giovanni Ferrario
Giovanni Ferrario è sulle scene da un ventennio come cantante, chitarrista, autore e produttore artistico.
Dalla metà degli anni '80 è leader dei Views (Namby-Pamby 1988; Mummycat The World #2 1990); nel 1995 suona con Cesare Basile, Lula di Amerigo Verardi e Scisma, dei quali produce Armstrong (1999).
Crea Micevice insieme a Marta Collica (Experiments On The Duration Of Love 1999), quindi realizza gli album Bipolars Of The World Unite Cpl (2000), Stop Here Love Store (2002), il singolo Power To The Guitar Sound (2001) e l'ep You Monster Headache (2004). Collabora con vari musicisti (Cristina Donà, Hugo Race, Vega Enduro, Sepiatone) e produce gruppi della scena italiana (Snaporaz, Estra, Filofobia, Goodmorning Boy, Grimoon, ecc.)
Dal 2003 fa parte de Le Sagome, affiancando Morgan nei concerti e nel lavoro di studio.
Impegnato attualmente nella registrazione di un nuovo album, presenta l'inedito materiale con esibizioni solistiche, concentrando la struttura musicale e vocale in dense atmosfere sonore, dove gli intrecci della chitarra elettrica si aprono all'improvvisazione e agli impasti timbrici, tra potenza e rarefazione.
A di là dei generi, questo progetto di Giovanni Ferrario è contrassegnato dall'originalità, matura sintesi di un lungo percorso di ricerca.
Sabato 9 dicembre
Ore 21.00
DANIELE TIMPANO
Dux in scatola
di e con Daniele Timpano una produzione amnesiA vivacE
Un attore solo in scena, con una bara-baule contenente le spoglie mortali di Benito Mussolini, racconta in prima persona le rocambolesche vicende del corpo del Duce, nel tentativo di tracciare il suo percorso nell’immaginario degli italiani, dagli anni del consenso a quelli della nostalgia. Una denuncia del fascismo italiano, attraverso la memoria comune, senza incorrere nella retorica, in bilico tra la rivisitazione farsesca e il racconto dell’episodio storico. Finalista del premio Scenario 2005
Ore 22.30
ANTONIO TAGLIARINI
Titolo provvisorio: senza titolo
creazione e interpretazione Antonio Tagliarini collaborazione scene e costumi Fabrizio Bianchi
Lo spazio è completamente illuminato. In scena un tavolo, una sedia, una lampada. Tutto è ordinato, in attesa. Entra un uomo e ogni cosa si capovolge, diventa obliqua. L’assurdità del tutto, il ridicolo e il tragico. In un ironico non sense, una sola ed ossessiva riflessione: “tutto è al contempo vero e falso “. La rappresentazione è più reale del reale, il reale è più falso di una bugia detta male.
Ore 24.00
ISTITUTO CHARENTON
inQuietudine - 1
a cura di Rita Lusini e Fabrizio Massini scrittura scenica Istituto Charenton con Jacopo Baggiani, Antonio Caciolli, Cecilia Caciolli, Linda Cannoni, Viola Ciccarelli, Giuseppe Marasco, Fabrizio Massini, Martina Pomini, Simin Shabazi Sar
uno studio su come l’opera poetica possa (e debba) venire trattata come materiale teatrale, e viceversa. Attimi di poesia rubati al misticismo erotico di Anne Sexton, alle confessioni psicotiche di Sarah Kane, al delirio lirico di Silvia Plath. Per Allen Ginsberg “ tutto è santo, tutti sono santi, ogni uomo è un angelo “. Santo il corpo elettrico di Antonine Artaud. Sante le tempeste poetiche di Dino Campana. Santo Majakovskij e il suo flauto di vertebre. Santo Pasolini e i suoi giovani angeli ribelli. Santo Genet e il suo crudele gioco al massacro.
