C a r m e n C o
v i t o |
Autoritratto
di Carmen Covito: Carmen
Covito: Selfportrait © Trax |
Benvenuti
in questo ambiente è
un romanzo che parla soprattutto di comunicazione, di gerghi e di linguaggi.
Potresti dirmi qualcosa a proposito di come vivi la comunicazione via
email? Quali sono i tic, i vezzi linguistici e i gerghi con cui ti sei
dovuta confrontare?
Uno degli impulsi che mi hanno portata a scrivere questo romanzo è venuto proprio dai gerghi e dai tic linguistici della comunicazione telematica. Mi interessava contaminare il linguaggio letterario con questa specie di neolingua che in certi casi ha esiti bizzarri o comici (quando il computerese viene usato fuori contesto, applicandolo a situazioni della vita quotidiana) e in altri casi può addirittura indicare qualche via di evoluzione praticabile dell'italiano vivo. Lo stile della posta elettronica è particolarmente interessante da questo punto di vista, perché si situa a metà strada fra la lingua parlata e lo stile epistolare classico: c'è un'immediatezza, ma c'è anche una sintassi; si tende a usare un registro colloquiale (ci si dà del tu, i convenevoli sono eliminati, la scansione della frase è paratattica ecc.) ma il tempo, sia pur breve, che intercorre tra la concezione del pensiero e la sua digitazione sulla tastiera permette di evitare le ripetizioni tipiche del parlato e invita a dargli una struttura. Questo stile, con la sua velocità moderata, può diventare un modello possibile di nuovo stile letterario. In effetti nel mio romanzo la scrittura di Dama è mimata proprio dalla scrittura email, "faccine" comprese. Quale rapporto si instaura con i lettori (immagino che l'apertura di un tuo sito personale ti abbia avvicinato in maniera più diretta ai tuoi lettori)? È diverso da quello che avevi con i tuoi fan prima di costruire un sito Internet? Ovviamente il rapporto che si crea con i lettori internauti è più informale e più immediatamente amichevole di quello tradizionale: io e il mio lettore siamo allo stesso livello, e la cosa, essendo io un'inguaribile democratica, mi piace. Il bello della Rete è proprio la sua orizzontalità. Un po' meno piacevole è che quasi un terzo dei contatti arrivi da aspiranti scrittori che chiedono informazioni su come riuscire a pubblicare i loro libri, magari senza avere letto i miei (ma questo succede anche con la posta normale). Divertentissimo invece è lo scambio di email con il mio Webmaster, un giovane internettuale dotato di un notevole senso dell'umorismo: quando non ha di meglio da fare mi inoltra leggende metropolitane, pregevoli esempi di ASCII Art e a volte qualche gadget delirante (ho faticato molto a liberarmi di una pecora che mi pascolava sullo schermo). Poi ci sono i personaggi che si incontrano nei newsgroup: ne seguo spesso uno dedicato alla lingua italiana, e lì ho scoperto ingegneri poeti e informatici con il pallino della grammatica: non è meraviglioso? Nel tuo sito hai pubblicato un'intervista in cui dici a proposito di Benvenuti in questo ambiente: "prima ho messo il computer nel romanzo e adesso ho messo il romanzo nel computer". Ora, a noi sta più a cuore il secondo passo, insomma la costruzione del sito. Quando hai sviluppato il progetto ti sei interrogata sui modi di fare cultura su Internet? nella tua esperienza in Rete ti sei confrontata con questi problemi? Ci sono delle caratteristiche specifiche del mezzo Internet che hai cercato di rispettare, o altre che hai voluto forzare e violare? Esiste un linguaggio che funziona solo su Internet? Quando ho avuto l'idea di costruire un sito mi sarebbe anche piaciuto fare tutto da sola, ma mi sono resa conto subito che non aveva senso inventarmi una competenza tecnica dal niente, così ho cercato un esperto di HTML, che adesso fa da Webmaster, e abbiamo discusso e realizzato il progetto insieme. Siamo stati subito d'accordo su alcuni punti chiave: le pagine dovevano essere attraenti ma non sovraccariche; ci dovevano essere dei collegamenti ipertestuali che andassero al di là della promozione del mio libro per risultare utili a chiunque; ci doveva essere qualche elemento di interattività. Direi che le caratteristiche specifiche del mezzo sono precisamente queste. Per quanto riguarda i contenuti, ho scritto io tutti i testi cercando di allinerare informazione e ironia in uno stile il più possibile agile e diretto (è vero che c'è anche un piccolo saggio sulla lingua italiana, ma quella particolare pagina non è pensata per essere letta sullo schermo, e infatti ho constatato che molti l'hanno scaricata e stampata). Ho messo una cura speciale anche nel costruire le pagine dei link, che nella logica della Rete sono, secondo me, fondamentali: la pagina Sei personaggi in cerca di siti fornisce uno strumento giocoso per approfondire le tematiche sottese a ogni personaggio del romanzo o, volendo, per ricavarne induttivamente il carattere del personaggio stesso, mentre le Utilità per Libromani e Cyberfemministe offrono puntatori che a me sono sembrati interessanti. Il tuo esperimento con Internet è senza dubbio un progetto molto originale per l'editoria italiana. Sono pochi gli scrittori che nel nostro paese offrono anticipazioni in Rete (e spesso sono scrittori di genere o sperimentali, in senso un po' anni Sessanta), mentre in America è una pratica ormai consolidata. Il tuo progetto è ancora più sorprendente perché - a quanto ho capito - sei entrata in rete solo dopo avere scritto il romanzo, a ricerca conclusa. Quando hai deciso di realizzare il sito avevi in mente qualche modello? Sì, è vero che tutta la documentazione per scrivere il romanzo è stata fatta