Ore 01.00
DJ SET a cura di WJ MEATBALL – NOVARADIO
DANIELE TIMPANO
Dux in scatola
Autobiografia d’oltretomba di Mussolini Benito
Finalista del premio Scenario 2005
Un attore solo in scena con l’unica compagnia di un baule che viene spacciato come contenente le spoglie mortali di “Mussolini Benito” racconta in prima persona le rocambolesche vicende del corpo del duce, da Piazzale Loreto nel ’45 alla sepoltura nel cimitero di S. Cassiano di Predappio nel ’57. Alle avventure post-mortem del cadavere eccellente si intrecciano brani di testi letterarii del Ventennio ( Martinetti, Gadda, Malaparte..), luoghi comuni sul fascismo, materiali tra i più disparati provenienti da siti web neofascisti, nel tentativo di tracciare il percorso di Mussolini nell’immaginario degli italiani, dagli anni del consenso a quelli della nostalgia; è una sottile operazione che denuncia amaramente l’assurdità del fascismo italiano mettendo in risalto le contraddizioni di un Paese che non si è mai liberato veramente dell’ideologia violentemente imposta da Mussolini. Da uno spettacolo finalista del Premio Scenario 2005.
Daniele Timpano
Autore attore, regista. Frequenta il biennio di recitazione presso il Conservatorio teatrale di G. B. Diotajuti e M. Antonio Pierfederici. Ha collaborato con diverse compagnie, tra le quali il Teatro dell’Assedio (attuale Teatro del Porto), Olivieri Ravelli teatro e LABIT-laboratorio ipotesi teatro di Roma. Fondatore del gruppo Amnesia Vivace, è autore-attore di diversi spettacoli, tra i quali; Storie di un Cirano di pezza; Profondo Dispari; Gli uccisori del chiaro di luna-cantata non intonata per F.T. Marinetti e V. Majakovskij. Con il testo Amarti meglio!, è stato finalista nella rassegna Napoli drammaturgia in festival 2001.
ANTONIO TAGLIARINI
Titolo provvisorio: senza titolo
Lo spazio è completamente illuminato, in scena un tavolo, una sedia, una lampada. Tutto è ordinato, in attesa.
Entra un uomo. Una cosa tra le cose. Si lascia guardare. Sorride. Si emoziona. Piange.
Ogni cosa si sposta, si capovolge. Tutto adesso è obliquo. Un topo è schiacciato, eliminato. Una donna uccide marito e due figli. Un paio di scarpe, false, dialogano tra loro prima di essere esposte in vetrina.
L’assurdità del tutto, il ridicolo e il tragico sono le linee di questo spettacolo che in un ironico non sense si sviluppa intorno ad una sola e ossessiva riflessione: “tutto è al contempo vero e falso”. Tutto è nella mia testa e al contempo tutto è fuori dalla mia testa. Il binomio dentro-fuori è perennemente tradito dal linguaggio.
Tutto è percepito, pensato, filtrato, rappresentato. La rappresentazione è più reale del reale, il reale è più falso di una bugia detta male.
Antonio Tagliarini
Studia danza e recitazione con vari maestri tra i quali: Danio Manfredini, Thierry Salmon, Raffaella Giordano, Giorgio Rossi.
Come autore e regista realizza molte produzioni tra cui:
- Caramelle (2003) Azione performativa creata per la Fondazione RomaEuropa.
- Freezy (2002) Presentato a Rialto Santambrogio-Roma, Festival Mladi Levi-Slovenia, Enzimi Festival 2002, Lecce Festival 2002, Teatro Palladium-Roma, Fondazione RomaEuropa 2004.
- Antonio Miguel, creato nel 2000 con Miguel Pereira in Portogallo. Premiato dal Ministero della Cultura Portoghese come migliore spettacolo dell'anno presentato in Portogallo, Brasile, Italia, Slovenia, Germania, Svizzera, Norvegia e Francia.
Di giorno di notte (2003) medio metraggio con la regia di Mariano Lamberti. Ideato e scritto con Mauro Battistoni.
Come attore, danzatore e performer lavora e collabora sia in Italia che all’Estero con diversi registi e coreografi tra cui: Miguel Pereira, Raffaella Giordano, Giorgio Rossi, Alessandro Certini, Cilla Lakatos, Thierry Salmon, B.T.Jones, Massimiliano Civica, Marco Baliani, Fabrizio Arcuri.
ISTITUTO CHARENTON
InQuietudine-1
Ripartire dal modernismo inteso come ultimo baluardo dove l’ombra e l’etichetta del maledetto si dissolvono. Ripercorrere a ritroso le parole e i concetti attraverso i quali si è definita, sezionata, circoscritta e tracciata la dimensione dell’essere inquieti nel secolo scorso. Decostruire le personalità storiche a partire dalla loro estensione mitica per poterne ripetere le parole rendendo loro il giusto peso.
InQUIETUDinE-1 è il terzo appuntamento del progetto Cent’ anni di inquietudine. Lontano dalla tradizione delle letture da leggio e dei reading, è uno studio su come l’opera poetica possa e debba venire trattata come materiale teatrale e viceversa, da mettere in scena coinvolgendo linguaggi e livelli non convenzionali.
Per questo appuntamento la compagnia ed i ragazzi del laboratorio si uniscono per dare corpi e voci ad alcuni dei piu’ grandi “rappresentanti dell’inquietudine del ‘900”. Attimi di poesia rubati al misticismo erotico di Anne Sexton, alle confessioni psicotiche di Sara Kane, al delirio lirico di Silvia Plath. Per Allen Ginsberg Tutto è Santo, tutti sono Santi, ogni uomo è un Angelo. Santo il corpo elettrico di Antonin Artaud, sante le tempeste poetiche di Dino Campana, santo Majakovskij e il suo flauto di vertebre, santo Pasolini e i suoi giovani angeli ribelli, santo Genet e il suo crudele gioco al massacro.
Istituto Charenton
Nata nel 2000, la compagnia Istituto Charenton è composta da giovani membri con età compresa tra i 20 e i 27 anni, sotto la direzione artistica dell’attrice e regista Rita Lusini. Legata alla ricerca dei nuovi linguaggi del teatro, della poesia e della letteratura, la compagnia ha valorizzato fin dall’inizio l’attenzione alla condizione politica e sociale “estrema” dalla macrostoria alle microstorie. 2001 > Tracce di Anne tratto da Intercity 1997 di Martin Crimp (2001). Messo in scena al Teatro Studio di Scandicci e al Teatro Puccini. 2002 > LAGER/COVO: L'ISTRUTTORIA DI PETER WEISS, video originali su scrittura di gruppo, realizzati da G. Staino, prodotto in collaborazione con Teatro Studio di Scandicci. Messo in scena al Teatro Studio di Scandicci, al Teatro di Vita a Bologna, al Teatro Moderno di Lasta a Signa, al Teatro Puccini di Firenze (in occasione del Giorno della Memoria 2005, con il patrocinio dell’A.N.P.I. Provinciale) e alle Officine Giovani –Ex Macelli a Prato. 2004 > I RIFIUTI, LA CITTÀ E LA MORTE di R. W. Fassbinder, prodotto in collaborazione con Teatro Studio di Scandicci, messo in scena al Teatro Studio di Scandicci e al Jack & Joe Theatre di Cerbaia a S. Casciano V.P. 2003 > A PARTY, A SONG FOR LEO / DOPPELGANGER scrittura scenica originale di A. Raveggi, in collaborazione con Editrice Zona. Messo in scena al Teatro Studio di Scandicci. 2005 > IL DISSENZIENTE, evento teatrale itinerante ispirato all’opera di Bertolt Brecht. Messo in scena: Città di Scandicci in Piazza Matteotti, nell’ Istituto Superiore Russell-Newton, nel Parco dell’Acciaiolo e al Teatro Studio di Scandicci. 2006 > LE MUSE INQUIETANTI (in allestimento) scrittura scenica originale di F.Massini, in collaborazione con Istituzione Cultura di Scandicci, Teatro Studio stagione 2007 (data da stabilire).