offline. Avevo paura che, collegandomi in rete, avrei perso tempo e concentrazione. Mi sono collegata solo dopo, e la prima cosa che ho fatto è stata andare a controllare certe cose che avevo letto in libri di saggistica o che avevo visto su CD-ROM: credo di essermi fiondata direttamente nel sito del MIT... ho usato molto Altavista e Yahoo, poi ho guardato su Alice.it e, partendo da là, sono andata a vedere come erano i siti letterari esistenti. Ma mi sono accorta quasi subito che la cosa migliore da fare era precisamente perdere tempo, cioè gironzolare anche in zone appartentemente lontane dai miei interessi, seguendo i link che mi incuriosivano, cacciandomi in zone anche molto tecniche, entrando in siti di download di software, insomma imparando qualcosina qui e qualcosa d'altro là. Per realizzare il sito ho chiesto all'editore Bompiani solo di autorizzarmi a mettere online le prime dieci pagine del libro e di contribuire alle spese pagando la traduzione dei testi in inglese, ma per tutto il resto ho voluto fare da me per essere totalmente libera di impostare e gestire il sito a modo mio. Si fa un gran parlare di maschilismo online. Dall'altra parte si dice che i nuovi mezzi di comunicazione sono strumenti di liberazione e visibilità per gruppi o minoranze in pericolo. I tuoi romanzi gravitano attorno a personaggi femminili e spesso anche attorno a stranieri o emarginati (penso a Light o al Berto della Bruttina stagionata: sia detto tra parentesi, grazie a dio non sono emarginati neoneorealisti, appiattiti su stereotipi demodé), quindi sei un'osservatrice privilegiata per giudicare quesi fenomeni politically (in)correct a cui alludevo. Sul fatto che Internet sia uno strumento delle società economicamente avanzate, credo non ci piova. Ma non ci piove nemmeno sul dato che, oggettivamente, è lo strumento più democratico e meno gerarchico mai comparso sulla faccia del pianeta: le donne se ne stanno accorgendo e, spinte dalla voglia di partecipare, stanno superando la tradizionale diffidenza verso la tecnologia, che è una diffidenza socialmente indotta, nel senso che siamo abituate a far finta di non sapere cambiare una lampadina perché saperlo fare sarebbe considerato poco femminile. Più donne entreranno in Internet, più maschilismo ne uscirà: prima nel senso che i maschilisti si esprimeranno sempre più chiaramente, poi nel senso che saranno messi a tacere e la faranno finita: una semplice questione d'abitudine. E lo stesso vale per il femminismo lagnoso: se ce n'è, sparirà. Nel frattempo, occupiamoci di cose più interessanti: per esempio di smontare gli stereotipi di genere e di razza. Anche tu come la Marilina della Bruttina hai cantato Venceremos quando ti sei messa a lavorare al computer? Altroché! Quell'episodio è forse l'unico tratto autobiografico della mia narrativa. prima usavo la macchina da scrivere, e anche per questo non ero mai riuscita a finire un romanzo: correggo molto, devo riscrivere molto, mi perdevo tra risme e risme di fogli scarabocchiati e illeggibili, di fronte all'incubo di dover ribattere le pagine, mi arrendevo e buttavo via. Nel 1990 ho comprato un computer, una robetta con un disco fisso di ridicola esiguità, ci stava giusto un programma di videoscrittura per DOS: e due anni dopo ecco che la Bruttina stagionata era pronta, finita e pubblicata. È cambiato qualcosa nel tuo modo di scrivere, nello stile o nel ritmo, da quando sei passata alla scrittura al computer? Arbasino in un pezzo pubblicato su Telema (e - guarda un po' - finito proprio su Internet) ha detto che le opere scritte a macchina rischiano di apparire un po' troppo scritte a macchina. Cosa ne pensi? Penso che il mio adorato Arbasino sia ormai troppo postumo a se stesso per poter avere una visione corretta della realtà attuale. Da quando uso il computer, io correggo di più: e naturalmente correggo "a mano", non certo lasciando fare a programmi come il correttore ortografico che in questo momento mi sta consigliando di sostituire "Arbasino" con "arabismo". Il rischio dunque non è quello di avere una scrittura omologata a modelli preconfezionati e quindi più sciatta ma, eventualmente, di ottenere una scrittura troppo ricercata. Il rischio sta nel fatto che, se vai a caccia della perfezione, un elaboratore di testi non ti aiuta a fermarti, anzi, ti può attirare in un gorgo perverso. Qualunque altra preoccupazione è insensata tanto quanto la preoccupazione che i computer soppiantino i libri (a parte ogni valutazione legata a piaceri sensoriali, per le opere di letteratura il supporto cartaceo è ancora più ergonomico, più universale e più duraturo di quanto non lo siano i supporti elettronici: pensate al dramma di voler leggere un testo scritto con un programma obsoleto o per il quale vi manca il convertitore!). Aggiungerei, senza spingermi a ottimismi eccessivi, che si stanno già presentando reali possibilità di sfruttare l'elettronica in senso creativo: gli elaboratori di ipertesti già permettono di costruire narrazioni per blocchi non sequenziali; se ci aggiungiamo la multimedialità e le risorse offerte da Internet, potrebbe venirne fuori una forma di narrativa, o più probabilmente di poesia, del tutto nuova: che invece di annullare la funzione autoriale potrebbe anche rivalutarla, se l'opera fosse il prodotto non di un'intera equipe come accade per il cinema o per i videoclip, ma di un singolo autore. E a questo punto c'è da domandarsi se questa forma d'arte non esista già, balbettante, iniziale, ancora non del tutto consapevole, dispersa nella marea montante delle "pagine personali" da cui spesso restiamo infastiditi. |