Domenica 10 dicembre
Ore 21.00
LALUT
Jeffrey
regia Giuliano Lenzi drammaturgia Francesco Piccolini con Ugogiulio Lurini, Ilaria Finetti produzione laLut
Jeffrey è un serial killer quasi involontario, goffo quanto efferato. Uccide forse per incapacità di confessare il proprio amore, poi con apparente leggerezza si sbarazza dei cadav
eri. Più che giallo o noir, è un viaggio sospeso tra tenerezza e ironia alla scoperta del sottilissimo confine tra normalità e criminalità, tra controllo e perdita del controllo, tra inoffensività e abitudine alla violenza.
Ore 22.30
RODISIO
Wonderful
Regia e drammaturgia Manuela Capace e Davide Doro con Martino Bonardi, Andrea Lesignoli, Giada Melley, Sara Zanella produzione Rodisio
Un monologo a quattro voci che nasce da una ricerca che attraversa alcune opere teatrali di Harold Pinter. Quattro personaggi si muovono, senza paure alcune, in una sala da pranzo, in uno spazio pieno, troppo pieno. Tutto diventa metafora di un meccanismo, quello della Violenza che insidia, minaccia, oltraggia l’individuo. Non c’è riparo, dunque, nemmeno tra le mura domestiche, dove la furia oppressiva si trasforma in un’ironia acre e dolorosa.
Finalista del Premio Scenario 2005.
Ore 24.00
DESPAIRS!
Disney contro le metafisiche
di Alessandro Raveggi con Alessandro Raveggi, Lorenzo Orlandini, Francesco Ammannati, Giovanni Spadaccini
L'evoluzione della specie del reading di poesia. Si fondono elettronica minimale e chitarre melense, testi avant-pop e arpeggi che non perdono la loro densità. In un mix tra Mouse On Mars, Mogwai e Labradford, un meccanismo di decostruzione degli stereotipi, delle “metafisiche”, delle maschere, dei vezzi e degli obbrobri della poesia in pubblico.
LALUT
Jeffrey. Mostri si nasce
Jeffrey è un serial killer quasi involontario, goffo quanto efferato. Rinchiuso nel suo mondo senza contatti con l'esterno, uccide forse per incapacità di confessare il proprio amore, poi con apparente leggerezza si sbarazza dei cadaveri.
Più che un giallo o noir, è un viaggio sospeso tra tenerezza e ironia alla scoperta del sottilissimo confine tra normalità e criminalità, tra controllo e perdita del controllo, tra inoffensività e abitudine alla violenza.
Jeffrey. Mostri si nasce, opera prima mai rappresentata del drammaturgo Francesco Niccolini, noto come autore di alcuni testi recitati da Marco Paolini, rappresenta per LaLut la prosecuzione di un percorso attraverso la nuova drammaturgia italiana, cominciato con Pazzi di Luigi Maccione Rodriguez e proseguito con Dalle Stelle di Silvia Calamai; e la prosecuzione, dopo Conversazione con l'uomo nell'armadio di Ian McEwan e lo stesso Pazzi, di una ricerca sul tema della follia quotidiana e domestica.
LaLut
LaLut svolge la sua attività di ricerca e produzione teatrale in Toscana. Nata originariamente nel 1995 da un gruppo di studenti universitari di Storia del Teatro sostenuti dalla Prof.ssa Lia Lapini e dal Comune di Siena, LaLut ha compiuto negli anni un percorso di autoformazione ospitando registi come Bob Marchese e Fiorenza Brogi, Italo Spinelli, Virginio Liberti e Annalisa Bianco, Claudio Morganti, Alfonso Santagata, Jerzy Stuhr. Oggi LaLut è un collettivo che opera sul territorio ideando progetti volti alla realizzazione di spettacoli, video, laboratori, percorsi teatrali, festival e rassegne. 2001/06 > Regione toscana, è prima in graduatoria fra le giovani compagnie toscane ed ammessa a finanziamento regionale, ai sensi della leg. Reg. 45/´00. 2003/06 > idea e organizza il Festival di Siena Voci di Fonte; co–organizza l´XI Festival della Val d´Orcia e il XXVII Festival Internazionale di Montalcino. 2003/04 > U.E. Programma Cultura 2000, idea e realizza il progetto Il viaggio di Edgar Walpor con la dir. art. di Jerzy Stuhr e presenta al 34° Festival Santarcangelo dei Teatri lo spettacolo PPP Passaggio per Pianoforte e Piuma 2000/03 > viene segnalata dai critici al Festival I Territori del Teatro; vince il bando del Festival La città aromatica del Comune di Siena, sezione teatro, dir. art. Franca Angelini; è premiata al Festival Debutto di Amleto 2001.
RODISIO
Wonderful
Spettacolo finalista al Premio Scenario 2005
Lo spettacolo è una piccola apocalisse domestica. È un monologo a quattro voci. Opera prima di quattro giovani attori al loro debutto sul palcoscenico. Quattro personaggi si muovono, senza paure alcune, in uno spazio pieno, troppo pieno. Una splendida sala da pranzo ad ospitare la meravigliosa esistenza dei quattro protagonisti. I gesti, i sorrisi, i corpi sono allargati, portati ad un'estrema finzione. Si mostra una realtà alterata, succhiando al quotidiano, verità e materia viva. Lo spettacolo si svolge nel corso di una cena, dove non c'è niente da mangiare e, quando si solleva un bicchiere, non c'è niente da bere. Si toglie la verità al cibo e alle piante che ornano la sala da pranzo. Un realismo esasperato, artefatto, costringe il lavoro degli attori in luoghi comuni e ripetuti. Un cinico déjà vu li sacrifica. La carne lascia il posto alla plastica. II movimento alla fissità.
Lo scarto tra la finzione imposta agli attori e la loro palese fatica, in un lavoro di resistenza fisica e concentrazione,diventa una poesia piccola, quasi impercettibile. Consideriamo poesia i respiri ultimi, in cui si sbriciola una risata che durava da troppo tempo per essere vera. E’ la metafora di un solo meccanismo, quello della Violenza che insidia, minaccia, oltraggia l'individuo, a cui rimane la sola possibilità di nascondersi sotto le parvenze di una villana mansuetudine. Non c'è riparo, dunque, nemmeno tra le mura domestiche, dove la furia oppressiva si trasforma, prende altre forme, si fa ironica, di un'ironia acre e dolorosa. C'è una sofferenza palpabile, schietta nella sua finzione, nel tentativo di non apparire. È proprio in questo tentativo, vano, commovente, talvolta disperato che il lavoro dell'attore si concentra. C'è una distanza da colmare, uno spazio da riempire, tra il corpo innaturale, compresso, costretto, e l'arrendevolezza di una voce che chiama "A tavola". È un vuoto che non ha fame di cibo, ma si mitre golosamente di dubbi, incertezze, dolore. All'attore viene chiesto di riempire questo vuoto. Wonderful - volevano la vita eterna nasce da una ricerca durata due anni, che ha attraversato alcune delle opere teatrali di Harold Pinter.In particolare tre testi, The Birthday Party, Celebration e Party Time, sono stati necessari per arrivare alla costruzione dello spettacolo.
Rodisio
Il progetto è a cura di Manuela Capece e Davide Doro, che lavorano insieme dal 1999.
Gli attori di Wonderful - Volevano la vita eterna, sono tutti alla loro prima importante esperienza teatrale.
Nel percorso drammaturgico e registico di Manuela Capece e Davide Doro, si ricordano II bulbo dal fiore rosso (Finalista Premio Scenario 2001), Malgradomadrecourage (Finalista Premio Scenario 2003), Senza Cuore (Prod. Teatro delle Briciole, 2004), Wonderful - Volevano la vita eterna (Finalista Premio Scenario 2005), Campo Libero (documentario Finalista al Parma Video Festival 2005), A 9 anni salverò il mondo (2006). Fondano nel 2005 RODISIO. Davide Doro e Manuela Capece si formano attraversando il teatro e l'arte contemporanea, è in questo impasto che si forma uno stile che prevede sempre una concretezza fisica come spunto per rimandi più astratti. Insieme progettano e conducono da diversi anni laboratori teatrali, nelle scuole materne, elementari, medie e superiori, e progetti di formazione rivolti a giovani ed adulti. Hanno recentemente ideato e curato il progetto di formazione teatrale CAMPO LIBERO, realizzato in collaborazione con l'Assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Parma e il Campo Nomadi di Parma. Significativa nel 2000 la partecipazione alla Biennale d'Arte Contemporanea di Venezia con il progetto “Ora Locale”, insieme a Roberto Lucca Taroni ed Emanuele Araldi. Dal 1998 al 2001 sono gli ideatori e conduttori del progetto teatrale all'interno della comunità terapeutica L 'Orizzonte C.E.I.S. di Parma. Dirigono dal 2001 il progetto di formazione teatrale nel Liceo d'Arte P. Toschi di Parma. Fondamentale è l'incontro con Armando Punzo e la Compagnia della Fortezza, con cui Manuela Capece lavora, in qualità di assistente alla regia, dal 2004.
DESPAIRS!
Disney contro le metafisiche
Il progetto Despairs! mostra l'evoluzione della specie del reading di poesia. Un duo composto dallo scrittore e drammaturgo Raveggi e dal musicista e critico Lorenzo Orlandini che fonde elettronica e chitarre melense, testi avant-pop aggressivi e arpeggi che non perdono una loro densità. Arricchiti dalle presenze di Francesco Ammannati e Giovanni Spadaccini. Subiscono le influenze di Matmos, Mouse On Mars e Dat Politics, ma anche di Mogwai, Labradford, Silver Mount Zion, June of 44, in un mix particolarissimo. In Disney contro le metafisiche si lavora sottilmente sugli stereotipi, sulle maschere della lettura di poesia in pubblico, sui suoi vezzi e obbrobri. Si riunisce la ricerca poetica con quella musicale, indicando un certo potere salvifico della mercificazione consumistica, contro tutte le Metafisiche di recente riproposte.
Despairs!
Alessandro Raveggi (Firenze, 1980) collabora dal 1999 come attore, scrittore e regista col Teatro Studio di Scandicci, Firenze. Ha fondato assieme a Rita Lusini la compagnia Istituto Charenton colla quale ha lavorato come attore e drammaturgo in lavori su Crimp, Weiss, Brecht e ha messo in scena la sua prima pièce A party, a song for Leo / Doppelgänger (Titivillus, 2003). Nel 2005 ha fondato la compagnia teatrale Teatro dell’Esausto, colla quale è stato finalista al Premio Tuttoteatro.com – Dante Cappelletti 2005 e in prima nazionale al Festival Estate a Radicondoli 2006. Ha pubblicato, oltre a varie sillogi poetiche e racconti, L’Evoluzione del Capitano Moizo (Zona, 2006, prefazione di Tommaso Ottonieri), e su rivista. Ha scritto inoltre le prose teatrali inedite Già molto tempo prima (2004), La caduta (2005), Per farla finita col teatro di vernacolo (2006). Parteciperà il 24 novembre 2006 al convegno “La Mostra del Teatro” sulla nuova drammaturgia toscana, presso il Teatro Lux di Pisa. Rappresenterà come scrittore l’Italia al Goethe Institut nel gennaio 2007
Lorenzo Orlandini è nato nel 1978 a Firenze. Traduttore, interprete, dottorando in Anglistica e Americanistica presso l’Università di Firenze, si occupa di letteratura contemporanea. In veste di traduttore ha lavorato con Luca Scarlini, la Fondazione Manganelli e Kalinkadanza. Ha scritto su James Joyce e Samuel Beckett, collabora con la rivista Re: e con la Compagnia Teatro dell’Esausto. Ha realizzato musiche per le esposizioni di fotografi come Michele Bartocci (2004) e Alessandro Mocciaro (di prossimo allestimento) presso Officina Giovani di Prato, e sta attualmente lavorando al progetto di musica e poesia Despairs! con Alessandro Raveggi.
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